Il Calderone di Severus

L'affascinante e misterioso giardino di Severus!

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Alaide
view post Posted on 30/3/2017, 11:33 by: Alaide
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Sono finalmente riuscita a scrivere il capitolo terzo. Non ne sono particolarmente entusiasta, ma dovevo riuscire a superare questo blocco.
Spero quindi di non aver combinato un totale disastro (e di non aver scritto frasi francesizzanti come struttura).


Capitolo III
Anemone blanda [1]



Sul TGV tra Parigi e Rennes, 22 agosto 1999


Il paesaggio scorreva rapidamente, alternando la campagna punteggiata da piccoli villaggi e le poche città in cui faceva sosta.
V’era qualcosa di stranamente tranquillo nelle chiacchiere sussurrate degli altri passeggeri e nella silenziosa velocità del treno. A Severus parve quasi di riuscire ad assaporare la vita che le persone non macchiate delle sue imperdonabili colpe conducevano.
Forse era per quello che aveva scelto mezzi di locomozione Babbana per allontanarsi dall’Inghilterra, per quanto sapesse che anche il suo fisico ne avrebbe giovato. Gli era stato sconsigliato di evitare il più possibile qualsiasi mezzo di trasporto magico per qualche tempo, fintanto che il suo corpo non avesse ripreso totalmente le forze.
L’uomo sapeva che, quel pomeriggio, quando fosse giunto a Paimpont, avrebbe dovuto Smaterializzarsi nel villaggio della Val sans retour, ma sarebbe stata una breve fatica.
In quel momento, mentre il treno si fermava nella stazione di Laval, Severus si rese conto di attendere con una certa trepidazione il momento in cui si sarebbe ritrovato nel suo giardino. Era un’oasi di solitudine, dove le sue colpe ed i suoi rimorsi si manifestavano attraverso i fiori che aveva scelto.
Quando aveva completato il giardino, anni prima, si era reso conto che anche laddove non avesse selezionato volutamente erbe e fiori simbolo di rimorso e colpa, anche gli altri in qualche modo si accordavano ai suoi sentimenti.
Era come se il giardino fosse diventato specchio della sua anima, un’anima nera e contorta, anelante ad un perdono impossibile da raggiungere.
Non si faceva illusioni in proposito. Sapeva che la sua vita sarebbe stata un continuo susseguirsi di giornate trascorse con la mente fissa in un passato macchiato di sangue e su un futuro privo di scopo.
Eppure, una minima parte di lui, credeva che trasferirsi in Bretagna ed occuparsi del giardino gli avrebbe in un qualche modo permesso di andare avanti, di vivere dopo la guerra che era stato certo l’avrebbe ucciso.
Il giardino sarebbe potuto diventare il suo nuovo scopo, la sua nuova missione.
Ricordava le lunghe giornate trascorse in quella solitudine. Il giardino – e la casa che aveva inaspettatamente ereditato – era diventato una sorta di rifugio, un luogo noto unicamente a lui, lontano dall’Oscuro Signore e da Silente.
Non vi aveva mai trovato la pace – per quella non c’era posto nella sua vita –, ma lì, nella quiete di quel luogo chiuso aveva almeno potuto lasciar andare parte della tensione che permeava ogni attimo della sua vita.
Ed in quel momento tornava nella casa e nel giardino per restarvi. Non sarebbe più tornato in Inghilterra per udire le parole di scusa insensata di Minerva o per trovarsi davanti Potter.
Sapeva che quella solitudine sarebbe stata colma del senso di colpa che mai lo abbandonava. Eppure non poteva fare a meno di agognarla, al pari dei delicati anemoni che costituivano una delle bordure.
Con ogni probabilità avrebbe dovuto ripiantare quei fiori, così come avrebbe dovuto ridare vita all’intero giardino.
Era da troppo tempo che non si recava in Bretagna ed era quanto mai improbabile che, al suo arrivo, avrebbe trovato il giardino fiorito e rigoglioso, come quando l’aveva lasciato.
In quel momento, mentre il treno transitava veloce accanto al castello di Vitré, gli pareva quasi che il giardino che immaginava rinsecchito fosse specchio della sua stessa anima, al pari rinsecchita. E se così era, forse anche la sua anima sarebbe riuscita a ritrovare una parvenza di vita, per quanto non avrebbe mai potuto aspirare al candore e all’innocenza delle piante che aveva scelto.

