Il Calderone di Severus

L'affascinante e misterioso giardino di Severus!

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view post Posted on 30/3/2017, 11:33
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Sono finalmente riuscita a scrivere il capitolo terzo. Non ne sono particolarmente entusiasta, ma dovevo riuscire a superare questo blocco.
Spero quindi di non aver combinato un totale disastro (e di non aver scritto frasi francesizzanti come struttura).


Capitolo III
Anemone blanda [1]



Sul TGV tra Parigi e Rennes, 22 agosto 1999


Il paesaggio scorreva rapidamente, alternando la campagna punteggiata da piccoli villaggi e le poche città in cui faceva sosta.
V’era qualcosa di stranamente tranquillo nelle chiacchiere sussurrate degli altri passeggeri e nella silenziosa velocità del treno. A Severus parve quasi di riuscire ad assaporare la vita che le persone non macchiate delle sue imperdonabili colpe conducevano.
Forse era per quello che aveva scelto mezzi di locomozione Babbana per allontanarsi dall’Inghilterra, per quanto sapesse che anche il suo fisico ne avrebbe giovato. Gli era stato sconsigliato di evitare il più possibile qualsiasi mezzo di trasporto magico per qualche tempo, fintanto che il suo corpo non avesse ripreso totalmente le forze.
L’uomo sapeva che, quel pomeriggio, quando fosse giunto a Paimpont, avrebbe dovuto Smaterializzarsi nel villaggio della Val sans retour, ma sarebbe stata una breve fatica.
In quel momento, mentre il treno si fermava nella stazione di Laval, Severus si rese conto di attendere con una certa trepidazione il momento in cui si sarebbe ritrovato nel suo giardino. Era un’oasi di solitudine, dove le sue colpe ed i suoi rimorsi si manifestavano attraverso i fiori che aveva scelto.
Quando aveva completato il giardino, anni prima, si era reso conto che anche laddove non avesse selezionato volutamente erbe e fiori simbolo di rimorso e colpa, anche gli altri in qualche modo si accordavano ai suoi sentimenti.
Era come se il giardino fosse diventato specchio della sua anima, un’anima nera e contorta, anelante ad un perdono impossibile da raggiungere.
Non si faceva illusioni in proposito. Sapeva che la sua vita sarebbe stata un continuo susseguirsi di giornate trascorse con la mente fissa in un passato macchiato di sangue e su un futuro privo di scopo.
Eppure, una minima parte di lui, credeva che trasferirsi in Bretagna ed occuparsi del giardino gli avrebbe in un qualche modo permesso di andare avanti, di vivere dopo la guerra che era stato certo l’avrebbe ucciso.
Il giardino sarebbe potuto diventare il suo nuovo scopo, la sua nuova missione.
Ricordava le lunghe giornate trascorse in quella solitudine. Il giardino – e la casa che aveva inaspettatamente ereditato – era diventato una sorta di rifugio, un luogo noto unicamente a lui, lontano dall’Oscuro Signore e da Silente.
Non vi aveva mai trovato la pace – per quella non c’era posto nella sua vita –, ma lì, nella quiete di quel luogo chiuso aveva almeno potuto lasciar andare parte della tensione che permeava ogni attimo della sua vita.
Ed in quel momento tornava nella casa e nel giardino per restarvi. Non sarebbe più tornato in Inghilterra per udire le parole di scusa insensata di Minerva o per trovarsi davanti Potter.
Sapeva che quella solitudine sarebbe stata colma del senso di colpa che mai lo abbandonava. Eppure non poteva fare a meno di agognarla, al pari dei delicati anemoni che costituivano una delle bordure.
Con ogni probabilità avrebbe dovuto ripiantare quei fiori, così come avrebbe dovuto ridare vita all’intero giardino.
Era da troppo tempo che non si recava in Bretagna ed era quanto mai improbabile che, al suo arrivo, avrebbe trovato il giardino fiorito e rigoglioso, come quando l’aveva lasciato.
In quel momento, mentre il treno transitava veloce accanto al castello di Vitré, gli pareva quasi che il giardino che immaginava rinsecchito fosse specchio della sua stessa anima, al pari rinsecchita. E se così era, forse anche la sua anima sarebbe riuscita a ritrovare una parvenza di vita, per quanto non avrebbe mai potuto aspirare al candore e all’innocenza delle piante che aveva scelto.

