Il Calderone di Severus

Ida59 - Non sei sola (Raccolta "Il Tempio"), Genere: introspettivo, fantasy, drammatico - Personaggi: Severus, personaggi originali (Ilya e altre Vestali del Tempio) - Pairing: nessuno - Epoca: Post 7° anno - Avvertimenti: AU

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Ida59
view post Posted on 21/10/2017, 14:30 by: Ida59
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Non sei sola




1. Il triste potere del dubbio



La donna camminava con passo svogliato lungo la stretta striscia di spiaggia chiusa alle spalle da un’erta parete rocciosa ricoperta da folta vegetazione scura.
Passeggiava indolente nella notte che lenta si mutava in alba, incurante degli impalpabili veli rossi dell’abito che lambivano la sabbia irrorata dal gioco ritmico delle onde: i piccoli piedi nudi non facevano nulla per evitarle, quasi fossero troppo stanchi per giocare a sfidarle come la strega era solita fare.
Procedeva, un piede davanti all’altro, piano, senza alcuno scopo, senza alcuna gioia. 
Una solitaria tristezza aleggiava intorno a lei, mentre fissava lo sguardo verso il mare ancora ammantato dei vellutati colori della notte; solo in un angolo del cielo, sorprendentemente limpido, a oriente la luce iniziava, tremula, la sua diurna lotta per vincere le tenebre, irradiando un vago chiarore violetto, freddo e incerto, che ancora non aveva la forza di spegnere le stelle.
Cosa diavolo ci faceva lì, a quell’ora così inconsueta per lei che tanto amava la sfolgorante luminosità del sole?
Rabbrividì e scosse la testa, quasi con rabbia, i lunghi capelli che ondeggiavano nel vento ancora notturno, mentre quel pensiero attraversava di nuovo, ossessivo, la sua mente.
Era venuta a cercare l’oscurità ed il freddo, due cose che certo non amava, e la solitudine. Quella che si sentiva, pesante, dentro il cuore.
Trascinò ancora qualche passo, quasi a fatica. I lunghi veli rossi dell'abito si erano ormai imbevuti di acqua di mare fino al ginocchio: l'avevano aspirata dalla sabbia, quasi assetati in un deserto, ed ora le impigliavano i movimenti, avvinghiati come gelide e pesanti sanguisughe a caviglie e polpacci. Allungò il passo ed i veli, bruscamente strappati dal movimento deciso della gamba, ancora cercarono, e subito trovarono, la nuova preda cui aggrapparsi prima dello slancio successivo.
Si fermò, rassegnata, lasciando che l’onda di nuovo arrivasse a bagnarle i piedi ormai intirizziti e le gambe, i veli inferiori dell’abito che pendevano appesantiti e aggrovigliati invece di ondeggiare liberi nell’aria ancora scura della notte come quelli della parte superiore.
Rimase immobile a fissare l’orizzonte, i capelli lisci che vorticavano nel vento, lunghe ciocche castane ancora intinte nell’abisso notturno che si affollavano sul suo viso cercando invano di scherzare con la tristezza.
Incurante di tutto, la strega fissava la violacea bruma indistinta che racchiudeva il suo mondo, quell’incerto confine tra il sogno e la realtà, che a volte c’era, concreto e invalicabile quasi fosse un muro, e a volte non c’era, si faceva indistinto come se fosse del tutto svanito. Come se non esistesse. Come se non fosse mai esistito.
Qual era il sogno? Qual era la realtà? Erano la stessa cosa, lo stesso mondo, come a volte era certa che fossero? Oppure erano inesorabilmente divisi, tragicamente separati da un insuperabile confine come le sembrava in quel momento di profonda tristezza?
E lei, dove si trovava lei in quel preciso istante? Nel sogno o nella realtà?
All’improvviso la strega si sentì tremare di paura: la notte stava perdendo il suo colore fatto di oscurità per assumere l’indefinito colore del nulla; cielo e mare sembravano svanire davanti ai suoi occhi spalancati nell’orrore di quel nulla che risucchiava senza pietà il suo mondo, il suo sogno.
Serrò stretti gli occhi per non vedere ed urlò forte la sua angoscia.
Aveva dubitato, lei, proprio lei che a quel mondo aveva dato vita credendo fermamente in un sogno.
Aveva dubitato, lei che a quel mondo poteva togliere ogni possibilità di vita anche solo dubitando che un sogno potesse diventare realtà.
Senza più forze per combattere, la strega si lasciò trascinare nel vortice della disperazione per ciò che aveva fatto e si accasciò a terra.







