Dopo "Empatia" che potete trovare qui, vi lascio con questo nuovo piccolo frammento di vita.Io amo
Villandry, 17-19 ottobre 2002
«Non ti sembra di correre troppo, Ygraine?»
Mary osservò con attenzione il volto della figlia, ma le sembrò unicamente di averla ferita. D’altronde, a volte, non riusciva del tutto a conciliare la giovane donna che camminava accanto a lei con la persona razionale, che impiegava tempo prima di prendere qualsiasi decisione. Anche quando aveva scelto di diventare cantante era stato un processo lungo, nonostante sia lei che Alfred avessero capito che quella sarebbe la strada della loro bambina.
«No, mamma», rispose Ygraine, mentre si fermavano in un angolo particolarmente caratteristico del giardino del castello di Villandry. «Ho già risposto alla stessa identica domanda quando ti ho detto che Severus sarebbe venuto a vivere con me e Rebecca e nulla è cambiato da allora, nemmeno la consapevolezza del mio amore per lui.»
«Lo so, ma sta tutto accadendo così in fretta», ribatté l’altra donna. «Lo conosci da così poco e dopo nemmeno un anno vi sposerete. Non sei mai stata precipitosa, Ygraine.»
La giovane donna si voltò verso la madre, chiedendosi da dove nascessero quei dubbi e quelle preoccupazioni. Quando, a luglio, aveva telefonato loro da Aix-en-Provence, la donna si era dimostrata felice per le sue future nozze, mentre, in quel momento, a pochi giorni di distanza dall’evento, pareva quasi che volesse convincerla a lasciare Severus, qualcosa che non sarebbe mai riuscita a fare.
«Non ho preso una decisione affrettata, mamma», decise di dire, infine, con decisione. «So che tu e papà vi siete corteggiati a lungo e, forse, speravi che seguissi i vostri passi. Tuttavia, mamma, non avrei mai potuto agire diversamente. Anche se Severus non avesse contraccambiato il mio sentimento, lo avrei voluto ugualmente al mio fianco, qui, a Villandry, perché sapevo e so, con certezza, che non potrei mai amare nessun altro uomo come amo lui. Immagino che possa sembrarti che tutto sia avvenuto in fretta, ma, ma non sono mai stata così certa di nulla come lo sono ora.»
«Ho soltanto paura che tu possa pentirti, in futuro.»
«Non accadrà, mamma.»
La voce della figlia era colma di sicurezza, ma la donna non riusciva ad impedirsi di temere che il futuro portasse unicamente dolore a Ygraine. Alfred le aveva consigliato di non esprimere i suoi dubbi con la giovane donna, di tacere e di godersi la felicità della loro bambina, ma suo marito aveva una mente a volte troppo distaccata dalla realtà. Forse avrebbe dovuto tacere, ma aveva paura che la figlia stesse facendo una scelta affettata, aveva paura di vederla infelice.
Non si trattava nemmeno dell’uomo di cui Ygraine si era innamorata. Mary era certa che il signor Piton fosse una brava persona. L’aveva visto, d’altronde, prendersi cura di Rebecca, ma, a volte, non riusciva a capire per quale motivo la figlia si fosse innamorata di quell’uomo taciturno.
«Spero che tu abbia ragione, Ygraine.»
«Sono certa dei miei sentimenti, mamma. Amo Severus e so con una certezza, che non ho mai provato prima, che lo amerò per sempre.»
Mary annuì, sorridendo alla figlia, per nascondere i suoi timori. D’altronde, sapeva che quelle paure nascevano anche – e forse soprattutto – dalla consapevolezza che Ygraine era l’ultima dei suoi figli ad esserle rimasta. Tristan l’aveva perso per sempre quando il suo ragazzo aveva deciso di togliersi la vita e Gawain se n’era andato quando aveva scelto di rigettare per sempre Rebecca.
«Mi spiace, Ygraine, per aver messo in dubbio il tuo futuro e la tua decisione», decise di dire, infine.
«Non ti preoccupare, mamma. Forse, anch’io, in futuro mi troverò nei tuoi panni.»
Mary alzò lo sguardo verso il sole di ottobre che rendeva quasi fatati i giardini del castello, resi leggiadri dai colori dell’autunno.
