Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 4/12/2013, 12:29
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Autore/data: Alaide – 19 - 21 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: peut-être Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La donna sorrise lievemente a Severus, mentre si sedeva, un sorriso dolce, colmo di incertezza e speranza.
Nota: E’ il seguito di Incertezze e speranze
Dopo Sinfonie anche gli ultimi quattro sorrisi saranno dedicati a questa storia che non si conclude ancora del tutto (il progetto originale di 15 capitoli si è esteso in maniera piuttosto evidente). Finale in quattro movimenti sarà un lungo epilogo alla vicenda.
Parole: 1828

Sinfonie.
24. Sinfonia in si min. op. 2 n°6
Quarto movimento. Verdetto



Melusine entrò da sola, quel giorno di fine gennaio, nella cella di Severus. Judith avrebbe visto l’uomo l’indomani. La ragazzina non sapeva nemmeno che la donna fosse andata al carcere quel giorno, per poter discutere con l’uomo di particolari che Judith doveva ignorare per il momento.
Sarebbe stato inutilmente penoso per la bambina assistere a quella conversazione, considerando che gli elementi di incertezza erano fin troppi. Era già stata snervante l’attesa per la revisione del processo e la successiva attesa per un verdetto che era arrivato durante la metà di dicembre.
La donna sorrise lievemente a Severus, mentre si sedeva, un sorriso dolce, colmo di incertezza e speranza.
«Domani Judith starà a casa da scuola.» esordì Melusine. Non sapeva come iniziare il discorso o, forse, era quello il modo giusto con cui iniziare. «Il direttore dell’orfanotrofio sa tutto e ha dato il suo consenso. Ho dovuto parlargli dopo che è stata pronunciata la sentenza.»
L’uomo annuì unicamente, mentre osservava la donna, che continuava a sorridergli con incertezza e speranza.
Sapeva a cosa fosse dovuta l’incertezza. In quel sorriso incerto era scritto il verdetto pronunciato dal giudice che aveva portato avanti il nuovo processo, nel tribunale di un’altra cittadina.
La speranza gli parve decisamente più fuori luogo. Il verdetto avrebbe pesato su qualsiasi possibilità di poter ottenere, una volta rilasciato, Judith in adozione.
Aveva immaginato che la signorina Fairchild sarebbe andata a trovarlo in cella, prima del giorno del suo rilascio ed aveva anche immaginato cosa poterle dire, come convincerla che era ormai inutile che sacrificasse la sua vita, unendosi a lui, perché nessun giudice dei minori avrebbe preso la decisione di dare Judith in adozione a qualcuno che era stato in carcere, che aveva voluto andare in carcere per potersi punire per un crimine che non aveva del tutto commesso.
«Immagino che abbia detto al direttore dell’orfanotrofio che lei non si sposerà, signorina Fairchild.» disse infine.
Sapeva che avrebbe dovuto scrivere quelle parole, ma quella era una conversazione in cui era necessario parlare, non importava il dolore che provava, nonostante l’antidolorifico fosse più efficace da qualche anno.
«Gli ho solo spiegato quello che è accaduto e di quanto Judith ti sia affezionata.» affermò Melusine, il sorriso improvvisamente più incerto, per quanto sempre dolce e gentile, com’era solito essere. «Ho riflettuto a lungo dal giorno in cui è stata pronunciata la sentenza e sono convinta che si possa proseguire come si era progettato tempo fa.»
«E lei, signorina Fairchild, crede veramente che i giudici dei minori darebbero la bambina in adozione ad un uomo che è stato in carcere? Un uomo che ha scontato la pena per complicità in omicidio, come è stato deciso dopo la revisione del processo? Sarebbero degli inetti se lo facessero e non importa affatto se Judith mi è affezionata.» ribatté l’uomo.
Quelle parole pesavano come un macigno, ma corrispondevano a verità. Era unicamente a causa sua e della sua cecità se si era giunti a quel punto. Alle volte, riguardando indietro, faticava a riconoscere se stesso, quando si era spinto così oltre nella smania di punirsi perché era sopravvissuto, perché aveva causato la morte di troppe persone, perché aveva desiderato l’odio di Judith, quasi che questo fosse la massima punizione possibile.
Aveva sbagliato, ancora una volta, e ne stava pagando giustamente le conseguenze.
La sentenza che era emersa dalla revisione del processo era l’unica sentenza veramente possibile. Per quanto Judith avesse testimoniato a suo favore, nulla poteva cancellare quello che aveva detto egli stesso durante il primo processo. Non era riuscito a ribaltare totalmente la situazione, quando gli era stato chiesto come mai avesse taciuto degli altri due uomini e del fatto che avesse salvato la vita alla bambina. Aveva imbastito una nuova menzogna che si avvicinasse, questa volta, il più vicino possibile alla realtà e la sentenza che era stata pronunciata era giusta. Era complice in omicidio e la pena gli era stata considerevolmente attenuata, proprio in considerazione della testimonianza di Judith.
La ragazzina era apparsa felice del verdetto, quando l’aveva intravista, mentre veniva ricondotto in carcere per scontare l’ultimo mese di pena.
E gli aveva sorriso felice quando lo era andato a trovare in carcere, poco dopo Natale. Per Judith ciò che importava in quel momento era che lui uscisse dalla prigione. Lo aveva ripetuto più volte, quel giorno e, quando l’ora di visita era quasi giunta al termine, l’aveva abbracciato con affetto. Ed egli avrebbe voluto allora chiamarla figlia, dirle che una volta uscito dal carcere sarebbe andata a vivere con lui. Ma non poteva farlo.
Con ogni probabilità non avrebbe mai potuto farlo.
«Non è detto che andrà come dici tu, Severus.» disse Melusine, dopo aver riflettuto a lungo. Sapeva che nelle parole dell’uomo v’era più verità di quanto volesse ammettere con se stessa, ma lei voleva continuare a sperare e quella speranza era apparsa nuovamente nel suo sorriso. «Se il giudice dei minori parlerà con Judith, potrebbe basare la sua sentenza su quello che gli dirà la bambina. In linea teorica in questi casi al centro dovrebbe essere messo sempre il benessere del minore. Ma anche se non accadesse così, anche se il giudice dei minori non capisse che Judith ti ama come una figlia, proseguire come si era convenuto potrebbe permettere a Judith di poter venire a trovarti con regolarità, senza che il direttore dell’orfanotrofio abbia nulla da ridire, anche qualora la bambina si assentasse per qualche giorno, soprattutto durante le vacanze.»
«Eppure lei, signorina Fairchild, potrebbe evitare di rovinarsi la vita.» ribatté l’uomo, osservando il sorriso della donna, il sorriso dolce e gentile che spesso gli rivolgeva, il sorriso in cui, la pari che in quello di Judith, aveva imparato a leggere il perdono, un sorriso simile a quello della bambina, quando, nell’attesa del processo, le aveva rivelato di essere un Mago e la verità circa la morte dei suoi genitori ed il suo coinvolgimento. «Si potrebbe trovare un’altra soluzione, per permettere che Judith continui a vedermi. Gliel’ho già detto, la prima volta che abbiamo ne abbiamo parlato. Trovi una brava persona da sposare, signorina Fairchild. Adotti con questa brava persona Judith. A quel punto, lei sarà la madre della bambina e potrà portarla da me, quando lo riterrà opportuno.»
«Tu sei una brava persona, Severus.» affermò la donna, osservando negli occhi l’uomo. «E so che non mi rovinerò la vita. Quello che mi sta a cuore è la felicità di Judith. E la tua. Se voi sarete felici, anch’io sarò felice.
«L’unico modo perché questo avvenga è fare quanto avevamo già deciso.» aggiunse, dopo essersi umettata appena le labbra.
Avrebbe voluto far comprendere nel migliore dei modi che, per quanto la riguardava, non stava gettando via la sua vita ed il suo futuro. Sapeva che Severus non l’avrebbe mai amata. Le sarebbe bastato, però, vivere con lui e vederlo se non felice, per lo meno in pace, accanto a Judith. E non c’era veramente altra soluzione. Anche se avesse seguito il consiglio di Severus, anche se fosse riuscita a sposare un uomo che non fosse lui, non avrebbe mai avuto la certezza che questi accettasse di far vedere la figlia adottiva ad un uomo che era stato in carcere, condannato per complicità in omicidio.
«Rifletta con attenzione, signorina Fairchild, prima di prendere una decisione del genere. Non esiste la certezza che Judith ci venga data in adozione, né che il direttore del suo orfanotrofio, alla fine, decida di permettere che la bambina possa assentarsi per qualche tempo dall’orfanotrofio, per poter andare a casa di un uomo giudicato colpevole di complicità in omicidio.» disse l’uomo. Sulle labbra della donna ancora aleggiava il sorriso che aveva notato poco prima, quel sorriso colmo di perdono, quel sorriso così simile, eppure leggermente diverso, da quello di Judith. «Un giorno potrebbe trovare qualcuno di cui innamorarsi, Melusine, una brava persona che non ha mai assassinato nessuno, qualcuno le cui mani non sono ricoperte di sangue. Ed allora non avrebbe nessuna via di fuga, da un’unione priva d’affetto.»
«Quel giorno è già giunto, Severus. Tu sei quella brava persona di cui parli.» mormorò in un soffio la donna. «Conosco le tue scelte, conosco i sacrifici che hai compiuto per poter espiare i tuoi errori e so che meriti il perdono e l’affetto di Judith. Ed il mio amore. Non chiedo nulla in cambio, non pretendo che tu mi possa amare. Sono abbastanza realistica da capire che non è possibile. Desidero unicamente che tu e Judith possiate essere felici. Mi basterà per essere felice a mia volta.»
La donna gli sorrise nuovamente, lievemente.
Un sorriso colmo di perdono.
Un sorriso colmo di un amore che non era mai riuscito a leggere veramente fino a quel momento, fino a quando Melusine non gli aveva confessato i suoi sentimenti.
Per un istante che la donna stesse gettando ancora di più al vento la propria vita e la propria felicità. Sapeva cosa volesse dire amare senza essere amato. Ma egli aveva meritato che Lily non giungesse mai ad amarlo, come avrebbe voluto, perché aveva distrutto inesorabilmente la loro amicizia. La signorina Fairchild non meritava nulla del genere. Avrebbe meritato di vivere felice, accanto a qualcuno che non era lui, accanto ad una brava persona che potesse amarla e rispettarla.
Eppure sapeva anche che non poteva trovare altre motivazioni per rifiutare la proposta della donna. Era certo che avrebbe ribattuto incessantemente alle sue obiezioni. Era certo che gli avrebbe ripetuto che non stava gettando al vento la sua vita, che quella decisione era quanto di meglio per Judith.
Ed era effettivamente così, se vi ragionava con freddezza. Forse poteva esistere una possibilità che dessero loro la bambina in adozione, perché il direttore dell’orfanotrofio avrebbe anche potuto mettere una buona parola circa Melusine con il tribunale dei minori. E se Judith non fosse stata loro in adozione, la donna poteva portarla da lui tutte le volte che voleva, perché lei si occupava all’orfanotrofio della bambina ed il direttore dell’istituto le avrebbe dato il permesso.
In fondo, la donna gli aveva detto che quell’uomo sapeva tutto ed aveva dato il consenso affinché Judith stesse a casa da scuola il giorno dopo, quando sarebbe stato rilasciato.
«Forse è veramente l’unica scelta possibile, signorina Fairchild.» disse infine, senza aggiungere altro.
La donna gli sorrise nuovamente con amore, un amore che sapeva di non poter mai ricambiare.
La foto di Lily giaceva ancora nel cassetto, per quanto sommersa dalle lettere di Judith. Ma v’erano giorni in cui cercava ancora quel sorriso, per quanto sapesse che, al contrario di quello della bambina e di quello della donna che gli stava davanti, non era rivolto a lui.
Mentre la donna si avvicinava alla porta della cella, quando l’ora di visita giunse al termine, gli sorrise un’ultima volta.
E quel sorriso aleggiò per un istante nella cella.
Un sorriso che Severus sapeva di non poter mai giungere a ricambiare.
Però, forse, sarebbe giunto a rispettare la donna.
O forse la rispettava già in quel momento, mentre il suo sorriso pareva illuminare ancora lievemente la cella.
 
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view post Posted on 5/12/2013, 21:50
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I ♥ Severus


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N. 48

Titolo: Il regalo più desiderato
Autore/data: Ida59 – 16/18 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: È Natale, e Severus ha un solo, grande desiderio. È il seguito di “Alba d’innocenza”.
Parole/pagine: 1647/4



Il regalo più desiderato



Le settimane erano trascorse veloci, inseguendosi l’una con l’altra nell’attesa del venerdì sera, quando Elyn finalmente raggiungeva il preside a Hogwarts e il resto del mondo svaniva davanti al sorriso della donna che amava.
Anche quella sera Severus la attendeva con il solito appassionato desidero, reso ancora più ardente dal fatto che stavano cominciando le vacanze di Natale ed Elyn sarebbe quindi rimasta tra le sue braccia molto più a lungo, in un castello che presto sarebbe stato semi deserto, permettendo loro molta più libertà del solito.
Il mago tornò a guardare fuori dalla finestra, impaziente, mentre con la mano accarezzava piano la tasca segreta dell’abito, quella che sopra il suo cuore custodiva la preziosa ampolla del profumato olio da massaggi che ogni venerdì pomeriggio distillava con amore per Elyn, per spargerlo poi con ardente passione su tutta la sua pelle quando finalmente sarebbe stata di nuovo tra le sue braccia.
Severus socchiuse gli occhi inspirando piano, anelando con eccitato desiderio al profumo di Elyn, della sua pelle, dei suoi capelli. Del suo sorriso.
Sì, il sorriso di Elyn, bello e dolce, profumava di felicità e di futuro, brillava d’amore nei suoi occhi nocciola e portava la serenità nell’anima del mago sulle ali di quel perdono che lo aveva riportato alla vita.
Quando Elyn era tra le sue braccia, il passato non poteva più tormentarlo, ma gli bastava anche solo evocarne il ricordo nei pensieri per scacciare ogni fantasma ed ogni incubo dalle sue notti, ora finalmente tranquille anche quando lei non dormiva al suo fianco.
Di nuovo il mago contò mentalmente i giorni che avrebbero trascorso insieme nel castello: tanti, eppure sempre troppo pochi per la fame d’amore che stringeva il suo cuore in una morsa d’insaziabile desiderio alimentato dalla mancanza di tutta una vita.
Eppure Severus era felice, immensamente felice, come mai aveva neppure sognato di poter essere. Lo dimostrava il suo volto, il sorridente riflesso che dal vetro lo osservava, la bocca dischiusa in quel sorriso che la sua donna tanto amava e che molti mesi prima, quando ancora giaceva inerte in un letto del San Mungo combattendo tra la vita e la morte, per la prima volta era nato sulle sue labbra sottili, dono prezioso che il mago con doloroso sforzo aveva voluto fare alla Guaritrice che con amore si prendeva cura di lui. (1)
Un intenso brivido di piacere percorse veloce la schiena del mago al ricordo di quel momento, quando la Guaritrice, stupita e felice di quel suo primo sorriso, non era riuscita a trattenere la mano e con le dita gli aveva sfiorato appena le labbra, piano, delicata, incredula, mentre negli occhi nocciola si accendevano lacrime di felicità.
Era ancora lo stesso intenso brivido di piacere: allora del tutto sconosciuto, adesso, invece, ben conosciuto e bramato dal suo corpo.
Era in quel momento che era nato il suo amore per Elyn, senza neppure che lui stesso ne avesse coscienza? Nel momento in cui, per la prima volta dopo tanti, troppi anni, aveva desiderato sorridere per rincuorarla, per renderla felice?
Severus sospirò piano, con desiderio, lasciando che il sorriso si impadronisse totalmente delle sue labbra, colmo di dolce passione, come tanto piaceva alla sua Elyn.