***


Foresta di Brocelandia, Val sans retour, 22 agosto 1999


La casa era straordinariamente pulita.
Ed era qualcosa che Severus non si aspettava. Guardò per un istante fuori dalle finestre, ma non c’era nessun movimento, nulla di insolito. D’altronde la casa si trovava leggermente isolata rispetto alle altre del villaggio.
Eppure non avrebbe dovuto essere così linda.
Nulla era però fuori posto, si disse, mentre andava di stanza in stanza.
In un primo momento, non appena si era Smaterializzato, non era riuscito a vedere nulla chiaramente. Il dolore della ferita si era riacceso ed era rimasto per qualche istante immobile, lasciando che il suo corpo si riprendesse.
Poi aveva notato che il salotto riluceva quasi come uno specchio, come il resto della casa, incluso il suo laboratorio.
L’uomo osservò tutto con cura, ma nulla era stato spostato e nessun ingrediente, prodotto dal giardino o acquistato che fosse, aveva subito il ben che minimo danno.
Eppure qualcuno doveva essere stato in quella casa.
Poi ricordò che Madame Le Bihan possedeva le chiavi di riserva della casa. Quindi doveva essere stata lei a occuparsi dell’abitazione in sua assenza.
Severus non sapeva nemmeno come si sentisse di fronte a questa invasione della propria abitazione. Eppure, in un qualche modo, lasciando la casa priva di una potente protezione magica, aveva quasi dato il permesso alla donna di entrarvi.
L’uomo sospirò appena, uscendo dal laboratorio.
Gli abitanti del piccolo villaggio erano sempre stati fin troppo gentili con lui.
Ma, all’epoca, non sapevano chi fosse e di quali colpe si fosse macchiato.
Avrebbero dovuto odiarlo, si disse.
Invece si erano presi cura della sua casa. O almeno Madame Le Bihan l’aveva fatto.
Mettendo a tacere qualsiasi pensiero in proposito, si portò verso la porta che dava sul giardino.
Fu soltanto quando la aprì che udì delle voci provenire da quel luogo di solitudine.
Erano le voci di due bambini, che individuò rapidamente accanto alla bordura dove fioriva l’anemone.
I piccoli fiori dai colori delicati facevano capolino intorno ad uno delle quattro sezioni del giardino. Una bambina dai capelli biondi li stava innaffiando, mentre era intenta a parlare con un ragazzino che dimostrava undici anni.
Nessuno dei due si era accorto della sua presenza, intenti com’era a prendersi cura del giardino.
Severus rimase per qualche istante immobile, mentre notava che anche quel luogo era perfettamente curato e che nulla era cambiato nella disposizione dei fiori e delle piante.
Quando si mosse, la sua intenzione era di cacciare i due bambini, che avevano invaso la solitudine del giardino, di quel luogo che doveva appartenere unicamente alle sue colpe e ai suoi rimorsi.
Eppure, quando il ragazzino si voltò verso di lui, non disse nulla per diversi istanti.
Il bambino lo fissava con uno sguardo stupito che si riempì immediatamente di una gioia che a Severus parve quanto mai assurda.
«Margaid, è tornato!»
Nella parole del ragazzino c’era un entusiasmo che colpì Severus quasi come una pugnalata.
Quell’entusiasmo non aveva affatto ragione d’esistere, così come non aveva senso che due bambini, due anime innocenti si prendessero cura del giardino di un assassino dall’anima lacerata.
La bambina si voltò a sua volta, dopo aver posato a terra un annaffiatoio che sembrava troppo grande per lei, e gli rivolse un sorriso.
«Nessuno vi ha insegnato che non si entra nelle case altrui senza chiedere il permesso», disse infine, facendo scorrere lo sguardo dall’uno all’altro bambino.
Voleva che quell’entusiasmo e quel sorriso gentile sparissero dai volti della bambina e del ragazzino.
L’innocenza non poteva sorridergli.
Era il prezzo da pagare per le colpe irreparabile ed imperdonabili che aveva commesso.
Ma nonostante l’asprezza delle sue parole, i due bambini continuavano a fissarlo come se avessero appena visto comparire un eroe uscito da uno dei poemi cavallereschi che erano stati ambientati in quella foresta.
Persino i delicati fiori dell’anemone parevano sorridergli, illuminati dal sole di quella giornata d’agosto.
«Siamo felici che siate guarito, Monsieur Piton», affermò il ragazzino. «Abbiamo tenuto in ordine il giardino in attesa del vostro ritorno. Però ora che è qui…»
«Potremmo tornare di tanto in tanto, Monsieur?» Interloquì Margaid interrompendo il bambino. «Non sempre, soltanto qualche volta, per poter guardare i fiori. A me e a Riwal piace così tanto curarli.»
L’uomo lasciò trascorrere diverso tempo.
Il ragazzino sembrava, prima che la bambina lo interrompesse, aver ritrovato un lampo di buon senso. Severus era certo che Riwal stesse per dire che non avrebbero mai più invaso la solitudine del giardino.
Invece la bambina lo stava fissando con uno sguardo colmo di speranza.
Uno sguardo che pareva volerlo supplicare di accettare quell’offerta, di permettere loro di entrare nuovamente in quel giardino colmo di dolore e di rimorso.
Gli anemoni nella bordura sembravano quasi osservarlo come stava facendo la bambina.
E quello era un pensiero quanto mai incoerente, si disse l’uomo.
L’anemone amava la solitudine.
Era lo specchio della solitudine della sua anima contorta, della sua anima nera, accanto alla quale non poteva esistere l’innocenza candida di quei bambini.
«Non vi daremo alcun fastidio, Monsieur», aggiunse improvvisamente Riwal.
Severus notò che il ragazzino lo stava fissando ancora con quell’entusiasmo che aveva manifestato quando si era accorto della sua presenza.
Era un entusiasmo, una fiducia che non meritava affatto.
Avrebbe dovuto dire loro di non mettere mai più piede nel giardino, di tenersi alla larga, perché quello non era un luogo adatto all’innocenza.
Invece non lo fece.
Avrebbe dovuto spaventarli, scoraggiarli nella loro insistenza, cancellare dal loro volto della fiducia immeritata e quell’assurdo entusiasmo.
Invece non lo fece.
C’era qualcosa negli occhi di quei bambini e nel modo in cui il sole rendeva più luminosi i colori delicati dell’anemone.
C’era una fiducia ed un’innocenza che temeva di distruggere irrimediabilmente.
E sarebbe stata quella un’altra macchia che avrebbe gravato sulla sua anima marcia.
Alla fine, senza dire una parola, annuì soltanto.
Ed i due bambini gli sorrisero con una felicità che sapeva di non meritare.

