EDIT: Mi sono dimenticata di dire che ieri sera, mentre ricopiavo sul pc la poesia sulla foto di Cla, mi si è accesa la lampadina poetica e, siccome non dormivo, ho scritto 4 misere poesie.
Misere perché quelle servono per arrivare a 60 punti
Questo è l'ultimo capitolo della mia long, è venuto un po' più lungo degli altri perché Severus voleva parlare
Spero che la storia vi sia piaciuta Capitolo 8
La notte si era addentrata ancora di più nei sentieri dell’oscurità, ma la grossa luna incastonata dentro il suo manto, rendeva quella strada più luminosa, come se la mano di un pittore fosse scivolata decisa su di un quadro completamente avvolto dal nero più denso, gettato ore prima per permettergli di asciugare.
Stasja si alzò e si sgranchì un po’ le gambe ormai quasi addormentate per la posizione in cui era rimasta in quelle ultime…
Quanto doveva essere passato dal momento in cui aveva deciso di mostrare i suoi ricordi a Severus?
Tra quelle immagini era trascorsa praticamente una vita, ma nella realtà aveva perso ogni cognizione di tempo e non sapeva se fossero passati che una manciata di minuti oppure delle ore: la luna si era spostata appena e voluminosa illuminava ancora tutta la notte.
Severus la guardò per un attimo, sorridendo – e la giovane strega pensò che quello dovesse essere un buon segno –, poi si voltò verso le altre donne che curiose li osservavano entrambi: avevano capito che la giovane Stasja aveva permesso al mago di entrarle nei pensieri e che gli aveva mostrato i suoi ricordi, ma non sapevano quali immagini con esattezza gli avesse fatto vedere.
In fondo neppure la maggior parte di quelle donne conosceva molto della giovane strega.
Il loro viso era una muta domanda verso la strega che, però, rimase in silenzio e immobile, aspettando qualsiasi reazione da parte del mago.
Alla luce della luna il suo volto sembrava una maschera d'argento, così bella e impalpabile, del tutto dissimile dall’anonimo e
mortale pezzo di ferro che era stato costretto a portare per anni; i suoi capelli erano ancora più neri, e si muovevano lievi, carezzati appena dalla fresca brezza che soffiava dal mare poco distante che con i suoi profumi abbracciava ogni cosa intorno a sé.
«Qui è un bel posto» asserì in un sussurro deciso, mentre guardava ogni cosa che lo circondava, quel Tempio così ordinato e pulito che emanava molteplici profumi, come molteplici erano i colori che indossavano, guardò il giardino curato da mani pazienti e gentili, quel mare poco lontano nel quale faceva lunghe passeggiate in solitudine.
Osservò quella fitta foresta che aveva protetto spesso i suoi pensieri e seduto su quei gradini, poteva vedere il piccolo lago che aveva accolto le sue lacrime e una strana dolce creatura le aveva trasformate in preziose perle che ogni volta gli donava.
«Voi siete così meravigliose e gentili con me, e spesso mi chiedo se davvero lo merito» la sua voce vibrava di assoluta sincerità mentre fissava i suoi occhi in quella miriade di tinte. «Lo so cosa pensate in merito, dai tuoi ricordi mi è molto chiaro e anche da tutte le parole che pronunciate per me» aggiunse sorridendo prima che Stasja potesse anche solo accennare ad una protesta.
«Siete un bel gruppo, siete amiche, sorelle, quasi una famiglia.»
«Beh, le mentirei se dicessi che è sempre tutto rose e fiori» dichiarò con tutta la naturalezza di questo mondo. «Anche noi discutiamo, litighiamo e ci allontaniamo. Siamo essere umani con i nostri caratteri e le nostre debolezze, ma siamo sempre qui. Quando ne abbiamo bisogno, veniamo qui, anche solo per ritrovare un po’ di pace o per trovare il silenzioso conforto di un abbraccio amico. Questo luogo è una scatola che protegge i nostri sogni e le nostre speranze. E il nostro futuro.»