*

Le vacanze di Natale erano trascorse fin troppo velocemente, anche se Elyn era riuscita, con fare molto misterioso e affermando che ancora non gli aveva dato il suo regalo, ad allungarle di qualche giorno rimanendo ancora al castello che si era ormai di nuovo riempito di studenti e professori mentre la normale vita della scuola riprendeva.
Al solo pensiero che Elyn tornasse al suo lavoro al San Mungo e lui sarebbe rimasto di nuovo cinque giorni senza di lei, Severus si sentiva tremendamente solo.
Era strano, è vero, per un uomo che come lui aveva sempre vissuto in silenziosa solitudine, ma Elyn in pochi mesi era diventata così importante per il mago che il pensiero di non poterla vedere anche per un solo giorno o di non tenerla stretta a sé ogni notte, era quasi insopportabile.
Avevano di nuovo cenato da soli nell’appartamento sopra la presidenza, com’erano soliti fare per restare in intimità senza che Severus si sentisse in imbarazzo davanti a tutti gli studenti, con Elyn seduta al suo fianco alla tavola dei professori senza poi avere il coraggio neppure di sfiorarle la mano, capace solo di guardarla con intensità negli occhi abbozzando un sorriso lieve, muto, sentendo fissi su di sé gli occhi di tutti gli occupanti della Sala Grande.
Minerva aveva acconsentito paziente a sostituirlo ancora una volta al centro della tavolata dei professori, lanciando un’indecifrabile occhiata alla Guaritrice; uscendo dalla presidenza si era addirittura concessa di scambiare un’irriverente strizzatina d’occhi col ritratto di Silente che, invece, se la rideva impunemente sotto i baffi.
Elyn gli stava sorridendo, bella come sempre ai suoi occhi innamorati, poi con un tocco di bacchetta fece comparire una bottiglia di pregiato vino elfico, una di quelle per le grandi occasioni che Albus aveva messo da parte con cura.
Mentre appellava silenziosamente due eleganti calici, il mago la guardò turbato, temendo che la presenza del pregevole vino significasse solo che quella sarebbe stata l’ultima sera che Elyn avrebbe passato tra le sue braccia al castello.
Ma la Guaritrice gli sorrideva, dolcissima e innamorata, le iridi nocciola screziate dai riflessi d’oro delle fiamme del camino ed i lunghi capelli castani che in morbidi riccioli le incorniciavano il viso:
- Hai lavorato a lungo, oggi
Il mago non rispose e continuò a fissarla con fare interrogativo: aveva lavorato come il solito, quel giorno, neppure un istante di più; appena finito, era corso a stringerla fra le braccia e a riempirla di baci, come ogni altra sera di quei primi giorni della settimana di lavoro.
Il sorriso di Elyn si aprì ancora di più, divertito e irriverente:
- Quindi, non sai che giorno è, oggi
Severus la fissò stupito. Che giorno avrebbe dovuto mai essere?
- È il nove gennaio, oggi, – sussurrò dolcemente la maga, il sorriso che le illuminava il viso, - è il tuo compleanno!
Il mago aprì la bocca, poi la richiuse senza dire nulla. Il suo compleanno non era mai stato un giorno speciale, anzi, era sempre stato un giorno da dimenticare. Ricordava fin troppo bene gli improperi e le accuse di suo padre quando la mamma preparava una torta cercando di festeggiare la ricorrenza.
- Severus…
Elyn si era avvicinata, la coppa di vino elfico in mano e un dolce sorriso sulle labbra:
- Io voglio festeggiare il suo compleanno, oggi
- Non l’ho mai festeggiato, - rispose ritraendosi un poco sulla difensiva, lo sguardo nero duro e cupo, - non ho alcun motivo per…
- Ooh… sì che hai un motivo per farlo, Severus! – lo interruppe la maga. – Io sono quel motivo, perché io voglio farlo. Tu sei vivo, Severus, e oggi compi trentanove meravigliosi anni. – esclamò con voce commossa. - Anche per merito mio.
Il mago si perse nel nocciola dorato di quegli occhi colmi d’amore mentre Elyn si sedeva sulle sue gambe. La strinse forte a sé, in silenzio, affondando il viso nei serici capelli e aspirandone piano la fragranza. Era vero: se era vivo lo doveva anche a lei, e al suo amore, forse soprattutto a lei e non solo alle magiche lacrime di Fanny.
- E poi ho un regalo per te! – sussurrò la maga con enfasi sulle sue labbra, con la stessa aria misteriosa che aveva assunto fin dall’inizio della serata.
Le permise di sciogliersi dal suo appassionato abbraccio, senza mai lasciarla un instante con lo sguardo nero, ora scintillante d’amore.
Elyn fece apparire una piccola pergamena strettamente arrotolata, annodata con un fiocco di colore verde arcido, proprio come il camice che indossava al San Mungo. Gliela porse sorridendo felice.
Era la sua libertà, le dimissioni dal San Mungo per restare sempre vicino a lui: un prestigioso incarico sancito dal Ministero per effettuare ricerche su pozioni curative sotto l’egida del famoso pozionista che era anche preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Severus rimase a fissarla, muto, nere fiamme d’amore che ardevano nella profondità dei suoi occhi, troppo felice anche solo per respirare: la sua Elyn non se ne sarebbe più andata, dopo quella notte, sarebbe rimasta per sempre con lui, tra le sue braccia, stretta e protetta dal suo amore!
La maga gli aveva fatto un dono meraviglioso, qualcosa che nessuno aveva mai fatto per lui. Gli aveva regalato se stessa, la sua presenza, la sua continua e intima vicinanza: ciò che più d’ogni altra cosa Severus desiderava!
Elyn sapeva bene quali penosi ricordi dell’infanzia il suo compleanno risvegliava nel mago: aveva letto anche quello, insieme a tutto il resto della sua terribile vita, nell’infinito e nero abisso dei suoi occhi sbarrati mentre giaceva tra la vita e la morte al San Mungo, il sangue ardente avvelenato dal morso di Nagini. Così aveva deciso, con quel gesto particolare, con quel regalo meraviglioso consegnato proprio in quella speciale occasione, di cambiare per sempre il significato di quel giorno che, da quel momento, avrebbe rappresentato l’inizio della loro vita insieme.
E Severus non avrebbe certo mai dimenticato di festeggiarlo negli anni a venire!
Un sorriso nacque prepotente e inarrestabile sulle labbra sottili del mago facendo scintillare d’intensa felicità i profondi occhi neri: Elyn era sua, per sempre, nessuno più l’avrebbe sottratta ai suoi baci, alle sue carezze, al suo amore appassionato!
La maga gli porse il calice colmo del pregiato vino elfico:
- Allora, vuoi finalmente festeggiare il tuo compleanno come si deve, amore mio?
Le sorrise, profondamente commosso, ancora senza parole, prendendo il calice che gli porgeva ed accettando felice il brindisi.
Sì, voleva festeggiare, quella volta voleva degnamente celebrare il compleanno che gli portava l’ineffabile felicità di avere per sempre Elyn al suo fianco.
- Elyn… - sussurrò commosso, cercando le dolci labbra della donna che amava, - amore mio!



(1) Vedi la precedente storia della raccolta: Brivido.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:37
 
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view post Posted on 6/12/2013, 22:42
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Chiara e Ida, scusate se non vi ho risposto prima, ma l'ho letto soltanto ora, comunque ho visto che avete risolto ;)
Scusate ancora :(

Titolo: 11. Si può perdere di nuovo tutto
Autore/data: Severus_Ikari / marzo 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Commedia, Introspettivo, Romantico
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Harry Potter e Ron Weasley (fugaci apparizioni)
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Aveva davvero creduto di poter vivere nella normalità, avere una famiglia, degli amici, amare ed essere amato? L’aveva davvero creduto possibile?"
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è l'undicesima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Passato e futuro".
Parole/pagine: 3096/5



Un anno per amare

11 - Si può perdere di nuovo tutto



16 novembre 2005



Quella mattina faceva piuttosto freddo, un vento furioso si abbatteva sulla casa spingendo le imposte che sibilavano sinistramente, anche la pioggia cadeva forte sul piccolo appartamento fino a scivolare veloce sui vetri delle finestre.
Quel mercoledì era una tipica giornata di novembre ed Hermione non aveva alcuna intenzione di alzarsi, il suo giorno libero avrebbe voluto passarlo interamente nel letto, al caldo sotto le coperte e tra le braccia dell'uomo che amava.
Neppure il ritorno del Signore Oscuro l'avrebbe trascinata fuori di lì.
Il camino ancora acceso scoppiettava riscaldando la stanza e i loro corpi nudi, era bello sentire la pelle del mago vicino alla propria, era una sensazione che non l’avrebbe mai stancata, neppure il suo respiro tiepido che riusciva ad infiammarla e gelarla al contempo.
Quei sussurri alle labbra appena dischiuse che si facevano racconti di anime così distanti per lungo tempo, riunite in un bacio tra le lacrime salate e i sorrisi che erano diventati dolci dai molteplici sapori, che t’invadevano con il loro liquore amaro e poco a poco ti avvolgeva quel senso di dolcezza delicato come un abbraccio.
E il sorriso di Severus nel tempo si era fatto miele sulle sue stesse ferite.
Ad un tratto si sentì uno strano picchiettare seguito dal fruscio della carta, Hermione aprì appena gli occhi mentre Severus la strinse ancora di più a sé, e la giovane strega si rilassò di nuovo, accoccolandosi al suo petto, ma il picchiettio divenne più insistente.
«Ho sentito un rumore.» In un attimo Hermione si alzò dal letto scostando le pesanti coperte.
«È solo il vento, torna a letto» le disse Severus mentre lentamente la conduceva di nuovo verso di sé, dopo averle afferrato un polso. «E poi non sta bene andare in giro per casa in quel modo.»
«Quale modo?»
«Sei nuda.»
«Oh.»
«E quando sei nuda, ti preferirei nel letto. Sotto le coperte. Con me» era capace di infiammarla con poche parole, e il suo sguardo le provocò intensi brividi di piacere che le percorsero tutta la schiena. Sulle sue labbra si allargò un sorriso che avrebbe illuminato una grotta buia, e la bocca di Severus fece altrettanto, piegando entrambi i lati, congelò la mente della strega in quell’attimo, su quella realtà.
Se qualcuno in quel momento le avesse chiesto cosa fosse la felicità, sicuramente avrebbe risposto che era svegliarsi tra le braccia di Severus Snape che la guardava con un meraviglioso sorriso sulle labbra, vedere quella bocca che si piegava, era come una giornata uggiosa che improvvisamente era squarciata dai luminosi raggi del sole.
E il sorriso di Severus era il sole che aveva lacerato il grigio del suo essere.
«Non è solo il vento, vado semplicemente a controllare.» Sì ricordò all’improvviso di quel rumore che aveva sentito poco prima.
«Mm…»
Hermione andò nell'altra stanza del suo piccolo appartamento e sul pavimento notò una lettera, la prese e si accorse dal timbro di ceralacca su di essa, che veniva dal San Mungo.

Severus si rigirava beatamente tra le lenzuola, ispirando a fondo l'aroma di Hermione che era intriso tra di esse, era una sensazione alla quale ancora non si era abituato, svegliarsi con qualcuno accanto era per lui una novità, nonostante fossero giorni che dormivano insieme.
Sorrise a quella nuova vita che era finalmente iniziata per lui e si ritrovò a pensare che andare in coma per sette anni era la cosa migliore che gli fosse capitata, senza quel sonno prolungato non avrebbe mai potuto conoscere il significato dell'affetto delle persone, non sarebbe mai stato in grado di affrontare il suo passato e relegarlo in una parte nascosta della sua anima dove non sarebbe mai stato in grado di avvolgerlo nel buio ogni giorno; la cosa più importante, però, era che finalmente avesse scoperto il reale significato della parola “amore”, aveva imparato ad amare veramente e si era concesso infine di essere amato.
E sorrise, sorrise a tutto quello come mai aveva fatto nella sua vita.
Hermione, tuttavia ancora non tornava.

La lettera le era scivolata di mano e adesso giaceva sul pavimento come se fosse un essere inanimato nel quale fino a poco prima batteva la vita, ed Hermione la osservava proprio come se fosse una persona che era improvvisamente morta, ma si accorse ben presto che la sensazione che qualcosa si stava spegnendo era dentro di lei, si sentiva come se un incantesimo la stesse trasformando in una statua di ghiaccio, e in quel momento lo avrebbe voluto con tutta se stessa.
Avrebbe voluto essere nient'altro che marmo per impedire a quel dolore di salirle su tutto il corpo.
«Hermione, che succede?» ma la donna non si mosse, era come inebetita e sembrava non aver sentito neppure le parole di Severus che si era avvicinato con una profonda preoccupazione sul volto.
«Hermione!» la giovane strega si riscosse, ma era ancora incapace di dire alcunché, in un attimo si accasciò a terra tra le lacrime.
Severus si accorse della lettera ai piedi della donna e in un attimo l'afferrò, leggendola avidamente, come se fosse un assetato davanti ad un pozzo in pieno deserto: sentì il cuore fermarsi di colpo.
«Alzati.» Hermione, però, rimase a terra, piangente. «Per l'amore del cielo, alzati da quel dannato pavimento!» il suo tono si era fatto duro, gelido, per un attimo ad Hermione sembrò che fosse tornato il vecchio Severus, il mago cupo e distante che l'aveva sempre trattata come se non valesse niente e, anche se in quel momento si sentiva esattamente in quel modo, si alzò a fatica senza riuscire a sostenere il suo sguardo.
«Vestiti alla svelta. Dobbiamo andare.» Hermione, tuttavia, continuava a non muoversi e lo guardava a malapena, non avrebbe voluto rivedere quel velo oscuro sugli occhi del mago. «Ti ho detto di muoverti!»
«Non darmi ordini come se fossi il tuo elfo domestico.» Stavolta la rabbia prese il sopravvento sulla paura che tutto quello che aveva vissuto fino a quel momento, era stato nient’altro che un sogno.
«Io non…»
«Tu non, cosa? Non pensavo che avere una relazione con te significasse “obbedienza”.»
«Non capisco cosa stai dicendo e cosa ti fa venire in mente una cosa del genere.»
«Mi stai dando degli ordini!»
«Io… mi dispiace, ma non riesco ad essere molto lucido in questo momento.»
«Pensi che in questo momento stia soffrendo solamente tu?»
«Non ho detto questo.»
«No. Non l'hai detto, ma lo stai pensando e ti stai comportando come se lo avessi detto.» Anche il tono di Hermione si era fatto tagliente, combattuta tra il dolore e la rabbia non sapeva affatto come reagire a ciò che aveva appena letto e a quel comportamento di Severus.
Un attimo prima erano stretti l'uno nelle braccia dell'altro, i loro respiri che si confondevano nel tepore del letto, e adesso stavano litigando stupidamente su ciò che avrebbero dovuto provare.
Come poteva pretendere che lei non soffrisse per quella notizia? Non era più la ragazzina spaurita che doveva sottostare ad ogni sua parola, non era più la studentessa che doveva obbedire al suo insegnante.
Che diritto aveva di trattarla in quel modo?
«Herrmione, lei per me è stata…»
«Invece per me non è stata niente? Neanche la conosco, vero?» senza aggiungere nient'altro la giovane strega si chiuse in camera sbattendo la porta con rabbia e dopo un istante uscì da casa senza degnarlo neppure di uno sguardo, troppo furibonda e addolorata per curarsi anche di lui, nonostante sapeva perfettamente che in quel momento il dolore stava dilaniando anche l'anima di Severus.
In quell’attimo sarebbero dovuti stare uniti, farsi coraggio e cercare di fare qualcosa, invece si erano di nuovo allontanati l'uno dall'altra.

Quando arrivò al San Mungo, vide che erano già tutti lì, doveva essere arrivata la stessa lettera anche a loro e su quei visi poté vedere quello stesso dolore che stava provando anche lei.
Le sembrava di essere tornata a tanti mesi prima, a quando il Medimago Redden le aveva detto che Severus stava per morire e anche in quel momento si era sentita morire, sprofondare in un abisso di buio che l'avrebbe inghiottita completamente.
«Cos'è successo?»
«Non lo sappiamo, quando siamo arrivati, era già dentro e ancora nessuno ci ha detto qualcosa, stiamo aspettando.» Harry era visibilmente addolorato, possibile che dopo tutti quegli anni passati a soffrire ancora dovevano provare simili angosce?
«La lettera diceva solo che era stata portata qui. Possibile che nessuno ci dica niente?» la sua voce si stava via via alzando di tono, quella mattina era iniziata nel peggior modo possibile e in più aveva anche litigato con Severus, in cuor suo sperava che quel giorno non avrebbe ricevuto quella notizia che le si era insinuata nella mente da quando aveva letto la lettera.
«Hermione stai calma, vedrai che presto ci diranno qualcosa» cercò di tranquillizzarla Ron, ma nessuna parola avrebbe potuto calmarla in quel momento, come nessuna parola sarebbe stata balsamo per nessuno di loro.
Dopo alcuni minuti arrivò Severus, il suo volto era tornato ad essere una maschera impenetrabile difficile da decifrare, e sembrava essere tornato l'uomo cui era arduo anche solo avvicinarsi, come se quei mesi non ci fossero mai stati, come se la guerra non ci fosse mai stata.
Il mago non degnò di uno sguardo nessuno di loro e avanzò a passo svelto al portone che li separava dal reparto, incurante che fosse magicamente bloccato per evitare che persone non addette entrassero.
«Non la faranno entrare» gli spiegò il giovane Weasley, ma Severus parve non ascoltare perché afferrò la bacchetta, intenzionato a far saltare in aria qualsiasi cosa pur di entrare lì dentro.
«Severus, stai calmo, per favore» Hermione si era avvicinata al mago e gli strinse una mano tra le sue, ma in un attimo la scostò, lasciando la giovane strega stupefatta.
«Io sono calmo. Tu, piuttosto, sei un Medimago, ora, potresti entrare senza problemi» il suo tono asciutto le gelò il sangue, capiva perfettamente ciò che stava provando, ma non capiva il perché di quel cambiamento improvviso: Severus aveva spazzato via tutti quei mesi in un solo istante, come un po' di sporco con un colpo di bacchetta.
«Bene, hai ragione. Togliti da qui, tu non sei né Medimago né infermiere né qualunque altra cosa, non puoi sostare davanti a questa porta, per cui sei pregato di toglierti.» Severus le regalò un'occhiata che sembrava di odio.
Harry era incredulo, che diavolo era successo a quei due? In un attimo la collera gli montò dentro, come potevano battibeccare come due bambini capricciosi, mentre la donna che per tanti anni era stata la roccia di tutti loro, si trovava al di là di quella porta, a lottare tra la vita e la morte.
«Smettetela! Tutti e due!» urlò all'improvviso e si voltarono tutti verso di lui con gli occhi sbarrati, Severus lo guardò impassibile, mentre Hermione non riuscì a fissare quegli occhi verdi per più di qualche secondo, troppo addolorata e consapevole che si stava comportando da stupida. «I vostri insulsi problemi risolveteli altrove, possibilmente fuori di qui! Adesso dobbiamo cercare di stare tutti uniti e far sentire la nostra vicinanza alla professoressa McGonagall!»
Severus girò su se stesso, il suo mantello si mosse così velocemente che una sferzata d'aria le arrivò in pieno volto, come un getto d'acqua fredda la riscosse da quei turbamenti in cui era caduta: in un attimo gli afferrò il polso, con forza, cercando di trattenerlo, di non sfuggirle come aveva fatto poco prima.
«Severus, entra con me.»
«Mi sembra tu sia stata piuttosto chiara, non sono persona che può entrare.»
«Minerva ha bisogno anche di te.»
«Nessuno ha bisogno di me, e per Minerva non posso fare nulla, là dentro ci sono persone più competenti di me. Vai, vai anche tu, sei brava a studiare le persone.»
In quel momento Hermione seppe che non ci sarebbero state parole da dirgli, che nessun gesto che avrebbe fatto, sarebbe riuscito a cambiare quell'espressione che il mago aveva in volto, sorrise amaramente e lo lasciò andare, dalle sue mani, da quell'atrio e forse dalla sua esistenza.
La vita a volte sapeva essere davvero crudele, un attimo prima ti aveva dato tutto, ti aveva concesso la felicità, e un attimo dopo si era ripresa ogni cosa, strappandotela dalle dita.
Hermione aveva soltanto voglia di piangere, un pianto che le avrebbe prosciugato ogni lacrima che aveva in corpo, ma si fece forza e varcò quella porta, non sapendo cosa vi avrebbe trovato al di là di essa.

