Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 3/6/2013, 12:56
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I ♥ Severus


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Lascio il fine settimana libero per la scelta di Monica con la sua 22, e mi sono inserita per lunedì 10.


Prenotazioni per la 21a settimana di Sorrisi per Severus:

Lunedì 3: Anastasia
Martedì 4: Chiara

Prenotazioni per la 22a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 5: Leonora/Ida (22)
Giovedì 6: Leonora/Ida (22)
Venerdì 7:
Sabato 8:
Domenica 9: kià
Lunedì 10: Ida (Haiku)
Martedì 11:

Un sorriso per Severus al giorno toglie il malumore di torno.



Edited by Ida59 - 19/8/2015, 13:43
 
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CITAZIONE (kijoka @ 2/6/2013, 22:10) 
Benvenuta nel mio mondo

Monica, come sempre sai usare parole, gesti e descrizioni che entrano direttamente nel cuore.
La metafora della porta nera, i timori di Severus, ma soprattutto quella splendida immagine delle ali spezzate mi ha fatto più volte pizzicare gli occhi dalla commozione.

E mi piace pensare - anche se so che non è così nelle tue primarie intenzioni e mi scuso anzi per l'ardire - che quella persona che Severus non vede ma di cui comunque sente la presenza possa essere ognuna di noi, che non smetterebbe mai di lottare per riportare Severus ad una vita vera e finalmente bella. Scusa se ho esagerato con il volo mentale. :)
 
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view post Posted on 3/6/2013, 20:22
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CITAZIONE (Alaide @ 1/6/2013, 12:12) 
Arrivo con il mio tanka che proporrò in francese e subito dopo in traduzione (dove la metrica non funziona più, però).

Espérance


Douce espérance
D'un futur insaisissable,
Cœur de l'innocence
Sur la bouche d'un enfant
Qui sourit au coupable.


Bellissimo tanka, molto dolce e amaro devo dire, si apre molto bene con quella "dolce speranza" che fa presagire a qualcosa di buono anche se il "futuro è inafferrabile", ma se esiste una speranza deve esistere anche un futuro, di ombre e di luci, ma pur sempre un futuro.
"Cuore dell'innocenza" è stupendo se accostato al verso finale, "che sorride al colpevole", ma un bambino è innocente, un bambino vede al di là di tutto, e le sue labbra ti sorrideranno sempre perchè il suo cuore non è offuscato ed è limpido da ogni pregiudizio.
Uno splendido sorriso lucente di bimbo destinato ad un uomo di ombra, veramente molto bello, però, è vero, in francese è tutta un'altra cosa, decisamente più musicale.


Benvenuta nel mio mondo di Monica

CITAZIONE (kijoka @ 2/6/2013, 22:10) 
Note : Liberamente (molto liberamente) ispirata a "Welcome to my world" - Delta Machine - Depeche Mode - 2013

Quando "peschi" dai Depeche Mode viene sempre fuori qualcosa di ancora più sublime (è anche colpa della voce di Dave che mi "appare" nella testa XD (tra l'altro ques'album è splendido *-* ma non è il luogo per discuterne ;D)), sarà che accosti due grandi "amori" e quindi viene fuori una roba pazzesca.
Leggendo queste parole si entra in un sogno, non so come altro definirlo, un meraviglioso sogno, reale, effimero. Un sogno.
È veramente come entrare nel suo mondo, farne parte, camminare con lui fino a quella porta, prenderlo per mano, e ci si sente esattamente così, la sensazione è quella di stare lì e aspettare il suo benvenuto per accompagnarlo ad attraversare quella porta nera. E le sensazioni e le emozioni che sai suscitare tu nel tuo modo così particolare e unico di scrivere, sono cose che non smetterò mai di apprezzare. Le tue parole mi hanno fatto entrare nell'anima di Severus, nel suo mondo.
Ci sono poi delle frasi che sono assolutamente stupende *-* bellissimo sorriso, Monica.


Un momento e posto il mio sorriso, così concludo ;)
 
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Uffi, ultimamente sono sempre in ritardo, sia a leggere sia a commentare!


Il sorriso di un agnello, di Severus_Ikari

Questa seconda puntata “del cimitero” va decisamente sul macabro e mi piace meno. Nondimeno, ho apprezzato le immagini, anche forti, che hai saputo evocare nella tua complessa metafora. Povero Severus, però, vittima di una sì macabra immaginazione che si rivolge crudele contro di lui, povero amore mio… E Severus piange, nella scena sempre più tragicamente triste di questa complessa allegoria delle sue colpe e del suo essere - che solo in parte è resa esplicita al lettore, mentre altre domande restano insolute - dove i suoi tormenti altro non sono che “le numerose spine conficcate nella carne delle molte rose di sangue che aveva piantato”. (bellissima immagine!)


Un altro giro di giostra, di Pingui79

Uno scomodo eroe di guerra, scomodo anche a se stesso, i cui sogni “s’erano inesorabilmente infranti, spezzati in schegge impazzite di incubi” (frase stupenda!) e che ancora “Cercava il proprio volto dietro la maschera.”
CITAZIONE
i caldi riverberi fiammeggianti di torce che, ad ogni anfratto di un antico castello, regalavano giochi di ombre danzanti unici ed inimitabili.

Che fascino antico e magico hai saputo creare con poche parole!


Edited by Ida59 - 19/8/2015, 13:43
 
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Ok, con questa storia finisco la mia "Trilogia", passo e chiudo ^_^

Autore/data: Severus Ikari/ 20 maggio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot (prosa e poesia)
Rating: per tutti
Genere: drammatico, angst, dark, introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Minerva McGranitt
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Anche per Severus Snape arriverà il giorno del giudizio, si tratta solo di vedere cosa gli è riservato.
Parole/pagine: 3161 (comprensive del testo del canto)/9.

Terza storia facente parte della "Trilogia del Cimitero", seguito de "Il sorriso di un agnello".

Il testo corsivo a destra è il "Dies Irae".



3. Ad irae diem ridere



Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

(Il giorno dell'ira, quel giorno che
dissolverà il mondo in cenere:
come testimoniato da Davide e dalla Sibilla.)