[1] Nome scientifico dell'anemone

Edited by Alaide - 8/2/2018, 11:17
 
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CITAZIONE (Alaide @ 30/3/2017, 12:33) 

Capitolo III
Anemone blanda [1]


E' bello sapere cosa Severus troverà nella vecchia casa con giardino, e che le sue preoccupazioni circa l'abbandono non hanno ragione d'essere. Un bel crescendo, dall'inizio fino alla fine, con le soprese che si susseguono per il mago.
Del resto, capisco anche che lui possa percepirla come una invasine della sua sfera privata; tu, però ripeti più volte che TUTTO è esattamente dove lo aveva lasciato e che NULLA è stato toccato, e questo è un bene. Poi, lo metti di fronte a dei ragazzini e io ormai so che questo è il suo punto debole...
Belli i suoi pensieri iniziali: un luogo di quiete, quella casa con giardino, visto che la pace lui non l'ha mai conosciuta.
Ancor più bello quando si rende conto che, lungi dall'odiarlo, la gente del posto si è presa cura della sua casa, dove tutto è VIVO e PULITO, due contenti piuttosto rilevanti per lui. E poi verrà anche la scoperta del giardino, forse ancora più importante.
Bello l'incontro coi bambini. L'innocenza che gli sorride: stupendo.

Due piccole note.
- cacciare i due bambini, che avevaNO invaso
- Siamo felici che siate guarito (gli danno del voi alla francese?)
 
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view post Posted on 8/4/2017, 17:11
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CITAZIONE

Capitolo III
Anemone blanda [1]


Non mi ero accorta che avessi pubblicato!
Aspettavo il seguito, e devo dire che non mi ha deluso.
Il tuo Severus è, come sempre, un uomo impregnato di colpa, dolore e odio verso se stesso, imperdonabile e immeritevole di qualsiasi sollievo.
Tuttavia in questo capitolo hai aperto una piccolissima crepa nel muro oscuro di cui si circonda.
La sorpresa di trovare ogni cosa al suo posto e il giardino curato gli appaiono ingiuste manifestazioni di affetto verso la sua persona, ma i bambini innocenti e sinceri riescono in qualche modo ad ottenere il massimo: un cenno di assenso.
Mi piace questa storia così aderente ad una realtà geografica che tu trasmetti (Severus in TGV è davvero il massimo) nei particolari, rendendo il lettore capace di immaginarsi a guardare dal finestrino del treno, accanto a Severus.
Il giardino curato è una meraviglia, io amo i fiori e le piante: non avrei apprezzato che trovasse tutto morto e secco... anche se - temo - Severus l'avrebbe preferito.
Non ci farai aspettare tantissimo vero?
 