E il sole spandeva la sua dolce luce sul giardino della casa di Villandry, sulla serenella, sull’acqua nel bacino circolare sul retro della casa, sulla quercia e sul ciliegio, entrambi con le foglie dei colori dell’autunno.
E il sole illuminava la melissa e i crisantemi rosa che formavano quasi una corona intorno alla serenella.
Severus era immobile davanti a quella parte di giardino, a cui avrebbe ripreso a lavorare in primavera. Vedeva già le ninfee nel piccolo bacino circolare, le campanule, la veronica e l’acrimonia accanto ai crisantemi e alla melissa.
Avrebbe piantato delle margherite e del mughetto.
In quel momento, però, non riusciva a pensare ad altro che a quello che sarebbe accaduto sabato, al giorno in cui Ygraine sarebbe diventata sua moglie.
Era un pensiero felice e confortante, si disse, mentre faceva qualche passo verso il bacino circolare, verso quell’acqua, pura come l’animo della giovane donna.
«Una strana scelta di fiori», aveva sentito i passi alle sue spalle e, già prima di voltarsi, sapeva che a raggiungerlo era stato Alfred. Rebecca si trovava a casa di Renaud, mentre Ygraine era con sua madre al castello. «Mia figlia sa perché ha piantato proprio dei crisantemi rosa, signor Piton?»
«Potrei non averlo fatto io.»
Alfred aveva l’espressione di chi non gli credeva affatto, ma Severus non se ne stupì nemmeno. In fondo, l’uomo l’aveva visto più volte portare i fiori sulla tomba degli Hancock e lo aveva affrontato quando si era reso conto che lui doveva aver avuto qualcosa a che fare con la morte di quella famiglia di innocenti. Era stato certo, allora, che tutto sarebbe finito, ma il signor Ainsworth si era dimostrato essere decisamente simile alla figlia.
«Ne dubito. Ygraine ha molti pregi, ma non ha mai amato curare i fiori e le piante. Lo sa fare, ma ha sempre preferito la musica o giocare con Tristan», affermò l’uomo con un sorriso malinconico. Severus si chiese cosa dovessero aver passato i genitori di Ygraine quando il figlio si era suicidato e quando Gawain era fuggito in America, troppo vigliacco anche solo per affrontare i signori Ainsworth o Rebecca. «Lei, invece, conosce il significato che veniva attribuito ai fiori nel medioevo.»
Il silenzio cadde pesante tra loro. Severus era certo che entrambi stessero ricordando quel dialogo teso nello studio dell’uomo, quando aveva ammesso di aver partecipato alla morte degli Hancock, quando Ygraine gli aveva chiesto di poterlo accompagnare quel Natale, affinché potesse esprimere il suo rimorso.
«Il giardino è per la mia bambina.»
Non era una domanda e Severus non negò nemmeno. Aveva sempre saputo che il padre di Ygraine avrebbe capito subito. Era un uomo gentile, con cui aveva conversato più di una volta a proposito di antichi poemi.
Rimasero a lungo in silenzio, fino a quando non sentirono dei passi avvicinarsi a loro. Mary Ainsworth sembrava pensosa, mentre Ygraine gli correva incontro e lo abbracciava, nascondendo il volto contro il suo petto. Si sentì a disagio quando ricambiò l’abbraccio davanti ai genitori della giovane donna, che, di solito, non era particolarmente espansiva in pubblico.
«Vieni, Mary», la donna lanciò un’occhiata alla figlia e all’uomo che avrebbe sposato, prima di seguire il marito verso la casa. «Che cosa hai detto al nostro piccolo usignolo?»
«So che mi avevi detto di non dirle nulla, ma sono preoccupata per lei.»
«Non ne hai motivo, Mary», la voce di suo marito era tranquilla. «Ygraine è innamorata di un uomo altrettanto innamorato. Hai visto i crisantemi rosa in giardino e la serenella e la melissa?»
«Alfred…»
«Il signor Piton, ma credo che dovremmo iniziare a chiamarlo Severus… diventerà nostro genero sabato… ha voluto dire che ritiene Ygraine pura d’animo, come indica la serenella, che la vede come una persona empatica, come afferma la melissa, e che l’ama. Sono certo che, con il tempo, il giardino sarà ancora più ricco e ogni fiore avrà un suo segreto significato.»
«E questo ti fa sentire sicuro del futuro di nostra figlia?»
