Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 27/11/2013, 18:14
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Prego vivamente tutti di controllare le modifiche che ho apportato al calendario, con particolare riguardo ai cambi richiesti, spero di non aver fatto errori.
Il professor Piton ne sarebbe estremamente contrariato! :lol: :lol:
(Elly, Anastasia e Ida - la somma contabile - per favore controllate. ;) ) (modificato da Ida come indicato nel messaggio successivo)





Prenotazioni per la 47a settimana di Sorrisi per Severus:

Venerdì 29: Anastasia (10 di 13)
Sabato 30: Elly (35)
Domenica 1 dicembre: Monica (47)
Lunedì 2 dicembre: Elly (36)
Martedì 3 dicembre: Elly (37)



Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 dicembre: Leonora (48)
Giovedì 5: Ida (48)
Venerdì 6: Anastasia (11 di 13)
Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (38)
Martedì 10: Elly (39)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Anastasia (12 di 13)????
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47)??? .....
Sabato 28: Elly (48)??? .....
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (50) ??? .....
Sabato 4: Elly (51)??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: ??? .....
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, rimangono solo due giorni effettivamente vuoti: il 7 e l'8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:34
 
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Grazie mille, so di scassare i cabasisi, ma in questo periodo ho incasinati persino i lacci delle scarpe :P ;)
 
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I ♥ Severus


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No, non c'è bisogno di scomodare anche Angela, basta spostare solo Elly (che ha già detto di sì). invertendola con Anastasia.
Ho rimodificato il messaggio di Chiara, sperando di aver fatto giusto (Ania ed Elly verificate, per favore).


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:34
 
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N. 47

Titolo: Alba d’innocenza
Autore/data: Ida59 – 28 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, drammatico
Personaggi: Severus, Draco
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il mago era già vestito di tutto punto: aveva un appuntamento importante in quell’alba rosata di neve. Un appuntamento con se stesso. Con il suo passato. E con il futuro. È il seguito di “Neve a Hogwarts”.
Parole/pagine: 1040/3



Alba d’innocenza



Il mago era già vestito di tutto punto: aveva un appuntamento importante in quell’alba rosata di neve.
Un appuntamento con se stesso. Con il suo passato. E con il futuro.
Si avvolse bene nel caldo mantello nero ed uscì dal portone del castello dirigendosi a lunghe falcate decise verso il lago, la sottile coltre di neve ghiacciata che scricchiolava sotto le scarpe. Vi era una strana atmosfera fatata nel parco: l’aria fredda, pallida e lattiginosa, sembrava tinta d’un tenue rosa irreale e gli carezzava il volto come impalpabili ali di farfalla.
All’improvviso notò l’ombra tremolante, appena poco più scura dell’aria rosata che la circondava, ferma proprio davanti alla tomba di Silente, dove anche il mago si stava dirigendo nel suo quotidiano pellegrinaggio, prima che il castello si svegliasse e potesse sorprenderlo inginocchiato in mezzo alla neve.
La mano corse veloce alla bacchetta mentre un incantesimo silenziante rese muta anche la neve ghiacciata sotto i suoi piedi. Sì avvicinò con cauta circospezione, l’ombra di un elegante mantello grigio perla che lentamente si faceva più nitida uscendo dalla lattiginosa bruma dai riflessi rosati; e un ciuffo di capelli biondissimi che spuntava dal soffice cappuccio di pelliccia calato con cura sul capo per proteggerlo dal freddo.
- Draco! – esclamò stupito il mago riponendo la bacchetta nel mantello. – Per Merlino, cosa ci fai, proprio qui, e a quest’ora?
- È la stessa cosa che mi ha chiesto anche Gazza, professore, - ammiccò il ragazzo, cercando di vincere l’imbarazzo che all’improvviso lo aveva assalito, - quando finalmente è arrivato al cancello ad aprirmi. Ma con molta più malagrazia!
Severus rimase in silenzio, attendendo la risposta e guardando il ragazzo fisso negli occhi.
Draco sospirò: meglio cavar subito fuori il rospo.
- Volevo parlare con lei, Professor Piton.
- Suppongo tu sappia che dispongo di un confortevole studio e che non è impossibile ottenere un appuntamento privato con il preside. – ribatté, secco.
Draco annuì, l’imbarazzo chiaramente dipinto sul volto.
- E allora? – incalzò il mago, impaziente
- Qui, davanti alla Tomba Bianca, a quest’ora, sapevo di non aver bisogno di alcun appuntamento per incontrarla, professore. - La voce ebbe un’impercettibile esitazione, poi proseguì decisa. – Ed è questo il posto giusto.
Piton sollevò un sopracciglio: lo sguardo nero dal ragazzo corse rapido al marmo bianco ricoperto dal velo di neve ghiacciata, smossa appena nel punto in cui le lettere dorate disegnavano il lungo nome del vecchio mago.
- Come lo sapevi? – chiese Piton, la voce improvvisamente addolcita.
- L’ho vista venire qua. Ieri, l’altro ieri, il giorno prima e quello prima ancora. – rispose Draco stringendosi nel mantello. – Suppongo che ci venga tutti i giorni, sempre a quest’ora, quando è improbabile che qualcuno possa vederla dal castello.
Il mago sospirò annuendo:
- Tu, però, mi hai visto.
- Ero venuto qua per il suo stesso motivo, dieci giorni fa, ma lei era arrivato prima di me. - mormorò piano il ragazzo. – E così è stato per tutti i giorni successivi.
- Il posto giusto per incontrarmi. – ripeté Piton riflettendo, il dubbio che si faceva strada nella mente analitica. - Perché? Per che cosa?
- Per ringraziarla, professore. – rispose Draco con un filo di voce. – E per ringraziare anche il Preside Silente…
Il mago osservò in commosso silenzio il volto del giovane Malfoy, pallido ed affilato come sempre, i chiari occhi grigi lucidi di lacrime.
- Per aver salvato la mia anima. – sussurrò, un sorriso tremante sulle labbra. – Per aver preservato la mia innocenza…
Piton socchiuse gli occhi e trasse un profondo sospiro. Draco non sarebbe mai riuscito ad uccidere Albus: tutti lo avevano capito, quella notte sulla torre. E Silente già lo sapeva fin dall’inizio, come sempre. L’innocenza palese di Draco, e sull’altro piatto della bilancia le orrende colpe di un giovane mago oscuro che cercava vendetta ed il potere della conoscenza. Lui aveva saputo uccidere, a sangue freddo, e aveva solo poco più di un anno rispetto a Draco. La salvezza di un’anima ancora innocente, e la dannazione della sua, ormai lacera. E poi il suo cuore, trafitto da quelle parole di morte e dall’ultimo sorriso del suo unico amico. E il dolore, pulsante, tremendo, infinito, lancinante. Indimenticabile.
- Mi dispiace tanto, professore. - mormorò Draco, una lacrima che lenta scendeva sulla guancia ad incontrare il tremulo sorriso. – Solo in queste fredde albe ho compreso fino in fondo quanto le è costato preservare l’innocenza della mia anima…
Il mago osservò la lacrima brillare sulle labbra del ragazzo, ed altre lacrime scendere silenziose e discrete da occhi un tempo arroganti e superbi. E sul giovane volto rivide, sovrapposte, le lacrime di perdono di Elyn. Scosse piano il capo e si avvicinò:
- La tua anima non avrebbe mai perso l’innocenza, quella notte, anche senza il mio intervento: non sei un assassino, Draco. – affermò commosso, gli occhi neri che scintillavano.
- Nemmeno lei lo è… - sussurrò con enfasi il giovane, scrollando la testa con convinzione.
Il mago rimase per un istante immobile, come folgorato da quelle parole, poi fece qualcosa che mai aveva fatto prima, qualcosa che non sapeva di poter fare, qualcosa da cui sempre era rifuggito. Fece un ultimo passo ed allargò appena le braccia in un abbraccio paterno che accolse con affetto Draco e le sue lacrime di comprensione.
Era certo che Albus sarebbe stato orgoglioso di lui per quel gesto.
In quell’alba fatata tinta di rosa era venuto alla Tomba Bianca per abbracciarlo, per dirgli che gli voleva bene come a un padre. Per ritrovare l’innocenza del perdono che brillava negli occhi azzurri di Albus nell’ultimo istante di vita.
Invece su quella tomba aveva trovato la riconoscenza e l’affetto di un figlio.
E l’innocenza.
Dal cielo grossi fiocchi di neve stavano scendendo piano, candidi e puri: si posarono sul suo mantello nero, mentre continuava a stringere a sé il ragazzo; si posarono sui suoi lunghi capelli neri, frammenti d’innocenza che gli carezzavano il viso.
Severus sorrise.
Quando era uscito in quell’alba nevosa, si era quasi sentito in colpa di profanare con i suoi passi il candore innocente del manto di neve.
Adesso era l’innocenza della neve che lo avvolgeva.
E per la prima volta dopo tanti anni, Severus tese di nuovo fiducioso la mano verso il cielo, attendendo il suo candido fiocco di neve.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:35
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 27/11/2013, 22:02) 
No, non c'è bisogno di scomodare anche Angela, basta spostare solo Elly (che ha già detto di sì). invertendola con Anastasia.
Ho rimodificato il messaggio di Chiara, sperando di aver fatto giusto (Ania ed Elly verificate, per favore).

Sì, per me è tutto ok, grazie ;)

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:35
 
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Autore/data : Alaide - 8 - 18 ottobre
Beta reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio Originle
Pairing: peut-être Personaggio Originale/Severus Piton
Epoca: post 7º anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: In quel momento riusciva unicamente a vedere il sorriso di Judith, quel sorriso colmo di perdono, affetto e riconoscenza che, un tempo, aveva rifiutato.
Note: Questo è un capitolo di transizione di cui ammetto di non essere molto soddisfatta.
La storia è il seguito di Luce
Parole: 836


Sinfonie
23. Sinfonia in si minore op. 2 nº 6
Terzo movimento. Incertezze e speranze