***



Severus camminava agitatamente per la stanza, poi all’improvviso si bloccò e le lacrime iniziarono a rigargli il volto e neppure tutta la sua forza di volontà riuscì a trattenerle dentro i suoi occhi; si sedette su una sedia, anonima come tutto l’arredamento della stanza, era così freddo e bianco che si sentì nauseare, forse quella reazione era dovuta più ai suoi sette anni trascorsi in un ambiente come quello; e il fatto che adesso, inerme su di un letto, ci fosse Minerva, di sicuro non lo aiutava a sentirsi meglio.
Come avrebbe potuto sentirsi meglio quando la donna che era stata una madre per lui, giaceva lì, immobile, in preda a spasmi di dolore che nessuno era riuscito a calmare, l’avevano resa incosciente per darle più sollievo possibile, ma non avevano ancora capito cos’aveva procurato tutto quello.
Lui, però, lo sapeva.
«È tutta colpa mia» scivolò appena sulla sedia, una mano a coprirgli gli occhi ormai offuscati dal pianto. «Mi sono permesso di essere felice. Io. Io che non ho mai meritato la felicità e per tutti questi mesi non ho fatto altro che illudermi,» le dita liberarono lo sguardo e scesero sulle labbra per oscurare quell’amaro sorriso che gli era nato spontaneo.
No, Severus Snape non avrebbe sorriso. Mai più.
E la sua vita gli stava gridando forte che in lui non c’era spazio per sorridere né per essere felice, perché lui era ancora il Mangiamorte, l’assassino, e la sua felicità sarebbe stata la rovina delle persone che gli erano vicino.
Aveva davvero creduto di poter vivere nella normalità, avere una famiglia, degli amici, amare ed essere amato? L’aveva davvero creduto possibile?
Si ritrovò a ridere tra quelle mura così candide, mentre le lacrime continuavano a scendergli lungo il viso, una strada di dolore che segnava la sua pelle e gli entrava in bocca, fino in fondo, fino all’anima, ne sentiva il gusto salato corroderlo dentro.
«In quanto Pozionista credo che ci debba essere un equilibrio in ogni cosa, in una pozione è fondamentale che ogni ingrediente sia equilibrato con l’altro. E sono arrivato alla conclusione che persino nella vita è necessario, per questo io non posso essere felice.»
Snape si alzò dalla sedia, quel pianto che gli veniva da dentro, parve acquietarsi, ma il dolore che stava provando, lo stava dilaniando, anche se cercava in tutti i modi di apparire freddo e distaccato, in fondo era stato abile a mantenere quella maschera per anni.
«Sono quella parte d’ombra che può vivere solamente nell’oscurità, che deve riflettere solamente se stessa per non inghiottire quel buio chi gli si avvicina» camminava lentamente, sperando che in qualche modo, tra tutta quella sofferenza, Minerva potesse ascoltarlo, lui in sette anni aveva percepito molte loro parole, quindi credeva possibile che anche l’anziana strega, nonostante tutto, potesse ascoltarlo.
«Non posso che essere solo. La mia felicità è la solitudine, è stare lontano dagli altri per non avvelenargli la vita.» Si avvicinò alla donna che per anni aveva considerato una madre, la guardò per alcuni istanti e alcune lacrime ripresero a rigargli il volto, il suo autocontrollo stava di nuovo vacillando di fronte al volto di Minerva così sofferente e teso che aveva paura persino a sfiorarlo. «Questo è il mio equilibrio. Questa è la mia vita. Questa è la mia felicità. Sono stato uno stupido a credere che per me ci fosse dell’altro, uno stupido illuso. Forse sarebbe stato davvero meglio se fossi morto quella notte alla Stamberga.»
Severus Snape posò le dita sulla fronte di Minerva, scottava e il sudore le scendeva lungo tutto il viso, avrebbe avuto il potere per eliminare su di lei ogni traccia di dolore, invece era ai piedi del suo letto a guardarla senza poter fare nulla.
Loro ti vogliono bene! Hermione ti ama! E adesso hai semplicemente deciso di voltare di nuovo le spalle a tutti loro?
Le prese una mano e la strinse forte tra le sue dita, quel contatto caldo gli si propagò lungo tutta la pelle e non riuscì a frenare quelle lacrime che spingevano con prepotenza per uscire di nuovo.
Questi mesi non li hai vissuti nel corpo di un altro, eri sempre tu, Severus. Questo sei, è inutile che lo neghi a te stesso. Non arrenderti proprio adesso, non sei mai stato un uomo debole.
Alla luce fioca di alcune candele, Severus posò le labbra sulla fronte di Minerva, in una carezza delicata che celava in se la forza di una moltitudine di significati.
«Mi dispiace» sussurrò appena, il suo respiro caldo nel quale gli avrebbe donato la sua stessa vita se fosse servito a salvarla.
Cosa penseranno tua madre e Lily? Come ti guarderà Dumbledore? Distruggerai di nuovo tutti loro, distruggerai Hermione che farebbe qualsiasi cosa per te, lei ti ama, ti vogliono bene, Severus.
Non lasciarti andare, non lasciare la presa su quella felicità conquistata con tanta fatica.

Sì avvicinò di nuovo per donargli un’altra carezza e in quel frangente notò alcune strane macchie violacee che si stavano diffondendo rapidamente dal collo della strega: per un attimo tornò indietro nel tempo, a quel giorno di tanti anni prima in cui aveva visto per la prima volta la mano annerita di Dumbledore.
Fu un lampo che gli traversò la mente, e finalmente capì.
Ti prego.
Stavolta le parole che pronunciò la sua coscienza non le ascoltò neppure, il suo aiuto lo avrebbe dato nell’ombra come sempre, nascosto nel suo mondo di buio, lontano da tutto e da tutti, e da quella felicità che non gli era mai appartenuta e che mai avrebbe fatto parte del suo mondo.
Con lentezza si allontanò da Minerva, aveva una cosa importante da fare per salvarla, non prima di averla guardata per un’ultima volta sorridendo tristemente, nonostante poco prima si era ripromesso di non farlo mai più.
Quella mattina aveva stretto tutta una vita a sé, e adesso aveva perso ogni cosa, ed era giusto così.
Severus lo sapeva e un sorriso malinconico di una fugace felicità gli piegò le labbra, troppo breve per riuscire a riportarlo indietro, troppo effimero per convincerlo a non arrendersi e a lottare per ciò che meritava.
Uscì da quella stanza e dalla sua vita e, forse, dalla vita di tutti loro.
 
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view post Posted on 7/12/2013, 12:12
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I ♥ Severus


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Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (38)
Martedì 10: Elly (39)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Anastasia (12 di 12)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47)
Sabato 28: Elly (48)
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (50) ??? .....
Sabato 4: Elly (51)??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: Angela (Yana)
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, rimane solo un giorno effettivamente vuoto: l'8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:37
 
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yana96
view post Posted on 7/12/2013, 14:21




Titolo: Chiarimenti
Autore/data:Yana96/
Beta-reader: pingui79
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: generale, introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: Severus/personaggio originale (solo presunto), Severus/Lily
Epoca: post 7° anno
Avvertimenti: what if?
Riassunto: Una lettera ad un’amica lontana ed un incontro inaspettato.



CHIARIMENTI


Cara Bibiane,
finalmente ho trovato il tempo di scriverti, ultimamente sono sommersa dai compiti di preparazione per i M.A.G.O., spero che mi perdonerai.
Come va lì a Beauxabatons? Qui a Hogwarts le cose sono tranquille, anche se manca praticamente tutto l’anno prima di dover superare gli esami mi sento gia sotto pressione. Di sicuro mi capirai se ti dico che quest’ultimo anno si prospetta malinconico: lasciare la scuola, i miei compagni… il professor Piton.
Mi sembra di ricordare che non ti ho aggiornata sulle ultime novità, le informazioni che avevo l’ultima volta erano più supposizioni che fatti certi: ora posso raccontarti tutto per bene.
I giornali ne hanno dette tante di cose, non so quali tu abbia letto. Di vero c’è solo che dopo essere stato morso da Nagini il professore è stato raggiunto da Fanny, che lo ha salvato. I giornali hanno speculato molto sulla faccenda, se ne sono inventate di tutti i colori, ma la notizia vera ed essenziale è quella che ti ho appena scritto. Successivamente è stato ricoverato al San Mungo dove è rimasto per qualche mese ed è tornato ad insegnare Pozioni poco dopo l’inizio della scuola.
Non so dirti con precisione cosa lo abbia spinto a questa scelta, ma ho sentito che la professoressa Mc Granitt si è recata al San Mungo molte volte e, in un paio di occasioni, con lei c’era anche il Ministro della Magia. Probabilmente è stato in quelle che ha acconsentito a tornare.
Non credo serva dirti che il mio interesse per lui è cresciuto a dismisura: era tornato da eroe! Da allora sembra essersi sciolto un po’: ha mantenuto quel suo affascinante aspetto tenebroso e burbero, ma, a differenza dell’anno scorso in cui era Preside, l’atmosfera nella scuola è ovviamente molto più serena. E’ sempre severo, il suo comportamento non è cambiato visibilmente, ma io ho la sensazione che non voglia darlo a vedere per non perdere l’autorità che ha acquistato in tutto questo tempo.
Non ti nascondo che nel periodo in cui era Preside e Mangiamorte ero con il morale a terra, non avrei mai immaginato che potesse essere capace di uccidere Silente. Continuavo a ripetermi che non poteva essere stato lui, che i Mangiamorte volessero gettare fango su di lui perché è sempre stato un uomo misterioso e soggetto a sospetti. Poi Potter, che subito dopo l’accaduto andava in giro gridando che era stato veramente lui, che lo aveva guardato negli occhi mentre compiva l’omicidio, non aiutava affatto.
Alla fine, mi vergogno ad ammetterlo, credevo veramente che il professore avesse sempre finto, aspettando il momento giusto per pugnalare il Preside alle spalle. Iniziavo a dubitare di lui anche se, dentro di me, continuavo a ripetermi che mi sbagliavo perché Piton non poteva essere così malvagio.
E così fu.
Alla fine della guerra si scoprì che era stato Silente stesso a voler essere ucciso da lui, che aveva esaudito l’ultimo desiderio di un vecchio amico comunque condannato a morire.
Anche se non si può dire che tenga nascosta la mia cotta per il professore, lui rimane sempre distante. Ti avevo gia accennato che è un uomo integro e che mai si sognerebbe di avere una relazione più o meno seria con un’alunna, ma ho motivo di credere che non sia solo per quello. Credo che il suo profondo amore per Lily Potter sia rimasto immutato, dopotutto non ha avuto cedimenti in quasi vent’anni, perché dovrebbe averne sapendo che una sua alunna si è presa una cotta per lui?
Non credo che avrei possibilità nemmeno se assomigliassi alla fortunata.
Se lo vedessi! Da quando è tornato sembra anche più sereno, i suoi occhi sembrano più limpidi. Due onici neri incastonati nel suo viso magro, incorniciato dai capelli che gli ricadono dolcemente ai lati del volto.
Potrei stare ore a parlare dei suoi occhi, sai che sono la cosa che più mi piace nel suo aspetto. Sono rimasti tenebrosi ed impenetrabili, ma se li guardi con attenzione (e io ce ne ho messa molta) riesci a scovare un po’ di luce in tutte quelle tenebre.
Non credere a quello che dicono sui suoi capelli, non c’è cosa che mi dia più fastidio: i suoi capelli non sono assolutamente unti!
Quando riuscirò ad avere una sua foto te ne manderò una copia, capisco perfettamente che non puoi avere un’immagine precisa del professore solo con le mie descrizioni e quindi potresti fare un po’ di fatica ad immaginartelo, ma ti assicuro che è l’uomo più affascinate che abbia mai conosciuto. Forse hai gia visto qualche foto sui giornali, le ho viste anche io, e non gli rendono per nulla giustizia. Hanno usato foto scattate di sorpresa, credo che qualche inviato della Gazzetta del Profeta abbia addirittura cercato di fotografarlo in ospedale. Vorrei che lo vedessi al meglio della sua forma, proprio come è ora, chissà, forse nella prossima lettera…
Aspetto la tua risposta e soprattutto i tuoi commenti, perché so che ce ne saranno.
Tua Anne




Ripiegai la pergamena e la chiusi con un piccolo nastro. Decisi di andare subito alla gufiera: non volevo aspettare troppo perché la mia amica si era detta curiosa di sapere per filo e per segno come erano andate le cose.
Salii le scale che si sviluppavano per la torre, mi richiusi la vecchia porta alle spalle subito dopo essere entrata e presi a cercare il mio gufo. Lassù faceva molto più freddo che nel resto del castello e l’aria fresca di inizio Novembre cominciava a lasciare del nevischio sui davanzali delle finestre.
Ogni volta che venivo nella gufiera rimanevo più del dovuto: la vista dalle finestre era bellissima ed ogni volta rimanevo incantata a guardare i diversi tipi di gufi che la scuola aveva a disposizione, ce n’erano di tutte le razze e con le più disparate sfumature di marroni e grigi. Il mio era appollaiato su un trespolo in basso, aveva il piumaggio scuro, quasi sul nero e degli occhi ambrati che esprimevano fierezza.
Un’ombra scura frusciò debolmente alla mia destra.
Sobbalzai.
Anche se ero un po’ spaventata per l’improvvisa apparizione, mi voltai.
Di fianco a me c’era il professor Piton.
«B-buongiorno professore» salutai l’uomo con in viso ancora un’espressione sorpresa. Per tutta risposta il professore fece un cenno col capo e riprese a cercare un gufo.
A sorprendermi non era stato il fatto di non averlo sentito arrivare, ma piuttosto la sua incredibile vicinanza. Tesi la mano verso il mio gufo, che mi ricordava tanto il professore, ma mi bloccai a mezz’aria nel vedere che anche la mano dell’uomo era protesa verso lo stesso gufo. Mi accorsi che la mia faccia era diventata rossa e fissai la mano del professore che era a pochi centimetri dalla mia. Anche lui si era fermato, potevo sentire il suo sguardo.
«Tutto bene, Mills?»
La sua voce risuonò in un modo che non avevo mai sentito. Mi voltai nella sua direzione e mi accorsi che il professore sorrideva, divertito. Dovevo essere ridicola in quel momento. Ero felice di vederlo sorridere, ma questo mi fece avvampare ancora di più: ritrassi la mano e tutto quello che riuscii a dire fu un balbettante.
«Ehm… S-sì signore, tutto bene»
La voce uscì tremante. Chinai il capo cercando di mascherare il rossore che si era fato strada sulle guance. Chissà perché Piton era venuto nella gufiera, di solito i professori non salivano mai lassù. Quando sono entrata lui doveva gia esserci ed io non l’ho notato, cosa molto probabile, ma chissà perché si è voluto scomodare per venire quassù.
Dopo un respiro profondo presi il gufo nero, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo del professore. Mi assicurai che la pergamena fosse ben fissata alla zampa dell’animale e mi avvicinai alla finestra.
Un altro flebile fruscio nero e il professore era di nuovo vicino a me, questa volta con un gufo tra le mani pronto a farlo partire. Lo osservai imbarazzata. Probabilmente aveva solo voglia di respirare un po’ d’aria fresca che solo a quell’altezza si poteva assaporare: magari voleva starsene un po’ in pace senza che nessuno irrompesse nel suo ufficio ogni due minuti, e con la scusa spediva uno di quei messaggi che non necessitavano di protezioni alcune. Sembrava che stesse trattenendo un sorriso.
E se si stesse divertendo a stuzzicarmi? Il pozionista non era sciocco, aveva sicuramente capito che ero infatuata di lui e, dal suo comportamento, stava approfittando della situazione per divertirsi un po’. Feci volar via il mio gufo, diretto in Francia dalla mia amica di penna. Di solito rimanevo ad osservare finché il messaggero non fosse diventato solo un puntino lontano, ma quella volta non mi trattenei oltre. Dentro di me mi ripetevo *Sei matta! Quando ti ricapita un’occasione del genere!* ma ero troppo imbarazzata per rimanere lì o per sostenere anche solo per un secondo in più lo sguardo del professore. Ero arrossita come una ragazzina solo accorgendomi di avere vicino l’oggetto della lettera che avevo appena spedito.
Uscii dalla gufiera tenendo come punto fisso la porta, tentando senza successo di non guardare il professore. Poi, poco prima di chiudere la porta, mi voltai verso di lui e lo salutai educatamente. L’uomo mi guardò con il volto ancora lievemente divertito e ricambiò il saluto. Indugiai prima di chiudere completamente la porta. Il professor Piton si era appoggiato al davanzale e guardava fuori della finestra, il viso era illuminato dalla luce pomeridiana, sembrava sereno. Le labbra ancora incurvate in un sorriso. Richiusi silenziosamente la porta e tornai nella mia Sala Comune.
Sognante.
 
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kijoka
view post Posted on 8/12/2013, 18:10




Nr.48

​Autore/data: Kijoka – 1​7​ novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: romantico
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: Severus Piton - personaggio originale
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il futuro che quel lontano ragazzo aveva sognato per sé adesso era lì e doveva solo coglierlo.
Parole/pagine: 893/2 .