Severus Snape era rimasto a guardare la sua tomba fino a quando il sole non era scomparso pian piano dietro quella piccola chiesa che ancora custodiva quell’incubo, il suo personale incubo che gridava da dentro la sua anima, ancora poteva vederne qualche frammento sfuggire al suo corpo e perdersi lassù, dove la luna era grande e pallida e illuminava le lapidi allineate sulla terra che risplendevano tristi a essa. Riusciva a scorgere qualche ombra muoversi davanti alla luna, danzare e combattere con quella luce.
Eri un agnello che sorrideva all’amara vita.
Sentiva quell’urlo agghiacciante farsi forte e debole tra le tombe.
Il bianco e il nero si confusero di fronte al pallido satellite, muovendosi intorno ad un invisibile asse, si condensarono lentamente in un rosso che divenne man mano più vivace, così come intenso si fece l’odore nell’aria.
Odore di sangue.
Quel porpora colorò la luna e scese, goccia dopo goccia, sulla terra, ai piedi di Severus che continuava a osservare sconcertato quelle immagini, scese sulle tombe lambendone le basi; una piccola lacrima scarlatta cadde sul suo sepolcro e discese lungo la pietra fino a incontrare le lettere che una a una iniziarono a sudare sangue.
Severus si avvicinò per toccarle, per toccare quel liquido, ma sulle sue dita non sentì nient’altro che il freddo della lapide.
Il sangue cadeva e toccò i fiori che ancora giacevano lì, in un attimo presero fuoco, un fuoco alto, caldo, splendente e vivo che durò qualche secondo fino a estinguersi lasciando nient’altro che cenere.
Un urlo agghiacciante spezzò il silenzio del cimitero e Severus si guardò intorno sbigottito per cercare la fonte di quelle grida, ma ben presto si rese conto che era stato lui a provocarlo, gli era uscito dall’angolo più profondo della sua anima.
Si gettò a terra sulle ginocchia, stringendo con forza quel sangue che vedeva, ma non c’era, e si ritrovò a ridere, una risata isterica alla luna piena che lo guardava in silenzio.
Il giorno del giudizio sta arrivando e trasformerà il tuo corpo in nient’altro che cenere, perché niente potrà redimere i tuoi sbagli e niente potrà cancellare questo sangue che ti sporca le mani.
E sorrise, sorrise amaramente al giorno dell’ira che lo avrebbe portato via, stavolta per sempre.
Sorrise mentre quell’urlo mutò in un canto inquietante che veniva da lontano.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

(Quanto terrore verrà
quando il giudice giungerà
a giudicare severamente ogni cosa.)



Severus vide un piccolo verme che si muoveva tra la terra – tra il sangue – cercando di nascondersi ai corvi che da lontano lo osservavano aspettando il momento migliore per afferrarlo e portarlo lontano; tremava e timoroso attendeva il suo destino, sapeva che non poteva sfuggire alla nera e affilata scure che con un sorriso sinistro lo avrebbe portato via.
Snape si sentiva allo stesso modo, aspettava e desiderava che quel destino si abbattesse anche su di lui, nel modo più crudele possibile - che sapevi di meritare.
E sorrise al destino giudice che avrebbe giudicato la sua vita.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

(La tromba, diffondendo un suono mirabile
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.)



Arriverai, arriverai davanti al destino
e ti piegherai al suo terribile volere,
le tue lacrime saranno solo motivo di risa
e saranno vano rumore perso nel turbine
che richiamerà a sé i cadaveri del cimitero
che ti afferreranno per portarti lassù,
dove sarai l’unico vivo tra i morti e
aspetterai la lama trapassarti il petto.

Sorriderai, sorriderai alla falce d’ombra
che ti uscirà dal petto strappandoti
l’ultimo brandello d’anima dalle ali
dell’angelo caduto in quella chiesa,
tra le fiamme della tua colpa e il
sorriso d’agnello che giace ormai
morto tra i riflessi del tuo cuore,
perso nel lago d’impalpabile sangue.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

(La Morte e la Natura si stupiranno
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.)



Severus continuava a sentire quella nenia, gli sembrava così terrificante e così adatta a quella che era stata la sua vita e a ciò che avrebbe trovato lungo quel ripido sentiero ad attenderlo.
Ancora inginocchiato davanti alla sua tomba, vide il sangue ritirarsi pian piano come il mare passata la marea, lo vide assorbito lentamente dal suo corpo, risalire la sua veste nera sporcandola di rosso e addensarsi in un unico piccolo punto: il suo cuore.
Un dolore acuto gli fuoriuscì dalle labbra quando sentì qualcosa di appuntito farsi strada tra la sua carne fino a lacerargli il petto.
Un fiore era nato dal suo cuore, scarlatto, vitale, profumato. Non appena lo prese tra le dita, avvizzì e i suoi petali caddero a terra, neri, mortali, fetidi.
Rinascere per morire, rinascere per rispondere del sangue versato.
Sorridi alla morte, sorridi alla vita, sorridi al dolore. Sorridi al giudizio che sarà.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

(Sarà presentato il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.)



Verrà il giorno che le tue labbra
smetteranno di sorridere alla luna
che si tinge di sangue, si colora
di rosso che crolla a terra in lettere
e lettere che parleranno di te e della
tua vita, dei dolori e dei rimpianti,
racconteranno le grida nella notte
di un cuore errante ed errato.

Verrà il giorno che il tuo sorriso
morirà tra le dita di coloro che
hai ucciso, delle vite che hai sciolto
tra la terra e i vermi che ti guardano,
e anche loro giudicheranno la tua
anima lacerata e ormai logora,
persa tra lampi verdi di disperazione
e suppliche nel freddo di una collina.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

(E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.)



Severus Snape non sapeva per quale motivo ancora si trovasse in quel cimitero, come nella chiesetta non conosceva il motivo che lo tratteneva lì, a subire tutto quello, per quanto ritenesse di meritarselo.
Si limitò ad alzarsi nuovamente in piedi, ma rimase ancora e ancora a guardare la tomba.
Avevi sorriso ai fiori, avevi sorriso al demone, all’angelo, all’agnello, avevi sorriso al sangue, avevi sorriso alla morte, alla vita. Sorridevi alla verità.
Severus Snape non era morto e avrebbe lavato con dignità ogni goccia di sangue sulle sue mani e avrebbe finalmente sorriso alla sentenza che lo avrebbe condannato come il mostro qual era.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

(In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?)