Pioveva quel giorno di giugno, una pioggia intensa, che ticchettava contro la finestra del carcere. Al di là delle grate si vedevano le singole gocce che parevano creare dei piccoli ruscelli su quel poco che si vedeva del vetro.
V'era stato un tempo in cui a Severus la pioggia era sembrata simile al sangue che gli macchiava le mani. In quel momento riusciva unicamente a vedere il sorriso di Judith, quel sorriso colmo di perdono, d'affetto e di riconoscenza che, un tempo, aveva rifiutato.
La pioggia, con il suo rumore incessante, pareva quasi accompagnare le parole della ragazzina, che gli stava raccontando dei suoi progetti futuri. A quanto pareva voleva entrare in conservatorio, l'anno prossimo.
«Credi che riuscirò a rimanere amica di Brian, anche se lui non farà il conservatorio?» domandò Judith, cercando di trovare una qualche rassicurazione, almeno su quella questione semplice.
Erano passate diverse settimane da quando aveva rivisto Severus e lo aveva pregato di poter dire la verità alla polizia.
Le era sembrato tutto estremamente semplice. Melusine l'avrebbe accompagnata dalla polizia, lei avrebbe detto che Severus le aveva salvato la vita e non aveva affatto ucciso i suoi genitori. Poi, pochi giorni dopo, l'uomo sarebbe stato libero.
Invece le cose erano molto più complicate.
Occorreva che avvenisse una revisione del processo, che Melusine contattasse un avvocato. Questo, però, si disse Judith, mentre Severus scriveva su un foglio, la donna l'aveva già fatto. Eppure il processo non era ancora stato rivisto.
E lei era preoccupata.
Sapeva che Severus si era autodenunciato e credeva di capire perché l'avesse fatto.
Quello che temeva era che i giudici non fossero affatto convinti di quello che lei avrebbe detto loro, anche se l'uomo che le aveva fatto delle domande, alcuni giorni prima, le era sembrato molto gentile.
È una domanda a cui non posso rispondere, ma da quello che scrivi, Brian dovrebbe rimanere tuo amico.
L'uomo non sapeva affatto se quelle fossero le parole più adatte, ma d'altronde lui era la persona meno indicata per poter dare consigli in termini di amicizia. Aveva perso l'unica amica che avesse avuto. Aveva ucciso l'uomo che considerava alla stregua del padre.
Sentì l'abituale senso di colpa farsi strada in lui, ma il sorriso che apparve sul sorriso di Judith, dopo che ebbe letto le sue parole, parve attenuarlo.
Era l'affetto che emergeva da quel sorriso a rendere più sopportabile il peso della colpa.
Era il perdono che la ragazzina gli donava con il suo sorriso ad attutirne il continuo rimbombo nella sua coscienza.
«Quando pensi che inizierà il nuovo processo?» domandò improvvisamente la ragazzina, dopo diverso tempo, durante il quale la pioggia aveva continuato a cadere impetuosa.
Sul suo viso era apparso un sorriso incerto, per quanto quel senso di incertezza non offuscasse l'affetto che sempre emergeva nei suoi sorrisi.
Melusine, che sedeva in disparte - per quanto fosse possibile nell'angusta cella -, si era aspettata che Judith ponesse questa domanda.
Per la ragazzina, quella lunga attesa era snervante. E la donna ne poteva comprendere i motivi. L'avvocato, che aveva contattato poco dopo che Severus e Judith si erano rincontrati, le aveva detto che i tempi avrebbero potuto essere anche lunghi, considerando che non v'erano prove realmente concrete dell'innocenza di Severus, se non la testimonianza della bambina.
Di certo, questa era fondamentale, ma non era detto che sarebbe stata considerata bastevole per assolvere l'uomo.
Melusine dovette ammettere di essere stata incredibilmente ingenua, quando aveva sperato che la soluzione fosse a portata di mano. Non era certo che Severus venisse scagionato. L'avvocato le aveva detto che forse sarebbe stato giudicato complice nell'omicidio, con tutte le attenuanti del caso, considerando che aveva salvato la vita della bambina. Forse sarebbe stato giudicato innocente. Ma non si avevano certezze.
La donna lanciò un'occhiata in direzione dell'uomo, che stava scrivendo in risposta a Judith.
Forse anche Severus si era atteso quella domanda ed era certa che egli sarebbe riuscito a risponderle meglio di quanto avrebbe mai potuto fare lei stessa.
La situazione era complessa e colma d'incertezza, l'incertezza che era apparsa nel sorriso di Judith, mentre formulava quella domanda.
Le sembrò che quell'incertezza si trovasse nella pioggia, nelle parole che aveva pronunciato di fronte al direttore dell'orfanotrofio, quando aveva scongiurato che Judith venisse adottata.
Sapeva che avrebbe dovuto, a breve, spiegare al suo datore di lavoro come stessero veramente le cose. Non poteva tenere nascosto molto a lungo il fatto che il suo matrimonio fosse fin troppo ipotetico. Tutto dipendeva dalla revisione del processo.
Sapeva che se tutto fosse andato per il verso giusto avrebbe sposato Severus, per poter dare a Judith la famiglia che meritava.
Osservando, in quel momento colmo di incertezze - ma sul volto della bambina trionfava un sorriso colmo del suo affetto di figlia -, l'uomo e la ragazzina poteva unicamente sperare che tutto andasse per il verso giusto.
Doveva accadere così.
C'era già stata troppa sofferenza nella vita di Severus e Judith.
E lei voleva sperare che chiunque venisse chiamato a giudicare comprendesse che una scelta sbagliata avrebbe potuto spegnere il sorriso di Judith per sempre.
 
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CITAZIONE (Severus Ikari @ 27/11/2013, 22:28) 
CITAZIONE (Ida59 @ 27/11/2013, 22:02) 
No, non c'è bisogno di scomodare anche Angela, basta spostare solo Elly (che ha già detto di sì). invertendola con Anastasia.
Ho rimodificato il messaggio di Chiara, sperando di aver fatto giusto (Ania ed Elly verificate, per favore).

Sì, per me è tutto ok, grazie ;)

Ok, mi devo solo ricordare Sabato. :lol:
 
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Titolo: 10. Passato e futuro
Autore/data: Severus_Ikari / marzo 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Harry Potter
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Lì, quella notte, non solo Lily e James avevano smesso di vivere, ma anche lui aveva smesso di respirare, aveva sentito il suo cuore fermarsi, gelarsi improvvisamente e rompersi in una miriade di frammenti che nessuno sarebbe mai stato in grado di ricomporre."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la decima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Mi prendo cura di te".
Parole/pagine: 3157/5



Un anno per amare

10 - Passato e futuro



31 ottobre/1 novembre 2005



Pioveva quella sera, una pioggia fitta che aveva reso la terra morbida e fangosa che cedeva sotto i passi dei due uomini che avevano deciso di sfidare quel clima e camminare verso quel ricordo ormai sepolto da tempo che era parte di loro da tanti e lunghi anni.
Il cancello non era stato chiuso al meglio e la pesante catena sbatteva ad intervalli regolari addosso al ferro, spinta dal vento che aveva deciso di sferzare quel solitario angolo di mondo, anche quel cigolio sinistro teneva lontani gran parte degli abitanti del posto, ancora più impauriti per quella particolare notte che portava verso novembre.
Severus Snape stringeva tra le mani qualcosa, ma il buio reso più cupo e spettrale dalle dense nubi, non permetteva di distinguere al meglio ciò che le sue mani celavano, forse, persino a se stesso, così sorpreso di un simile gesto che per lungo tempo non avrebbe di certo accostato al suo essere.
Un gesto semplice, che si fa con affetto e senza pensieri, con il sorriso e le lacrime ad abbracciare il volto, per qualcuno che non c’è più e che ci guarda al di là delle nuvole e veglia su di noi.
Per Severus, però, tutto quello non era così semplice, e lui, di pensieri legati a quel luogo, ne aveva fin troppi, erano come gli anelli di quella catena che lo circondavano e ad ogni passo che compiva verso quella tomba, lo stringevano sempre di più, fino a togliergli qualsiasi respiro.
E sarebbe crollato, crollato a terra tra il fango e avrebbe contribuito con le sue lacrime ad alimentare quella superficie, quel pianto confuso e impossibile da sciogliere, persino sotto lo scroscio incessante dell’acqua.
In quella notte, però, Severus non era da solo, non c’erano soltanto i suoi dolori e le sue colpe a tenergli compagnia, no, c’era quel figlio che non aveva mai avuto, con lui, quel bambino che aveva reso orfano con le sue stesse mani, quel ragazzo che aveva visto crescere e combattere e diventare uomo.
Lily era stata il suo primo amore e per anni era vissuto nella consapevolezza che solo e soltanto lei avrebbe potuto prendere il suo cuore, ma si era accorto che quello non era mai stato il vero amore, era stata la confusione di molteplici sentimenti che non era riuscito mai a comprendere e a spiegare a se stesso.
L’aveva abbracciata, su quel dannato pavimento l’aveva stretta a sé, con forza e con rabbia, e con un dolore che l’avrebbe ghermito per sempre, un grosso e pesante macigno a gravargli sulla schiena piegata in colpe che si erano fatte via via dovere, compiti da portare a termine a costo di quella vita che da quella notte di ventiquattro anni prima non era stata più la stessa.
Lì, quella notte, non solo Lily e James avevano smesso di vivere, ma anche lui aveva smesso di respirare, aveva sentito il suo cuore fermarsi, gelarsi improvvisamente e rompersi in una miriade di frammenti che nessuno sarebbe mai stato in grado di ricomporre.
E il suo unico desiderio era che non fosse mai tornato integro, battente con impeto, perché avrebbe meritato solamente che quel cuore ormai perso e distrutto, avesse sanguinato tramonto dopo tramonto e il suo sangue avrebbe dovuto colorare quel cielo finché l’ultima goccia non avesse lasciato il suo corpo.
«Ciao, mamma. Ciao, papà.» Harry aveva posato alcuni fiori sulla tomba dei suoi genitori, incurante di quella pioggia che li avrebbe presto portati via, lontano da quella pietra, perché lui ne avrebbe portati altri, giorno dopo giorno, come ormai era diventato un rito per lui, invece Severus aveva mancato quell’appuntamento per sette lunghi anni.
Snape osservava in silenzio, stava alcuni passi dietro il giovane Potter mentre l’acqua gli scivolava addosso, rendendo i suoi abiti pesanti di pioggia.
«Oggi sono venuto con un amico, con un uomo che in tutti questi anni mi ha fatto un po’ da padre e un po’ da madre» Harry si mise seduto sulla tomba dei suoi genitori, guardando le loro foto sorridenti che sembravano osservarlo a fondo, le toccò entrambe, lentamente, come se avesse potuto sentire il loro calore. «Anche se le vesti da casalinga non gli donano molto» e sorrise, sorrise a Lily, a James e sorrise a Severus che sapeva essere lì, poco distante da lui, ma sempre e comunque una presenza incrollabile. Anche Snape stirò un angolo della bocca, ma iniziava a sentire una forte morsa stringergli lo stomaco.
«Si chiama Severus, ma lo conoscete già, di sicuro meglio di me o di se stesso, e poi da lassù avete di certo visto ogni cosa, tutto quel che è successo, tutto quello che abbiamo passato e soprattutto quanto ha sofferto» un lampo squarciò la notte, mentre Severus continuava a stare immobile e in silenzio ad osservare il ragazzo ormai diventato uomo, e non osava neppure muoversi, iniziava a far fatica persino a respirare. «Sto anche parlando troppo e di sicuro non mi Schianta per rispetto di questo luogo» Harry rise appena, ma sul suo viso poté notare alcune lacrime che avevano iniziato a scendergli dagli occhi e mischiarsi con la pioggia che non aveva alcuna intenzione di smettere di cadere.
Snape fece un passo avanti.
«Io non so se sarà mai possibile una cosa simile, ma mi piacerebbe che tutti e due in qualche modo gli faceste arrivare il vostro perdono, perché ne ha bisogno per assolvere se stesso e per riuscire ad andare avanti senza più ombre intorno a sé.»
Lily era morta, era morta da anni per mano sua, e James era andato con lei, come poteva lui perdonarsi per questo? Come poteva ricevere il loro perdono?
Severus fece un altro passo verso la loro tomba, verso Harry che stava piangendo e stringeva con rabbia le mani su quella pietra che non poteva in alcun modo afferrare, ma che voleva estirpare dalla terra con tutto se stesso, per riavere i suoi genitori, per riavere il loro amore che troppo presto lo aveva abbandonato.
Quella costrizione che gli era nata nello stomaco gli serrò la gola e gli occhi, incapace di guardare ancora, avrebbe voluto correre via da lì, andarsene lontano, in un luogo dove non avrebbe più causato tanta sofferenza, in cui nessuno avrebbe più versato delle lacrime per colpa sua.
Quella notte, in quel luogo, si sentiva un estraneo che osservava un qualcosa che non aveva nessun diritto di osservare, eppure era ancora lì, in quel cimitero e i suoi passi lo avevano portato ormai di fianco ad Harry che per un attimo volse lo sguardo verso quello che era stato per anni il suo insegnante di Pozioni; lo guardò un istante, con un amaro sorriso sulle labbra mentre le lacrime scendevano più copiose che mai, poi posò di nuovo i suoi occhi alle fotografie che la magia non permetteva sbiadissero.
Severus avrebbe voluto cancellare con un colpo di bacchetta tutto quel dolore, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile, che non esisteva incantesimo capace di un tale prodigio, e l’unica cosa che in quel momento riuscì a fare, fu stringere le dita alla spalla di Harry, come se con quell’unico gesto avesse potuto dimostrargli il suo affetto, come se con quel tocco volesse donargli comprensione e volesse, in un qualche modo, chiedergli perdono.
Era l’unica cosa che riuscì a fare, lui, così incapace nei sentimenti e nei gesti, che non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi.
In quel momento avrebbe voluto che Hermione fosse lì con lui, a suggerirgli come muoversi su quel campo minato di cui non conosceva quasi nulla, e le vennero in mente le sue parole, i suoi occhi e il suo sorriso che in un attimo si trasferì alle sue labbra, e in quell’istante, seppe cosa doveva fare.
Severus Snape afferrò Harry e lo strinse a sé, in un abbraccio che aveva il significato di ogni cosa nascosta e custodita in tutti quegli anni, di tutte quelle parole non dette che erano rimaste incastrate nella parte più profonda della loro anima.
Ed Harry scoppiò a piangere, forte, il suo pianto echeggiava tra le tombe del cimitero, confondendosi per alcuni attimi con i tuoni che squarciavano il silenzio; e pianse, pianse ogni cosa che si teneva dentro da anni, «mi mancano da morire, ma vorrei che lei riuscisse a perdonare se stesso, che ci riuscisse davvero, perché vorrei davvero vederla felice.» E si strinse al suo maestro, a quel padre che c’era sempre stato, e pianse ogni lacrima sul suo petto, e Severus sentì ogni singola goccia penetrargli la carne e arrivare al cuore, quel pezzo di carne che era tornato a battere grazie a tutti loro, grazie al loro affetto sincero e grazie all’amore di Hermione, quei sentimenti che troppo a lungo si era negato e troppo a lungo aveva ritenuto di non meritare. E gemette anche lui, forte, sotto quella pioggia che non fermava la sua corsa verso terra.
Adesso era lì, sulla tomba della donna che aveva a lungo amato, dell’uomo che aveva odiato per un tempo che in quel momento gli parve infinito, ad abbracciare quel ragazzo che aveva ucciso e riportato alla vita, al quale aveva voluto bene come un figlio, nonostante avesse tenuto nascosta per anni la parte migliore di sé, negando persino a se stesso quei sentimenti che aveva dentro.
«Per favore» sussurrò Harry, ma Severus non capiva se stesse parlando con lui o ancora continuava quella sorta di dialogo con i suoi genitori.
Fu un attimo, e la pioggia cessò improvvisamente di scendere su di loro, come se qualcuno avesse fermato di colpo un incantesimo; non c’erano più tuoni ad interrompere il silenzio né lampi a dilaniare il buio della sera, soltanto nuvole che velocemente si allontanavano, come spazzate via da un forte vento che, però, non c’era, e il cielo si fece un manto di seta trapuntato di cristalli che scintillavano alla notte.
Increduli, fissarono i loro sguardi verso la volta buia, verso quelle stelle che li stavano osservando, ed Harry sorrise mentre le ultime lacrime stavano arrestando la corsa sul suo viso.
Sorrise e guardò Severus.
«Il cielo si è rasserenato, all’improvviso, qualcosa vorrà pur dire, no?»
«Sì, il clima è piuttosto variabile ultimamente,» ma per tutta risposta Harry gli diede una spinta e per poco non lo fece cadere nel fango, rischiando di essere lanciato lontano miglia, Severus, però, si limitò a guardarlo piuttosto male e in passato quello sguardo gli avrebbe gelato il sangue.
Adesso era tutto diverso, loro erano diversi, tutto intorno, ogni cosa era cambiata, ed Harry sorrise a Severus Snape, un sorriso colmo d’affetto e di speranza.
«Qualcosa vorrà pur dire» ripeté Severus, un bisbiglio nel silenzio di quella sera e senza aggiungere nient’altro si alzò dalla tomba con Harry e vi posò quello che aveva a lungo stretto tra le mani ed insieme, sotto quel cielo stellato, si allontanarono da lì, con il cuore più sereno di quando erano arrivati e con le anime che sorridevano al loro futuro.
Severus, però, aveva ancora una cosa da fare.