Scoprire

No, non voleva aprire gli occhi.
Li strinse ancora più forte.
Di lì a poco l'emozione incredibile che l'aveva appena attraversata sarebbe stato un ricordo!
Tutto le sarebbe sfuggito via: le parole, i profumi, le sensazioni...
Tutto sarebbe sparito e si sarebbe trovata di nuovo da sola in quella stanza senz'anima che occupava ormai da troppo tempo!
Tremò a quel pensiero, serrando le labbra.
- Joy... guardami...
Fu di nuovo la profonda voce carezzevole a farla tornare alla realtà.
Riaprì gli occhi e si trovò di nuovo a vivere il sogno. Quel sogno che per mesi aveva desiderato divenisse reale. Ora si era avverato e la felicità le esplose nel petto.
Gli occhi neri affondarono nei suoi e Severus le lasciò il viso con una prolungata carezza.
Mentre lo sguardo restava ancorato a quello blu screziato d'azzurro il mago si domandò come avesse potuto pronunciare proprio quella parola, identica a quella sussurrata al ragazzo, eppure colma di un significato così diverso e lontano, che quasi non sembrava nemmeno la stessa!
Si guardavano senza avere più alcun contatto con l'ambiente circostante, tutto dimenticato, esistevano solo loro, solo quel momento.
Joy tornò a sorridere:
- Severus... ti amo da così tanto tempo che le tue parole sono per me un sogno dal quale non voglio assolutamente svegliarmi!
Il mago la strinse dolcemente:
- Non dovrai farlo, perché questo non è più un sogno. Anche i miei desideri si sono realizzati, questo lo sai? Un'amica venuta da lontano, la Fenice di Silente, mi ha aiutato a ritrovare il mezzo per il quale avrei potuto portare a compimento ogni mio sogno. Restituendomi la voce mi ha permesso di dirti quel che provo...
Joy alzò piano la mano e lentamente gli carezzò la guancia, poi salì ancora a sfiorargli i lunghi capelli.
Non riusciva ancora a credere di essere tra le sue braccia!
Percepiva, quasi come fosse l'aroma di un ricordo, il profumo del mago. Non si soffermò ad analizzare i suoi sentimenti o sarebbe impazzita!
Le sue labbra erano così vicine...
Tremarono per una frazione di secondo prima che Severus parlasse:
- Non voglio smettere di dirtelo: ti amo, Joy...
Era stato un sussurro, tenero e brevissimo. La maga sorrise di nuovo: sentire quella voce pronunciare quelle parole la rendeva felice, più di quanto fosse mai stata nella sua vita.
Severus sembrava studiarla, sembrava non essere in grado di decidere cosa fare, come comportarsi.
Sentì dentro di sé una profonda tenerezza e decise che avrebbe lasciato che fosse lui a decidere come risolvere quel momento. Anche la sua voce era dolce quando mormorò:
- Non so se tu ricordi, o se eri in grado di sentirmi, ma una volta ti ho detto che devi seguire i tuoi desideri. Ciò che Severus vuole, è quello che fa bene a Severus. Segui il tuo cuore ti indicherà la via verso la felicità, amore mio.
Per Severus fu un momento importante.
Sapeva ciò che desiderava, ma non sapeva esattamente cosa fare. Si sentiva un ragazzino e temeva di non fare la cosa adatta.
Eppure Joy aveva ragione! Era quello il momento giusto per lasciarsi andare alle emozioni, vivere l'attimo e accogliere in sé i sentimenti sopiti, poi temuti e repressi e infine rifiutati e mai più nemmeno accarezzati.
Il futuro, che quel lontano ragazzo aveva sognato per sé, adesso era lì e doveva solo coglierlo.
Ogni cosa avesse allontanato dalla sua mente, in anni di rigida disciplina, ora poteva desiderarla.
Joy l'avrebbe aiutato a scoprire ciò che non si era mai permesso di sognare.
Cos'era l'amore senza quel contatto che ora sperimentava? Senza quell'energia potente che li attraversava, rendendoli una cosa sola?
Cosa poteva aver desiderato un ragazzo senza nemmeno conoscere quella strana sensazione che riempiva ogni sua cellula in quel meraviglioso momento?
Prese coscienza di sé in un attimo.
Stava scoprendo cosa davvero potesse significare amare.
Ora capiva che non avrebbe più dovuto temere di mostrare ciò che il cuore gli suggeriva. Doveva dimenticare di aver elemosinato attenzione o comprensione!
Ora amava e quello stesso sentimento avrebbe permesso l'accesso alla sua vera anima ad un altra persona.
Questo non lo turbava più.
Perché per Joy sembrava naturale come respirare il comprenderlo e sostenerlo: non era mai stata, per lei, una scelta obbligata!
Lo rendeva completo il pensiero che avrebbe sempre avuto accanto a sé una persona di cui fidarsi. Oltre a questo sapeva quanto Joy credesse in lui: più e più volte glielo aveva dimostrato. Avrebbe messo nelle sue mani la sua stessa vita, ne era certo.
Quanto erano inverosimili quelle riflessioni nella mente di Severus Piton?
Sorrise tra sé.
Era davvero nato un nuovo Severus!
Un uomo che non voleva più vivere nell'illusione di un'attesa mai appagata. Ora avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni scoprendo, di ora in ora, un significato diverso della parola esistenza.
Il passato sarebbe sempre stato parte del suo essere un mago, ma lo avrebbe utilizzato per spianare la via a chi non sapeva e magari doveva ancora scegliere, doveva ancora vivere.
Chissà se sarebbe stato possibile...
Gli occhi d'oceano erano ancora affondati nei suoi. Luccicavano alla luce del sole, quasi ogni riflesso potesse trattenere una promessa.
La senti fremere appena tra le sue braccia e lasciò che la ragione si perdesse nello sguardo pieno di speranza.
La strinse forte a sé e posò le labbra su quelle di lei.
L'eternità era cominciata.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:38
 
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view post Posted on 9/12/2013, 10:24
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Seguito di "Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso


n. 38

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Nonostante tutto

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non pensava che l’avrebbe sentita di nuovo. Non dopo quello che era successo alla festa di Lumacorno, non dopo la sua irruzione nell'ufficio. Non dopo un anno di silenzio.
Parole: 2.380


Nonostante tutto

29 Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Casa di Minerva
Notte



Il pomello della porta di casa ruotò silenzioso nella casa buia.
Severus entrò senza fare rumore, aveva fatto ricorso a tutti gli incantesimi e a tutte le tecniche di spionaggio in suo possesso per poter entrare in quella casa di notte.
A dire il vero si sentiva un po' a disagio per quello che stava facendo.
Avrebbe voluto fronteggiarla apertamente, senza problemi, senza quel sorriso triste che lo bloccava.
Non sapeva neppure lui cosa lo legasse a quella strega, ma quello che era successo alla festa di Lumacorno l'aveva spiazzato.
Sicuramente centrava la sua incapacità di relazionarsi con gli altri.
Da quando era tornato ad Hogwarts si era imbattuto nella Granger più di quanto desiderasse; avrebbe dovuto trovarla fastidiosa, ingombrante, invece era a disagio. Si sentiva, di nuovo, il Mocciosus della scuola e quella sensazione non gli piaceva.
Non gli piaceva che fosse lei a farlo sentire così. E, più ci pensava, più si convinceva che in quella casa, in quella notte maledetta fosse successo qualcosa di molto più importante di un uccello leggendario che piangeva sul suo corpo morente. In più i suoi sogni non miglioravano le cose, quella figura ammantata andava a trovarlo ogni notte e lui si svegliava confuso, disorientato e con quella terribile sensazione di aver scordato qualcosa di importate.
Doveva trovare delle risposte e sapeva, sentiva che erano in quella casa.
Entrò nel salotto buio senza fare rumore. Si guardò attorno riconoscendo Hermione in ogni soprammobile che vedeva. Pochi fronzoli inutili sui mobili, alcuni quadri alle pareti, il mobile all'ingresso era ingombro di cornici con foto magiche e babbane. C'era una vecchia foto dei membri dell'Ordine della Fenice dove di lui non c'era traccia. Una foto in movimento di lei e con i suoi due migliori amici, una foto di lei e la giovane Weasley, le foto babbane mostravano i suoi genitori, la famiglia a cui aveva rinunciato per non dare un ulteriore dolore; alcune la ritraevano da piccola.
Severus si sentiva di troppo in quel mondo colmo d'affetto che non aveva mai conosciuto, ma conosceva il dolore per la perdita della propria famiglia. Non aveva versato lacrime quando aveva perso il padre, ma aveva sempre avvertito un grande vuoto quando ripensava alla madre.
Si ritrovò a sorridere quando vide la foto di una piccola Hermione Granger che stringeva un pupazzo di pezza grosso almeno il doppio di lei.
Toccante, Severus. Davvero. Perché non vai su e l'abbracci mentre dorme.
Scosse il capo, e si voltò verso le scale che portavano al piano superiore.
Salì gli scalini con passo felpato.
Tre porte identiche si affacciavano sul corridoio subito dopo la scala.
La prima stanza era il bagno. Severus non si soffermò a guardare e andò oltre.
Aprì la seconda porta in perfetto silenzio trovandosi nella camera di Hermione.
Trattenne il fiato sentendola dormire sotto il pesante piumone.
Restò fermo sulla soglia molto più di quanto avesse immaginato e, senza nemmeno accorgersene, allungò il collo per vederla meglio sotto tutti quegli strati di lenzuola.
Dormiva su un fianco, il respiro regolare, una massa informe di ricci castani le copriva il viso.
Ed ora cosa vuoi fare, Severus?
La sua voce cinica lo destò, fece un passo indietro e richiuse la porta.
La terza stanza era quella che cercava: lo studio.
Aprì la porta ed entrò. Non si stupì di quello che vide, tre pareti erano tappezzate di librerie già ingombre di tomi, la scrivania davanti alla finestra era piena di penne d'oca, rotoli di pergamena e boccette d'inchiostro.
Severus, nell'oscurità di quella stanza, allungò la bacchetta e mosse velocemente il polso.
Sperò di non trovare niente.
Invece un'asse del pavimento brillò mostrando un nascondiglio segreto.
Con due passi veloci raggiunse quel punto del pavimento, si inginocchiò; trovare l'incantesimo di apertura fu più facile del previsto.
Allungò un braccio nella cavità nascosta e prese quello che assomigliava ad un libro dalla copertina di pelle nera.
Severus sentì subito la magia oscura che impregnava le pagine di quel libro.
- Che cosa mi hai fatto, Hermione?

* * * *


9 Gennaio 2005
Hogwarts, ufficio del Preside
mattina presto



Quella mattina era di pessimo umore.
Il suo compleanno lo metteva sempre di pessimo umore.
Entrò nel suo ufficio sbattendosi la porta alle spalle. Gazza aveva già disturbato la sua quiete con la richiesta assurda di punire uno studente del quinto anno appendendolo per i pollici nel suo sgabuzzino che fungeva da ufficio.
Severus era sempre più deciso a mandarlo in pensione, ma nessuno conosceva la scuola meglio di Gazza. Forse solo Silente.
Ma Silente era, ormai, uno scheletro giallognolo sotto la terra.
Si lasciò sfuggire un sorrisino: il cinismo era l’ arma migliore da utilizzare nel giorno del suo compleanno.
Si sedette pesantemente sulla poltrona dietro la scrivania e sospirò.
Almeno nessuno gli aveva fatto gli auguri. Detestava gli auguri.
- Buon compleanno, Severus!
Il mago si passò una mano sul volto, indeciso se ignorare quella fastidiosa presenza alle sue spalle o bruciare direttamente il quadro senza troppi complimenti.
- Quanti anni sono?
O se buttarsi lui dentro il camino.
- Troppi. – sibilò togliendo la mano dal volto.
- Quando arriverai alla mia età non penserai che siano troppi!
Era probabile che non sarebbe arrivato sano e salvo alla fine di quella giornata.
Decise di ignorare ogni battuta fuori luogo di un vecchio amico dipinto su una tela e fece apparire una tazza di caffè. Non avrebbe fatto colazione in mezzo agli altri, sarebbe rimasto in quella stanza per tutta la giornata, impegnato in un lavoro noioso, forse avrebbe distillato qualche puzzolente pozione.
Mentre decideva da cosa iniziare sentì un picchiettio alla finestra. Aprì il vetro con un colpo di bacchetta senza neppure alzarsi.
Tre gufi planarono sulla sua scrivania.
Il primo era il gufo della Gazzetta del Profeta che gli portava il quotidiano.
Prese il giornale e inserì i soldi nel borsellino di pelle leggera legato alla zampa. L'uccello volò via senza degnarlo di uno sguardo.
Appoggiò il giornale sulla pila delle carte da guardare quella mattina e guardò gli altri gufi.
Il secondo proveniva da Molly. Portava un pacco, conteneva una piccola torta farcita con glassa verde smeraldo.
Tutto il clan Weasley gli faceva gli auguri, compreso Potter.
Avrebbe dovuto provare fastidio, invece non fu così.
Mise il pacco con il dolce da una parte e diede un cracker appassito all’uccello che gli lanciò un’occhiataccia per il magro banchetto.
Il terzo gufo aveva legato alla zampa una semplice busta bianca. Il fiocco era rosso e nero, i colori dell’ufficio postale magico.
Slegò la missiva e l’aprì.
Scivolò fuori una cartolina.
Sentì il cuore mancare un colpo. Non pensava che l’avrebbe sentita di nuovo. Non dopo quello che era successo alla festa di Lumacorno, non dopo la sua irruzione nell'ufficio. Non dopo un anno di silenzio.
Prese la cartolina con due dita e osservò il paesaggio ritratto.
- Barcellona. – sussurrò alla stanza vuota.
La voltò, ormai abituato allo spazio vuoto. Alle parole non dette che Hermione teneva nella piuma.
Invece, questa volta, Hermione gli aveva lasciato un messaggio.
Era un bacio.
Hermione aveva baciato la cartolina lasciando il segno del rossetto sul cartoncino.
Si appoggiò allo schienale della sedia continuando a fissare la cartolina, quel bacio scarlatto per lui.
Ne accarezzò con un dito il contorno, avvertendo sul polpastrello la morbidezza della sue labbra, il calore di quel bacio.
Sotto il segno con il rossetto c'erano scritte due parole.
Nonostante tutto.
Severus sorrise continuando ad accarezzare il bacio e le parole che lei aveva scritto per lui. Solo per lui.
- Nonostante tutto. - sussurrò portandosi la cartolina alle labbra e ricevendo quel bacio che bramava più di qualunque altra cosa.

* * * *


31 Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Casa di Minerva
tarda mattina



Severus bussò con forza alla porta ancora addobbata con una ghirlanda di agrifoglio e bacche rosse.
Sapeva che era in casa, c'era del fumo bianco che usciva dal camino.
Quando non sentì nessuno aprire bussò così forte che il legno della porta tremò visibilmente.
Era furioso.
Finalmente dopo un tempo che gli parve infinito sentì Hermione correre verso la porta e aprire uno spiraglio.
Per un attimo Severus restò senza parole.
Era evidente che era appena uscita dalla doccia, aveva i capelli bagnati che gocciolavano sul pavimento e indossava un accappatoio celeste.
- Professor Piton! - esclamò lei stupita arrossendo di colpo per il suo abbigliamento poco consono, stringendo l'accappatoio al petto – Cosa ci fa qui?
Il mago non rispose, entrò in casa senza ricevere il permesso. Hermione era visibilmente spaventata ed in imbarazzo.
- Professor Piton...- lo chiamò di nuovo confusa – é successo qualcosa?
Si avventò su di lei come una furia, Hermione gridò spaventata e si appiattì contro la parete. Severus le prese con forza la mano e ne guardò il palmo, vide chiaramente la strega impallidire di colpo.
Quando vide la cicatrice sul suo palmo, identica alla sua, non ci vide più dalla rabbia.
Esplose.
- Ma cosa ti é saltato in mente? - gridò.
Hermione tremava, aveva liberato la mano dalla sua prese e continuava a stringersi l'accappatoio al petto. Si sentiva esposta, completamente nuda di fronte a lui, e non era una nudità fisica, ma dell'anima. Qualcosa di più intimo e profondo.
- Io... - balbettò – io non so di cosa stia parlando...
Negare le sembrò la via più semplice.
Severus si infuriò ancora di più. Rovistò nelle tasche, per un frangente di secondo pensò che stesse cercando la bacchetta per schiantarla, ma poi tirò fuori un foglio di pergamena. Lo riconobbe e si sentì morire.
- Parlo dell'incantesimo oscuro che mi hai fatto! - urlò il mago sventolandole la pergamena sotto il naso – Pensavi che non lo scoprissi mai? Che mi sarei bevuto la storia di Fanny senza indagare? Come ti sei permessa di farlo? Non ne avevi il diritto!
- Io non ho fatto nulla! - gridò di rimando lei, era immobilizzata tra il muro e il suo corpo, il volto adirato dall'altro così vicino che poteva sentire il calore della sua pelle – Io ho solo...
- Ti sei intromessa nella mia vita! Nella mia morte! Non mi hai permesso di andare oltre.
- Non sono stata io! - si difese – E' stata una sua decisione non andare oltre. L’incantesimo non è spiegato bene perché quasi tutti sono morti nel tentativo di farlo! La sua anima era bloccata in un limbo. Un limbo che lei stesso aveva creato.
- E, sentiamo, perché dovrei aver creato quel limbo? Per aspettare te? Una saccente SoTutto Granger che venisse a salvare la mia anima?
La strega gli lanciò uno sguardo duro.
- Lei aspettava Lily. - sibilò con evidente rabbia.
Severus si allontanò da lei velocemente, come se qualcuno l’avesse colpito con una fattura.
Hermione tornò a respirare, in quella prigione tra il suo corpo e il muro le mancava l'ossigeno.
Lo vedeva affranto, pallido, sembrava che avesse passato la notte a cercare una risposta al suo gesto. E le ricordò quel Severus disperato sull’altalena, immerso in un modo irreale, che piangeva per l’abbandono di Lily.
Le si strinse il cuore.
- Non… non ricordi vero?
- Cosa dovrei ricordare? - domandò l'uomo, non la guardava in faccia, fissava un punto imprecisato del tappeto.
- Quello che è successo in quel limbo.
Severus scosse il capo.
- Allora non mi crederai mai.
Andò in cucina, aveva bisogno di bere un po' d'acqua. Non si stupì quando lui la raggiunse.
- Perché? - le domandò – Perché l'hai fatto? Quell'incantesimo ti ha quasi ucciso e... ogni incantesimo oscuro lascia una traccia nell'anima di chi lo esegue. Hai profanato il tuo spirito per salvare me, per salvare un assassino.
- Io non ti ho salvato. - fece lei – Ti ho solo dato una scelta. Potevi benissimo andare oltre se lo desideravi veramente. Ma non c'era nulla per te dall'altra parte. Lily...
- Non parlare di lei, ragazzina.- sbottò il mago – Tu non sai nulla di Lily né di quello che pensava di me. Ero un mostro ai suoi occhi. Ha fatto bene a lasciarmi anche nella morte.
Hermione sentì le lacrime pizzicarle agli angoli degl'occhi.
- So che é stata una stupida. - gli disse a tono – So che non ha voluto vedere com'é veramente. Che se avesse visto la tua anima, come l'ho vista io, non ti avrebbe lasciato andare.
- Zitta...
- Lily é stata una codarda! - gridò lei appoggiando con forza il bicchiere sul tavolo - Era più facile fingere di non conoscerti piuttosto che esserti amica!
- Zitta stupida impicciona!
Hermione sussultò sgranando gli occhi.
- Tu non sai nulla. - disse Severus minaccioso – Tu non avevi nessun diritto di farlo, non potevi prendere questa decisione al posto mio. Tu non dovevi immischiarti. E non parlare mai più di Lily.
Severus si appoggiò al muro, lesse per l’ennesima volta la pergamena con la traduzione dell’incantesimo oscuro.
- Ti sei legata ad un’anima di ombra. - sussurrò prima di accartocciare il foglio nel pugno.
Calò il silenzio nella cucina. Hermione bevve un sorso, aveva la gola chiusa a dire il vero, ma restare a guadarlo in quello stato le faceva male. Le riportava alla mente tutto quello che aveva visto in quel limbo, quando le loro anime di erano sfiorate e lei aveva sentito tutto quel dolore nel suo spirito, tutta quella delusione che le aveva spezzato il cuore.
- L'ombra più cupa - disse appoggiando il bicchiere sul tavolo con mano tremante – nasce dalla luce più intensa. Non hai solo un'anima di ombra. C'é una luce immensa, ma non vuoi vederla. Ma io l'ho vista, ho sentito il suo calore, non si può restare indifferenti di fronte ad una luce così accecante.
Severus chiuse gli occhi, non voleva ascoltare.
- Non puoi non innamorarti di un'anima così splendente. - terminò lei.
Il mago alzò la testa di scatto.
Hermione sorrideva, ma non osava guardarlo, era arrossita e torturava una delle maniche dell'accappatoio.
- Io non sono fatto per l'amore, Granger. - tagliò corto lui.
Quando Hermione sentì la porta di casa sbattere, si sedette su una delle sedie.
Il sorriso tremò sulle labbra, ma cercò di non lasciarlo sfuggire.
- Non sei fatto per amare me. - sussurrò nella cucina deserta.
Poi scoppiò a piangere.
 