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view post Posted on 12/4/2017, 20:19
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Ecco, finalmente ci sono anche io.
L'idea di questa iniziativa è mia, e subito dopo averla lanciata, lo scorso agosto, avevo già in mente due storie da scrivere, ma i mesi sono passati, in mezzi a casini e problemi vari, impegni pressanti e tante nuove preoccupazioni. Meno male che mi ero appuntata le due idee, altrimenti... ciao ciao ispirazione.

Ecco la prima storia, quella che doveva essere più breve, ma che si è dilatata assai, ben oltre le mie intenzioni.
Ma mi piace ciò che ho scritto, in parte diverso dal solito, anche se il tema è sempre quello: Severus, sospeso tra il Passato che lo trattiene e il Futuro cui vorrebbe protendersi. E come sempre ha bisogno di una donna innamorata...
Lo stile non è il mio solito in terza perzona: ho preso a prestito la 2a persona da Chiara, che è bravissima, e spero che non mi bastonerà per l'uso che ne ho fatto. In ogni caso, ho cercato di ingraziarmela con la nota in cui le dedico la storia... per tanti motivi, oltre quello che ho indicato.




Titolo: Orizzonti
Autore/data: Ida59 – idea del 21/8/16 poi sviluppata il 10-12 aprile 2017
Beta-reader: racconto in 5 brevi parti
Tipologia: racconto
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, romantico, drammatico
Personaggi: Severus, personaggio originale
Pairing: Severus/ personaggio originale
Epoca: (molto) post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Nuovi orizzonti si aprono nel futuro di Severus Piton, una volta lasciata la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Parole/pagine: 4.385/11
Nota 1: la storia è stata scritta per l’iniziativa “L'affascinante e misterioso giardino di Severus!” del Forum “Il Calderone di Severus”.
Nota 2: non sapevo in quale modo affrontare una storia introspettiva al 95% per non renderla troppo noiosa e rischiare di perdere l'immedesimazione dei lettori. Poi mi è venuta in mente Chiara(53), con lo stile in 2a persona da lei preferito e sempre brillantemente gestito, e ho trovato la mia soluzione. La storia, quindi, è dedicata alla mia cara Chiara, sperando che la gradisca.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, ove presente, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.