Il bussare alla porta si stava facendo via via più forte e di questo passo l’avrebbe di certo buttata giù e, effettivamente, la sua intenzione era stata proprio quella di aprirla con un incantesimo senza prendersi troppo il disturbo di stare lì minuti dopo minuti a rovinarsi le mani.
«Per Merlino, ti sei per caso reso conto che sono le quattro del mattino?»
«Lo so, ma se ti avessi trovata prima, non ti sarei piombato in casa in questo modo e a quest’ora.»
«Ero per locali con le mie amiche, dici sempre che devo distrarmi di più. Qual è il problema?»
«Ho bisogno del tuo aiuto per una cosa.»
«E non potevi aspettare che mi svegliassi, tipo alle cinque del pomeriggio?»
Severus le alzò un sopracciglio, perplesso per l’improbabile orario che voleva usare come sveglia e le categorizzò un «no» che non lasciava molto spazio alle obiezioni.
«Va bene, entra, spero che non sia niente di complicato perché non ho la forza neppure di tenere gli occhi aperti, quindi vediamo di s…» ma Severus non la lasciò proseguire oltre perché, all’improvviso, la strinse a sé e la baciò, un bacio profondo che voleva mostrarle tutto il bisogno che aveva di lei.
In quella notte e in quel momento aveva davvero bisogno di sentire il calore del suo corpo stretto su di sé, il respiro di Hermione confondersi con il suo, unirsi e sciogliersi in un’anima che era diventata una sola e una soltanto. Aveva la necessità di sentire quel cuore battere per lui e su di lui, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita, come se era nato esattamente per quello.
E la strinse, la strinse ancora più forte togliendole quasi il fiato, quel soffio di vita che le avrebbe dato lui stesso ogni volta che le sarebbe mancato.
«Severus, cosa c’è?»
«Da quando mi sono svegliato, c’è una cosa che non sono riuscito ancora a fare. Ho parlato con Minerva, con Harry, in qualche modo che non mi è ben chiaro, ho forse ricevuto anche il perdono di Lily, ma non sono ancora riuscito a guardare quel lembo di pelle.» Senza che aggiungesse altro, Hermione aveva già capito di cosa stesse parlando: quel Marchio che gli aveva bruciato la carne e l’anima per anni, impresso più nel suo cuore che semplicemente sulla pelle, quel simbolo di ciò che era stato e di tutto il male che aveva fatto nella sua vita.
Non poteva di certo biasimarlo per non essere riuscito a guardarlo, ma non poteva credere che in tutti quei mesi si era imposto persino di non osservare una parte di sé, una parte dalla quale era così difficile distogliere lo sguardo.
Hermione non disse niente, puntò il suo sguardo agli occhi di Severus e gli sorrise, un semplice gesto sulle labbra che nascondeva tutto l’amore del mondo, quell’amore che in quel momento si poteva respirare a pieni polmoni.
Gli afferrò la mano sinistra con le sue, le dita strette sulla carne del mago che lentamente scivolarono sulla stoffa che gli copriva la pelle, quel manto nero come la notte che separava il passato dal futuro.
«Una volta eri questo, Severus» e slacciò il primo bottone, «ma non sei mai stato realmente ciò che questo Marchio voleva che fossi» e sbottonò il secondo e poi il terzo, con lentezza li aprì tutti, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi che scintillavano di una strana luce. «Non riesci a guardarti l’avambraccio perché hai paura, paura che tutta l’oscurità che avevi dentro possa tornare ad inghiottirti» slacciò anche ogni singolo bottone dell’altra manica, ma questa volta con velocità perché quella parte del corpo, al momento, non richiedeva la sua completa attenzione.
«Non devi aver paura, Severus, perché quel Marchio non ti è mai appartenuto e tu non sei mai appartenuto ad esso, e anche se fosse lì, ancora ben impresso sulla tua pelle, non devi aver timore, perché tu sei stato più forte, lo hai battuto e non ti avrà di nuovo come mai ti ha avuto nel passato» Hermione gli sfilò la casacca nera, adagio, come lui aveva fatto con lei poco tempo fa, perché in quel momento sarebbe stata lei a doversi prendere cura di lui. «Le persone ti vogliono bene per quello che sei, non per quel Marchio, io ti amo perché sei Severus e non m’importa se su quel braccio porterai per sempre il segno di una parte del tuo passato» e la camicia candida del mago era finita tra le sue dita, stretta tra le sue mani ad assaporarne ogni aroma, quel profumo che sapeva di Severus e di nient’altro perché l’uomo che le era davanti soltanto quello sarebbe stato ai suoi occhi, e nessuna macchia sulla pelle avrebbe distorto la sua vista.
Gli sorrise Hermione mentre il suo tocco gli scaldava la pelle, quelle carezze che, con lentezza disarmante, lo stavano portando alla pazzia e non si mosse quando sentì le sue dita scivolargli sul petto, verso quel cuore che aveva ripreso a battere con forza grazie al suo sguardo e al suo sorriso, verso il suo, di viso, su quegli occhi che aveva chiuso e che non riusciva ad aprire per guardarla, per guardare quel pezzo di carne non più nascosto.
Le labbra di Hermione si posero sulle sue, delicate, un bacio caldo che gli scaldò l’anima e la sua bocca scese, pian piano, verso quella paura che voleva dissipare con il suo tocco.
«Hermione…»
«Non aver paura» lei aveva visto, sapeva con esattezza cosa c’era sul suo avambraccio, ma voleva che guardasse lui stesso, che qualunque cosa vi avesse trovato, non avrebbe cambiato nulla, soprattutto in lui, in quello che era stato e in quello che era diventato.
«Apri gli occhi, Severus» e il mago li aprì non appena sentì la bocca di Hermione scivolare su quel punto che per anni aveva accolto il Marchio, li aprì quando sentì la lingua scorrergli umida sulla pelle, e allora vide, vide quello che in quei mesi si era rifiutato di guardare.
Del Marchio Nero non c’era rimasta che una traccia sbiadita, soltanto i colori di un quadro lasciato alle intemperie per secoli che si potevano scorgere soltanto se osservati da vicino e anche in quel caso sarebbero apparsi come delle tinte sfumate ognuna verso un grigio tenue, come quel fumo che si percepisce, ma si fa fatica a vedere.
Erano rimasti soltanto i contorni di quel teschio e serpente che si erano mossi per anni su di sé, che gli avevano bruciato l’anima e distrutto il cuore; il Marchio era svanito, portato via dal suo vero padrone che, nonostante tutto, non era mai riuscito a dominarlo.
E il cuore di Severus parve più leggero e quell’ultimo peso che gli era rimasto sull’anima, si sciolse come i cristalli di neve sotto il sole cocente di mezzogiorno e sorrise Severus, sorrise a se stesso finalmente libero, sorrise a Hermione che lo aveva aiutato a liberarsi da quelle catene che lo avevano tenuto fino ad allora ancorato ad un passato dove la sua vita era stata nient’altro che colpe e dolori, rimorsi e doveri da portare a termine fino alla fine.
Abbracciò Hermione, la strinse con forza e la sua pelle nuda anelava un contatto con il corpo della strega, voleva finalmente che fosse sua, completamente, desiderava appartenergli, ed era un desiderio che gridavano anche il suo cuore e la sua mente.
«Hermione... non hai la minima idea di quanto io ti desideri» le sussurrò all’orecchio, sorridendole, baciandola e carezzandola come se non aspettasse altro da tutta la vita, come se dai battiti della donna dipendessero i suoi, e la strinse e le tolse ogni brandello di stoffa che lo separava dal suo corpo.
Voleva che fosse sua, voleva essere suo.
Quella notte, per la prima volta, fecero l’amore, lasciandosi il passato alle spalle e abbracciando quel futuro che li attendeva.
Fecero l’amore una volta, due, fino a che un nuovo tramonto colorò il cielo sopra di loro.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 22:04
 