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view post Posted on 10/12/2013, 10:31
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Seguito di "Nonostante tutto"

n. 39

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Non sei più solo

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Restò a fissare quella scena che sembrava irreale. Lui, Severus Piton, il Manigiamorte, il traditore, la spia e l'assassino, che rideva con una donna. Vide il suo sguardo, era vivo, luminoso, come non lo era più da anni.
Parole: 1.648

Non sei più solo

2 Gennaio 1999
Hogwarts, sotterranei, stanza di Severus
Sera


Sedeva davanti al camino.
Le fiamme alte accarezzavano la pietra annerita dalla fuliggine. Osservava il fuoco, la luce del camino rendeva i suoi lineamenti più duri, lo facevano sembrare più vecchio.
Lui stesso si sentiva più vecchio.
Era ancora furioso.
Aveva passato gli ultimi giorni a riflettere su quello che aveva scoperto senza trovare una spiegazione.
Severus...
Chiuse gli occhi.
E' inutile Severus.
- Vattene. - sibilò affondando le mani nei capelli neri.
No. Volevi zittirmi, ma non puoi.
Il mago sollevò la testa trovandosi davanti agli occhi la solita figura ammantata con il volto coperto.
- Tu non sei un fantasma.
No.
- Sei un ricordo.
Vide la presenza allungare le mani sul cappuccio e abbassarlo. Per un attimo pensò che il volto restasse in ombra, come era già capitato. Invece questa volta una massa di ricci castani fu liberata dalla prigione di ombra e stoffa.
Sorrideva in modo disarmante il ricordo che aveva l'aspetto di una sua ex studentessa.
Dieci punti a Serpeverde, professore.
Il mago fece una smorfia e si alzò. Non sapeva se quello che stava vedendo era reale o se stesse sognando.
E' un sogno, Severus. Ma questo non vuol dire che sia meno reale.
- Perché ora riesco a vederti?
Perché ora sei pronto.
- Pronto per cosa?
La strega allargò il sorriso e allungò una mano.
Per ricordare.
Severus allungò la mano pensando che non sarebbe stato in grado di toccarla. Invece la pelle di quel ricordo era calda, morbida e dal dolce profumo.
Sentì le sue dita sfiorargli la pelle e la stanza attorno a lui sparì lasciando il posto ad un parco che sembrava finto.
Lo riconobbe subito.
- Perché siamo qui?
- Perché é qui che é iniziato tutto.
Piton si voltò verso di lei, sollevò un sopracciglio.
- Ora parli?
Lei sorrise ancora.
- Posso parlare solo dove il ricordo é più intenso e vivido. Altrimenti posso solo sussurrare nella tua testa.
- Perché?
- Questo devi chiederlo a te stesso. Io sono un tuo ricordo. Ora stai zitto e osserva attentamente.
La strega puntò il dito in un punto preciso, Severus lo seguì con gli occhi trovandosi davanti se stesso. Si guardava attorno in febbrile attesa. Sapeva chi stava cercando, chi era l'unica che poteva trovarlo in quel posto.
Non doveva essere morto da molto tempo. Si guardò attorno in quel posto che era palesemente finto, troppo statico e immobile. Talmente irreale da fare paura.
Si guardò attorno aspettandosi di intravedere una chioma riccia spuntare da qualche parte.
- E' troppo presto, Severus. - lo ammoni con dolcezza la presenza.
- Quando lei é arrivata alla stamberga non dovevo essere morto da molto.
- Nel mondo reale hai ragione, ma qui... qui il tempo scorre lentamente. Pochi minuti in questo luogo posso sembrare giorni interni.
Effettivamente più passava il tempo più vedeva il riflesso di se stesso smettere di cercare. Vedeva la delusione sul suo volto, nei suoi occhi, il mondo attorno a lui sembrava incupirsi, diventando sempre più irreale.
Vide se stesso crollare sull'altalena, piangendo, disperandosi per esser stato abbandonato anche nella morte.
Quando pensò che non avrebbe più visto Hermione spuntare da qualche parte, la riccia strega arrivò da un sentiero laterale. La vie avvicinarsi a lui titubante, parlava così piano che non sentì le parole. Provò ad avvicinarsi, ma la presenza non glielo permise.
- Non sei qui per ascoltare. - gli disse – Ma solo per ricordare. Le parole arriveranno dopo, ora devi capire.
Severus li vide parlare, vide se stesso aggredire la ragazza con insulti e parole dure. Vide lei sorridere e piangere.
E sembrava che il loro discorso andò avanti per ore, giorni interi senza mai fermarsi.
- Il tempo... - mormorò voltandosi verso la presenza.
Hermione annuì.
- Hermione si é svegliata dall'incantesimo, ma poi é entrata in coma e le anime, o se preferisci le menti, sono rimaste in contatto. Tre settimane sono anni qui.
Severus tornò a guardarli parlare, a volte camminavano, a volte stavano seduti sull'erba appoggiati al tronco di un albero. E man a mano che il tempo passava Hermione sorrideva nella sua direzione, gli sfiorava la mano, lo accarezzava. Lui non sembrava infastidito, cercava i suoi occhi, ricambiava i suoi sorrisi, le sfiorava la mano con un gesto apparentemente casuale.
- Ti stai innamorando, Severus.
Il mago sgranò gli occhi e si voltò di scatto, la voce non era più quella di Hermione.
- Lily... - sussurrò.
La presenza scosse il capo facendo ondeggiare la chioma rossa.
- No, sono sempre il tuo ricordo. Hai voluto darmi un altro aspetto.
Era la Lily adolescente, la ragazzina con le lentiggini e la divisa con lo stemma di Grifondoro. Era la Lily amica che gli aveva rubato il cuore. La sua migliore amica, la stessa Lily che veniva a confidarsi con lui. La stessa Lily che gli aveva spezzato il cuore.
- E' carina. - ammiccò nella direzione di Hermione con un sorriso malizioso.
- E' troppo giovane. - sentenziò.
Assumendo l'aspetto della Lily adolescente era molto più bassa di lui, si alzò in punta di piedi osservando la scena oltre la sua spalla. La sentì ridacchiare.
- Allora perché la stai baciando?
- Cosa?
Il professore si voltò. Lui ed Hermione si stavano veramente baciando. Un bacio passionale, intimo. Erano sdraiati sull'erba di quel parco illusorio, avevano le bocche, le mani e le gambe intrecciate. Severus deglutì e, senza accorgersene, si passò la lingua sulle labbra sottili come se ne assaporasse ancora il sapore.
Si sentì arrossire quando vide se stesso, l'altro se stesso, infilare la mano sotto il maglioncino della strega.
Eppure, nonostante l'imbarazzo e l'incredulità gli sembrò di sentire ancora il calore e della morbidezza della sua pelle.
Si voltò di nuovo verso Lily, o quello che ai suoi occhi sembrava Lily, che sorrideva e di tanto in tanto si allungava per vedere meglio la scena.
- Non ti facevo così focoso! - lo prese in giro.
Severus scosse il capo, ma un timido sorriso imbarazzato gli incurvò le labbra sottili. Avrebbe voluto voltarsi, ma aveva quasi paura di scoprire che erano andati oltre.
- Io non ricordo nulla di questo.
Lily sospirò pesantemente.
- Riesci ancora a mentire a te stesso? Non li vedi? Non ti vedi, Severus?
- Preferirei di no.
La presenza incrociò e braccia al petto infastidita. Le labbra assunsero quella piega irritata che gli era sempre piaciuta da morire.
Severus attese la fitta di malinconia che lo coglieva ogni volta che pensava a lei, ma, questa volta, non arrivò.
Il ricordo con il volto di Lily si alzò, di nuovo, in punta di piedi per vedere oltre la sua spalla.
- Non vi state più baciando.
Si voltò di nuovo.
Era vero, non si stavano più baciando.
Stavano ridendo.
Lui ed Hermione stavano ridendo. Sembrava una risata sincera, di cuore.
- Non ridevi così da anni.
La voce era cambiata di nuovo, ma, questa volta, non si voltò. Restò a fissare quella scena che sembrava irreale. Lui, Severus Piton, il Mangiamorte, il traditore, la spia e l'assassino, che rideva con una donna. Vide il suo sguardo, era vivo, luminoso, come non lo era più da anni.
Sentì la presenza avvicinarsi e non si stupì quando notò che indossava i suoi stessi vestiti.
- Lei ti... ci... - si corresse - …accetta per quello che siamo. - gli disse – Non ha paura del nostro passato. Non ha paura di sfiorarci. E' venuta in questo inferno per darci l'opportunità di vivere di nuovo. Lily ci ha abbandonato. Nella vita e nella morte. Abbiamo sempre pensato che, una volta morti, lei ci avrebbe perdonato. La nostra vita era sacrificabile per avere il suo perdono e, forse, il suo amore.
- La nostra vita era insignificante per lei. - continuò lui senza nascondere la delusione e la rabbia.
- Ma non per Hermione. Prima di svegliarsi ci ha detto che non ci avrebbe mai lasciato soli. Una promessa che nessuno ci aveva mai fatto.
Il mago si voltò verso la presenza al suo fianco. Si specchiò in uno sguardo nero come il suo, vide le sue stesse rughe, le stesse cicatrici, ma quel ricordo stava sorridendo. Un sorriso sincero, quasi innamorato.
- Perché ho dimenticato? - domandò a se stesso.
Il se stesso sollevò le spalle.
- Per proteggerla. Per non costringerla a stare con noi. Forse é solo un effetto collaterale dell'incantesimo oscuro. Il punto non è perché hai dimenticato, ma ricordare. Ricordare che qualcuno ha visto la tua anima e non é scappata via. Ricordare che lei ti é entrata dentro, ha sentito il tuo dolore e vuole condividerlo con te, non lasciarti tutto quel peso sulle spalle. Non sei più solo.
Non sei più solo...

Severus aprì gli occhi di scatto trovandosi nella sua stanza, seduto sulla poltrona davanti al camino. Le fiamme, ormai, erano quasi del tutto spente.
E fu come se qualcuno avesse aperto un baule nella sua memoria facendo uscire quello che era successo in quel limbo.
Ora ricordava.
I fiumi di parole che si erano detti. Due vite narrate in un finto parco giochi.
Due anime sole che si sono incontrate al crocevia della morte.
Due sorrisi, uno giovane e sicuro, l’altro più vecchio ed incerto, che si erano fusi.
Severus si prese la testa con le mani e sospirò.

* * * *



3 Gennaio 1999
Villaggio di Hogsmeade, casa di Minerva
tardo pomeriggio




Quando Hermione andrò ad aprire alla porta non era avvolta da un accappatoio celeste e i capelli erano il solito cespuglio riccio indomabile.
Severus era imbarazzato, quasi timido di fronte a lei e a tutto quello che rappresentava.
Hermione lo guardò stupita.
- Ho ricordato. – le disse solamente.
La strega restò in silenzio aprendo di più la porta, lasciandogli spazio per entrare in casa.
Severus entrò e richiuse l’uscio alle sue spalle.
 
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Autore/data: Alaide – 22 – 31 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Erano trascorse alcune settimane dal giorno in cui Severus era stato scarcerato. Melusine ricordava ancora quel momento, quando lei e Judith l’avevano atteso al di fuori, quando la ragazzina gli era corsa incontro e l’aveva abbracciato. Per chiunque avesse voluto osservarli sarebbero apparsi come un padre ed una figlia finalmente riuniti
Nota: Queste ultime quattro storie sono il seguito di Sinfonie ed inizia a qualche settimana di distanza da dove era finita la parte precedente.
Parole: 1803