Orizzonti


Presente
Passato
Nuovi orizzonti
Octavia
Colori e profumi







Orizzonti


Presente



Hai ormai cinquanta anni, compiuti da pochi mesi.
I tuoi capelli sono sempre neri; e lunghi, fin quasi alle spalle.
Volano nel vento della Cornovaglia, ali nere nel cielo azzurro intenso, mentre passeggi nel prato che circonda il tuo giardino, protetto da un muretto in vecchia pietra ricolma di antica magia celtica.
Camicia bianca e pantaloni attillati. Non è cambiato molto il tuo abbigliamento.
Solo la severa giacca nera hai lasciato a Hogwarts: troppo dolore nelle sue linee rigide colme di rinunce; troppi rimpianti e rimorsi nel lutto dell'assenza di ogni colore. L'avevi scelta per lei, per ricordarti ogni giorno la sua morte; l'avevi scelta per te, per importi di rinunciare alla vita.
Ma la morte non ti ha voluto e la vita, finalmente, ti ha accolto tra le sue braccia morbide e profumate.
Cammini piano sull'erba folta, e i tuoi occhi neri guardano lontano, oltre la scogliera e la spiaggia candida puntellata di rocce scure, lo sguardo fisso sul mare che scintilla dorato sotto i raggi del sole della primavera avanzata.
Il profumo salmastro giunge a tratti, ma intorno a te l'aria è pervasa da mille altri profumi.
Le aspiri con voluttà, le fragranze intense del tuo guardino, le essenze preziose dai mille vividi colori che distilli con Octavia.
Le tue labbra sottili si distendono appena in un sorriso: è sempre così quando pensi a lei, alla tua donna, alla tua vita finalmente da vivere.
No, non sei morto, quella notte; nonostante il feroce attacco di Nagini. Eri preparato, lo avevi capito dalle parole di Albus che il serpente sarebbe stato un problema grave[1]. Solo che eri convinto che la questione riguardasse il ragazzo: per questo portavi sempre con te l'antidoto che avevi distillato da mesi contro il suo veleno dalle magiche particolarità. Per poterlo aiutare. Per proteggerlo. Come avevi sempre fatto in silenzio per anni, anche se Harry pensava che tu lo odiassi.
Ma quella notte il ragazzo ha capito. Ci ha messo un po' a comprendere le cose fino in fondo, ma alla fine ci è arrivato. No, non era odio, il tuo. Era dolore, e rimorso, e rimpianto. Era una straziante sofferenza ogni volta che lo guardavi negli occhi verdi di Lily, inestimabili gioielli prigionieri nel volto sfacciato e arrogante di James.
Così, l'antidoto che avevi distillato per il figlio di Lily, quella notte ha salvato la tua vita.
Insieme alle lacrime fatate di Fanny.
A Hogwarts chi chiede aiuto lo trova sempre. [2]
Non hai chiesto aiuto, quella notte, ma ne avevi bisogno: non avevi ancora compiuto il tuo dovere fino in fondo, dovevi ancora proteggere il ragazzo.
Silente non si smentisce mai. Neppure da morto. E sei stato tu a ucciderlo. Altro rimorso, altro dolore: un'agonia durata quasi per un anno mentre disperatamente cercavi un mezzo, qualsiasi dannata possibilità per salvargli la vita.
Invece, l'hai rubata con due orribili parole e un raggio verde di morte, la vita del tuo unico amico.
Sospiri, stringi i denti e guardi fisso avanti a te: mare, mare, e mare oltre ai verdi prati che sormontano le erte scogliere.
Ti ricordi di respirare, e il profumo dei fiori del tuo giardino annulla il salmastro che galoppa nel vento; e ti riporta al presente. A Octavia.
Il piccolo sorriso dolce torna sul tuo volto non più pallido, e nemmeno più tanto spigoloso. Il sole ha colorato il tuo pallore mentre lavoravi tra le aiuole, e la cucina di Octavia ha ammorbidito le linee del tuo viso. E non solo quelle: finalmente non sei più pelle e ossa! Ti sfugge una piccola risata leggera: per diventare grasso, però, dovrai vivere come minimo altri 100 anni, come Albus…
Sbatti gli occhi neri nel sole e smetti all'improvviso di ridere da solo come un idiota.
Poi ispiri ancora la fragranza dei fiori: ne hai bisogno per rimanere nel presente, per allontanare il passato che oggi continua a fare capolino nei tuoi pensieri.
Sai bene qual è il motivo: Octavia ha dovuto assentarsi. Doveva restare via solo per un giorno, ma sono già trascorse due notti e ti manca, ti manca come non avresti mai immaginato potesse mancarti.
Ma prima di sera tornerà tra le tue braccia: te lo ha promesso.
E questa notte sarà di nuovo tutta solo per voi, sotto la luna e tra i mille profumi del vostro giardino.


[1] Se Lord Voldemort cesserà di mandare Nagini a eseguire i suoi ordini, ma la terrà al sicuro accanto a sé, sotto protezione magica… Frase pronunciata da silente in "Harry Potter e i doni della Morte", capitolo 33 - La storia del Principe.
[2] Frase pronunciata da Silente in "Harry Potter e la camera dei segreti", capitolo 14.


Edited by Ida59 - 20/4/2017, 22:15
 
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Sono felice che tu abbia preso qualcosina da me, visto quanto mi hai regalato sempre in questi anni :wub:

Detto questo, la storia è delicata e profumata come il mare e i fiori che non hai ancora descritto, ma di cui hai permesso comunque al lettore di apprezzare la presenza.
Lui, Severus è sempre lo stesso, ma sorride ed è libero e felice, il passato esiste, ma soltanto come esperienza e parte di una vita che è tutta da vivere.
Nessuno è quello che è se non avesse alle spalle un passato, Severus non è diverso da tutti.
Mi piace che la severa giacca sia stata lasciata da parte, mi piace vederlo in camicia e pantaloni, rigorosamente neri, la libertà dell'anima che corrisponde a quella del corpo. Che bello!
Adesso aspetto il resto, certa di divertirmi e commuovermi ancora leggendoti.
 
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:wub: :wub: :wub: :lovelove: :lovelove: :lovelove:
 
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Ho letto, in una pausa dal ripasso di bretone, il primo capitolo della storia di Ida. So già che il commento sarà breve, ma è stato scritto di getto.
Ammetto di non amare particolarme i racconti in seconda persona, ma in questo caso sono riuscita ad apprezzarlo, perché non sembra troppo "artefatto". Mi sono piaciute le poche pennellate che hai dato... la Cornovaglia, il pensieri di Severus, la per ora misteriosa figura di Octavia (voglio sapere qualcosa in più su di lei), l'accenno al giardino (sul quale sono curiosissima).
 