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n. 35

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Vigliacco

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Per tutto il tempo non aveva mai perso di vista Hermione. Non la fissava più, ma sapeva sempre dov'era, con chi era, se ballava o rideva con qualcuno.
E ogni volta che la vedeva serena e sorridente era felice per lei. E, dall’altra parte, si sentiva andare in pezzi.

Parole: 1.786


Vigliacco

Luglio 2003
giardino della Tana
pomeriggio


Tutti fissavano la sposa. Era logico. Era naturale.
Lui fissava la donna alla sua sinistra.
Così vicina e lontana nello stesso tempo.
Non aveva seguito la cerimonia, non aveva ascoltato il cerimoniere, né i pianti soffocati di Molly e Minerva.
Si era limitato a fissarla.
Pensando a quello che avrebbe voluto dirle, senza però dirglielo veramente. Desiderando stringerla, baciarla, farla sua in quel posto.
Desideri che non si sarebbero mai avverati.
Era stato deciso così. Lui aveva deciso così.
Hermione aveva già fatto troppo per lui, senza avere nulla in cambio. Anzi no, avendo in cambio le sue urla e false parole di disprezzo.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dagli applausi degli ospiti. Harry e Ginny si stavano baciando. Riuscì a reprimere una smorfia disgustata. Hermione sorrideva raggiante, aveva gli occhi lucidi, reggeva un piccolo bouquet di roselline bianche e lilla.
Non vedeva un suo sorriso felice da molto tempo. Gli era mancato il calore che scaturiva da quel semplice sorriso, gli erano mancate quelle delicate fossette agli angoli delle sue labbra.
Ancora una volta guardava come da lontano la donna che amava, la guardava vivere lontano da lui. Umile spettatore della sua felicità.
Un incantesimo studiato per l'occasione fece piovere petali bianchi mentre i novelli sposi salutavano amici e parenti.
Severus si ritrovò ad un tavolo rotondo con tutti i suoi colleghi o ex membri dell'Ordine. Il pranzo era finito da un pezzo, aveva intrapreso discussioni frivole con i colleghi che avevano alzato troppo il gomito, aveva scambiato battute pungenti con Minerva mentre gli altri invitati ballavano.
Per tutto il tempo non aveva mai perso di vista Hermione. Non la fissava più, ma sapeva sempre dov'era, con chi era, se ballava o rideva con qualcuno.
E ogni volta che la vedeva serena e sorridente era felice per lei. E, dall’altra parte, si sentiva andare in pezzi.
Bramava quel sorriso, quello sguardo pieno di gioia a e di calore.
Invece per lui c’erano solo sorrisi freddi e taglienti come la lama di un pugnale.
Verso metà pomeriggio, quando gli invitati erano stanchi e alcuni pesantemente brilli, Minerva gli sfiorò il braccio.
- Credo che, ora, tu mi inviterai a ballare.
Per poco Severus non si strozzò con il succo di zucca.
- Come?
La strega ridacchiò.
- La cugina di terzo grado di Molly, Margaret, ti sta fissando da mezz'ora. Ha più anni di me, Pomona e Horace messi insieme, e prima di uscire di casa svuota una bottiglia di acqua di colonia al mughetto.
Si era ritrovato, suo malgrado, in mezzo alla pista da ballo, gomito a gomito con altre coppie.
- Sei quasi più bravo di Albus, Severus. - constatò la professoressa – Dove le tenevi nascoste queste doti da ballerino?
Il mago non l'ascoltò, si era reso conto che l'aveva persa di vista. Non era al suo tavolo, non stava ballando e non stava parlando con nessuno.
- Se stai cercando la signorina Granger, - gli sussurrò l'amica all'orecchio cogliendolo di sorpresa – l'ho vista dirigersi verso la Tana.
- Non so di cosa tu stia parlando, Minerva. - rispose lui fingendo disinteresse.
- Certo... - sorrise sornione la donna – Horace! - chiamò il collega mentre volteggiavano vicino al loro tavolo – Vieni a dare il cambio a Severus. Per oggi ha fatto la sua buona azione facendo ballare una povera vecchia. E poi un po' di moto ti farà bene!
Cercando di non farsi vedere, si avviò alla Tana: la porta di casa era aperta. Entrò con le orecchie tese, cercando il minimo rumore che potesse confermare le parole di Minerva.
La trovò in cucina, con le mani appoggiate sul bordo del lavello, gli occhi chiusi e la testa china. Sembrava che stesse respirando a fatica.
L'istinto gli diceva di prendersi cura di lei. Il cuore gli urlava di amarla e proteggerla come meritava.
La mente, invece, gli diceva che era egoistico da parte sua. Che Hermione meritava una vita migliore di quella che lui poteva offrirle.
- Vattene... - sussurrò Hermione senza aprire gli occhi – ti prego... vattene. Io... non... non riesco a respirare se tu mi guardi in quel modo.
Restò fermo davanti alla porta. Senza sapere cosa fare, cosa dirle, come muoversi.
Poteva andarsene, ma non voleva.
Dopo qualche minuto di silenzio Hermione aprì gli occhi e lo fissò, aveva gli occhi lucidi per le lacrime che tratteneva.
- Perché sei venuto al matrimonio?
- Potter mi ha invitato.
- E da quando fai quello che ti dice Harry?
Il mago sollevò un sopracciglio nero.
La donna scosse il capo e si avvicinò alla porta con l'intenzione di uscire. Severus si spostò appena permettendole di superarlo, ma lo spazio era poco e si sarebbero sicuramente sfiorati.
Era l'unico modo che aveva di toccarla.
Hermione si fermò, incastrata tra il suo corpo e lo stipite della porta.
- Dimmi che ti manco, Severus. - gli sussurrò guardandolo negli occhi – Dimmi che senti la stessa tristezza che sento io. Che hai lo stesso vuoto nel cuore che ho io. Dimmelo, Severus e io saprò che questi anni a piangere per te non sono stati buttati. Dimmi che sono importante, che sogni di fare l'amore con me. Dimmi che il tuo unico desiderio di oggi é baciarmi come facevi un tempo.
Sarebbe stato facile dirglielo, dirle quello che voleva, lasciarsi amare. Amarla come solo lui sapeva fare.
Sarebbe stato bello e facile.
- Non posso. - rispose con un filo di voce.
Lei era così vicina che poteva sentirne il calore della pelle e il suo profumo.
- Allora dimmi che mi odi. Che mi sono sognata tutto. Che quello che c'é stato era solo sesso. Dimmi che non sono importante. Che questi anni sono stati uno spreco di tempo. Dimmi che ami Lily, Severus.
Hermione si avvicinò, erano così vicini che le loro labbra si sfioravano. Era già pronto a baciarla, pronto per il suo sapore e la sua passione. Era già pronto a perdersi nella sua bocca per poi pentirsene.
Ma Hermione non unì le loro labbra come sperava, rimase vicina, calamitando il suo sguardo e la sua mente verso la sua bocca.
- Non posso. - sussurrò sulle sue labbra, sentendo il corpo vibrare al suo richiamo.
Bastava poco per toccarla, per sfiorarla, baciarla, assaporarla, prenderla.
- Non puoi o non vuoi?
- Hermione...
Le perfette labbra di lei si incurvarono in un sorriso crudele, sembrava che stesse per ringhiare.
- Sei un vigliacco.
Si allontanò velocemente, lasciandolo solo.