Non ci sarà paradiso per l’uccisore,
ma fiamme d’inferno t’avvolgeranno
tra le tue grida e le risa degli uccisi,
e le tue preghiere saranno vane
perché ci sarà salvezza soltanto per i giusti
e tu sei dannato, dannato e maledetto
dal veleno di un serpente che grida
e lacera ancora quel che rimane di te.

Non sorriderai al supplizio atteso
dalla schiera di coloro che ti volteranno
le spalle al grido d’aiuto triste
e fragile, scandito dal volo dei corvi
che ti guarderanno e aspetteranno
il tuo corpo avvizzito sul quale
banchettare e saziarsi della tua
oscurità tra i brandelli di carne.

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

(Re di tremendo potere,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.)



«Il mio cuore non ha mai voluto credere all’idea che tu fossi morto.» conosceva quella voce, sapeva a chi apparteneva, ma era così tanto tempo che non la sentiva che gli sembrò fosse anche quello un tremendo sogno che voleva ricordargli ciò che aveva perso.
«Sei salvo, dopo tutto quello che hai passato, la vita ha avuto pietà di te e del tuo dolore e ti ha donato un’altra possibilità per vivere. Per vivere finalmente quella vita che non ti è mai stato possibile vivere.»
La vita non avrebbe dovuto avere pietà di te, la pietà apparteneva ai buoni di cuore e tu non lo eri, non ti eri mai ritenuto tale. La vita non era per te, tu appartienevi alla morte, all’oscurità. Al male.
Severus Snape non seppe perché, ma sorrise a quel viso stanco e segnato dalle rughe dell’età.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

(Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.)



Tu, peccatore che cammini su questa terra
sporcando di rosso ogni tuo passo,
ti confondi nella schiera degli scheletri
danzanti e piangenti ai piedi dei demoni
che frustano i brandelli di carne rimasti
a proteggerti l’anima, distrutta, calpestata,
divorata dai corvi che sbattono le ali
d’ombra nefasta e addolorata.

Tu, vile assassino che osservi la luna
che crolla sotto il peso dell’ingiustizia
e del dolore di ogni verme strisciante
tra la terra e il sangue costretto a cibarsi
di te e di ogni malvagio che fa piangere
il cielo, azzurro, nero, e acre scarlatto,
urlante mentre i suoi pezzi cadono giù,
dove la redenzione potrà iniziare.


Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

(Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanto sforzo non sia vano!)



Severus guardò quei petali morti un’ultima volta prima che una leggera folata di vento li portasse via, lontano, dove magari sarebbero rinati in un nuovo e profumato bocciolo, bianco e puro come lui non lo era da tempo. Li vide sfiorare la luna senza mai toccarla e poi sparire per sempre dai suoi occhi, così come ogni cosa bella era scomparsa dalle sue dita.
Minerva McGranitt lo osservava con sguardo severo ma pieno di tenerezza che poteva comporre solo una madre per un figlio, una dolce melodia che s’irradiava dalle labbra piegate in un sorriso che avrebbe voluto scaldarlo.
Un sorriso di perdono.
A cosa è servita tanta sofferenza se ancora ti trovi a camminare su questa terra?
Il disegno celeste ha per te un destino diverso, un sorriso, un perdono. Una vita.


Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

(Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.)



«Se non perdoni te stesso, nessuno potrà farlo al tuo posto, Severus.»
«Non merito il perdono di nessuno ed io non potrò mai perdonare ciò che ho fatto.» rispose Snape voltandosi a guardare i corvi che volavano verso la luna, una scia nera sporcava quel bianco, e lui avrebbe voluto trovarsi lassù, tra il vento e la pallida luce.
«Devi farlo, prendi questa vita come un dono e lasciati ogni peso che hai portato fino ad ora alle spalle, lascia che le persone che ti vogliono bene ti aiutino a portarli e ad abbandonarli man mano che camminerai sul sentiero dell’esistenza.» Minerva si avvicinò a Severus, con passo deciso, anche se stanco. «Non pensi di aver pagato abbastanza? Quello che hai passato è stata la resa dei conti, crudele, triste, dolorosa, ma adesso sei qui, ed è venuto il momento di finirla. Basta, Severus!»

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

(Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.)



Severus Snape si gettò a terra sedendosi sulla pietra della sua tomba e si fermò per un istante a osservare Minerva, quella donna che ancora amava come una madre, quella donna che lo aveva odiato e lo aveva amato e nonostante sapesse di quali colpe si fosse macchiato, era lì, davanti a lui e sorrideva, un sorriso caldo, amorevole. Materno.
Davvero si meritava tutto quel calore?
No, non te lo meritavi. Avevi ucciso, avevi tradito, e lei era lì che sorrideva a un figlio come se avessi solo fatto qualche bravata.
Eri colpevole di tutto e avrebbe dovuto scorrere il tuo sangue. Non aspettavi altro e forse sarebbe finalmente giunto quel momento.


Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

(Tu che perdonasti Maria di Magdala,
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.)



Severus si chiese se davvero la vita gli avesse dato un’altra possibilità di essere felice e per un secondo il suo cuore si fermò, contento anche solo al pensiero, ma velocemente riprese a battere, più furioso che mai, spingendo con forza sul petto, a ricordargli ogni dolore che aveva subito e che, quella speranza, lui non l’aveva, neanche se avesse pregato per tutta una vita.
Gente peggiore e più crudele di te, stava lì, a sorridere alla vita che gli era stata concessa, al perdono che forse nemmeno meritavano, eppure quelle persone continuavano ad andare avanti, felici per ciò che gli era stato dato. Non erano una speranza anche per te?

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

(Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa'
che io non sia arso dal fuoco eterno.)