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view post Posted on 13/4/2017, 19:29
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Al momento ho letto solo l'intro della storia.
Non posso dire nulla, però mi piace un sacco il nome di lei. :lol:
 
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CITAZIONE (Alaide @ 13/4/2017, 18:51) 
Ammetto di non amare particolarme i racconti in seconda persona, ma in questo caso sono riuscita ad apprezzarlo, perché non sembra troppo "artefatto". Mi sono piaciute le poche pennellate che hai dato... la Cornovaglia, il pensieri di Severus, la per ora misteriosa figura di Octavia (voglio sapere qualcosa in più su di lei), l'accenno al giardino (sul quale sono curiosissima).

E' raro che io scriva in 2a persona, ma qui proprio non avevo idea di come coinvolgere il lettore, e sono felice che Chiara abbia apprezzato.
Di Octavia saprai, e anche dello strano giardino di Severus...

Curiosità mia. Cosa intendi con artefatto? E perchè la 2a persona dovrebbe comportare questo problema?


CITAZIONE (ellyson @ 13/4/2017, 20:29) 
Al momento ho letto solo l'intro della storia.
Non posso dire nulla, però mi piace un sacco il nome di lei. :lol:

Nome tipicamente ottocentesco e intensamente romantico. Ero in dubbio con Hortensia. Poi ho scelto tra donna e fiore, come scoprirai meglio più avanti.
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 13/4/2017, 21:56) 
Curiosità mia. Cosa intendi con artefatto? E perchè la 2a persona dovrebbe comportare questo problema?

Trovo la seconda persona poco "naturale". Non so spiegarmi bene, ma il mio problema, molto personale, è che non mi permette di calarmi nella storia, se non in rarissime occasioni. Nel caso di questa tua storia, ho apprezzato l'atmosfera e quanto hai scritto, ma in certi momenti mi è sembrato di osservare il tutto attraverso una finestra.
 
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Ok, capito. Grazie.
 
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Ecco il secondo brano di Orizzonti