***


Foresta di Brocelandia, Val sans retour, 22 agosto 1999


La casa era straordinariamente pulita.
Ed era qualcosa che Severus non si aspettava. Guardò per un istante fuori dalle finestre, ma non c’era nessun movimento, nulla di insolito. D’altronde la casa si trovava leggermente isolata rispetto alle altre del villaggio.
Eppure non avrebbe dovuto essere così linda.
Nulla era però fuori posto, si disse, mentre andava di stanza in stanza.
In un primo momento, non appena si era Smaterializzato, non era riuscito a vedere nulla chiaramente. Il dolore della ferita si era riacceso ed era rimasto per qualche istante immobile, lasciando che il suo corpo si riprendesse.
Poi aveva notato che il salotto riluceva quasi come uno specchio, come il resto della casa, incluso il suo laboratorio.
L’uomo osservò tutto con cura, ma nulla era stato spostato e nessun ingrediente, prodotto dal giardino o acquistato che fosse, aveva subito il ben che minimo danno.
Eppure qualcuno doveva essere stato in quella casa.
Poi ricordò che Madame Le Bihan possedeva le chiavi di riserva della casa. Quindi doveva essere stata lei a occuparsi dell’abitazione in sua assenza.
Severus non sapeva nemmeno come si sentisse di fronte a questa invasione della propria abitazione. Eppure, in un qualche modo, lasciando la casa priva di una potente protezione magica, aveva quasi dato il permesso alla donna di entrarvi.
L’uomo sospirò appena, uscendo dal laboratorio.
Gli abitanti del piccolo villaggio erano sempre stati fin troppo gentili con lui.
Ma, all’epoca, non sapevano chi fosse e di quali colpe si fosse macchiato.
Avrebbero dovuto odiarlo, si disse.
Invece si erano presi cura della sua casa. O almeno Madame Le Bihan l’aveva fatto.
Mettendo a tacere qualsiasi pensiero in proposito, si portò verso la porta che dava sul giardino.
Fu soltanto quando la aprì che udì delle voci provenire da quel luogo di solitudine.
Erano le voci di due bambini, che individuò rapidamente accanto alla bordura dove fioriva l’anemone.
I piccoli fiori dai colori delicati facevano capolino intorno ad uno delle quattro sezioni del giardino. Una bambina dai capelli biondi li stava innaffiando, mentre era intenta a parlare con un ragazzino che dimostrava undici anni.
Nessuno dei due si era accorto della sua presenza, intenti com’era a prendersi cura del giardino.
Severus rimase per qualche istante immobile, mentre notava che anche quel luogo era perfettamente curato e che nulla era cambiato nella disposizione dei fiori e delle piante.
Quando si mosse, la sua intenzione era di cacciare i due bambini, che avevano invaso la solitudine del giardino, di quel luogo che doveva appartenere unicamente alle sue colpe e ai suoi rimorsi.
Eppure, quando il ragazzino si voltò verso di lui, non disse nulla per diversi istanti.
Il bambino lo fissava con uno sguardo stupito che si riempì immediatamente di una gioia che a Severus parve quanto mai assurda.
«Margaid, è tornato!»
Nella parole del ragazzino c’era un entusiasmo che colpì Severus quasi come una pugnalata.
Quell’entusiasmo non aveva affatto ragione d’esistere, così come non aveva senso che due bambini, due anime innocenti si prendessero cura del giardino di un assassino dall’anima lacerata.
La bambina si voltò a sua volta, dopo aver posato a terra un annaffiatoio che sembrava troppo grande per lei, e gli rivolse un sorriso.
«Nessuno vi ha insegnato che non si entra nelle case altrui senza chiedere il permesso», disse infine, facendo scorrere lo sguardo dall’uno all’altro bambino.
Voleva che quell’entusiasmo e quel sorriso gentile sparissero dai volti della bambina e del ragazzino.
L’innocenza non poteva sorridergli.
Era il prezzo da pagare per le colpe irreparabile ed imperdonabili che aveva commesso.
Ma nonostante l’asprezza delle sue parole, i due bambini continuavano a fissarlo come se avessero appena visto comparire un eroe uscito da uno dei poemi cavallereschi che erano stati ambientati in quella foresta.
Persino i delicati fiori dell’anemone parevano sorridergli, illuminati dal sole di quella giornata d’agosto.
«Siamo felici che siate guarito, Monsieur Piton», affermò il ragazzino. «Abbiamo tenuto in ordine il giardino in attesa del vostro ritorno. Però ora che è qui…»
«Potremmo tornare di tanto in tanto, Monsieur?» Interloquì Margaid interrompendo il bambino. «Non sempre, soltanto qualche volta, per poter guardare i fiori. A me e a Riwal piace così tanto curarli.»
L’uomo lasciò trascorrere diverso tempo.
Il ragazzino sembrava, prima che la bambina lo interrompesse, aver ritrovato un lampo di buon senso. Severus era certo che Riwal stesse per dire che non avrebbero mai più invaso la solitudine del giardino.
Invece la bambina lo stava fissando con uno sguardo colmo di speranza.
Uno sguardo che pareva volerlo supplicare di accettare quell’offerta, di permettere loro di entrare nuovamente in quel giardino colmo di dolore e di rimorso.
Gli anemoni nella bordura sembravano quasi osservarlo come stava facendo la bambina.
E quello era un pensiero quanto mai incoerente, si disse l’uomo.
L’anemone amava la solitudine.
Era lo specchio della solitudine della sua anima contorta, della sua anima nera, accanto alla quale non poteva esistere l’innocenza candida di quei bambini.
«Non vi daremo alcun fastidio, Monsieur», aggiunse improvvisamente Riwal.
Severus notò che il ragazzino lo stava fissando ancora con quell’entusiasmo che aveva manifestato quando si era accorto della sua presenza.
Era un entusiasmo, una fiducia che non meritava affatto.
Avrebbe dovuto dire loro di non mettere mai più piede nel giardino, di tenersi alla larga, perché quello non era un luogo adatto all’innocenza.
Invece non lo fece.
Avrebbe dovuto spaventarli, scoraggiarli nella loro insistenza, cancellare dal loro volto della fiducia immeritata e quell’assurdo entusiasmo.
Invece non lo fece.
C’era qualcosa negli occhi di quei bambini e nel modo in cui il sole rendeva più luminosi i colori delicati dell’anemone.
C’era una fiducia ed un’innocenza che temeva di distruggere irrimediabilmente.
E sarebbe stata quella un’altra macchia che avrebbe gravato sulla sua anima marcia.
Alla fine, senza dire una parola, annuì soltanto.
Ed i due bambini gli sorrisero con una felicità che sapeva di non meritare.

[1] Nome scientifico dell'anemone

Edited by Alaide - 8/2/2018, 11:17
 
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