All'improvviso Severus si alzò, allontanandosi da Stasja e dal Tempio, senza dire una parola, in silenzio si addentrò nella foresta che come una carezza materna proteggeva quell'angolo d'incanto.
Stasja rimase a fissarlo, stupita, e come lei anche le altre erano rimaste ad osservare i passi nudi del mago sull'erba resa fresca dalla notte.
Passarono dei minuti, uno dietro all'altro, e Severus non era ancora tornato, era ancora chissà dove in mezzo a quell'intrico di rami, e la giovane strega iniziò a preoccuparsi, così come tutte le altre che pian piano le si avvicinarono, senza smettere di guardare il punto della foresta in cui era sparita la sagoma del mago.
Altri minuti, e altri ancora, lenti e inesorabili, finché ad un tratto, mentre Stasja continuava a camminare avanti e indietro, irritando le altre, qualcosa si mosse tra i cespugli, e un paio di occhi neri uscì dall'oscurità, rilucendo sotto i pallidi raggi della luna.
«Tutto ciò che mi hai mostrato, il motivo per cui mi hai mostrato i tuoi ricordi, è per dimostrarmi che c'è sempre un'altra possibilità, giusto?»
La strega annuì appena, incapace di levare lo sguardo dai suoi occhi che emanavano una strana luce.
«Perché se la vita ha dato un'altra possibilità a te che, come il mago che ti è davanti, eri stata inghiotta dal male, allora c'è anche per me?»
Stasja mosse di nuovo il capo per confermare le sue parole.
«Che c'è ancora spazio per me in questo mondo e che posso essere felice con persone che mi vogliono bene?»
Annuì ancora e ancora, non capendo il perché di tutte quelle domande: pensava fosse abbastanza chiaro che il motivo per cui gli aveva mostrato una parte così privata di sé, era proprio quello di dimostrargli che poteva andare avanti nella sua vita. E sorridere e amare.
«Quindi se io devo convivere con ciò che ho fatto e sono stato, per poter andare avanti nella vita, voglio che lo faccia anche tu.»
Stasja non capiva cosa volesse dirle. «Non capisco. Io convivo già con tutto il mio passato.»
«No, non è così» e levò verso il suo petto una mano stretta a pugno, e con lentezza la schiuse, dita dopo dita, e sul suo palmo un piccolo anello scintillava alla luna.
Il
suo anello.
Stasja fissò sbigottita quel piccolo oggetto che aveva gettato tra le foglie della foresta, in un punto che neanche ricordava, il giorno in cui era arrivata in quel luogo sospeso nello spazio e nel tempo.
«Io... non capisco...»
«Questo è il tuo passato, ciò che sei stata. Dimostrami che è vero che si può convivere con la colpa e andare avanti lo stesso, e sorridere e amare» e glielo porse, ma Stasja rimase immobile a guardare quel frammento di un’epoca in cui nella sua vita c'erano stati soltanto dolore e malvagità.
Rimase immobile, incapace di afferrare quel piccolo oggetto.
«È un capriccio ridicolo il mio, lo so, ma dimostrami che tutto ciò che mi hai mostrato è realtà e non finzione.»
Stasja fece un passo avanti, lentamente, mentre Ki e Kendra le si avvicinarono, con la stessa lentezza, come se con quei gesti volessero dirle che la loro vicinanza era forte, ma che era comunque un momento che avrebbe dovuto affrontare da sola, soltanto la sua forza di volontà e la loro presenza lì, a pochi palmi.
«Coraggio, Stasja» le disse Ilya, un sorriso d'incoraggiamento sul suo volto. «Quell'anello non cambierà di certo ciò che sei. Sarà soltanto un semplice ornamento sulle tue dita, niente di più.»
La giovane strega sospirò a lungo, come se volesse svuotarsi di ogni peso che le era rimasto dentro, di ogni briciola di quel passavo che spesso nella notte bussava nei suoi pensieri, abbracciandola con le forti braccia degli incubi.