«Non sono sopravvissuto per continuare a vivere. Sono sopravvissuto per chiedere perdono dei miei peccati, per sciogliere la mia anima da quest’oppressione prima di essere finalmente libero.»
«Allora perché sei sparito per tutto questo tempo?»
«Perché non avevo il coraggio di guardare nessuno negli occhi.»
«Tu sei la persona più degna di questo mondo di essere guardata e di guardare tutti.»
Severus Snape sorrise a quelle parole, le trovava così assurde che le sue labbra si piegarono istintivamente.
Non rispose a Minerva, si gettò in ginocchio ai suoi piedi, straziato e rassegnato, ombra dell’uomo fiero e forte che era stato.
«Perdonami, Minerva. Perdonami per aver ucciso Albus, per aver tradito la tua fiducia, per aver tradito tutti. Perdona queste mani», alzò le braccia tremanti e insicure verso la strega, «colme di sangue.» che senza pensarci strinse quelle dita tra le sue.
Minerva McGranitt sorreggendosi a Severus si piegò fino a trovarsi di fronte al mago, fissò il suo viso e sorrise, sorrise a quelle parole, sorrise a quel volto, sorrise a quegli occhi.
«Brucerei all’inferno se servisse a cancellare il male che ho fatto.»

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

(Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.)



«Hai bruciato per anni tra i vivi, Severus. È il momento di bruciare la vita che hai dentro.»
Severus poteva ancora udire quel canto così tragico, era lontano, appena udibile, ma alcune parole gli battevano con forza la testa entrandogli dentro con dolore. Gli sembrava di sentire quella stessa sensazione che aveva provato nella chiesa quando quelle creature gli erano entrate nel petto.
Tremò al ricordo e istintivamente si portò una mano in quello stesso punto.
Il sorriso dell’agnello.
No, il tuo era il sorriso di un demone.


Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

(Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.)



Dormi, dormi, agnello accanto alla madre,
lontano dal mostro che urla alla notte,
che strappa quel cuore fermo dal petto
immobile e ormai morto delle anime
dannate e marchiate, supplicanti alle
fiamme che ardono i piedi sciolti
nella terra che non aspetterà altro
che accogliere il tuo spirito in eterno.

Dormi, dormi, ombra persa nel buio
più oscuro che gridi alla luce del sole
che in silenzio ti afferra le mani
portandoti con sé, tra i respiri delle
nuvole e i sorrisi delle madri
che t’osservano e t’attendono
nell’abbraccio del loro grembo
dove potrai sorridere libero.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

(Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.)



«Perdonami, Minerva. Per tutto.»
«Io ti ho già perdonato, Severus, lo abbiamo fatto tutti e ti aspettiamo a braccia aperte.» Minerva allargò le braccia come se fosse la cosa più naturale del mondo, voleva solo dimostrargli quelle parole con un piccolo gesto, sapeva che Severus non l’avrebbe stretta a sé come un figlio abbraccia la madre, lo sapeva e la sua speranza era una piccola gioia nascosta nel suo cuore.
Severus Snape rimase inginocchiato davanti a lei, non la sfiorò neppure, non ci riusciva, forse un giorno o in un’altra vita avrebbe ricambiato quell’abbraccio, ma non ora, non lì. Quella tomba vuota reclamava il suo corpo.
La tua questione irrisolta.
Severus Snape prese la bacchetta e le sorrise.
Un’ultima volta.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla

(Giorno di lacrime, quello,
quando risorgerà dalla cenere)



Minerva McGranitt non si rese conto di nulla, era tutto accaduto così velocemente che non aveva visto il gesto di Severus, ma poteva sentire quell’acre aroma di sangue diffondersi nell’aria.
I corvi erano tornati e di nuovo avevano occupato il loro posto sulle tombe e tutti guardavano il corpo di Snape dal quale pian piano si disperdeva la vita in ruscelli rossi e densi che iniziarono a solcare la terra del cimitero.
«Severus… ma che…» Minerva non seppe spiegarsi il perché di quel gesto, era così incredula che un uomo come Severus Snape potesse arrivare a tanto, adesso che era finalmente libero e perdonato, adesso che il peso sul cuore poteva dissiparsi, adesso che la sua anima poteva ricomporsi pezzo dopo pezzo.
Adesso…
Minerva pianse, pianse tutto quel dolore che aveva trattenuto, pianse mentre le lacrime andavano a incastonarsi tra le labbra che non riuscivano a non sorridere.
Sorridevano al Severus finalmente libero.
Pianse al Severus finalmente morto.
L’anziana strega dovette scegliere tra il desiderio di vederlo finalmente in pace come agognava da tempo e il sogno di vederlo felice dopo una vita di sofferenza.
Guardò per un istante la luna mentre stringeva a sé il corpo di Severus, così rilassato e leggero da ogni colpa, osservò i corvi che ancora erano lì.
Severus le sorrise, un sorriso impercettibile, affettuoso. Caldo.
E Minerva fece la sua scelta nel pianto.

Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

(il peccatore per essere giudicato.
perdonalo, o Dio:)



«Perdonami tu, adesso, Severus, perché egoisticamente ti riporto alla vita.» e prese la bacchetta nascosta nella sua lunga veste verde come gli alberi che nascondevano la chiesetta.
Non dovrebbe farlo, vero? Non lo vuoi, non vuoi che ti salvi ancora, non adesso che eri finalmente libero, non hai le forze per ricominciare una vita che non meriti.
Vuoi solo andartene, libero da tutto, dove sarai giudicato per il sangue versato, dove attenderai la giusta sentenza.


Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.

(Pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.)



Severus Snape giaceva inerme sulla sua tomba che lo abbracciava, ma non lo accoglieva, il sangue continuava a fuoriuscire dal suo corpo e a colorare la pietra bianca. Il nero steso sulla pietra marmorea, candida, dove il rosso le dava vita.
Un incantesimo, una voce persa in un canto crudele.
Il sorriso dell’angelo.
Forse avrebbe davvero trovato la pace.

Edited by Severus Ikari - 4/6/2013, 00:01
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 3/6/2013, 21:37) 


Un altro giro di giostra, di Pingui79

Uno scomodo eroe di guerra, scomodo anche a se stesso, i cui sogni “s’erano inesorabilmente infranti, spezzati in schegge impazzite di incubi” (frase stupenda!) e che ancora “Cercava il proprio volto dietro la maschera.”
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i caldi riverberi fiammeggianti di torce che, ad ogni anfratto di un antico castello, regalavano giochi di ombre danzanti unici ed inimitabili.