* * * *


Dicembre 1998
Hogwarts, ufficio del Preside
Sera



L'alfiere bianco si mosse di tre caselle e distrusse senza tanti complimenti la torre nera. La Regina e il Re nero gesticolarono indignati contro il mago che stava giocando.
- Così é troppo facile, Severus. - fece Minerva togliendo i pezzi dalla scacchiera – Ti stanno insultando anche le pedine.
Senza rispondere il mago prese uno dei cavalli e lo spostò.
- Severus?
- Mmmh?
- Stiamo giocando agli scacchi dei maghi…
Severus sbatté le palpebre un paio di volte come se si fosse risvegliato da un sogno improvviso. Abbassò gli occhi sulla scacchiera e si rese conto che stava perdendo miseramente, non si sforzava neppure. Minerva sorrideva dall'altra parte del tavolo.
Il mago si massaggiò la radice del naso.
- Non ti senti bene? - gli domandò la strega con fare materno.
- No, - rispose – sto bene. Mi sto solo chiedendo dove sia Silente. E' da quando sono tornato che non lo vedo nel suo quadro.
Minerva si voltò verso la cornice vuota.
- Albus passa molto tempo nell'ufficio di Kingsley, lo aiuta a migliorare il Ministero. Hanno già eliminato i Dissennatori da Azkaban. Alcuni dicono che suggerisca a Potter durante il corso per Auror. - finì con un sorriso divertito.
Il cavallo bianco della professoressa ridusse in briciole quello di Severus. Il re nero scagliò lontano la sua corona.
Bussarono alla porta. Lumacorno entrò nell'ufficio a testa alta.
- Oh ci siete entrambi! Bene... bene... - esclamò il professore lisciando il panciotto di velluto rosso sulla voluminosa pancia – ho qui i miei inviti per la festa di Natale!
Entrambi presero il rotolo di pergamena che il mago porgeva. Nessuno dei due sembrò entusiasta all'idea della festa di Natale di Lumacorno.
- Ti ringrazio, Horace. - fece Minerva – Non so se potrò parteciparvi.
- Suvvia, Minerva, è il primo Natale dopo la guerra! Bisogna festeggiare. E anche tu, Severus! Tu sei sopravvissuto per un soffio, sei stato in coma per mesi, tu devi festeggiare. L'ho detto anche alla Signorina Granger, il suo coma é durato molto meno, ma é stata ad un soffio dalla morte anche lei!
Severus vide Minerva irrigidirsi sulla sedia e fulminare il professore di pozioni solo con lo sguardo.
- Grazie, Horace. - si affrettò Minerva – Ti faremo sapere, ora se vuoi scusarci...
- Certo, certo! - ridacchiò il mago aggiustandosi i baffi unti da tricheco – Vi lascio alle vostre faccende. Vi aspetto alla festa!
Quando Lumacorno si chiuse la porta alle spalle, Minerva fece sparire la scacchiera con un colpo di bacchetta.
- Credo che questa non ci serva più. - sospirò sconsolata.
- La Granger é stata in coma? - domandò Severus sospettoso.
- Tre settimane. - confermò la McGranitt – Eravate vicini si stanza.
- Perchè?
- Probabilmente per i medimaghi era più comodo...
- Perché é entrata in coma. - la interruppe infastidito il mago.
Minerva aveva capito perfettamente la domanda, ma sperava di aggirarla. Severus era un mago intelligente, abbastanza per capire che il coma di Hermione poteva essere sospetto.
Tutto poteva essere sospetto.
- Ha consumato una gran quantità di energia magica. - spiegò fingendo che la notizia fosse poco importante.
- Minerva non devo certo ricordarti io che per consumare l'energia magica ci vuole molto tempo. Oppure un incantesimo estremamente potente.
- Hermione ha combattuto, Severus, l'ultimo incantesimo che ha eseguito le ha quasi prosciugato le riserve di energie.
- E stato quando mi ha riportato ad Hogwarts?
- Sì. - rispose Minerva dopo un lungo silenzio.
Severus si alzò di scatto, la donna poteva immaginare senza troppi sforzi i ragionamenti che stava facendo in quel preciso momento. Sperava solo che non arrivasse alla verità troppo in fretta.
- Cos'é successo in quella casa, Minerva?
La strega trattenne un sospiro.
- Fanny ti ha salvato. - mentì sapendo che sarebbe stata scoperta.
Severus era bravo in questo.
Come a dare conferma dei suoi pensieri il mago strinse i pugni e assottigliò lo sguardo, una vena sul collo prese a pulsare.
- Voi Grifondoro non siete capaci di mentire.
Minerva non osò replicare.
- Scoprirò da solo cos'é successo. E se la Granger è immischiata, io... io...
- Cosa farai, Severus?
Il mago non rispose.

Edited by chiara53 - 1/12/2013, 18:46
 
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kijoka
view post Posted on 1/12/2013, 00:21




Nr.47

Autore/data: Kijoka – 16 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: romantico
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Non voleva sprecare altro tempo a raccontare, voleva dire, voleva subito condividere con lei quel sentimento che aveva trovato dentro di sé.
Parole/pagine:1.780/3 .




Speranza

Quel bussare alla porta l'avrebbe riconosciuto tra mille altri.
Severus trasse un lungo respiro: il momento era arrivato.
Lo stomaco si contorse nel timore di non trovare le parole giuste. No, avrebbe lasciato parlare il suo cuore.
Si voltò, dando le spalle alla finestra, spalancata sul tepore estivo. Ciò che vide gli mozzò il fiato.
Il riverbero illuminava la maga in modo diretto, facendo brillare vividamente gli occhi blu nell'incarnato appena ambrato del volto. I lunghi capelli risplendevano come seta, sciolti sulle spalle in onde morbide.
Per un attimo restò immobile, come sospeso, a guardarla.
Joy si era appena chiusa la porta alle spalle, quando vide Severus là in fondo.
I raggi del sole, che irrompevano nella stanza dalla finestra spalancata, disegnavano i contorni del suo corpo.
Luce che, inatteso, illumina la splendida notte.
Sembrava che il chiarore si dividesse in riflessi dorati, cancellando con un abbraccio ogni traccia del cupo passato che viveva in lui.
Restò a guardare il corpo divenuto fin troppo magro per i mesi di sofferenza fisica, le spalle ampie fasciate dalla camicia bianca, la sciarpa scura che gli cingeva il collo ferito, i lunghi capelli neri lucenti appena mossi dalla brezza esterna. Nonostante fossero quasi nascosti nell'ombra proiettata dal suo stesso corpo, gli occhi neri scintillavano di una luce nuova.
Sembravano rifletterne l'anima.
Joy sentì che quello sguardo non lo avrebbe mai più scordato.
Avvertì la strana sensazione di sentirsi come fosse un libro aperto. L'emozione era così intensa che non le riusciva di parlare. Quindi continuò a guardarlo, cercando di infondere nello sguardo tutto il sentimento che sentiva accendersi dentro.
Sapeva che quel momento sarebbe rimasto nella memoria come unico e speciale.
Non cercò di nascondere quel che le stava succedendo. Sorrise dolcemente.
Severus si accorse del sottile cambiamento: fu come se gli occhi turchesi si accendessero di un bagliore esaltante.
Il sorriso che Joy aveva sulle labbra lo commosse e gli donò la forza per combattere la sua natura schiva.
Le andò incontro, con passi spediti e risoluti.
Le si fermò di fonte, ad un passo, senza smettere di guardarla. Il viso corrucciato, il muscolo della mascella che vibrava.
Joy se lo trovò davanti, la sovrastava di parecchi centimetri. I suoi studenti sicuramente ne erano stati sempre intimoriti, pensò, ma al contrario, ciò che lei sentiva era di essere al sicuro, protetta.
Non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso, dal guizzare quasi impercettibile della guancia che indicava profondo nervosismo e dalla piccola ruga che si era formata tra le sopracciglia.
Il cuore prese a batterle all'impazzata.
Non poteva più usare quello speciale incantesimo, non più! Ora doveva farcela solo con le sue umane intuizioni.
Le sembrava turbato. Lo imputò alla sua assenza. Era mancata solo due giorni, in fondo. In verità non l'aveva avvisato del suo spostamento, ma non si era aspettata di dover stare via così tanto: le cose si erano complicate. Doveva spiegare: era evidente che la sua lontananza lo aveva inquietato.
- Severus... ho dovuto andare in città e...
Sembrò non sentirla. Gli occhi scuri continuavano a scrutarla, scivolandole leggeri sul viso e tornando ad affondare nel suo sguardo.
Al mago sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando le corde vocali non lo assistevano più: gli sembrava di non riuscire ad emettere suono.
Come fare? Come poteva dirle quello che era capitato, cosa aveva trovato dentro di sé, in una frase, che spiegasse tutto in un momento?
Non voleva sprecare altro tempo a raccontare, voleva dire, voleva subito condividere con lei quel sentimento che aveva trovato dentro di sé.
Perché l'incantesimo non esisteva più? Sarebbe stato tutto più facile!
Eppure doveva farcela. Aprì appena le labbra, senza davvero sapere cosa avrebbe detto.
A Joy si fermò il cuore.
Le sue labbra... le aveva davanti agli occhi, vicinissime. Quelle stesse labbra che per così tanto tempo avevano popolato i suoi sogni. Quelle che nella realtà aveva sognato di baciare mille volte si erano lentamente schiuse e tremavano appena.
Abbassò gli occhi e gli voltò le spalle, allontanandosi di poco.
Non poteva continuare a guardarlo. Doveva ritrovare la calma o non sarebbe più riuscita a dominarsi e non voleva rovinare tutto quanto avevano costruito insieme negli ultimi giorni. Prese quindi a spiegare, Cercando di controllare la voce:
- Mi hanno convocata al Ministero. Volevano che tu andassi da loro, ma ho detto che era troppo presto. Allora hanno parlato con me e mi hanno comunicato la possibilità di una visita della Preside MacGranitt nei prossimi giorni. Volevo avvisarti... so che non sarà facile, ma forse è solo un bene che cominci a rivedere...
Cosa stava per dire?
Le persone che ti sono state vicine? Nessuno lo era stato troppo nei mesi precedenti all'ultima battaglia...
Le persone che ti sono care? Chi era lei per sapere quali fossero davvero le persone che riteneva tali?
Severus le fissava le spalle, mentre la tentazione di abbracciarla era sempre più forte.
Si era sottratta a lui, allontanandosi proprio quando stava per dare voce a ciò che aveva nel cuore.
I lunghi capelli corvini avevano una soffusa luce blu e ondeggiavano appena, assecondando il respiro di lei, che sembrava aver di colpo accelerato, come dopo una lunga corsa.
Forse l'aveva spaventata...
Joy teneva le braccia tese lungo i fianchi, le mani strette a pugno. Stava facendo ogni sforzo per non soccombere all'imperioso desiderio di baciarlo che l'aveva presa poco prima.
Stupida! Doveva calmarsi! Doveva spiegare e non era il momento di cedere all'emotività! Cosa sarebbe potuto succedere se si fosse lasciata andare agli impulsi che imperversavano dentro di lei?
Severus si accorse della postura rigida. La osservò per alcuni istanti, poi non si trattenne oltre.
Le tornò accanto e poggiando il petto sulla sua schiena le prese le mani, sciogliendole i pugni stretti e intrecciando le dita con le sue.
Poi, con gentile fermezza, la fece voltare verso di sé.
Un dolcissimo, quanto appena accennato sorriso gli si dipinse sul volto e, senza ulteriori indugi, delicatamente l'abbracciò.
Joy tremò al contatto con il suo corpo. Era un sogno? Cosa stava succedendo? Come poteva succedere proprio in quel momento? Quando lei stessa non desiderava altro? Volle dimenticare le domande, chiuse gli occhi e abbandonò la testa sulla sua spalla, mentre il cuore tornava a pulsarle in modo frenetico.
Severus si girò appena e le accostò le labbra alla fronte.
Prese un piccolo respiro, che sembrò turbarla, e fece trapelare sentimenti e speranze modulando la voce profonda.
- Grazie, Joy...
La maga era sbalordita. La sua voce... il suo nome...
Si sciolse appena dall'abbraccio e prese a fissare gli occhi scuri. Erano accesi da un fuoco ardente e si perse in quello sguardo che aveva cercato per sé per così tanto tempo. Subito dopo non riuscì a impedirsi di esprimere ciò che provava:
- Severus, la tua voce... Cosa è successo? Oh, non importa, ne sono così felice! - Gli sorrise come se lui potesse essere l'unico al mondo. - Non so cosa sia stato, ma è bellissimo ascoltarti. E' un'emozione splendida sentirti parlare di nuovo...
Era sopraffatta. Le sembrava di vivere una fantasia. Sperava solo che continuasse all'infinito!
L'attimo dopo Severus riprese ad esprimere quel che il suo cuore gli suggeriva:
- Grazie per tutto quello che hai fatto per me! - Una breve interruzione gli permise di trovare le parole. - Non lasciarmi più solo, ora. Non importa cosa ci sarà da fare, lo faremo insieme. Voglio che resti con me, perché ho bisogno di te! Solo tu sai comprendere il mio cuore. Sei riuscita a riportare la speranza nella mia vita. Lascia che io lo faccia per te, con te...
Joy restò per un momento attonita, con le mani tremanti appena appoggiate sugli avambracci di Severus, ma l'attimo dopo realizzò cosa aveva appena sentito pronunciare da quelle labbra.
Non riusciva a ragionare con lucidità. La voce calda e profonda aveva suscitato un tale slancio in lei che sentiva attraversata da una scarica d'impetuosa energia. Non riuscì a replicare a quanto aveva appena ascoltato e semplicemente si abbandonò alle emozioni. L'attimo dopo un'arrendevole serenità calò in lei.
Tornò ad abbracciarlo.
La guancia appoggiata sulla sua spalla, appena coperta dalla lieve stoffa della camicia estiva. Percepiva la pelle, morbida e calda, che la carezzava e le trasmetteva il dolce tepore del corpo.
Si strinse più forte a lui, le mani a carezzare lentamente la schiena levigata, seguendo appena con le dita i muscoli robusti, che ora poteva intuire sotto la camicia chiara. Non voleva che quel momento così perfetto potesse dissolversi.
Le braccia del mago l'avvolsero più stretta.
Joy alzò appena il viso. Il respiro di Severus le sfiorava le labbra.
Affondò il viso nell'incavo del collo con dolcezza, per evitare di fargli male e sorrise, con tutta la felicità che le era nata nel cuore per ciò che ora era certa di aver sentito. Poi sussurrò appena:
- Adoro la tua voce. Sai far vibrare le corde più nascoste di me. Sai mettermi in contatto con la tua profonda energia. Ti prego, parlami ancora...
Le ultime parole erano state pronunciate con tale trasporto che Severus non riuscì più a ragionare. Vinsero i sentimenti.
Con un movimento appena accennato le fece alzare il viso: voleva guardarla.
Gli occhi turchesi mandavano muti messaggi che, chissà come, riusciva a captare senza alcun problema.
No, non era magia, ora lo sapeva con certezza: era amore.
Di nuovo un timido sorriso gli illuminò le labbra sottili. Nessun'altro se ne sarebbe accorto, solo lei riusciva a leggergli così tanto dentro che avrebbe compreso.
La maga lo osservava e vide l'espressione mutare. Lo sguardo nero diventò lucido velluto e le labbra s'incurvarono appena.
La felicità le scoppiò nel petto: non l'aveva mai visto sorridere e, in quel momento, sperò che le prossime parole che avrebbe pronunciato avessero potuto essere quelle che da mesi sognava.
Severus, senza che gli sguardi si lasciassero, la strinse al petto con forza.
- Joy, volevo ritrovare la voce per poterti parlare, solo a questo mi sarebbe servita. Non devo spiegare nulla a nessuno, solo a te devo dire ...
Le prese il volto tra le mani e affondò gli occhi scuri nel mare turchese e calmo dei suoi. La voce modulò i suoi sentimenti e le sue speranze divenendo un sussurro vibrante ed appassionato:
- Solo per te, Joy, batte il mio cuore. Tu che hai saputo riportarmi la speranza nel cuore, tu che sei riuscita a farmi vivere di nuovo. Solo tu hai trovato il significato per questa mia nuova esistenza. Solo a te devo la mia vita. - Il tono si abbassò ancora, il respiro le carezzò le labbra, con innata sensualità, - Io ti amo Joy, vera felicità e speranza della mia vita...