Facendosi coraggio, prese quell'anello dal palmo di Severus, sfiorando appena la pelle fredda del mago che la osservava con sguardo serio sul volto. Lo prese e se lo infilò, e per un attimo le parve che un grosso macigno fosse stato adagiato sulle sue spalle, e si sentì afferrare dalla terra sotto i suoi piedi nudi.
Severus l'afferrò per un braccio, sorreggendola finché non riuscì a resistere a quel peso, e le ci volle tutta la sua forza d'animo per non rovinare di nuovo a terra.
Poi, però, si voltò a guardare tutte quelle donne che erano diventate persone importanti nella sua vita, guardò l'affetto e la dolcezza nel volto di Ki e di Kendra che erano sempre lì, a pochi passi da lei, ma era come se la stessero abbracciando, sentiva tutto il calore di quella tenerezza. Guardò la determinazione nel sorriso di Ilya che sempre sapeva infonderle.
E alla fine guardò il viso sereno di Severus, i suoi occhi che come stelle l'avevano guidata passo dopo passo nell'oscurità, le sue labbra appena dischiuse in un sorriso che aveva il sapore di un antidoto per ogni veleno che ancora le scorreva tra le vene.
E le sembrò di volare.
«M’insegnerebbe a volare?» gli chiese all'improvviso, sorridendo, stupendo tutte le donne che erano lì, in piedi e sedute sui gradini, ma il più sbalordito di tutti, era proprio Severus, che non riusciva a credere a quelle parole e a quel cambiamento di umore così repentino.
Aveva ragione Kendra quando diceva che era una strega alquanto bizzarra, e per un attimo gli venne da ridere, ma cercò di trattenersi e di tornare serio, perché ciò che gli aveva chiesto era
strano e avrebbe detto persino
oscuro per ciò che rappresentava.
«È una
pratica che fa parte del mio essere stato un Mangiamorte.»
«E allora?»
Il mago alzò un sopracciglio com’era sua consuetudine fare, non sapeva se sentirsi irritato o divertito.
«Volare è volare, semplicemente. È respirare la natura e il mondo con tutto il proprio essere, non c’è niente di malvagio e oscuro in questo.»
Severus la guardò piuttosto perplesso.
«Se io posso convivere con il mio passato, può farlo anche lei, ricorda?» e le mostrò l'anello che lui stesso aveva recuperato dalla foresta, quei dragoni che abbracciavano una spada, sulla cui elsa scintillava una goccia rossa come il sangue. «Per favore…»
«D’accordo. Prima, però, credo che dovresti imparare a correre.»
E le immagini degli ultimi ricordi che gli aveva mostrato, tornarono tra i pensieri della giovane strega che si ritrovò a mugugnare piuttosto contrariata, mettendo addirittura il broncio.
Iniziò a sentire uno strano formicolio, come se avesse il desiderio di lanciargli addirittura qualche fattura, ma poi sapeva che sarebbe dovuta scappare dall’ira di Ilya, e allora sì che le sarebbe stato utile saper correre velocemente.
«Qui, col passato nelle tasche, è iniziato il tuo futuro. Il futuro di tutte voi» parlò Severus ritrovando un’aura di compostezza necessaria per quelle parole così importanti e le osservò una ad una; la sua voce era dolce seta sulla pelle, la sua voce era una delicata piuma che ti carezzava il volto. «E qui, col passato che porto sulle dita come se fosse un pesante anello – come il tuo» le disse indicando il piccolo oggetto che aveva infilato al dito, «inizierà il mio futuro.»
Stasja a quelle parole sorrise, ma il suo cuore scoppiava di felicità, e sapeva con certezza che anche tutte le altre, in quel momento, stavano provando le stesse forti emozioni.
Severus poteva davvero rinchiudere il suo doloroso passato dietro qualche porta della sua anima e andare avanti, riprendere a camminare, a correre e a volare.
Tornare a vivere come mai aveva fatto.
Tornare a sperare in una vita colma di felicità, di affetti e di amore.
Il suo futuro poteva davvero iniziare da lì.
Edited by Severus Ikari - 25/3/2014, 18:20