«Non ho dubbi sul futuro di Ygraine. Tu credi che stia agendo impulsivamente, ma non l’ha mai fatto e non lo sta facendo ora.»
Mary annuì.
Forse suo marito aveva ragione e le sue paure erano sciocche.
Le paure di una madre di perdere anche l’ultima figlia che le rimaneva.
Si voltò per un istante, prima di lasciare il giardino e notò che Ygraine stava sorridendo al signor Piton, che stavano parlando tranquilli, come se si conoscessero da anni e quell’immagine placò le sue paure.
E lo fece ancor più nei giorni seguenti, al punto che poté assistere tranquilla alla cerimonia intima che fece di Ygraine la signora Piton. Sua figlia era bellissima, con alcune margherite intrecciate tra i capelli biondi. Rebecca corse ad abbracciare l’uomo non appena si ritrovarono nel giardino della casa degli sposi per un piccolo rinfresco che avevano organizzato i vicini, i genitori del ragazzino delizioso che era diventato amico della nipote.
Erano in pochi, ma Ygraine l’aveva rassicurata che era quello che voleva.
Lo sposo aveva un solo invitato, un ragazzo dall’aria timida, che era stato un suo allievo alla scuola di magia. Alfred era stato il suo testimone, mentre Josephine, la moglie di Dominique, era stata la testimone della sposa. Il baritono, la moglie e i figli erano gli unici altri invitati, a parte Renaud e la sua famiglia. Alla cerimonia era stata presente anche la maestra di Rebecca e la nuova pianista di Ygraine.
«La zia è bellissima, non è vero nonna?»
La nipote si era avvicinata a lei, lasciando per un attimo solo Renaud. Sul volto della bambina era presente un sorriso felice, che Mary aveva dubitato di vedere dopo quello che Gawain le aveva fatto.
«Hai ragione, Rebecca.»
«Papà è felice, nonna», disse la bambina e Mary comprese, come non aveva fatto nei giorni precedenti, che i suoi timori era inutili. «Credi che, adesso, dovrò chiamare la zia mamma?»
La donna osservò il viso della nipote e si chiede come avesse potuto dubitare della futura felicità di Ygraine. C’erano tante cose che lei non conosceva, non sapeva quasi nulla del genero, ma Rebecca lo stava già chiamando padre e Mary sapeva quanto fosse difficile per bambini che avevano subito traumi in famiglia riuscire a fidarsi ancora, ma la nipote lo aveva fatto con l’uomo, da subito.
«Devi unicamente provare.»
«Lo farò, nonna.»
Rebecca rimase ancora per qualche istante accanto alla donna, prima di correre verso Severus e Ygraine che stavano parlando quietamente insieme a William.
Non badò nemmeno a quello di cui stavano parlando.
Era unicamente felice.
La zia era bellissima e sorrideva radiosa, come aveva detto il nonno, e Severus era contento. Rebecca era certa che Dominique e Josephine non lo avessero notato e forse non lo aveva fatto nemmeno Renaud, ma lei lo sapeva, perché gli occhi neri dell’uomo erano sereni, come non li aveva mai visti prima.
Era come se l’ombra che si trovava sempre nella loro profondità se ne fosse andata.
Quando il sole iniziò a tingere di rosso il cielo d’ottobre, gli invitati iniziarono ad andarsene, finché non rimasero soltanto gli sposi, dopo che Rebecca li ebbe salutati, per recarsi a casa di Renaud dove sarebbe stata per qualche giorno, prima di trascorrere una settimana con i nonni.
Gli ultimi raggi del sole illuminavano i capelli biondi di Ygraine e le margherite, pure e innocenti, che aveva sistemato tra i capelli.
Avrebbe voluto donarle un crisantemo rosa, ma Alfred aveva ragione: nessuno avrebbe capito che con quel fiore avrebbe voluto unicamente dirle che la amava.
Rimasero entrambi immobili, per dei lunghi istanti nel giardino, illuminato dalla luce fioca del crepuscolo e Severus si sentì invadere da quella felicità che fino a poche settimane prima lo aveva spaventato, ma che, in quel momento, gli pareva così naturale.
«Ti amo, Ygraine», mormorò, mentre una brezza leggera scuoteva appena i fiori, mentre alcuni petali di crisantemo rosa sembravano quasi fare eco alle sue parole.