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:36
 
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view post Posted on 1/12/2013, 19:07
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Prego vivamente tutti di controllare le modifiche che ho apportato al calendario, con particolare riguardo ai cambi richiesti, spero di non aver fatto errori.
Il professor Piton vorrebbe sapere se Anastasia ed Elly si trovano con il numero delle storie in pubblicazione. :P :lovelove:

( Ania, forse ho fatto qualche pasticcio. Per favore controlla che sia tutto ok. Grazie ;) )





Prenotazioni per la 47a settimana di Sorrisi per Severus:

Lunedì 2 dicembre: Elly (36)
Martedì 3 dicembre: Elly (37)



Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 dicembre: Leonora (48)
Giovedì 5: Ida (48)
Venerdì 6: Anastasia (11 di 12)
Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (38)
Martedì 10: Elly (39)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Anastasia (12 di 12)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47)
Sabato 28: Elly (48)
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (50) ??? .....
Sabato 4: Elly (51)??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: ??? .....
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, rimangono solo due giorni effettivamente vuoti: il 7 e l'8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:36
 
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CITAZIONE (chiara53 @ 1/12/2013, 19:07) 

Prego vivamente tutti di controllare le modifiche che ho apportato al calendario, con particolare riguardo ai cambi richiesti, spero di non aver fatto errori.
Il professor Piton vorrebbe sapere se Anastasia ed Elly si trovano con il numero delle storie in pubblicazione. :P :lovelove:

( Ania ho controllato e il 29 hai pubblicato il nr 10 quindi per l'ultima (13) occorrerebbe spostare Elly. Chiedo ad Ida di controllare)


Uhm... Chiara tu hai modificato la numerazione delle storie di Ania che avevo fatto io, giusto? E ora te ne manca una, direi.
Se non ricordo male, le storie (Ania me lo confermi?) erano 1+12, dal che avevo scritto 13 in totale; Ania dà alle 12 storie della sua raccolta una numerazione che arriva (ovviamente) solo a 12, quindi la sua storia 10 di 12 è quella che io indico come 11 di 13.
Se Anastasia conferma che le cose stanno così, visto che tu (Chiara) hai modificato la mia numerazione nel primo numero, ora occorre modificare la numerazione anche nel secondo numero e sostituire ovunque il 13 con il 12... e i conti delle storie torneranno a quadrare.
Spero di essere riuscita a spiegarmi.

La numerazione delle storie di Elly, invece, non mi sembra che dia adito a problemi.


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:36
 
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Giusto. Aspetto conferma da Ania e poi modifico 13 in 12, poi è tutto giusto.

EDIT: ho sistemato.

Edited by chiara53 - 2/12/2013, 17:10
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 1/12/2013, 19:30) 
La numerazione delle storie di Elly, invece, non mi sembra che dia adito a problemi.

Miii come parli apparecchiato Ida! :woot: :woot: :woot:

Seguito di "Vigliacco"

n. 36

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Verità che fanno male come la lama di un pugnale

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Nessuno si accorse del mago vestito di nero che usciva furioso dalla sala mentre rinfoderava di nascosto la bacchetta.
Il finto sorriso di cortesia si era trasformato in uno di crudele vendetta.

Parole: 2.255


Verità che fanno male come la lama di un pugnale

Dicembre 1998
Hogwasrt, sotterranei, stanza di Severus Piton
Notte



Severus si ritrovò nel parco giochi che era stato lo sfondo della sua infanzia.
Si guardò attorno, nulla era mutato in quegli anni, eppure c'era qualcosa che stonava.
Gli alberi erano troppo ricchi di foglie, troppo verdi, l'erba era eccessivamente morbida, il sole troppo grande e splendente.
Era come se quel posto fosse finto, come se fosse il dipinto di un quadro invece che un posto reale.
Percorse il breve vialetto di terra battuta che univa la strada al parco giochi e intravide una figura sull'altalena. Sullo stesso seggiolino dove aveva visto Lily la prima volta.
Era una donna, ma non era la sua Lily.
Si avvicinò piano, la donna aveva la testa china, coperta dal cappuccio del mantello blu che indossava, si reggeva alle catene troppo lucide del gioco.
Spezzò un rametto con il piede e la donna sollevò di colpo la testa, ma nonostante tutto il volto restò coperto dal cappuccio.
- Sei tu. - sussurrò la voce femminile, sembrava sollevata.
- Tu sai chi sono? - domandò restando fermo in mezzo a quell'erba troppo verde.
- Tu sei Severus.
- Lily?
La donna chinò il capo, sembrava che la domanda l'avesse ferita in qualche modo.
- Lily non verrà, Severus. - disse lei dondolandosi appena – Non verrà mai. Devi fartene una ragione.
Probabilmente un pugnale infilato dritto nel cuore avrebbe fatto meno male. Strinse i pugni e digrignò i denti.
- Tu menti! - si ritrovò a gridare – Lei verrà! Lei mi amerà! Io lo merito!
La figura si alzò dal seggiolino che, nonostante tutto, non si mosse dalla sua posizione. Era tutto, tutto innaturalmente fermo.
- Sì, tu lo meriti. – confermò – Nessuno più di te merita l'amore. Ma Lily non verrà. Ha scelto, Severus e la sua scelta non sei tu. Non sarai mai tu. /i>
Il mago gemette e cadde in ginocchio. L'erba, che prima sembrava così morbida, si sbriciolò sotto il suo peso come se fosse di polvere, gli alberi morirono sotto i suoi occhi, il sole esplose come un palloncino, lasciandolo al buio in un mondo in rovina.
Quando l'oscurità lo inglobò del tutto sentì quella presenza vicino.
Severus...
Non rispose, rimase in ginocchio su un manto erboso che non esisteva più. Gemendo e piangendo per quello che non avrebbe mai avuto.
Severus...
- Lasciami in pace... - singhiozzò – lasciami stare.
Mi dispiace, Severus.
Il mago sollevò di scatto la testa, aveva il volto rigato dalle lacrime. Quella donna era accanto a lui, avvolta nel suo mantello blu, con il volto celato. Una pallida mano gli stava asciugando le guance.
Asciugava il suo dolore.
Mi dispiace così tanto, Severus. Se solo tu potessi sentire il mio dolore, come io sento il tuo.
- Chi sei?
Non la vedeva, non sapeva chi – cosa – fosse, eppure sentiva il suo sorriso. Un sorriso felice, pieno di sentimento. Un sorriso d’amore.
Per lui. Solamente per lui.
Baciami, Severus.
Quando Severus aprì gli occhi nella sua camera, disteso nel letto dalle coltri scure, si accorse che stava ancora piangendo.