Che fascino antico e magico hai saputo creare con poche parole!

Fiuuuuu! Posso tirare un sospiro di sollievo! :D

Edited by Ida59 - 19/8/2015, 13:44
 
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Il sorriso di un agnello, di Severus_Ikari

Questa seconda puntata “del cimitero” va decisamente sul macabro e mi piace meno. Nondimeno, ho apprezzato le immagini, anche forti, che hai saputo evocare nella tua complessa metafora. Povero Severus, però, vittima di una sì macabra immaginazione che si rivolge crudele contro di lui, povero amore mio… E Severus piange, nella scena sempre più tragicamente triste di questa complessa allegoria delle sue colpe e del suo essere - che solo in parte è resa esplicita al lettore, mentre altre domande restano insolute - dove i suoi tormenti altro non sono che “le numerose spine conficcate nella carne delle molte rose di sangue che aveva piantato”. (bellissima immagine!)

Sono contenta che tu abbia apprezzato le immagini che sono riuscita ad evocare, e per il macabro, ahimè, la storia va in quel senso, e se non piace non piace, non si può piacere a tutti :D
Sull'allegoria, sì, non è del tutto esplicita, ma altrimenti il lettore che fa, legge solo? No, che si districhi un pochetto nei meandri dell'ignoto :woot: :lol:
Comunque, a parte il macabro, sono contenta che almeno qualcosa tu lo abbia apprezzato ;D


Edited by Ida59 - 19/8/2015, 13:44
 
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Eccomi qui, il titolo è quello di una ballata popolare irlandese.
Qui sotto ci sono i primi versi è una canzone molto conosciuta.
Smile Severus, smile. :lovelove:

Autore/data: Chiara53 - maggio 2013
Beta-reader: Pingui79
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus Piton.
Pairing: nessuno
Epoca: HP quinto anno.
Riassunto: Una ballata popolare, una birra e un sorriso.
Parole/pagine: 1168/3

****


I’ve played the Wild Rover for many a year
And I’ve spent all my money on whiskey and beer
But now I’m returning with gold in great store
And I never will play the Wild Rover no more.

And it’s no, nay, never
No nay never no more
Will I play the Wild Rover
No never, no more.


Sono stato un selvaggio vagabondo per molti anni
Ed ho speso tutti i miei soldi in whisky e birra
E ora sto tornando con l´oro con grande valore
E io non voglio più fare il selvaggio vagabondo non più

E no, no, mai!
No, no, mai, mai più!
Io voglio fare il selvaggio vagabondo
No, mai, non più.