2. Credere nei sogni



Un silenzioso fruscio mosse l'aria e la strega si sentì avvolgere tra le nere ali del suo mantello, le braccia del mago che con sicurezza la stringevano a sé impedendole di cadere nel devastante nulla che aveva evocato
- Ilya! Cosa stai facendo?
La voce di Severus, incredibilmente, vibrava di paura.
La strega riaprì gli occhi per ritrovarsi davanti alle scintillanti tenebre del suo sguardo, mentre intorno a loro il mondo svaniva, risucchiato dal nulla del dubbio.
- No, Ilya, no! - urlò Severus stringendola più forte a sé, come se quel gesto da solo bastasse a difenderla, a impedire che il nulla vincesse cancellando tutto.
- Me l'hai insegnato tu, Ilya, ricordi? - continuò addolcendo la voce e prendendole il viso tra le mani. - Credi, Severus, credi a ciò che vedi intorno a te![1] Me lo hai detto tu, implorandomi, mentre il mondo svaniva intorno a noi, proprio come adesso, ed io non capivo cosa stesse accadendo.
L'intenso sguardo nero del mago rimase incatenato a quello verde scuro della strega per un lungo momento, mentre le sue mani le accarezzavano piano le guance cercando di calmarla e di riportarla al presente. Poi proseguì in un accorato sussurro:
- Solo tu puoi decidere se questo è un sogno oppure la realtà: tutto dipende solo da te.[2] Così mi dicesti, Ilya, ricordi? E quel giorno il sole tornò a sfolgorare nel cielo sconfiggendo la nebbia che a causa del mio dubbio distruggeva il tuo mondo. Mentre io leggevo l'amore nei tuoi occhi.
La voce del mago divenne un sussurro dolcissimo:
- Lo stesso amore che in questo momento io ancora vedo nei tuoi occhi, Ilya, sempre, come tu mi promettesti allora.
La strega sembrò ridestarsi all'improvviso e scosse con forza la testa sottraendosi all'abbraccio del mago; si guardò intorno, smarrita, incapace di piangere, mentre il suo sogno si sgretolava e frammenti di nulla prendevano il posto delle onde scure che quiete lambivano la spiaggia, brandelli di niente oscuravano il sole che ancora non era sorto nel cielo e schegge di vuoto colmavano il sentiero celato nella folta vegetazione che lungo l'erta parete conduceva al Tempio.
Solo Severus era ancora lì, davanti a lei, vivo e vero, fiamme di sogno che ardevano nei suoi profondi occhi neri.
Severus c'era sempre stato, quando aveva avuto bisogno di lui.
Severus l'aveva già salvata una volta dall'abisso del nulla.
Severus aveva già pagato, più volte e con il proprio straziante dolore, l'espiazione di colpe che nessuno aveva mai commesso, ma che ugualmente gravavano come orribili macigni sulla coscienza della strega.
- Ilya, ti prego…
Delicatamente il mago le scostò una ciocca di capelli dal viso e le carezzò piano la guancia, con profonda tenerezza, le dita quasi tremanti nella leggera delicatezza del gesto. Poi si avvicinò alle sue labbra sfiorandole appena con le proprie e sussurrò con intensità:
- Io sono qui, Ilya. Io esisto solo perché tu, nel fondo del tuo cuore, ancora credi nel tuo splendido sogno.
La strega tremò e le lacrime sgorgarono dai suoi occhi, copiose, gonfie, grevi della tristezza che l'aveva portata a dubitare di tutto, perfino di sé e dei sogni per i quali aveva sempre combattuto con tutte le sue forze.
Severus sorrise dolcemente e la strinse a sé con un braccio, rispettoso e protettivo, mentre con l'altra mano le asciugava le lacrime e tornava a sussurrare, le sue parole che si confondevano con i singhiozzi angosciati della strega:
- Io voglio vivere, Ilya, ora che tu mi hai insegnato quanto può essere bello!




[1] Sono le parole che Ilya rivolge a Severus nel capitolo 5 - Amore, della mia fic "Il luogo dei sogni&quot
[2] Idem
 
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