* * * *



Vigilia di Natale, 2003
Hogwarts, primo piano
Festa di Lumacorno
Sera



Come Preside non poteva esimersi da quella festa che aveva sempre trovato ridicola.
Albus, un tempo, aveva la scusa della guerra imminente, quando era stato Preside sotto il breve regno dell'Oscuro Signore aveva proibito a Lumacorno qualsiasi tipo di festeggiamenti, anche con una certa soddisfazione, ora che ci pensava. Ma ora non aveva più scuse.
Si presentava quando i festeggiamenti erano iniziati da un pezzo, così che tutti fossero impegnati in conversazioni frivole e non avrebbero prestato attenzione a lui. Beveva un paio di bicchieri di zabaione, l'unica cosa buona alle feste di Lumacorno, e poi se ne andava.
Facile. Veloce. Indolore.
Come togliersi un cerotto.
Meno facile, veloce ed indolore, sarebbe stato mantenere sul volto il solito sorriso finto di cortesia. Sorriso che molti mal interpretavano, credendo che un mago oscuro e ambiguo come lui potesse trovare la gioia in una ghirlanda verde e in un albero canterino.
Quel finto sorriso a volte pesava quanto la maschera d'argento che gli aveva celato il volto alle riunioni dei Mangiamorte.
Entrò nella sala troppo addobbata, con ghirlande sgargianti, alberi incantati addobbati con fatine e vischio ovunque.
Costrinse a non sostituire il leggero sorriso con una smorfia infastidita e si avviò al tavolo, salutando i pochi che conosceva.
Alcuni studenti del sesto anno servivano gli ospiti, altri avevano avuto “l'onore” di essere invitati. Individuò un paio di Grifondoro, tre Corvonero e quattro Serpeverde. Nessuno Tassorosso, ma non c'era da stupirsi.
Lui non era mai stato un pupillo di Lumacorno, era il miglior pozionista della sua Casa, ma non dimostrava il carattere per emergere dal gruppo, per dimostrare a quel pallone gonfiato di Horace che valeva più di quello che si pensava.
Ovviamente Potter, l’altro Potter, era tra i suoi preferiti. Scarso in pozioni, ma estremamente carismatico.
Lui era Preside ora, mentre quel pallone gonfiato cibo per vermi.
Lui era anche un assassino, mentre James Potter era considerato un eroe, martire in un guerra che, in fin dei conti, non aveva mai veramente combattuto.
Quindi Lumacorno si sarebbe sempre vantato di averlo conosciuto, Potter sarebbe sempre stato uno dei suoi trofei migliori, mentre lui…
Severus prese con fastidio un bicchiere di zabaione e cercò di scacciare i pensieri negativi. Ma da quando l'aveva vista al matrimonio di Potter non c'erano altro che pensieri orribili che si affacciavano nella sua mente. Le mancava. Le mancava terribilmente e sapere che aveva sofferto quanto lui in quegl'anni era una tortura. Aveva sperato che si rifacesse una vita lontana da lui, una vita di luce, amore e calore.
Invece era ancora nell'ombra. La stessa ombra in cui era caduta dopo che l'aveva salvato. L'aveva riportato alla vita, gli aveva donato luce, ma il prezzo da pagare, per lei, era stato alto. La luce in cui era rinato lui aveva mandato lei nell'ombra e non poteva sopportarlo.
Andava a quella feste con la speranza di intravederla tra gli ospiti, non voleva parlarle, ma solo assicurarsi che stesse bene.
Ma lei non si presentava mai.
Finì in fretta il primo bicchiere e ne prese un secondo. Voleva andarsene il prima possibile.
Togliersi quella sgradevole sensazione, togliersi quel sorriso finto.
Si voltò verso il buffet, fu raggiunto da due maghi giovani che, dal distintivo che avevano appeso sul bavero della giacca, appartenevano alla Puddlemere United.
- … sì, proprio lei. - disse il primo prendendo qualche tortina.
- Quell'Hermione Granger? - chiese il secondo con gli occhi sgranati.
Severus si irrigidì al suono del suo nome e il sorriso, per quanto finto, fu spazzato via dalla forza che aveva quel nome.
- Sì, siamo usciti un paio di volte a Settembre, me l'ha presentata Ginny durante il raduno delle squadre inglesi prima del Campionato. - continuò il primo noncurante di chi avesse attorno, continuando a scegliere le tartine – E sai cosa? Parla troppo e di cose assolutamente noiose! Come si fa a perdere anni in giro per il mondo alla ricerca di isolate bolle di energia magica quando non importa a nessuno. Non é più emozionante la manovra Porskoff dell'ultima partita?
- Altroché! - risposo l'altro prendendo un calice di vino dal vassoio portato da un ragazzo di Corvonero del quinto anno.
Severus digrignò i denti e, per la prima volta, sentì la mancanza della sua maschera argentata.
- Quella si dev’essere seduta su una Stellafreccia quando era piccola, ti dico. - infierì il primo mago – C' è una sola cura per quelle come lei.
L'altro rise come solo un mago che ha preso troppi bolidi in testa e ha troppi ormoni nel corpo, decisamente sproporzionato rispetto alla nuca, può ridere.
- Sono certo che tu gli hai dato la tua speciale medicina. - gli diede una piccola gomitata – Vero, James?
Severus avrebbe voluto urlare.
- Eccome! – gongolò l’altro voltandosi, il piatto pieno in modo vergognoso – Si sa che quelle sono rigide nella vita, ma sotto le lenzuola cono come Ippogrifi selva…- il piatto cadde a terra mentre il giocatore si portava le mani alla bocca con gli occhi sgranati diventando paonazzo - mmmhh!!!
- James! – urlò l’altro andando in suo aiuto – Cosa ti succede?
- Mmmm! Sca misca linscua!!!
La lingua era immobile, appiccicata contro il palato.
Tutti accorsero verso il mago che gesticolava e biascicava qualcosa di incomprensibile.
Nessuno si accorse del mago vestito di nero che usciva furioso dalla sala mentre rinfoderava di nascosto la bacchetta.
Il finto sorriso di cortesia si era trasformato in uno di crudele vendetta.

* * * *



Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Stambera Strillante
pomeriggio inoltrato


Il mago deglutì, non riuscì ad evitarlo quando vide la macchia di sangue secco sporcare le assi del pavimento scricchiolante della Stamberga. Sapeva che il morso di Nagini era stato profondo, letale se non fosse stata per Fanny.
Ma era proprio stata Fanny?
Perché la fenice avrebbe dovuto salvarlo?
Per la sua lealtà a Silente e ad Hogwarts?
Severus non lo credeva. Non credeva neppure che fosse stato salvato da Fanny.
Poteva curarlo dal veleno che non faceva cicatrizzare le ferite, ma il sangue secco su quel pavimento era tanto, troppo per permettere ad un uomo di sopravvivere.
Si sforzò di non guardare la grande macchia, di non immaginare il suo corpo riverso sul pavimento con gli occhi vitrei spalancati sulle ragnatele; si concentrò sulle tracce che vedeva nella polvere. Nonostante fossero passati mesi si intravedevano ancora.
Riconobbe le impronte dell'Oscuro e le spire di Nagini. Vide le sue, a distanza regolare fino ad un certo punto. Per poi diventare confuse ed indistinte fino a quando Nagini non lo aveva azzannato. Vide tre serie di impronte lasciate dal passaggio segreto alla grande pozza rossa mattone. E poi altre tre serie che tornavano indietro.
Fin lì non c'era nulla di strano.
Ma c'erano una serie di orme che stonavano.
Erano piccole, confuse, si sovrapponevano alle altre, era come se qualcuno avesse corso. La persona che le aveva lasciate era entrata nella pozza del suo sangue, si era inginocchiata.
Severus strinse i pugni.
Era tornata indietro per lui. Perché? Perché Hermione Granger era tornata per un morto?
Si avvicinò ad una finestra, con un colpo di bacchetta fece cadere due assi che coprivano una delle finestre. Caddero sul pavimento con un tonfo sordo, sollevando una nuvola di polvere umida. Un pallido raggio di sole invernale superò lo sporco sul vetro e illuminò la stanza con una fredda luce.
Il mago fece qualche passo verso la macchia sul pavimento, sentendo su di sé gli invisibili occhi di un serpente assetato del suo sangue.
Si inginocchiò davanti al sangue e lo sfiorò con due dita analizzandolo con la stessa cura con cui avrebbe analizzato l'ingrediente per una pozione.
Sentiva l'aria attorno a quel punto crepitare di magia. Magia potente, proibita, sconosciuta, pericolosamente oscura.
Osservò i contorni della macchia ricostruendo la posizione del suo corpo. Ne percorse il contorno con due dita, ricordandosi il dolore, la paura e la pace quando aveva visto quello sguardo verde che negli ultimi anni aveva odiato e amato contemporaneamente.
Memorizzò le venature del legno messe in evidenza dal sangue, quasi poteva ancora sentirne l'odore metallico.
Non poteva esser sopravvissuto a quell'attacco.
Senza pensarci troppo di sdraiò sul pavimento, cercando di far coincidere il proprio corpo con la chiazza scura. Si ritrovò a pancia in su fissando le stesse ragnatele che l'avevano visto morire.
Voltò la testa a destra e sinistra osservando le impronte nella polvere e il sangue. Si alzò di scatto a sedere e allungò la mano verso due gocce di sangue più scure, perfettamente tonde, come se fossero cadute dall'alto.
- Questo non é mio. - sussurrò passando il polpastrello sul primo bottone rosso rubino.
Con la coda dell'occhio intravide un luccichio sotto la fodera logora che copriva un vecchio mobile. Si avvicinò piano, carponi sul pavimento sporco, sentì delle schegge entrargli nel palmo ma non vi badò. Sollevò il tessuto rivelando un pugnale dalla lama argentata. Un pugnale così simile a quello dei Mangiamorte da farlo rabbrividire.
Delicatamente afferrò l'impugnatura e lo sollevò lasciando poi cadere la fodera che ondeggiò malinconica per qualche secondo, come il lenzuolo fatiscente di un fantasma.
Si alzò appoggiando la mano sul pavimento sporco, fece una smorfia quando avverti un forte bruciore. Si sollevò del tutto e girò la mano, una scheggia era penetrata in profondità e il sudiciume di quella vecchia baracca gli stava infiammando la pelle ferita.
Si pietrificò quando notò sul palmo una cicatrice che non ricordava. Il suo corpo spigoloso era una mappa di dolore, non ricordava la provenienza di ogni segno che aveva sul corpo. Era stato cruciato dall'Oscuro così tante volte che i segni si confondevano, mentre il lavoro di pozionista l'aveva visto con molti tagli sulle mani – soprattutto quand'era ancora inesperto – e bruciature sulle braccia per via dei fuochi sotto il calderone, aveva i polpastrelli ruvidi, segnati dalle bruciature del calderone bollente. Era abile, era il migliore, ma non era immune alle scottature. E poi ogni cicatrice era una testimonianza della sua inadeguatezza giovanile e un monito per non fare i medesimi errori di gioventù.
Il suo corpo era il degno contenitore della sua anima strappata e rattoppata più volte. Ma quella cicatrice non la conosceva.
Era quasi invisibile, pallida sulla sua pelle pallida, perfettamente cicatrizzata, non la sentiva neppure se chiudeva la mano a pugno. Era solo un segno sulla pelle.
Un segno che lui non conosceva.
Severus osservò il palmo.
Severus osservò il pugnale.
Poi sgranò gli occhi.
 
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view post Posted on 3/12/2013, 10:17
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Seguito di Verità che fanno male come la lama di un pugnale

n. 37

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso.

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Hermione aprì gli occhi e lui si voltò a guadarla. Nonostante lo sguardo offuscato dalle lacrime mal trattenute e il labbro che tremava riuscì a fargli un debole sorriso.
- Buon Natale, professor Piton.

Parole: 1.710

Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso.