Finale in quattro movimenti
1. Incertezze



Un pallido sole illuminava la cittadina quel giorno di fine febbraio, senza riuscire però a riscaldare realmente l’aria gelida. Dai vetri del piccolo soggiorno si poteva vedere un albero dai rami ricoperti di brina, ma nessuno degli occupanti della stanza stava osservando ciò che si trovava all’esterno.
Erano trascorse alcune settimane dal giorno in cui Severus era stato scarcerato. Melusine ricordava ancora quel momento, quando lei e Judith l’avevano atteso al di fuori, quando la ragazzina gli era corsa incontro e l’aveva abbracciato. Per chiunque avesse voluto osservarli sarebbero apparsi come un padre ed una figlia finalmente riuniti, ma per la legge Severus e Judith non avevano alcuna relazione.
La ragazzina viveva ancora all’orfanotrofio, per quanto, dopo la scuola si recasse sovente nella modesta casa a schiera dove risiedeva l’uomo.
Era già stato complesso ottenere le licenze matrimoniali ed un accelerazione in quel senso, in modo da poter avviare le pratiche relative all’adozione.
«Ho parlato con il direttore dell’orfanotrofio.» disse Melusine, osservando Severus, che stava seduto di fronte a lei. «Ha detto che all’inizio d’aprile potremmo inviare la domanda di adozione.»
«Judith non dovrà saperne nulla.» affermò l’uomo, notando che la donna aveva sulle labbra un sorriso incerto, per quanto illuminato dalla solita dolcezza e gentilezza, dall’amore che la donna gli aveva dichiarato e che egli sapeva che non sarebbe mai riuscito a ricambiare.
Da quando si erano sposati, la domenica precedente, poco era cambiato nella loro relazione, se non nel modo in cui egli si rivolgeva alla donna. La vita stessa di Melusine aveva avuto poche variazioni. Trascorreva le sue giornate all’orfanotrofio e la sera tornava a casa, dove andava a dormire in un’altra stanza rispetto alla sua. Nonostante avesse infine accettato di prenderla come moglie, perché esisteva la possibilità di poter chiamare davanti alla legge Judith figlia, perché era quanto di meglio potesse fare per non far soffrire la ragazzina, non poteva evitarsi di pensare di star rovinando la vita di Melusine, che però continuava a sorridergli con affetto, con dolcezza.
Con un sorriso colmo di perdono.
«Se però il giudice dei minori volesse parlare con lei, non potremo tenerglielo ancora nascosto.» mormorò la donna.
Avrebbe voluto poter nutrire delle certezze, in quel momento, ma nulla era certo. Era anzi probabile – o almeno così le aveva detto il direttore dell’orfanotrofio – che la domanda d’adozione venisse rifiutata. Esisteva il problema degli anni che Severus aveva passato in carcere ed era qualcosa di cui erano perfettamente coscienti entrambi. Non sapeva nemmeno se esisteva la possibilità che decidessero di sentire quello che Judith aveva da dire. Avrebbe voluto che tutto fosse più semplice, come era stato semplice trovare un posto in cui vivere. Era stata una fortuna che la vecchia zia Emily avesse deciso, verso fine novembre, di intestarle quella casa, perché lei sarebbe andata a vivere con la sorella, rimasta sola dopo la morte del marito. In fondo, zia Emily era l’unico componente della famiglia che non avesse cessato di punto in bianco di rivolgerle la parola, dopo che tutto era precipitato con suo padre.
La vecchia zia aveva anche assistito al suo matrimonio, una cerimonia intima, con presenti unicamente i testimoni e Judith. Non erano state le nozze che aveva sognato un tempo, ma lei era stata felice, felice per lo meno di dare una possibilità a Judith e Severus di essere una famiglia, felice di sposare l’uomo che amava, anche senza essere corrisposta.
«Non lo farà. Leggeranno la domanda d’adozione e la respingeranno. E ne conosci perfettamente il motivo.» ribatté dopo diverso tempo l’uomo.
Non avrebbe nemmeno voluto pronunciare quelle parole, ma era quanto sarebbe realisticamente accaduto. Sapeva che Melusine, che gli stava ancora sorridendo, con lo stesso sorriso che gli aveva rivolto il giorno delle nozze, avrebbe fatto in modo di far trascorrere a Judith più tempo possibile insieme a lui - era uno dei motivi per il loro matrimonio, in fin dei conti -, ma era cosciente che non sarebbe mai equivalso al poter chiamare Judith figlia, davanti alla legge.
E sapeva anche che quella situazione esisteva unicamente a causa sua, alle sue scelte sciagurate, per le quali, nonostante il sorriso colmo di perdono della ragazzina e di Melusine, non riusciva a perdonarsi. Aveva compiuto l’ennesima scelta sbagliata e ne stava pagando le conseguenze. Ma con la sua cecità stava facendo pagare quelle conseguenze anche a Judith e alla donna che gli sedeva di fronte.
Melusine non avrebbe mai dovuto unirsi a lui, ad un uomo che non sarebbe mai riuscito ad amarla, ad un uomo che non meritava nemmeno di essere amato così intensamente e di un amore tale che non richiedeva nulla in cambio.
Judith non avrebbe mai visto la cella di un carcere, non avrebbe mai rivissuto quella terribile notte in cui era rimasta orfana, non avrebbe mai partecipato ad un processo, se egli non avesse compiuto quella scelta, l’ennesima scelta sbagliata.
Non v’era altra soluzione, per almeno preservare Judith da ulteriore dolore, che unirsi a Melusine, con il solo risultato che avrebbe finito con il ferire quella donna buona, che gli stava sorridendo innamorata anche in quel momento.
«So che esiste questa possibilità, Severus, ma non possiamo essere certi che le cose vadano nel peggiore dei modi. Fino a quando la domanda non verrà respinta, voglio sperare che chi si occuperà di Judith si dotato di buon senso e capisca quale sia la soluzione migliore per il minore. È quello che dovrebbero avere a cuore.» affermò Melusine, cercando di metter a tacere le proprie incertezze.
Avrebbe voluto poter dire di più, avrebbe voluto poter offrire delle reali certezze e non un’effimera speranza, ma non possedeva alcuna certezza, se non che desiderava la felicità di Judith e Severus e che quello le sarebbe bastato per poter vivere felice a sua volta.
Si alzò lentamente in piedi, lanciando un’occhiata oltre la finestra, verso il ramo spoglio di un vecchio noce su cui luccicava la brina. Era giunto il tempo per lei di tornare all’orfanotrofio, per quanto avrebbe preferito rimanere dove si trovava.
«Forse oggi pomeriggio potresti andare a prendere Judith al conservatorio. Mi ha detto stamattina che vuole farti sentire il nuovo brano che ha imparato.» disse, mentre recuperava il cappotto.
Severus si voltò verso la donna e notò che gli stava ancora sorridendo, quel sorriso dolce, colmo di amore, che gli rivolgeva sempre, che gli aveva rivolto da tempo, ma in cui non era stato in grado, fino a che le donna non glielo aveva detto, di riconoscere l’amore.
«Sei certa che sia una buona idea?» disse, mentre si alzava lentamente in piedi, appoggiandosi al bastone che si era procurato appena uscito dal carcere. «Sembrerebbe quasi che l’adozione sia già andata a buon fine, mentre non sappiamo nemmeno se prenderanno in considerazione la domanda.»
Avrebbe potuto illudere Judith se, come in effetti desiderava, avesse accettato di andare fino al conservatorio, che si trovava a poche fermate d’autobus dalla casa. Temeva, anche se non ne aveva fatto parola con Melusine, che il giudice dei minori potesse interdirgli di vedere Judith, quando si avesse letto che era stato in carcere per complicità nell’omicidio dei suoi genitori. Ed allora il sacrificio compiuto dalla donna sarebbe stato completamente inutile e la sua incapacità di amarla l’avrebbe ferita.
Sapeva che era una possibilità estrema, forse impossibile, considerando che negli atti del processo e nelle motivazioni della sentenza, che gli era stata commutata dopo la revisione, risultava il fatto che egli aveva salvato la vita della bambina. Eppure non poteva impedirsi di prendere in considerazione anche quella terribile possibilità, di credere che avrebbe finito con il distruggere il sorriso che aleggiava anche in quel momento sulle labbra di Melusine.
«A Judith farà piacere.» rispose la donna, sfiorandogli lievemente la mano che teneva sul bastone.
L’uomo osservò per qualche istante Melusine, prima di annuire lentamente. Sapeva che forse avrebbe dovuto rifiutare, che avrebbe dovuto tener conto della peggiore delle ipotesi, del fatto che un giudice dei minori avrebbe potuto impedirgli non di vedere Judith – ed era perfettamente cosciente che se le cosse fossero andate in quel modo la responsabilità ricadeva unicamente sulle sue spalle –, ma in quel momento voleva sperare che così non fosse, che, per lo meno, avrebbe potuto trascorrere del tempo con la ragazzina, vederla crescere, per quanto non avrebbe mai potuto chiamarla figlia davanti alla legge.
Su quel punto si faceva poche illusioni.
Nessuno avrebbe potuto permettergli di adottare Judith. Nessuno avrebbe avuto nulla da ridire sul rendere Melusine la madre della bambina, ma le obiezioni nei suoi confronti avrebbero impedito che l’adozione venisse veramente giudicata possibile.
La donna gli sorrise ancora una volta, prima di uscire dalla casa. Il suo sorriso aleggiò per un istante nel soggiorno e parve seguirlo mentre si recava nella stanza che, dopo esser riuscito a contattare un venditore di ingredienti di dubbia provenienza, aveva adibito a laboratorio. Era certo che il suo fornitore non avrebbe fatto trapelare la notizia di dove si trovasse, considerando che possedeva più di un’informazione che avrebbe potuto metterlo nei guai con la giustizia magica. Non desiderava che il Mondo Magico britannico lo rintracciasse, non voleva che il nome di Judith venisse stampato a caratteri cubitali sulla Gazzetta del Profeta, né che qualche giornalista da strapazzo facesse illazioni su Melusine.
Sapeva che forse, la maggior parte dei Maghi e delle Streghe inglesi, avevano voluto dimenticare il fatto che egli fosse sopravvissuto alla guerra. Sapeva anche che invece dovevano ricordarsi bene quello che aveva compiuto, l’assassinio di Silente, il suo terribile anno come Preside di Hogwarts. E credeva di immaginare cosa potesse accadere se avessero scoperto dove si trovava, che si era sposato, che intendeva adottare una ragazzina. I nomi di Judith e Melusine sarebbero stati esposti al pubblico ludibrio. Ed era qualcosa che non doveva accadere, perché considerava Judith al pari di una figlia e rispettava la donna che aveva sposato.
Aveva preso contatto con alcuni pozionisti sul continente per poter portare avanti alcune ricerche e guadagnarsi così da vivere. Sapeva che esisteva la possibilità che trapelasse dove si trovava, ma era stato cauto nel scegliere chi contattare.
Da quando aveva ritrovato la libertà, era riuscito a modificare un antidolorifico, in modo tale da poter parlare con minor dolore. Era una ricerca che aveva compiuto unicamente per Judith, perché preferiva parlarle piuttosto che scriverle, quando la vedeva.
Il tempo passò rapido, mentre lavorava nel suo laboratorio e venne il momento in cui uscì per andare a prendere Judith. Quando la ragazzina gli corse incontro, con la custodia della viola sulle spalle e un sorriso affettuoso e felice ad illuminarle in volto, si disse che aveva preso la decisione giusta nel seguire il consiglio di Melusine.
Judith era felice in quel momento e, mentre si recavano alla fermata dell’autobus, gli stava parlando di quello che aveva fatto quel giorno al conservatorio, proprio come una figlia avrebbe fatto con il padre.
 
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view post Posted on 12/12/2013, 21:00
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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N. 49

Titolo: Notte d’argento
Autore/data: Ida59 – 10 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Un San Valentino finalmente del tutto diverso per Severus, anche se stelle e luna non vogliono collaborare a inargentare la notte. È il seguito di “Il regalo più desiderato”.
Parole/pagine: 992/3



Notte d’argento



Il giorno di San Valentino era ormai arrivato e Severus era nervoso. E a disagio. E insicuro.
Quell’anno era diverso da tutti i precedenti, ma non per questo era più facile.
I preparativi per la festa fervevano e il Preside si trovò, suo malgrado, a spiare gli studenti, i bigliettini con gli inviti che volavano nei corridoi lanciati da piccoli Cupidi invisibili per centrare il loro obiettivo e pacchetti di ogni dimensione che passavano di mano in mano tra risatine nervose, rossori imbarazzati e sorrisi innamorati.
Dovette ammettere che, in fondo, li invidiava: era così facile, per loro, giovani e spensierati, dichiarare un amore imperituro alla ragazza dei sogni!
Severus, invece, un amore che aveva creduto eterno se lo era lasciato alle spalle: un tremendo macigno di crudele sofferenza che lo aveva accompagnato nel corso della sua vita; un sogno perduto, addirittura mai nato, che s’era trasformato in incubo e a cui aveva sacrificato se stesso alla ricerca di un perdono che Lily non avrebbe mai potuto dargli.
Scosse la testa con decisione.
No, non era quello l’amore. Aveva sinceramente creduto d’amare Lily, ma all’inizio era solo un bimbo maltrattato e poi un adolescente umiliato. Quando avrebbe davvero potuto amarla, con la forza matura dei suoi sentimenti, Lily era morta per colpa sua e il rimorso per le sue colpe aveva soffocato l’amore trasformandolo in una tremenda punizione per i suoi errori, nella sua rinuncia a vivere e ad essere felice.
Ma in quel giorno speciale, però, la felicità aleggiava ovunque nell’aria di Hogwarts e, soprattutto, dimorava nel suo cuore. Perché Severus era finalmente felice; amava ed era riamato dalla sua Elyn, la donna che con il suo sorriso colmo di perdono gli era entrata poco per volta nel cuore prendendone pieno possesso.
Ma la sicurezza dell’amore che provava per Elyn, e di quello della strega per lui, non rendeva affatto più facile il suo compito in quel giorno dedicato agli innamorati, in quel luminoso giorno in cui aveva deciso di farle quella domanda così importante, la domanda che li avrebbe uniti per tutta la vita.
Non aveva alcuna incertezza sulla risposta che Elyn gli avrebbe dato, ma ugualmente non sapeva come chiederglielo: avrebbe voluto che fosso un momento perfetto ed indimenticabile, ma dichiarare a parole i suoi sentimenti gli era ancora difficile, anche se mille volte le aveva detto con intensità di amarla, mentre il suo corpo l’amava con instancabile passione e le sue labbra ardenti le percorrevano la pelle regalandole l’estasi.
Aveva pensato di farlo all’alba, mentre i primi raggi del sole illuminavano il castello, ma Elyn amava dormire fino a tardi quando poteva permetterselo, così quel sabato mattino era rimasto a guardala in silenzio, bellissima e vestita di nulla tra le sue braccia nel loro letto. Le aveva sfiorato piano la pelle in una dolce carezza, ardente di desiderio, poi le aveva lambito piano le labbra, sussurrandole la domanda che lei non poteva sentire.
Aveva pensato di farlo in mille altri momenti della giornata, mentre Elyn lo osservava sorridendo maliziosa e quasi divertita: sapeva perfettamente che la strega aveva capito cosa voleva chiederle, ma sembrava quasi deliziarsi nel farlo languire in quel suo sciocco turbamento da cui non riusciva a scuotersi. Più volte aveva aperto bocca per parlare, mentre per farsi coraggio con la mano stringeva forte tra le lunghe dita sottili la scatolina che fin dal mattino presto aveva infilato nella tasca; ma ogni volta l’aveva richiusa senza dire nulla, un sorriso imbarazzato sulle labbra mute e il cuore che batteva forte e gli rubava anche il respiro.
Si giustificava, il mago, mentendo a se stesso e dicendosi che non aveva mai trovato il momento perfetto e il modo ideale per dirglielo, ma intanto la giornata era quasi del tutto trascorsa e perfino la notte, sua silenziosa amica, sembrava proprio non voler collaborare: non c’erano stelle luminose a rischiarare il velluto nero del cielo, né l’astro notturno brillava inargentandolo; c’erano solo fredde nuvole grigiastre che imbrigliavano un’anonima falce di luna spingendo il mago allo sconforto nell’infruttuosa ricerca dell’indimenticabile perfezione del momento in cui avrebbe chiesto ad Elyn di dividere la sua vita con lui.
Severus sospirò rassegnato davanti alla grande finestra del salotto del loro appartamento, sollevando un’ultima volta gli occhi neri al cielo, sperando in un tardivo miracolo, che un pietoso soffio di vento liberasse all’improvviso l’aria della notte dalle nuvole rivelando un cielo trapunto di stelle d’argento da regalare alla sua Elyn quale splendido velo nuziale.
Ma nessun vento spirò nel cielo che rimase ostinatamente spento e grigio.
Elyn sorrise al suo ennesimo sospiro sconsolato e si avvicinò alle sue spalle cingendogli la vita da dietro e appoggiando la testa tra le sue scapole:
- Avanti, Severus, cosa aspetti ancora? – lo spronò con dolcezza stringendolo a sé. – Ormai ti rimangono solo pochi minuti in questa giornata che hai scelto da tempo per la tua domanda.
Il mago si girò e la strinse con ardore tra le braccia, un sorriso colmo di dolce passione sulle labbra sottili:
- Adorabile strega, hai già pronta la risposta ma vuoi che te lo chieda lo stesso, vero? – sussurrò con intensità sulle sue labbra, fiamme nere che scintillavano nell’abisso notturno dei suoi occhi.
Elyn annuì, sulle labbra il sorriso dolce e bello che il mago tanto amava.
Fu proprio in quell’istante che Severus seppe esattamente cosa doveva fare:
- Expecto Patonum! – esclamò afferrando la bacchetta e puntandola deciso nell’aria.
La notte si fece d’argento intorno a loro mentre il mago stringeva forte a sé la sua Elyn, la sua donna, l’amore che aveva avuto la forza di cambiare la sua vita e il suo Patronus.
- Vuoi sposarmi, Elyn, amore mio? – le chiese con ardente passione, sorridendo infine felice, l’argento del suo amore che si rispecchiava nelle iridi profondamente nere.
Severus non sentì il sì intenso della sua donna, però lo assaporò con intensità, troppo goloso del sapore delle sue labbra sorridenti per aspettare di ascoltare la risposta che già conosceva.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:39
 
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Visto che abbiamo girato pagina da un po' riporto qui il calendario dei sorrisi .
Spero di aver copiato quello corretto. (L'ultimo era del 7 dicembre, in questa stessa pagina: l'ho sostituito. Grazie)
Fatemi sapere se ci sono degli errori!




Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:


Venerdì 13: Anastasia (12 di 12)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47)
Sabato 28: Elly (48)
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (50) ??? .....
Sabato 4: Elly (51)??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: Angela (Yana)
Mercoledì 8: ??? .....

Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, rimane solo un giorno effettivamente vuoto: l'8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:39
 
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view post Posted on 13/12/2013, 22:38
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Alcune piccole precisazioni.
Quest'ultimo capitolo - in originale dovevano essere 12 per 12 mesi dell'anno - è un tantino lievitato come la pizza, ma, causa mancanza colossale di tempo, non sono riuscita a finirlo tutto, sistemarlo e passarlo al pc (perchè le storie erano tutte scritte su carta e le digitalizzavo man mano che pubblicavo), così questa è praticamente la prima parte del capitolo (nemmeno definitiva, credo) e il resto lo inserirò quando sarà, non lo so ancora.
Volevo solo dire questo.