The Wild Rover



Stasera partecipo all’ennesima riunione dell’Ordine.
Sono venuto perché l’ha voluto Albus.
Ma per quanto faccia per nascondermi come un’ombra indigesta, c’è sempre qualcuno che guarda e osserva con attenzione ogni mia mossa ed ogni espressione. Anche ora che sono riuscito a guadagnare l’angolo meno visibile.
Ho già comunicato a tutti quello che dovevo: il Signore Oscuro mi ha chiamato presto questa mattina.
A parte aver ascoltato le sue stravaganze, che ho riferito, e averlo fatto divertire con un inchino dopo aver subito una Cruciatus perché non avevo risposto con sufficiente immediatezza all’appello, non c’è molto altro da raccontare.
Questi sciocchi ora sanno quello che devono sapere, ma certo non conoscono mai i particolari spiacevoli. Quelli li tengo per me, per non turbare le loro tenere menti.
Intanto passo il tempo ad esaminare i volti: quello di Lupin ha occhi tristi da vecchio cane bastonato, Moody sempre incavolato e rancoroso, quello di Arthur è pacifico e pensoso. Black intanto non mi abbandona con lo sguardo: mi fissa, ma non ottiene reazioni.
Fa di tutto per rendermi ancora più nervoso e suscettibile.
Ci detestiamo da sempre e nessuno dei due fa niente per nasconderlo.
Stasera si sono seduti tutti intorno al tavolo della cucina di Grimmauld Place e il caldo comincia ad essere quasi intollerabile.
Non voglio restare un momento di più qui dentro, devo trovare una scusa, una fuga, un vuoto nel pieno della stanza.
Il camino è acceso, la porta è chiusa con incantesimi, le finestre sono oscurate, il respiro di tutti mi avvolge e mi opprime.
La mia mente vaga.
Aria, datemi aria, urlo silenziosamente, mentre fuori non mostro la minima emozione.
Mi mancano il fresco ed il silenzio della notte.
Finalmente tutto termina e Molly mi accompagna all’uscita.
- Fermati a cena Severus… - sussurra sorridendomi triste.
E’ gentile, vischiosamente gentile, nessuno di quelli seduti al tavolo mi vorrebbe come commensale e lei lo sa. La cosa è reciproca d’altra parte.
Accenno un saluto ad Albus, lui capisce e continua a parlare come se nulla fosse.
Sono libero.
Esco e mi stringo nel cappotto in cui ho trasfigurato il mantello: questo è un quartiere Babbano, meglio non farsi notare.
Occhi sulla strada e pensieri che s’inseguono.
Ancora una volta sono un diverso, sono uno straniero per gli altri che fingono di accettarmi, ma non vedono l’ora che mi tolga di torno.
Appoggiati al muro Severus – mi dico – appoggiati e respira.
Il braccio mi fa ancora male dopo la chiamata imperiosa del Serpente di stamattina, e tremo un po’anche adesso. Ma che ne sanno tutti loro, così buoni, così amici, così comprensivi l’uno con l’altro? Che ne possono sapere delle mie solitudini, di chi sono mentre fingo di essere sprezzante e altezzoso?
Vorrei essere stato un altro uomo, aver avuto un’altra famiglia, vorrei vivere un’altra vita, avere chi mi sta accanto, chi mi capisce, non essere un vagabondo straniero nelle vie di questo miserabile mondo.
Niente e nessuno mi renderà mai uguale agli altri.
Né ora né mai.
Semplicemente non sono capace di fare parte di un gruppo, nessun gruppo tranne uno e – maledizione! – è quello che odio con tutto me stesso e dove vorrei non essere stato accettato.
Ci sarà mai un luogo per me in cui non mi troverò fuori posto, non sarò odiato o schernito?
No, non credo.
Ormai non ci credo più, quel posto non esiste.
La strada che percorro intanto si è fatta un vicolo e vedo l’insegna accesa di un pub là in fondo.
Da lì esce ovattato un rumore di musica suonata e cantata.
Come ti viene in mente di entrare? - chiedo a me stesso - non è un posto per te.
Ma perché non provare una volta, non sarà peggio che partecipare al cerchio dei Mangiamorte, no?
Entro.
Fumo e odore di corpi e birra.
E’ un pub irlandese in piena Londra.
Facce colorite dall’alcool e capelli rossi, camicie a quadri e poi caldo e rumore.
Ordino una birra scura e vedo che nessuno fa caso a me, sono solo uno dei tanti, forse vestito un po’ strano e con i capelli lunghi, ma qui quasi tutti sono strani. Posso mescolarmi tra loro, alla loro diversità, osservare e ascoltare la loro allegria senza pensare, almeno per un po’.
C’è una mensola a cui appoggiarsi lungo la parete, vado a quella perché i tavoli sono strapieni di gente e a me piace restare appartato, guadagno un angolo in fondo da dove posso bere in pace.
Al centro della sala c’è uno spazio vuoto: una ragazza è seduta su un alto sgabello e suona la chitarra, mentre tutti battono le mani.
Ha la testa chinata, è concentrata sulla musica e nel canto.
I capelli sono rosso mogano, lunghi e ondulati.
Quando solleva lo sguardo sorridente verso il pubblico improvvisato, vedo i suoi occhi e sono verdi, naturalmente.
Non sono i suoi, quelli di Lily, ma sono una buona imitazione, e mi aiutano a stare peggio.
La guardo e lei mi restituisce l’occhiata.
Sarà perché sono vestito di nero. Sarà perché sono una macchia scura nella massa di persone che sono qui, colorate e allegre.
Lei non lo sa ma sono nero fin dentro al cuore, fino all’anima.
Questa birra Babbana ha un sapore che mi piace con la sua schiuma spessa e contrastante con il nero della bevanda; è forte e fredda, la sorseggio con piacere, mentre seguo le ultime note della canzone.
Lei, la donna con la chitarra, mi guarda fisso adesso.
Tutt’attorno gli avventori applaudono.
Mi sorride e attacca una canzone tradizionale, ritmata, che tutti sembrano conoscere*; durante il ritornello gli uomini e le donne battono le mani e cantano.
Mi ritrovo ad un tratto attratto dalla musica, trascinato dal ritmo allegro e martellante. Sto quasi sorridendo, la mente affascinata dal fiume di note, mentre con un piede batto il ritmo e quando me ne accorgo è troppo tardi.
Gli occhi della cantante non mi hanno mai lasciato per tutto il tempo.
La sua voce è uno scroscio allegro d’acqua, scintillante, acuta e modulata: è una voce bellissima.
Si alza mentre sto finendo la birra, si avvicina e mi tocca il braccio.
- Ho cantato per te. - Mi dice sorridendo e gli occhi verdi scintillano di malizia.
- Perché? - Le chiedo fingendo indifferenza. Appoggio il bicchiere vuoto.
- Perché tu eri triste, ma mentre cantavo i tuoi occhi sono diventati luminosi e poi hai cominciato a sorridere. Per questo ho cantato per te, per renderti felice, uomo in nero. – Ride, una risata cristallina e gioiosa. Poi mi bacia sulla guancia, tutti applaudono e io mi sento a disagio, ma questa volta sorrido per davvero e non so il perché.
La guardo mentre torna al suo posto e io lentamente esco nella notte.
Ricordo che da ragazzo sapevo fischiettare: ero proprio bravo.
Mi avvio verso un angolo buio e mi accorgo che sto fischiettando anche ora, dopo anni, proprio quel motivo che era orecchiabile e piacevole.
Mentre mi smaterializzo sorrido ancora e sogno un giorno in cui potrò essere un vagabondo selvaggio come quello della canzone.

************


*Consiglio di ascoltare questa ballata irlandese che aiuta a capire come è nata in me l’idea per il racconto.
Non è obbligatorio :D
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view post Posted on 4/6/2013, 17:27
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Che splendido connubio tra parole e musica! Il Severus del quale scrivi ormai è diventato un capolavoro di perfezione: impenetrabile, duro e freddo fuori ma sensibile e tremendamente facile da ferire dentro. Ho deciso di leggere la descrizione del momento in cui entra nel pub, si siede solitario in un angolo con l'unica compagnia di una birra e ascolta la ragazza cantare, ascoltando il brano che hai proposto, cioè con il sottofondo della ballata dei Dubliners nelle orecchie, ed è stato come essere dentro nel locale, chiassoso e colorato, ad assistere a quell'amabile, delizioso gesto di accoglienza che finalmente lo fa sentire accettato e gli strappa il sorriso.

- Ho cantato per te. - Mi dice sorridendo e gli occhi verdi scintillano di malizia.
- Perché? - Le chiedo fingendo indifferenza. Appoggio il bicchiere vuoto.
- Perché tu eri triste, ma mentre cantavo i tuoi occhi sono diventati luminosi e poi hai cominciato a sorridere. Per questo ho cantato per te, per renderti felice, uomo in nero. – Ride, una risata cristallina e gioiosa. Poi mi bacia sulla guancia, tutti applaudono e io mi sento a disagio, ma questa volta sorrido per davvero e non so il perché.


E su questo passaggio assolutamente incantevole mi sono venuti i brividi! Obiettivo ancora centrato, Chiara, che è quello di saper regalare grande emozione! :wub:
 
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view post Posted on 4/6/2013, 17:37
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Ele, al volo grazieeeee. L'irlanda è troppo bella e regalarne un pezzetto a Severus in uno dei periodi peggiori della sua vita mi è parso il minimo.
La musica Irlandese è tutta bellissima.
Un baciotto.
 