Vigilia di Natale, 1998
Hogwarts, primo piano
Festa di Lumacorno
Sera




Stava parlando con uno degli incaricati del Ministero addetti alla ricerca della cura contro la licantropia quando la vide entrare.
La discussione era estremamente interessante e si era quasi dimenticato il motivo che l'aveva spinto alla festa di Horace.
Hermione Granger si era presentata vestita in abiti quasi babbani se si escludeva il mantello che le copriva le spalle.
La sua entrata fu segnalata da un fastidioso mormorio e da mille occhi che la fissavano. Il nome Potter echeggiava in tutta la stanza.
Severus vide perfettamente il fastidio indurire i lineamenti delicati della strega. La vide sforzarsi di sorridere a tutti, salutando e stringendo mani. Lumacorno la bloccò posizionandole una mano grassoccia sulla spalla.
- Signori e signori! - richiamò l'attenzione dei presenti – Sono certo che tutti voi conosciate la Signorina Hermione Granger. Ha combattuto in prima linea la guerra con Harry Potter contro Voi-Sapete-Chi ed è anche una strega incredibilmente dotata.
Ci fu un lieve applauso. Hermione sorrise mentre un lieve rossore le imporporava le guance. Il professore le passò un calice di vino elfico e sollevò il suo.
- Alla vittoria sulle forze del male e al coraggio di tre giovani maghi. - disse solennemente Lumacorno.
- A Harry Potter! - urlò uno degli invitati in fondo alla sala – All'eroe del Mondo Magico!
Tutti i calici si alzarono per un brindisi, tutti urlarono il nome del ragazzino che era sopravvissuto, Severus bevve un sorso del suo vino senza staccare gli occhi dalla strega.
Hermione aveva brindato poi con velocità a approfittando di un momento di distrazione di Horace si era allontanata, mettendosi in un angolo.
Lui aveva continuato a parlare con l'incaricato del Ministero, questa volta, però, con meno interesse. La osservava di nascosto e si rese conto subito che c'era qualcosa che non andava.
Era sola. In quella sala gremita di gente importante, Hermione Granger, la migliore amica di Harry Potter, colei che aveva sopportato le torture dei Mangiamorte, che aveva salvato il giovane Potter a Godric's Hollow da Nagini, che aveva combattuto a Hogwarts, era sola. I pochi che si avvicinavano per parlarle se ne andavano quasi subito, forse volevano solo notizie su Potter.
La saccente Grifondoro era cambiata, era strana. Severus notò subito la luce spenta del suo sguardo, una tristezza che dagli occhi si allargava a macchia d'olio su suo volto, rendendo triste perfino il suo sorriso.
Ricordava un sorriso dolce in quell'aula di pozioni.
Qui non ve n'era traccia.
Continuò ad osservarla mentre lei beveva e mangiava qualcosa dal grande tavolo a buffet, la fissò mentre intavolava un breve discussione con il capo degli Auror e un paio di ex studenti.
Poi non la vide più.
Era bastato un attimo e lei era sparita.
Il mago troncò la discussione e la cercò con lo sguardo. Quando si fu accertato che non era più in quella sala uscì, trovandola appoggiata al muro, con gli occhi chiusi.
- Signorina Granger, - la chiamò – si sente bene?
Hermione non rispose immediatamente, fece un profondo respiro e aprì gli occhi. Quando incrociò il suo sguardo il sorriso triste della serata sembrò illuminarsi.
Severus ne rimase colpito.
- Sì,- gli disse – avevo solo bisogno di un po' d'aria. L'atmosfera é soffocante là dentro. Non pensavo di vederla qui, professore.
- Sono stato praticamente costretto. Credevo che lei passasse il Natale alla Tana.
Hermione appoggiò la testa al muro.
- E' il primo Natale dopo la morte di Fred. - spiegò – Ho pensato che sarebbe stato meglio lasciarli da soli.
- E la sua famiglia?
- Sono in Australia. - disse l'altra – Ho modificato loro la memoria poco prima di partire con Harry alla ricerca degli Horcrux. Volevo che fossero al sicuro.
- Perché non é tornata ad annullare l'incantesimo?
- Ci sono andata. - sorrise lei, ma era una maschera che nascondeva un grande dolore – Mia madre aspetta un bambino. Li ho osservati di nascosto ed erano così felici ed increduli di quella gravidanza che... non volevo rovinare di nuovo le loro vite. Saranno più felici se non ricorderanno quello che ha fatto la loro figlia. - Hermione chiuse gli occhi e Severus vide una solitaria lacrima solcarle lentamente la guancia – Spero che sia maschio, ho sempre desiderato un fratello.
Il mago spostò lo sguardo, era in imbarazzo di fronte a quel dolore, destabilizzato dal quel sorriso triste e della lacrima solitaria.
La sentì tirare su col naso poco elegantemente e sospirare.
- Spero che sia un Babbano. - la sentì sussurrare.
Mentre restavano in silenzio in quel corridoio dove arrivata la musica e le chicchere inutili della festa di Lumacorno, il grande orologio batté dodici colpi.
Hermione aprì gli occhi e lui si voltò a guadarla. Nonostante lo sguardo offuscato dalle lacrime mal trattenute e il labbro che tremava riuscì a fargli un debole sorriso.
- Buon Natale, professor Piton.
Si ritrovò a rispondere a quel sorriso con uno altrettanto triste.
- Buon Natale, signorina Granger.

* * * *


28 Dicembre 2003
Hogwarts, ufficio del Preside
Mattina


Le fiamme verdi si alzarono all'improvviso.
Il camino del suo ufficio era l'unico collegato al Ministero, se ne serviva poco e solo per casi di estrema necessità. Nessuno arriva nel suo studio senza prima farsi annunciare da uno dei quadri.
Quando Hermione vorticò fuori dalla fiamme si sentì morire. Era infuriata, lo capiva solo dal modo in cui si toglieva la cenere dal mantello.
- Buongiorno Signorina Granger. - la salutò lentamente valutando ogni sfumatura del suo volto.
- Bene. - disse lei freddamente finendo di pulirsi – Sei qui. Almeno non devo cercati per tutto il castello.
Il mago sollevò un sopracciglio sottile.
- A cosa devo l'onore della sua presenza? - domandò ironico tornando a posare gli occhi sulle carte che stava leggendo.
- Non usare quel tono con me, Severus! - lo aggredì immediatamente.
Il mago sollevò gli occhi, Hermione era rossa in volto, i capelli erano più crespi del solito. Sembrava una leonessa sul punto di aggredire la preda.
E, per una volta, era lui la preda e non il cacciatore.
- Cosa vuoi Hermione? - domandò sbrigativo lasciando perdere il lavoro.
- Sono per qui per James Garren.
- Chi?
Hermione fece un profondo respiro per controllare la rabbia, ma i capelli sembrano più gonfi e ricci man a mano che la furia cresceva in lei.
- Quello a cui hai appiccicato la lingua al palato!
Severus arricciò le labbra cercando di non ridere, si appoggiò allo schienale della sedia e unì le mani, passandosi il dito indice sulle labbra.
- E chi ti dice che sia stato io?
- Quando mi hanno descritto la fattura l’ho riconosciuta subito! Era scritta su quello stupido libro di pozioni!
- Era diventata molto popolare ai miei tempi.
- Ma nessuno sa come far durare l'incantesimo per tre giorni consecutivi!
Era brillante, Severus ne era sempre stato affascinato, anche quando era stata una semplice studentessa. Un'intelligenza come la sua era rara anche tra i Corvonero.
Hermione, nel frattempo, camminava avanti ed indietro per il suo ufficio, si torturava le mani, Severus vide che si era mangiata tutte unghie.
Era un vero peccato rovinare così le sue belle mani.
- Perché l'hai fatto? - gli domandò furiosa – Ti stavi annoiando?
- Stava parlando di te. - le disse continuando a restare seduto – Stava dicendo cose orribili...
- Credi che non sappia cosa dice di me agli altri? - lo interruppe lei – Pensi che sia così ingenua, Severus?
Il mago fece una smorfia.
- Garren, è un'idiota.
- Certo che è un'idiota! - confermò lei – Ma questi non sono affari tuoi!
Si guardarono negli occhi in silenzio. I presidi nei quadri fingevano di dormire, ma entrambi sapevano che avevano le orecchie tese per sentire tutto.
Alla fine Severus appoggiò le mani sui braccioli di legno intagliati.
- Non credevo che uno come lui fosse il tuo tipo, ma non dovrei stupirmi dopo Krum e Weasley che, di certo, non brillano di intelligenza.
Hermione sbuffò irritata, Severus la vide stringere le mani in due stretti pugni.
- Spero - continuò fingendo indifferenza – che ne sia valsa la pena.
Si aspettava delle urla di rabbia, di indignazione, ma Hermione non disse nulla. Anzi sembrò calmarsi e con lentezza estrema le labbra si incurvarono in un sorriso crudele, freddo e degno della Casa di Salazar.
Non le stava bene quel sorriso. Preferiva di gran lunga i sorrisi tristi che le aveva visto i primi mesi dopo il ritorno a scuola.
Soprattutto non gli piaceva che quei sorrisi fossero rivolti a lui.
La vide avvicinarsi alla scrivania, poggiare i palmi sul ripiano e allungarsi nella sua direzione.
- Vuoi i dettagli, Severus?- gli sussurrò furiosa – Vuoi che ti racconti di quando l’abbiamo fatto negli spogliatoi dopo la prima partita di campionato? Oppure di quando l’ho invitato a casa mia e mi desiderava così tanto che non siamo neppure arrivati alla camera da letto?
Il morso di Nagini aveva fatto meno male.
Severus non replicò, restò seduto a fissarla, sentendosi ferire da quello sguardo colmo di disprezzo, odiandole quel sorriso vendicativo.
- Non intrometterti più nella mia vita, Severus Piton. – scandì con un sussurro appena udibile. Ma che rimbombò nelle sue orecchie come un urlo.
Si allontanò velocemente e si avvicinò al camino di pietra rovistando nelle tasche del mantello alla ricerca del sacchettino con la metropolvere.
- Non ti si addice quel sorriso, Hermione. – le disse tornato a fissare le sue carte – Quel falso sorriso vendicativo. – specificò quando lei si voltò a guardarlo – Lascialo usare a chi lo conosce da oltre vent’anni, a chi sa padroneggiarlo senza sembrare un adolescente arrabbiata con il suo ex fidanzato.
La strega lanciò la polvere tra le fiamme furiosa.
- E’ l’unica difesa che mi è rimasta contro di te, Severus. E tu non sei il mio ex fidanzato, sei il bastardo che mi ha spezzato il cuore. – specificò prima di entrare nel fuoco e sparire in un turbine color smeraldo.
Severus prese in mano la piuma per riprendere il lavoro, ma la riappoggiò subito sul tavolo con un sospiro.
- Perché fai così, Severus? – chiese Silente alle sue spalle, era l’unico che aveva seguito la discussione con gli occhi aperti – Perché l’allontani se l’ami così tanto?
- Per salvare la mia anima, – sussurrò il mago appoggiando la testa sullo schienale – ha profanato la sua. E’ quasi morta per me. Voleva rinunciare alla sua vita per me. Quanto ancora devo chiederle di sacrificare in mio nome?
- Lei ti ama. – disse il mago dipinto – Non ha perso nulla. Ha trovato te.
- Bell’affare.
- Sei un’anima piena di luce, ragazzo mio. Quando la smetterai di guardare solo le ombre del tuo passato?
L'ombra più cupa, nasce dalla luce più intensa.
Severus non rispose, prese la piuma e riprese il lavoro interrotto.
- Se Hermione dovesse sposarsi? – domandò il vecchio mago – Se decidesse di andare avanti e non aspettarti più? Cosa farai Severus? Resterai a guardare di nuovo? La vedrai vivere mentre tu morirai? Continuerai a proteggerla anche se ci sarà un altro uomo accanto a lei?
Il professore restò in silenzio qualche secondo.
- L’ho già fatto una volta, Albus. Posso farlo di nuovo.
- Oh, ragazzo mio…
 
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