Titolo: 12. Dialoghi persi nell'Est
Autore/data: Severus_Ikari / marzo 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Harry Potter
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Snape riprese a guardare il liquore, in silenzio, senza berne alcun sorso, quella visita e quelle poche parole, lo avevano agitato più di quanto stesse dando a vedere."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la dodicesima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Si può perdere di nuovo tutto".
Parole/pagine: 2827/5



Un anno per amare

12 - Dialoghi persi nell'Est



22 dicembre 2005



«Come mi hai trovato?»
«Trovare le persone, è una parte del mio lavoro.»
Il ragazzo si guardò intorno, era un locale alquanto lugubre, che gli dava i brividi, così cupo e nascosto in mezzo a chissà dove, che gli parve di essere stato trasportato in qualche antica leggenda dell’Est Europa.
«Al Ministero hanno abbassato di molto gli standard.»
«Può darsi, ma questo significherebbe che lei è ben peggiore di me se io, così scarso, sono riuscito a trovarla. Oppure deve ammettere che sono maledettamente bravo nel mio lavoro.» “Tipica spavalderia Grifondoro”, pensò Snape che lentamente muoveva il bicchiere tra le dita, osservando con attenzione il liquido ambrato che si agitava al suo interno, come se dentro ci fosse una piccola tempesta che spingeva onde di whisky addosso alle pareti di vetro.
«Se voleva passare inosservato, avrebbe dovuto nascondersi meglio, cambiare nome, modo di vestire e perché no, persino tagliarsi i capelli e tingerli in stile Malfoy.» In un attimo il giovane Potter si figurò il suo ex insegnante di Pozioni in abiti diversi da quelli che era solito portare, con un taglio militare che aveva visto sulla testa di un vicino dello zio Vernon, anni orsono.
Fu un secondo e Harry si ritrovò a ridere spudoratamente di quell’immagine, mentre Snape lo guardava piuttosto accigliato.
Gran parte degli avventori del locale si voltò per osservare quegli strani individui che era evidente non fossero del posto, anche se uno di loro ormai erano settimane che lo vedevano lì, a quello stesso tavolo, che sorseggiava in silenzio.
Snape non riuscì a non farsi contagiare dall’ilarità del ragazzo e stirò entrambi i lati della bocca in un timido sorriso che ormai era da parecchio tempo che non gli capitava di fare.
Harry ad un tratto tornò serio e si sedette accanto al mago che per anni aveva odiato ingiustamente. «Sono qui per un altro motivo.»
«Sarebbe?»
«Per prima cosa volevo dirle che la professoressa McGonagall sta bene. Ed è merito suo.»
«Ho solo dato le istruzioni per una pozione.»
«Se non lo avesse fatto, però, non sarebbe guarita e forse sarebbe…» Harry non riusciva a pronunciare quella parola, aveva creduto che anche lei gli fosse portata via come tanti altri affetti dalla sua vita, e aveva pianto anche per lei. E aveva pianto anche per il mago che gli sedeva di fronte che si era di nuovo arreso alla vita.
“Sono un uomo, ormai, e non devo piangere”, si era ripetuto molte volte; ed era stata l’ostinazione di Hermione a fargli capire che un uomo non smette di essere tale se cede ai propri sentimenti, e allora aveva pianto, a lungo, finché pian piano quelle lacrime non si erano trasformate in sorrisi quando l’anziana strega si era infine svegliata.
E il sorriso poi si era fatto preoccupazione quando la sua amica aveva iniziato a scivolare velocemente verso un oblio dal quale sarebbe stato difficile tirarla fuori.
Quello era uno dei motivi che l’aveva condotto lì, ma ce n’era anche un altro.
«Ci sarebbero arrivati lo stesso» puntualizzò Severus che per un attimo alzò lo sguardo verso il ragazzo, verso quegli occhi che celavano Lily, ma non erano più i suoi, erano il verde di Harry. Solo di Harry, e questo lo fece, stranamente, sorridere.
«Sì, probabile, ma nel frattempo avrebbe potuto…» stavolta si fece coraggio, perché sapeva che adesso la donna stava bene, «morire» disse infine.
Snape riprese a guardare il liquore, in silenzio, senza berne alcun sorso, quella visita e quelle poche parole, lo avevano agitato più di quanto stesse dando a vedere. Aveva creduto che la sua strada potesse finalmente condurlo lontano, dividerlo per sempre da ciò che aveva lasciato al di là del mare, e invece…
«Comunque,» Harry spostò nuovamente gli occhi intorno al tavolo in cui sedeva con Snape; quando gli avevano riferito dove avevano trovato il soggetto della sua ricerca, non era riuscito a crederci, e invece si trovava proprio in uno strano e tetro locale nascosto in una zona oscura della Romania.
Era partito non appena gli avevano riferito l’esatta ubicazione di quel particolare soggetto.
Pensare a Snape come ad un “soggetto”, era strano, ma il pensiero lo fece sorridere.
«Abbiamo scoperto che cosa ha avvelenato la professoressa McGonagall.»
Severus rimase in silenzio a fissare il giovane mago, sapeva benissimo che era stato un veleno a ridurre Minerva in quello stato e conosceva esattamente quale fosse il veleno da esperto Pozionista qual era, ciò che non sapeva era come fosse venuta in contatto con tale tossina, era così rara che era del tutto impossibile che una persona ne venisse a contatto in maniera casuale.
Piegò appena il volto mentre un sopracciglio si alzava, in quel modo cercò di spronare il giovane Potter a continuare a parlare.
«Quella mattina mentre conversava con la professoressa Sprout, le è stato recapitato un pacco regalo che non conteneva assolutamente nulla.» Severus non capiva.
«Come ha fatto ad avvelenarsi se non conteneva nulla? E poi una strega esperta come lei di certo si sarebbe accorta della presenza della Mortis Viridis all'interno della confezione o quello che era.»
«È proprio questo il problema. L'essenza mortifera della pianta era nel nastro che chiudeva il pacco. Nessuno fa mai caso al nastro o alla carta intorno, e questo è stato fatale, anzi, fortunatamente non è stato fatale. Grazie a lei.»
Snape grugnì malamente, quello che proprio non voleva, era essere ringraziato ogni pochi minuti, desiderava soltanto essere lasciato da solo, stare lontano da tutti loro perché ne aveva abbastanza di far del male alle persone.
La felicità non era per lui, ormai gli era chiaro, era stato uno stupido a credere che fosse stato possibile per lui vivere finalmente una vita degna di essere chiamata tale, con accanto persone che gli volevano bene e persino con qualcuno da amare.
Harry si era accorto dello strano disagio del suo vecchio professore quando lo ringraziava, e questo lo fece sorridere, anche se dentro di sé gli faceva male vederlo di nuovo così solitario, estraneo al mondo come lo era stato per lungo tempo.
Aveva davvero creduto possibile che potesse essere felice, insieme con tutti loro e con Hermione.
Doveva ammettere che, dopo un iniziale scetticismo, quei due erano fatti veramente l'uno per l'altro e si ritrovò di nuovo a sorridere, mentre Severus faceva vagare lo sguardo nel locale, soffermandosi su ogni persona seduta ai tavoli.
Vide una coppia di anziani che sorrideva con i pochi denti che le erano rimasti e brindava al tempo che le rimaneva da vivere insieme, poco o molto che fosse, non importava.
«Queste cose avresti potuto scrivermele in una lettera, perché sei qui?» Severus tornò a guardare Harry, inclinando appena la testa, lo osservò con curiosità, come se fosse un piccolo gufo in attesa della sua ricompensa dopo una nottata di volo.
«Perché sappiamo chi è stato. E...»
«Chi è stato?»
Harry rimase in silenzio, serrando le labbra per non dover pronunciare quel nome che sapeva benissimo quale reazione avrebbe causato, l'aveva già vista sul volto di altri ed era rimasto immobile mentre la rabbia montava dentro ognuno di loro.
Il suo lavoro gli aveva insegnato ad essere più riflessivo, a non agire d'impulso, ma quel giorno aveva dovuto frenarsi con tutte le sue forze per non esplodere e far saltare in aria chi si era macchiato del peccato di tentato omicidio.
«Dimmi chi è stato» ma il giovane mago rimase muto, anche se sapeva perfettamente che con Snape sarebbe stato del tutto inutile.
Severus si alzò di scatto, stringendo con forza il bicchiere prima di gettarlo sul pavimento; fissò quel liquido ambrato farsi strada tra la moltitudine di frammenti di vetro, come un fiume che poco a poco lambiva le rocce posate sul suo letto.
«Che cosa sei venuto a fare esattamente, qui?» la voce di Snape era pacata, troppo quieta, e questo spaventò il giovane Potter che ormai conosceva perfettamente il suo ex insegnante e sapeva che bisognava temere di più la sua finta quiete, piuttosto che le urla che, in ogni caso, si concedeva raramente.
«Io...»
«Io cosa? Mi hai riempito la testa di chiacchiere per tutto questo tempo, quindi se non hai intenzione di dirmi nient'altro, puoi benissimo tornare da dove sei venuto e assicurarti di non tornare mai più, né tu né chiunque altro.» Senza degnarlo di uno sguardo, prese la bacchetta e in un attimo eliminò ogni traccia del suo whisky da terra, mentre molti dei presenti li guardavano piuttosto incuriositi, chiedendosi il perché di tutto quel concitare.
«Deve aiutare Hermione» dichiarò infine Harry, puntando i suoi occhi verdi su quelli neri di Snape che era tornato ad osservarlo, forse per quel nome o forse per qualcos'altro, ma il giovane mago sapeva perfettamente che qualcosa lo aveva colpito da dentro.
«Che significa? È stata Hermione?» chiese incredulo Severus.
«No, Merlino, certo che no! Ma potrebbe comunque commettere una sciocchezza.» Snape si gettò nuovamente sul piccolo divanetto nascosto dalla penombra, con pesantezza, come se tutto quello lo affaticasse, e il non capire lo rendeva irrequieto.
«Una volta andavi dritto al punto senza farti il minimo problema, quindi vedi di parlare chiaro o ci metto un istante ad entrare nella tua testa!»
«D'accordo. Le dirò tutto, ma deve promettermi che starà calmo e mi aiuterà in questa situazione e soprattutto a salvare Hermione da se stessa,» ma il mago per tutta risposta grugnì non molto d'accordo. «Me lo prometta!»
«Va bene, te lo prometto.» Harry sorrise, sapeva che Snape era un uomo di parola e non sarebbe mai venuto meno ad essa, era un aspetto del mago che lo confortava sempre.
«Deve sapere che in questi ultimi sette anni lei ha accumulato una nutrita schiera di fan,» non era facile dirgli quelle cose, sapeva che Snape a sentire quelle inutili chiacchiere lo avrebbe volentieri Schiantato per non ascoltare altro e, in una situazione diversa, sarebbe stato il primo a ridere dell'orda adorante di donne che desideravano anche solo un centimetro del mantello del suo ex insegnante. «Le devo dire tutto, quindi non inizi ad agitarsi prima che abbia finito, lo so che sono cose che non le interessano, ma è stato lei a dire che voleva sapere ogni cosa» spiegò Harry che si era accorto del nervosismo crescente di Snape.
«Alcune di loro rasentavano i limiti della follia; se vogliamo, sono i rischi del mestiere» sorrise, ma Severus non era dello stesso avviso.
«Vai al punto, se non ti è di troppo disturbo, grazie.»
«Ok. Quello che voglio dirle è che una di loro aveva una vera e propria ossessione, era innamorata di lei e andava dicendo che presto vi sareste sposati e cose del genere, ma non pensavamo fosse pericolosa.»
Quella volta, quando Hermione stava leggendo qualcosa...
Severus sgranò gli occhi, incredulo perché non credeva possibile che ci fossero persone che potessero essere ossessionate da uno come lui, la cosa lo disturbò parecchio, ma soprattutto non capiva cosa c'entrasse Minerva in tutto quello.
«Quando si è svegliato, quella donna si trovava al San Mungo, ma è stata cacciata da Hermione e dalla professoressa McGonagall che l'ha addirittura minacciata di spedirla al Polo quando ha offeso Hermione e quando non voleva lasciarla in pace.» Nella mente di Severus si formò l'immagine di Minerva che con tutta la sua forza e pacatezza, parlava a quella donna, come una madre stava di nuovo proteggendo tutti loro, senza alcun pensiero o dubbio, e questo lo fece sorridere, un sorriso spontaneo e ampio che per un attimo lo riportò a pochi mesi prima, a quando si era concesso di essere finalmente felice.
E invece hai di nuovo abbandonato tutti, hai abbandonato tutti loro, Minerva che ti ha sempre protetto e voluto bene come un figlio, hai lasciato Hermione che ami e che ti ama.
Svegliati da questo tuo nuovo torpore, Severus, ti prego...

Per un attimo gli parve di sentire la voce di Dumbledore nella testa, e questo gli fece male, come se qualcuno lo avesse colpito forte.
«Perché non se l'è presa anche con Hermione?»
«Perché per lei non era una minaccia, non aveva alcuna idea che voi avevate una relazione.» Era disappunto quello che scorse nel tono di Harry? Sì, decisamente, e anche nei suoi occhi poteva vedere la tristezza per quel “tempo passato” che aveva dovuto usare.
«Quando siamo andati a casa della donna, abbiamo trovato le pareti letteralmente tappezzate da sue foto, era abbastanza raccapricciante. Non le sue foto lo erano, lei era... cioè, io...»
«Non preoccuparti, ho capito perfettamente,» e gli venne quasi da ridere nel vedere l'espressione imbarazzata di Harry che faceva fatica a sostenere il suo sguardo.
«La donna non c'era, è sparita e non sappiamo dove sia, setacceremo ogni angolo d'Europa o del Mondo se fosse necessario. Ma è sparita anche Hermione, ha sentito per caso il nome di quella donna ed è scomparsa. Non so come sia potuto accadere, io... deve aiutarmi, so quali sono le sue intenzioni, ho visto la sua rabbia e il suo dolore, potrebbe fare qualcosa di stupido, dobbiamo trovarla prima che faccia qualcosa dalla quale non potrà più tornare indietro.»
«Dimmi quel nome.»
«No.»
«Dimmelo.»
«No! Ha promesso!»
«Allora non posso fare niente per te.»
«Dannato testardo che non è altro, pensa che io non voglia farla pagare a quella donna per ciò che ha fatto? Siamo in parecchi a volerlo! Ma non siamo più ragazzini sciocchi ed io la getterò nella cella più profonda di Azkaban, ne stia pur certo, ma non permetterò che nessuno si sporchi le mani di sangue, per quanto lo voglia anch’io! Né lei né Hermione! Ma Hermione in questo momento è debole per colpa sua e non ragiona lucidamente!»
«Dannato stupido Grifondoro, se non mi dici quel nome come pretendi che possa aiutarti a trovare quella donna ed Hermione? Inizio una caccia a tentativi descrittivi?»
Nonostante la situazione fosse delle più serie, Harry scoppiò in una sonora risata che echeggiò per tutto il locale, ma stavolta nessuno dei presenti si voltò verso di loro, si erano ormai abituati a quei due strani maghi seduti al tavolo più isolato del locale.
Snape lo guardò piuttosto contrariato, anzi, sembrava stesse scrutando un pazzo che poco prima era serio e un istante dopo iniziava a ridere, in sette lunghi anni di coma si era perso molte cose.
«Ha ragione, mi scusi. La donna si chiama Bo Batter, 40 anni, nata a Hogsmeade ma residente a Londra da una decina di anni, dove lavora come farmacista, per questo era un'esperta nel preparare veleni. È alta pressappoco 1,57 metri, corporatura normale, carnagione chiara, occhi grigi e capelli biondi. Ovviamente è una strega e quindi potrebbe con facilità cambiare connotati.»
«Potevi darmi una foto, avresti fatto prima.» Harry gli sorrise, sembrava così calmo e freddo, come se niente gli importasse, ma in tutti quegli anni aveva imparato molte cose sul conto di Snape, e una delle quali era che fosse molto bravo a mascherare le sue vere emozioni, maledettamente bravo. D'altronde si era preso gioco di moltissime persone in tutti quegli anni, ormai la sua era una tecnica affinata nel tempo, ed Harry si chiese se in realtà stesse soffrendo anche per la separazione da tutti loro e soprattutto da Hermione, a maggior ragione adesso che era sparita e in pericolo.
“Certo che sta soffrendo, stupido! Quei due sono innamorati, è così evidente”, gli aveva detto una sera Ginny mentre insieme guardavano il loro bambino dormire.
Sì, adesso sapeva con certezza che il cuore di Snape era dilaniato dal dolore, di nuovo, e questo lo faceva infuriare dopo tutta la fatica che aveva fatto per liberarsi da quei pesi sull'anima, l'avrebbe preso volentieri a schiaffi se fosse servito, anche se gli era ben chiaro che non sarebbe riuscito nemmeno ad avvicinare le mani.
Quel pensiero gli tese le labbra.
«Hai finito o c'è altro?»
«Finito.»
«Bene.»
«Ah, aspetti, dimenticavo una cosa.» Severus alzò un sopracciglio, in quel cenno che ormai era sinonimo di “prosegui”. «Se dovesse trovare la donna ed io non ci sono, per favore, non l'ammazzi. La prenda, ma non l'ammazzi, e mi aspetti.»
Severus Snape si alzò dal piccolo divano marrone che lo aveva ospitato in quelle ultime settimane, lanciò alcune monete sul bancone e si fermò alcuni istanti a guardare Harry, quel piccolo petulante Potter che era diventato uomo e molto più saggio di quanto si fosse aspettato, anche se ancora poteva vedere alcuni aspetti dell'irritante moccioso che ogni tanto emergevano con prepotenza.
Sul suo volto passò una strana ombra che per un attimo gli illuminò gli occhi per poi rigettarli in un buio ancora più denso, le sue labbra si mossero non per parlare, la sua bocca sorrise, un sorriso disteso, spontaneo, ma che aveva in sé una traccia d'inquietudine e un piccolo bagliore oscuro che fece tremare il giovane uomo: non sapeva come interpretare quell'espressione.
I due maghi uscirono da lì, inspirando il freddo della Romania a pieni polmoni, riempiendosene prima di sparire lasciando la neve a vorticare in un punto in cui non c'era più nessuno.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 22:07
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 14/12/2013, 19:47




Posto qui un mio sorriso fuori prenotazione (Elly mi perdonerà per averle portato via il posto senza avvertirla ;) :P ) dedicato a Severus e alla festeggiata del 14 dicembre ;D :leoncino:


Le Rouge et le Noir



Regna un mondo d’ombra in un antico maniero di pietra sovrastato dall’intrico sfaccettato di oscurità e luci incastonate in un firmamento di astri lontani. I bagliori delle stelle, attraverso le grandi arcate e le finestre antiche, osservano silenziose l’immobilità dei corridoi e di ogni oggetto inanimato, rischiarandolo con flebili sfumature di luce candida e pura, impercettibile come un soffice manto di nebbia.
La luna, un'elegante falce appuntita, si staglia nel cielo, sovrana della notte e delle piccole stelle che l’attorniano.
Mentre il chiarore vellutato degli astri sfiora delicatamente l’oscurità, il silenzio ammantato di un corridoio viene solcato da un leggero rumore di passi.
Sotto le lunghe gonne, i tacchi sottili di un paio di scarpette eleganti producono un suono deciso contro il pavimento di pietra, come rintocchi di un orologio che segna l’ora di un misterioso incontro… lenti e cadenzati come le gocce misurate di una pozione mentre ricadono in un calderone ribollente, una alla volta.
Un ticchettio regolare, puntuale, in un attimo si stempera in un eco morbido che si disperde tra le mura del castello preannunciando l’arrivo di una presenza umana.
Una sagoma di donna si muoveva lungo la parete scomparendo nelle ombre di vecchie armature e grandi colonnati per ricomparire a tratti nei riquadri di luce proiettata dal chiarore lunare.
Vestita con un fluente mantello nero dalla fodera interna rosso rubino, come se un fuoco interno di emozioni fosse pronto a consumare quell’involucro protettivo, un fuoco che tra le fiamme di seta preziosa e velluto nero, cela un abito dello stesso colore del sangue, che, ad ogni passo, ad ogni cadenzato rumore di tacco, ondeggia piano, assumendo sfumature più chiare e più scure come il colore variabile delle onde dell’oceano quando si tinge dei toni caldi del tramonto.
La donna avanzò nella notte, nelle ombre ammantate di quella luce stellare simile a una brina leggera che ricopre ogni cosa; mosse i suoi passi in un cammino chiaro e oscuro, come la materia di cui sono fatti i sogni, con passo calmo ma deciso verso il luogo dell’incontro.
Avvertì un brivido lungo la spina dorsale, non un sentimento di paura, ma la chiara percezione di non essere più sola in quel corridoio apparentemente deserto.
Avvertendo l’aura del mago si fermò e attese, il battito accelerato, la sensazione dei suoi occhi magnetici a scrutarla.
Poi un’ombra della parete, come se prendesse vita, si distaccò da essa e dal buio emerse piano una figura alta e misteriosa.
Una creatura della notte con la pelle bianca, così pallida da sembrare opalescente quando si mostrò a quella nottata di luci irreali. I capelli corvini dell’uomo cospiravano coi lineamenti aguzzi per evocare una severità e un fascino misterioso esaltato dagli occhi in cui un diamante ardeva nella notte più oscura e profonda che la maga avesse mai visto. Quello sguardo la studiava silenziosamente, indagatore; sfavillava come una gemma pura racchiusa in un manto rilucente di tenebra.
Contro il velluto notturno del suo mantello il pallore della pelle risplendeva quasi come la falce di luna che si stagliava solitaria nel cielo e in quella luce irreale sembrava quasi una figura mistica apparsa dalle candide pagine di un sogno fatto di inchiostro.
La stava aspettando, l’uscio aperto al suo fianco, la mano posata sulla maniglia di ottone finemente lavorato.
Si scrutarono in silenzio per diversi istanti.
La donna e il mago stavano immobili, parlando attraverso il silenzio; il petto di lui si sollevava appena mettendo in risalto la lunga fila di piccoli bottoni neri che caratterizzava l’oscuro abito che portava sotto il mantello ugualmente nero. Un passo, uno solo verso di lei e i capelli corvini si mossero, emanando un leggero riflesso indaco esaltato dalla carnagione così pallida in cui erano incastonati quegli occhi di diamante e madreperla.
Guardò negli occhi della donna, in quella variabile sfumatura di castano screziato di verde, che brillava, come se tracce di smeraldi si fossero posate su di essi per non lasciarli più. Guardò nei suoi occhi e non vide alcun inganno, ma solo amore e desiderio.
Il mago riconobbe quel sentimento e rimase in un’immobile solennità, osservando quella donna con silenziosa compostezza.
Un battito di ciglia, una rapidissimo sguardo interiore sul passato e un fuggevole lampo di dolore solcò i lineamenti pallidi. Ma fu solo un momento, e in quello stesso battito, l’oscurità di diamante scomparve e ricomparve, e la durezza di quel nero immortale si stemperò, assumendo una sfumatura invitante, dolce, carezzevole. Le labbra sottili si curvarono verso l’alto e il mago onorò la donna di un morbido, rassicurante sorriso.
La maga comprese e avanzò di un passo: le labbra rosse si incurvano a loro volta in un sorriso mentre gli occhi rivelarono una traccia di triste affetto e profonda comprensione per un dolore, una storia e un Inferno personale che aveva imparato a conoscere.
A quel punto Severus infranse la propria immobilità scostandosi elegantemente dalla porta, abbandonando la maniglia in una lenta carezza, la più raffinata delle torture, e alzando la mano destra in un lento, elegante gesto d’invito, gli occhi fissi in quelli della maga come se conoscesse i suoi pensieri e le sensazioni che stava provando.
E guardando nel profondo di quegli impenetrabili occhi scuri, mentre il rosso raggiungeva il nero, la donna si rese conto di non potergli negare nulla.
Di star sognando quel momento da... sempre.

Edited by Ida59 - 15/12/2013, 19:42
 
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kijoka
view post Posted on 15/12/2013, 17:09




Nr. 49

Autore/data: Kijoka – ​22 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: ​One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi:
​Severus Piton - Harry Potter - personaggio originale - Minerva McGranitt
Pairing: nessuno
Epoca: P​ost HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Un confronto importante
Parole/pagine: 2.011/4




​Sincerità

- Non stare lì impalato!
La voce profonda echeggiò nella stanza semi vuota.
Il ragazzo era in piedi davanti all'uomo seduto sul letto. Lo stesso letto dove lo aveva visto passare settimane a combattere la morte.
Gli occhi verdi di Potter saettarono attorno, sembrava completamente spaesato.
Severus addolcì il tono: il ragazzo aveva avuto di sicuro un bel coraggio presentandosi lì con Minerva, senza essere atteso.
Joy gli aveva detto che era rimasto più volte fuori dalla porta della camera, per ore in attesa di vederlo e magari per riuscire a parlargli. Fino a quel momento non ce n'era stata l'occasione. Ora forse l'occasione aveva voluto crearsela...
Sapeva che alcune volte era entrato, solo per vedere come stava, i primi tempi del suo ricovero, mentre era ancora incosciente. Era passato parecchio tempo e da quando era tornato in sé non aveva voluto autorizzare alcuna visita. Solo Joy era riuscito a convincerlo e aveva finito con l’acconsentire, ma non era pronto ad affrontare quella responsabilità: era ancora troppo vulnerabile.
Questo sia Minerva che Joy avrebbero dovuto saperlo!
Potter era entrato stringendo tra le mani un'ampolla di vetro chiaro, che aveva subito posato sul piccolo tavolo vicino alla finestra.
Severus tornò a parlare, con la voce più bassa domandandosi, non senza reale curiosità, perché non riuscisse ad essere meno duro col ragazzo in quel momento. Lo fissò, rivedendo in lui ancora una volta la somiglianza con James.
- Avanti, prendi la sedia e vieni qui…
Gli mostrò con un gesto veloce dove poteva trovare ciò che gli aveva indicato.
Velocemente Potter agguantò la sedia e, con un'occhiata in tralice, si posizionò ad un paio di metri da dove sedeva il mago.
Severus a quel punto additò il contenitore trasparente:
- Di cosa si tratta?
Harry abbassò gli occhi, sentendosi come uno sconosciuto che spia nella vita privata di qualcuno che non conosce. Era molto strano: non si era sentito così quando aveva guardato ciò che era contenuto in quell'ampolla...
Cercò di rispondere con voce ferma:
- I suoi ricordi. Quelli che ha lasciato a me, prima di...
L'elegante mano chiara di Piton si mosse in un segno che poteva significare indifferentemente: "Non importa" oppure "Lascia perdere". Non disse una parola, però, quindi l'intenzione restò un mistero per Harry.
Gli occhi neri lo fissavano. Pur non avendo assolutamente nulla da temere si sentiva comunque profondamente nervoso. Tornò ad alzare lo sguardo.
Piton non abbassò il suo e restarono qualche momento a fissarsi, senza pronunciare parola.
- Immagino... - disse, d'un tratto, il mago - che ormai tutto il mondo saprà...
Fece una pausa ad effetto, mentre il cuore di Harry prese a battere furiosamente. Poi continuò:
- Se ti conosco bene non credo che tu sia stato capace di fare a meno di dire a tutti quanto avevi scoperto, quel che ti avevo permesso di scoprire. Forse non sei riuscito nemmeno a non farmi passare da eroe...
Potter sostenne con convinzione l'esame dello sguardo nero, e rispose:
- Non saprei, signore...
Harry si stupì per come quella formula di rispetto fosse uscita dalla sua bocca senza sforzo alcuno. La stessa che usava con Silente ora era rivolta all'uomo che aveva odiato con tutto se stesso, forse tanto quanto lo stesso Voldemort. Si trovò a riflettere su come fosse strana la vita...
La voce di Piton lo prese di sorpresa:
- Mi hanno detto che hai anche testimoniato a mio favore.
Non era il tono che conosceva bene. La voce profonda era pacata, tranquilla e quasi umana, si ritrovò a pensare. Non ci aveva riflettuto, ma era chiaro che prima o poi qualcuno lo avrebbe informato sui dettagli.
Harry non sapeva come ribattere a ciò che poi era la pura verità. Decise di non perdere altro tempo:
- Sì, signore, è vero. Ne ho sentito la necessità. Volevo solo che la verità divenisse pubblica, perché Lei merita di essere riconosciuto come una delle persone che hanno maggiormente collaborato alla nostra attuale libertà...
Severus si stupì dell'ardore con il quale Potter aveva pronunciato quelle parole.
Forse perché era passato qualche tempo, forse perché il suo cuore ora era colmo di un vero sentimento, ma riuscì a vedere Lily dentro gli occhi del ragazzo.
Dimenticò per un istante che il viso continuava ad essere quello di chi giornalmente lo vessava durante gli anni di scuola e si trovò ad ascoltare la veemenza con la quale Lily stessa difendeva i deboli. Percepì quasi fisicamente l'anima della donna che una volta aveva amato tracimare da quella del figlio.
Albus aveva avuto ragione: se il viso era quello di James, la parte più profonda di Potter era completamente affine a quella di Lily.
Lo trafisse con lo sguardo nero, in cerca di risposte.
- Dunque credevi davvero che io fossi morto?
Harry si stupì della domanda, fatta a bruciapelo, che gli riportò un'ansia crescente. Non voleva mentire:
- Sì. Ho visto la luce dei suoi occhi spegnersi e il corpo rilassarsi...
- Già, - Lo interruppe Piton con voce gelida - In fondo la tua stima in me non poteva portarti a pensare altro. Ora, dopo tutto quello che sai, pensi davvero che avrei potuto affrontare il potere di Voldemort senza una qualche utile precauzione per salvarmi la vita?
Il ragazzo prese fiato:
- Davvero non avevo modo di pensare a questo, Professor Piton... Come non ho pensato di sincerarmi che avesse potuto sopravvivere ad un attacco così terribile. Non potevo, non ci sarei comunque riuscito con la voce di Voldemort dentro la testa che mi intimava di non sacrificare altre vite.
Severus rincarò la dose:
- Già, certo, tanto eri così sicuro che fossi morto… Fermarsi per un traditore: tempo sprecato!
Severus lo stava mettendo alla prova, senza esserne davvero consapevole.
Soffriva lui stesso per i toni e le domande incalzanti, ma comprese che aveva bisogno di sicurezze per quel che riguardava il ragazzo, e voleva trovarle a modo suo.
A quel punto Potter lo stupì. Si alzò dalla sedia e, ergendosi in tutta la sua statura senza staccare gli occhi dai suoi, ma controllando la voce e alzando il tono gli rispose:
- Lei crede davvero che resterò qui a farmi trattare così, di nuovo?
Carattere.
Finalmente l'arroganza del padre si era tramutata in carattere nel figlio!
Severus ne fu estremamente soddisfatto, tanto che parte delle labbra si tese in un lieve, quanto incredibile sorriso.
Raddolcì la voce e prese un tono colloquiale:
- No. Speravo di no, ma vista la posizione tenuta nei miei riguardi, direi che valeva la pena provarci, non credi?
Harry comprese che, per la prima volta da quando si conoscevano, il mago gli si stava rivolgendo quasi come un suo pari e il cuore fece una capriola.
Forse c'era uno spiraglio, forse qualcosa poteva davvero cambiare.
Severus riprese:
- Avanti, ora torna a sedere e avvicinati.
Sospese il momento, vagliando modi e parole. Voleva davvero cambiare le cose? Joy era stata tassativa: Piton doveva chiudere con il passato perché Severus potesse finalmente vivere.
La amava. L'avrebbe ascoltata, anche se sapeva di avere di fronte una strada in salita e tante spiegazioni da avere e da dare.
Osservò il ragazzo che aveva davanti e che si apprestava a fare esattamente ciò che gli aveva chiesto.
Erano lontani i tempi in cui lo aveva visto bambino. Ora era un uomo e come tale andava trattato.
Tornò a rivolgergli la parola sommessamente:
- Desidero che mi racconti quanto è accaduto dal momento in cui ho perso i sensi nella Stamberga. - Lo fissò nei profondi occhi dal taglio inconfondibile e decise che voleva davvero vivere. – Vuoi aiutarmi a ricostruire ciò che è successo? Solo tu puoi davvero farlo.

Joy accostò la porta con l'emozione che le toglieva il fiato.
Si era attardata lasciando aperto uno spiraglio tra i battenti della porta, per sentire. Sì, aveva spiato!
Non era sua abitudine farlo, ma aveva così tanto desiderato che il mago provasse a trovare un modo per interagire con Harry, che era stata estremamente curiosa quando era venuto il momento di lasciarli soli.
La Preside MacGranitt l'aveva anticipata nella stanza accanto, ma con una scusa si era fermata ad ascoltare.
Ora era così felice che l'emozione le serrava la gola.
Si stavano parlando e il tono gelido e distaccato di Severus si era piano piano ammorbidito, fino a diventare la voce dell'uomo che amava più della sua stessa vita.
Aveva quindi accettato la sfida, aveva scelto di provare a vivere.
Chiuse gli occhi per calmare il battito del cuore. Prese un lungo respiro e raggiunse l'anziana maga nella stanza accanto, chiudendosi piano la porta alle spalle.
- Oh, mia cara, eccoti qui!
Minerva le si fece incontro, quasi fosse stata lontana per ore, anziché per pochi minuti.
- Signorina Vance, siamo riuscite a portare a termine un compito assolutamente difficile. - L'anziana maga prese un tono cospiratore. - E non ho intenzione di fare a meno di te per tutto ciò che mi resta da fare!
Joy sorrise divertita.
- Conosce bene la mia opinione a riguardo: io non posso scegliere per Severus. Non ho intenzione di sottoporlo ad altre pressioni. Questo colloquio doveva avvenire. Sia lui che Potter hanno necessità di chiarirsi, per andare avanti...
La MacGranitt sventolò la mano a mezz'aria:
- No, no, no... non intendevo certo obbligarlo a fare alcunché! E' solo che voglio riaprire la scuola al più presto. Ora come non mai i ragazzi necessitano di un punto fermo. Bisogna dimostrare loro che la vita continua, bisogna spronare le nuove generazioni verso la speranza di un futuro migliore!
Joy assentì, visibilmente partecipe.
- Se anche tu sei d'accordo con me non potrai non aiutarmi a convincere Severus! Chi meglio di lui alla cattedra di Difesa? Nessuno saprà indirizzare meglio i nostri giovani, il mondo magico di domani verso la giusta direzione! Io ho completa fiducia in lui!
- Anch'io, Professoressa, ma spetta solo a lui la decisione. La lascio qui ad attendere che abbiano finito e poi, se desidera, potrà proporglielo lei stessa.
Sospirò. Sapeva bene quanto avesse ragione la Preside, ma non voleva essere lei a far prendere alla vita di Severus una strada o l'altra. Sperava solo di riuscire a restare al suo fianco.
Guardò negli occhi verdi di fronte a lei e vi trovo solo un profondo affetto. Severus era in buone mani.
L'anziana maga parlò, la voce bassa che tremava un poco:
- Pensi avrà voglia di vedere anche me, dopo Harry?
La domanda prese Joy alla sprovvista. Si stupì dell’apprensione nella voce dell’anziana insegnante, ma fu un attimo prima di capire che anche tra loro c'era molto da chiarire.
Si avvicinò alla Preside e le prese una mano:
- Credo che Severus non desideri altro, in questo momento... Non lo dirà mai a nessuno, ma Lei era una delle persone che attendeva con più ansia.
Minerva sorrise. Strinse appena la mano che le stava dando coraggio:
- Mia cara, non posso nasconderti di essere un poco tesa. – Poi continuò, sempre a mezza voce - Ma sono tornata ottimista non appena la Fenice di Albus è tornata ad Hogwarts. Allora ho capito che tutto procedeva per meglio. E' arrivata una sera e non voleva saperne di tornare al suo vecchio trespolo in Presidenza! Si è accampata per giorni nei sotterranei, appollaiata sulla sedia dello studio di Severus. Era un'immagine così strana... eppure piena di speranza per me. Lo capisci, vero?
Sorrise. Poi riprese:
- Alla fine ho spostato il trespolo laggiù. Allora si è accomodata lì e non si è più mossa. Sembra lo stia aspettando. Io la vedo, penso ad Albus, penso a Severus e sono felice...
La voce si era incrinata e Minerva smise di parlare.
Joy sorrise di nuovo. Doveva davvero essere la donna eccezionale che tutti affermavano.
- Gli parli, Professoressa. Il suo affetto è rimasto immutato, ma sa bene anche lei che ci vuole un chiarimento. La sincerità porterà ad un nuovo inizio. Per tutti.
L'anziana maga annuì lievemente, serrando le labbra per evitare che la commozione dei pensieri trapelasse con troppa evidenza.
Poi si avvicinò e strinse Joy in un abbraccio materno.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:40
 
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view post Posted on 15/12/2013, 18:52
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Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate.
Mi sono dimenticata ieri... Posso elencare una serie di scuse e giustificazioni, ma non posso rimediare al salto del giorno.
Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate.

Per punizione vado a leggermiuna FF Ron/Hermione.
 
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