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view post Posted on 4/6/2013, 18:46
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CITAZIONE (chiara53 @ 4/6/2013, 18:37) 
... L'irlanda è troppo bella e regalarne un pezzetto a Severus in uno dei periodi peggiori della sua vita mi è parso il minimo.
La musica Irlandese è tutta bellissima.

Hai ragionissimo! E decidere di dedicargli la sua bellezza è stato davvero un pensiero straordinario :D
 
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view post Posted on 4/6/2013, 19:07
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CITAZIONE (Severus Ikari @ 3/6/2013, 21:22) 
Bellissimo tanka, molto dolce e amaro devo dire, si apre molto bene con quella "dolce speranza" che fa presagire a qualcosa di buono anche se il "futuro è inafferrabile", ma se esiste una speranza deve esistere anche un futuro, di ombre e di luci, ma pur sempre un futuro.
"Cuore dell'innocenza" è stupendo se accostato al verso finale, "che sorride al colpevole", ma un bambino è innocente, un bambino vede al di là di tutto, e le sue labbra ti sorrideranno sempre perchè il suo cuore non è offuscato ed è limpido da ogni pregiudizio.
Uno splendido sorriso lucente di bimbo destinato ad un uomo di ombra, veramente molto bello, però, è vero, in francese è tutta un'altra cosa, decisamente più musicale.

Grazie mille, Anastasia! Sono felicissima che ti sia piaciuto il tanka (e anche l'utilizzo del francese, ma io non riesco a scrivere poesie in italiano) e che tu abbia apprezzato l'uso delle parole e delle immagini! Ed ègiustissimo, i bambini vedono al di là di tutto. Ancora grazie!
 
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view post Posted on 5/6/2013, 09:07
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Autore/data: Alaide – 30 marzo – 2 aprile 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-Shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La voce della donna si era fatta accorata, così come accorato si era fatto il suo sorriso.
Era un sorriso che aveva un che di disperato, si accorse Severus.
Un sorriso che lo colpì come una frustata al pari delle parole della donna.
Nota: La storia è il continuo di Amarezza
Parole: 1154

Tetralogia

12. Terza giornata. Atto I. Scena II. Dolore


Melusine stava ancora sorridendo all’uomo. Era da quando il giorno precedente Judith aveva trovato il coraggio di dirle cosa fosse accaduto quella tragica notte di agosto, che la giovane aveva deciso di tornare a parlare con il signor Piton, nel tentativo di convincerlo a cambiare d’avviso, ma le parole che l’uomo aveva pronunciato non le davano molta speranza.
Le pareva che il signor Piton volesse ad ogni costo negare il fatto che aveva salvato la vita a Judith e quello che disse poco dopo le fece male al cuore.
«Non riuscite né lei, né la bambina a vedere la verità. Io sono un assassino.»
«E quale assassino avvolgerebbe un plaid intorno ad una bambina?» domandò Melusine, fissando l’uomo negli occhi, sorridendogli leggermente, con gentilezza. «Non so cosa sia accaduto quella notte, solo quello che mi ha raccontato Judith. E dal suo racconto so con certezza che lei ha salvato la vita della bambina. Perché insiste a negarlo?»
Severus non disse, né fece niente per diverso tempo. Nel sorriso gentile della signorina Fairchild poteva vedere quei sentimenti che vi aveva letto quando gli aveva chiesto, tempo prima, di accettare di vedere la bambina.
Il sorriso che evocava i sentimenti materni che la giovane provava per Judith. Ed egli era certo che ciò di cui avesse bisogno la bambina fosse l’affetto ed il sorriso della signorina Fairchild, non di certo la compagnia dell’assassino dei suoi genitori.
Perché era quello che era.
L’uomo che non era riuscito a salvare quei due innocenti.
L’uomo che aveva lasciato che venissero torturati.
L’uomo che li aveva uccisi.
«È lei, signorina Fairchild, a negare la verità. Io sono l’assassino dei genitori della bambina.» disse infine, articolando ogni parola a fatica, provando una fitta di dolore ad ogni sillaba pronunciata.
«Forse entrambi neghiamo parte della verità, signor Piton.» disse Melusine, giocando nervosamente con le frange del foulard, un sorriso altrettanto nervoso sulle labbra «Eppure io so che Judith ha bisogno di lei. Chiede di lei ogni giorno. Mi ha supplicata di portarla qui in anticipo ed io le ho detto che non potevamo perché l’ospedale ha regole ben precise.»
«Dovrebbe invece dirle la verità.» sillabò Severus.
Le parole furono seguite da un violento attacco di tosse.
Melusine si alzò di scatto in piedi ed allungò una mano per premere il pulsante per chiamare l’infermiera, ma l’uomo le afferrò il polso.
La giovane lo fissò negli indecifrabili occhi neri e sentì montare in lei la più estrema tristezza.
Quell’uomo si stava punendo nel peggiore dei modi, martoriando il proprio corpo, impedendo il minimo gesto di gentilezza. Qualsiasi colpa avesse commesso in passato, fosse questa anche l’aver effettivamente ucciso i genitori di Judith, la stava espiando, l’aveva già espiata, con ogni probabilità, si disse Melusine.
«Signor Piton, credo che Judith veda in lei l’unica persona che possa darle sicurezza.»
L’uomo le lasciò andare il polso.
E Melusine, per quanto avesse voluto chiamare qualcuno che potesse lenire le sofferenze dell’uomo, abbassò il braccio, con un sorriso triste.
«La bambina mi ha raccontato tutto, quando la direttrice dell’orfanotrofio le ha proposto di sostituire il plaid che tiene sul letto, il plaid senza il quale non riesce a dormire. Judith si è agitata ed ha afferrato quella vecchia coperta quasi ne andasse della sua stessa vita.
«Quando sono rimasta sola con lei, la bambina mi ha spiegato perché vuole quel plaid sempre con sé.» Melusine si interruppe, cercando lo sguardo dell’uomo, quello sguardo che le pareva celare una solitudine ed un tormento incommensurabili. «Avevo sempre pensato che fosse qualcosa che le ricordava i suoi genitori. Invece le ricorda lei. Tiene così tanto a quel plaid perché lei, signor Piton, glielo ha avvolto intorno alle spalle quella notte, perché le ha salvato la vita e l’ha fatta sentire al sicuro. Come posso dire a Judith che lei non vuole più vederla? Come posso?»
La voce della donna si era fatta accorata, così come accorato si era fatto il suo sorriso.
Era un sorriso che aveva un che di disperato, si accorse Severus.
Un sorriso che lo colpì come una frustata al pari delle parole della donna.
Ricordava di aver avvolto una coperta intorno alla bambina, mentre aveva sentito montare in lui inesorabile la colpa, che gli aveva fatto ronzare il sangue nelle orecchie. L’ennesima orribile colpa. Era stata l’unica cosa che aveva potuto fare di fronte alla domanda della bambina. Poi l’aveva abbandonata a se stessa, dopo aver ucciso i suoi genitori.
Era un mostro.
Un mostro a cui quella donna non avrebbe dovuto sorridere in quel modo accorato, disperato quasi, ma sempre gentile.
Un mostro il cui corpo avrebbe dovuto essere dilaniato e poi bruciato perché non ne restasse traccia.
Un mostro che sarebbe stato logico odiare.
«Signorina Fairchild…»
«La prego, signor Piton, usi il quaderno.» lo interruppe con un mormorio Melusine.
Severus osservò per un istante la donna e notò che appariva preoccupata, ma egli non meritava quella preoccupazione, né il sorriso accorato della donna.
Fece per continuare a parlare, pronto ad assorbire nuovo meritato dolore, ma si interruppe. Sentiva la gola bruciargli, come se qualcuno vi avesse colato dentro della lava incandescente. Prese in mano il quaderno perché sapeva che non avrebbe potuto sopportare ulteriormente il dolore alle corde vocali.
“Tenga la bambina lontana da me.”
Melusine gli restituì il quaderno con mani tremanti. Non era quella la risposta che avrebbe voluto leggere. C’era qualcosa di terribilmente tragico in quell’uomo che rifiutava di vedere il bene che poteva fare a Judith, il bene che già le aveva fatto.
«Signor Piton… Severus, per l’ultima volta, la scongiuro, la supplico di pensare a ciò che il suo rifiuto può causare nell’animo di Judith.» mormorò Melusine, le mani giunte in una muta preghiera. Senza rendersene conto, si lasciò scivolare in ginocchio, come una supplice. Sulle labbra un sorriso nervoso e triste, nervoso per l’incertezza del futuro della bambina, triste per la vita a cui si costringeva l’uomo. «Non pretendo che lei veda Judith ogni giorno. Possiamo concordare la distanza di tempo che vuole. Una volta al mese… una volta ogni due mesi… qualsiasi cosa, ma non scacci Judith, non mi costringa a comunicarle questa decisione che la distruggerebbe.»
L’uomo avrebbe voluto urlare alla donna di rialzarsi, avrebbe voluto dirle di andarsene, ma il dolore era troppo intenso, così intenso che per un istante fu visibile sul suo volto.
E la sua mente era piena del ricordo di quando era caduto in ginocchio di fronte a Silente, di quando l’uomo l’aveva osservato con giusto disprezzo.
Il disprezzo che la donna avrebbe dovuto provare per lui.
Non quella preoccupazione che aveva mostrato poco prima.
Men che meno quel sorriso triste.
Prese in mano il quaderno, ma gli cadde a terra.
Il dolore gli attraversava il corpo come mille frustate, impossibile da sopportare. Vide la donna alzarsi in piedi sollecita, la sentì mormorare parole preoccupate.
Poi la vide premere il pulsante per chiamare l’infermiera.
E non ebbe la forza di fermarla.
 