Passato

 
Ti accoccoli tra l'erba; prati e scogliere sono svaniti e vedi solo lo scintillio delle onde.
Chiudi gli occhi e ti distendi: anche l'erba è profumata. Non sai perché, ma ti ricorda Octavia. Forse è l'essenza delle ortensie blu, quella che arriva dal muretto e solletica il tuo olfatto.
Sorridi di nuovo.
Sono le sue preferite, quelle ortensie: amore ardente, profondo e costante; e gratitudine per la comprensione ricevuta. Il tuo amore immenso e appassionato per lei. La sua comprensione dei tuoi silenzi e degli sguardi cupi, a labbra serrate e pugni stretti. Ora non sei più così, lei ti ha cambiato. Ti ha guarito. Adesso non soffri più. Sei felice. Quando Octavia è con te.
Sospiri piano. Ancora poche ore e sarà di nuovo a casa, tra le tue braccia. In questo luogo incantato, perso tra mare e cielo e soffuso di colori e di profumi, che finalmente consideri casa. La tua vera e definitiva casa.
La prima casa, quella della tua infanzia, l'hai voluta dimenticare. Meglio così. Troppo dolore, e urla, e rabbia e delusione. E fiori ed erbe secche nel giardinetto sassoso in cui nulla voleva prendere vita. Anche tu sei venuto su a fatica, pallido e filaccioso come una pianta cresciuta al buio.[1] O senza amore. In fondo, non c'era molta differenza.
Poi c'è stata Hogwarts. Non è mai stata solo una scuola, per te. E sempre stata una casa, fin dal primo giorno. Ma anche in quella casa ci sono state tante, troppe sofferenze, delusioni, rinunce. E dovere, una mole dolorosamente insormontabile di dovere. Anche lì c'era poco sole: non arrivava mai nel tuo sotterraneo, gelida prigione in cui ti eri rinchiuso per punire le tue colpe. Ma i giardini di Hogwarts erano immensi, splendidi e rigogliosi. Anche se tu, forse, conoscevi meglio i pericolosi sentieri impervi della Foresta Proibita, percorsi la notte, il cappuccio del lungo mantello nero calato sul volto ricoperto dalla maschera d'argento, mentre eseguivi il tuo compito di spia.
Eppure, Hogwarts l'hai amata profondamente e a lungo. Sei stato il suo preside per dieci anni. No, l'anno maledetto del preside-Mangiamorte, quello non lo conti. L'anno degli sguardi colmi di odio e disprezzo. Non lo vuoi ricordare. L'hai cancellato. Quasi. Grazie a Octavia e al profumo dei suoi fiori. Dei vostri fiori.
Dieci anni per farne dimenticare uno. Per lavare l'onta dell'uomo che la notte curava e salvava gli studenti vittime dei Carrow, lanciando loro un Oblivion perché il mattino dopo non ricordassero il loro oscuro protettore.
Dopo la notte della Battaglia di Hogwarts, hai ricostruito il castello: torre dopo torre, ogni singola merlatura abbattuta; i vetri delle finestre, gli archi delle bifore e dei portoni. Hai posato la tua mano su ogni singolo muro sbrecciato della tua Hogwarts, e con affetto hai guarito le sue ferite, con l'aiuto di tutti gli altri.  Non erano più carichi di odio i loro sguardi: traboccavano di affetto e riconoscenza per l'uomo che aveva sempre combattuto per loro, che li aveva protetti in silenzio subendone il feroce disprezzo.
Ricordi il sorriso affettuoso di Minerva, a lungo appannato dal senso di colpa per non aver compreso la verità e il tuo lancinante dolore, troppo accecata dalla propria sofferenza per la perdita di Albus.
Non potrai mai dimenticare l'imbarazzo di Harry, che da ragazzo è diventato uomo, e alla fine ha capito. Tutto. L'ha compreso così bene che pretendeva addirittura che tu fossi il padrino dei suoi figli. Naturalmente gli hai detto di no. Però hai conosciuto i suoi figli, e alla fine li hai anche tenuti in braccio. No, non il primo, quello proprio no: l'accoppiata di nomi odiati e i riccioli neri ribelli te lo hanno impedito.
Il secondo, invece, l'hai stretto tra le braccia con delicato imbarazzo. Quello con gli occhi verdi. Quello che porta anche il tuo nome. E poi lei, la piccolina; anche lei con un nome troppo carico di passato. Pessima scelta di nomi in casa Potter-Weasley. La peggiore possibile, probabilmente.
Però la piccola, che mai chiamerai per nome, non somiglia per nulla a Lily. No, Lily è solo nell'innocenza degli occhi verdi di Albus Severus. Povero bambino, condannato a un nome tremendamente solenne… Per fortuna lo chiamano tutti Al. Meglio così.
Per dieci lunghi anni hai diretto scrupolosamente la scuola, con l'aiuto vigile di Minerva; hai visto centinaia di studenti affrontare i G.U.F.O. e i M.A.G.O, l'ombra delle Arti Oscure che ormai non faceva più paura.

 


[1] Harry Potter e l'ordine della fenice, capitolo 28 - Il peggior ricordo di Piton. Si tratta della descrizione del Piton quindicenne visto da Harry nel ricordo del Pensatoio

Edited by Ida59 - 15/4/2017, 22:53
 
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Mi piace il Severus dei ricordi, mentre si crogiola nell'erba aspettando il ritorno del suo amore!
Anche il dolore e il dovere sono avvolti da una specie di benedetta nebbia, non sono più coltelli affilati.
Severus ha trovato un equilibrio, una specie di pace armata con se stesso.

Mi ha colpito la descrizione delle sue "case", quella in cui ha vissuto l'infanzia e Hogwarts la sua vera casa, almeno fino ad ora...
Non me lo avrai mandato in pensione a cinquanta anni, e la Fornero che dice??? :lol: :lol:
 
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view post Posted on 14/4/2017, 18:04
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I ♥ Severus


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:D No, non è in pensione, ha solo cercato nuovi... orizzonti!
 
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view post Posted on 15/4/2017, 17:08
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I ♥ Severus


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Ecco il terzo capitoletto di "Orizzonti"