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view post Posted on 5/6/2013, 19:41

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CITAZIONE (chiara53 @ 4/6/2013, 17:46) 

The Wild Rover


Sono stata introdotta alla musica irlandese, che conosco solo moooolto poco, anche se la trovo sempre bella.
Storia strana, almeno io l'ho percepita così, forse perché l'entrata in quel pub e tutto ciò che ne è seguito non l'avrei mai immaginata, ma io in un pub irlandese non ci sono mai stata: mi manca quindi tutta l'esperienza del trascinamento che sono sicura ci sia, come è evidente dalle parole della storia.

E' un Severus che mi ha fatto molta tenerezza. Sempre in ombra, sempre in disparte, allontanato da tutti perchè comunque è sempre presenza scomoda. No, non è giustizia questa per Severus.
Ecco che allora il pub è l'occasione per non essere guardato strano, una volta tanto e, povero, Severus in fondo è un uomo - eroico - ma pur sempre uomo. Ha bisogno di essere visto come tale.
E così è. Agli occhi di chi non lo conosce è solo un uomo in nero, triste, bisognoso di una canzone e di una buona birra per trovare un semplice sorriso. Quando lo trova e lo riceve - assieme ad un bacio sulla guancia - non posso non mettermi anch'io a sorridere per lui. :wub:
 
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view post Posted on 5/6/2013, 20:09

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CITAZIONE (Alaide @ 5/6/2013, 10:07) 

Tetralogia

12. Terza giornata. Atto I. Scena II. Dolore


Sai che sto cominciando a farmi un'idea di quel che potrebbe accadere?
Solo che non so se sarebbe il "peggio" o il "peggio-peggio", quindi me ne rimango in una muta osservazione.

Tutto quel che mi viene da dire è "povero Severus".
Condannato, giudice e carnefice di se stesso, ecco cosa è quest'uomo dilaniato prima che dal dolore fisico, dai rimorsi e dalle colpe.
La bimba vuole disperatamente lui e lui non riesce a comprendere che è stato, nonostante tutto, una salvezza per lei. Non riesce perchè non vuole.

Sei terribilmente sadica, miseriaccia.
Continuo a riflettere e a rimuginare su quanto accaduto e quanto potrebbe ancora avvenire, senza mai smettere di soffrire assieme a quest'uomo. :wub:
 
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