Nuovi orizzonti




Poi, all'improvviso, hai sentito forte il bisogno di cambiare, di lasciare per sempre il passato.
Di cercare nuovi orizzonti.
E li hai trovati, eccome se li hai trovati, pensi, sorridendo al cielo sopra di te.
Orizzonti luminosi, per te così a lungo immerso nell'oscurità da credere che ormai facesse davvero parte di te.
Orizzonti felici, per te che avevi solo desiderato di morire, e poi rinunciato a vivere. Per te che eri stato pronto a sacrificare la vita, ma la morte non ti aveva voluto.
Orizzonti profumati di futuro. E di amore.
Da due anni vivi in Cornovaglia, nell'estremo sud-ovest, un posto scelto quasi a caso sulla mappa: l'unica cosa che t'importava era che fosse deserto, lontano da tutti. L'hai scovato durante l'inverno, immerso nella nebbia, il mare che mugghiava contro la scogliera e il nulla intorno alla casa.
Solo con l'arrivo della primavera hai scoperto i resti dell'antico giardino protetto dal muretto pregno di potente magia celtica e hai cominciato a sudare lavorando duro tra le aiuole per ridare loro i colori della vita.
Hai fatto bene a lasciare la tua rigida giacca nera a Minerva: non ti serve mentre curi con attenta pazienza i tuoi fiori traboccanti di tinte e profumi. Non ti era servita neppure durante l'inverno, mentre leggevi accanto al camino o distillavi pozioni. Né ti è poi servita d'estate, mentre l'erica occhieggiava vezzosa intorno al tuo prezioso giardino.
Dopo sei mesi di perfetta solitudine, un mattino di giugno hai deciso di compiere un giro a piedi lungo il sentiero che corre sulla costa: un faro a sud, lontano, e un insignificante gruppo di case a nord-ovest. In mezzo, solo il tuo nulla, invisibile ai Babbani, con tutti i suoi profumi intensi e i vividi colori. Solo per i tuoi occhi. Occhi neri che un tempo amavano il nero e avevano rinunciato alla luce di cui non si ritenevano più degni.
Un giro molto lungo e faticoso, sulla scogliera affacciata sul mare: rocce scure, poi grigie alternate alle chiare, sentiero di terra tra l'erba e la prima erica, salite e discese tra i sassi. Eri accaldato e avevi slacciato la camicia tirandola fuori dai pantaloni, così svolazzava nel vento fustigandoti i fianchi. Piccole ali bianche che sorridono. Un tempo il tuo mantello era una cupa ala nera densa di sofferenza che grondava lacrime di rimorso e rimpianto. Hai lasciato anche quello al castello, a Minerva che l'ha voluto come ricordo. Un ricordo triste. Qui durante l'inverno hai usato un caldo cappotto, ovviamente nero, molto più discreto: non vuoi attirare l'attenzione di nessuno e ci sei perfettamente riuscito. Almeno per i primi sei mesi.
Ti sei lasciato il faro alle spalle e hai camminato guardando alla tua sinistra, verso il mare. Hai camminato a lungo, le gambe che ti dolevano: devi fare del moto dopo sei mesi densi di libri e pozioni.
Sei sceso verso la baia piccola, dall'altro lato rispetto alla grande scogliera: la spiaggia dalle lente onde lunghe, puntellata di rocce nere, il verde vivido alle spalle e il cielo azzurro intorno. Hai tolto le scarpe e arrotolato l'orlo dei pantaloni al polpaccio, e come un ragazzino sei corso incontro alle onde.
L'acqua è fredda, ma ti piace sentire la sabbia che scorre via tra le dita. Avanzi e arretri seguendo l'onda, irrispettosi schizzi che ti bagnano i pantaloni e qualcuno osa perfino posarsi sul tuo niveo petto. Il vento sta crescendo e le onde si fanno più lunghe, forti e spumeggianti.
Arretri e vai a barricarti su una roccia nera, poi ti spingi avanti, sulla punta, dove le onde s'infrangono con forza crescente. Giochi a sfidarle, e vai sempre più giù, gli schizzi che arrivano anche sul tuo volto pallido e ti bagnano i lunghi capelli neri.
La marea sta montando veloce e sale sulle rocce, ma tu non ci fai caso: proprio come un bambino, quello che non sei mai realmente stato, continui a sfidare le onde e non ti accorgi che, alle tue spalle, il mare alzandosi ti sta precludendo la ritirata. Vento e marea sono invincibili: la tua piccola roccia nera è accerchiata, il tuo immaginario castello invaso dalle onde che ti lambiscono fino alle caviglie prima di ricadere in mille spruzzi iridescenti. La roccia bagnata si fa scivolosa e le onde sono sempre più invadenti: tenti una ritirata strategica, ma metti un piede in fallo e il mare è lì, ad accoglierti vittorioso nel suo freddo abbraccio salato.
Ti rialzi e guadagni la riva sabbiosa, ma sei bagnato come un pulcino e il vento ti fa rabbrividire.

Edited by Ida59 - 15/4/2017, 22:54
 
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