Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 19/11/2013, 12:30
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Seguito di "L'inizio"


n. 32

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Bianche parole

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non avrebbe saputo dire se era felice e arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovavo con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.

Parole: 2161

Bianche parole


Giugno 2002
Londra, Spinner's End



Severus appoggiò sul letto la sua borsa di pelle nera con un sospiro.
La scuola era finita da qualche settimana, aveva sistemato gli ultimi lavori, congedato gli insegnanti, inviato le ultime missive al Ministero e dato gli ordini agli elfi domestici per l'estate. Finiti gli ultimi compiti aveva preso i suoi effetti personali ed era tornato a casa.
Aveva sempre considerato Hogwarts la sua vera casa, Spinner's End era solo un luogo dove andare a tentare di rilassarsi e abbassare il suo livello di stress causato dal lavoro. Nonostante odiasse quella casa ci andava ogni anno per un paio di mesi a passare giornate tranquille e del tutto improduttive.
Leggeva molto spesso libri che aveva già letto almeno un paio di volte. Alcune volte andava a Diagon Alley, altre girava per la Londra babbana mimetizzandosi tra la folla di turisti e inglesi ignari del suo nome e di quello che significava.
Gli piaceva girare i musei, freschi e silenziosi. Nel totale anonimato, senza maghi dai finti sorrisi che lo additavano come eroe.
Un tempo andava al vecchio parco giochi, solitamente al crepuscolo, quando era certo di trovarlo deserto. Si fermava vicino all'albero e fissava le altalene; a volte, se si concentrava abbastanza, poteva ancora vederla librarsi in aria con il sottofondo delle grida della sorella.
Un tempo.
Ora gli era stato portato via anche quel ricordo.
E all'immagine della giovane strega dai capelli di fuoco si aggiungeva la giovane strega riccia che gli tendeva la mano con un sorriso.
Sono qui per darle una scelta.
Sei patetico, Severus.

Il mago distese le labbra in un sorriso cinico. Era proprio patetico. Ma era così che doveva andare.
Così che aveva deciso.
Così che aveva scelto.
Senza accorgersene si passò una mano sul collo, nel punto in cui avrebbero dovuto esserci due tonde cicatrici, e si sforzò di non perdersi nei ricordi. O nel pensiero di due occhi color nocciola che lo imploravano.
Che lo amavano.
Ci riuscì per un po'. Distratto da un libro e da un buon liquore invecchiato al punto giusto dimenticò tutto.
Quando si alzò, il giorno dopo, si sentiva rilassato e riposato.
Niente sogni malinconici. Niente dolci labbra da torturare con i suoi denti e niente corpo in cui affondare con il proprio.
Niente risveglio colmo di sofferenza per l'ennesima scelta dolorosa della sua vita.
Scese le scale per andare in cucina, aveva bisogno di un buon caffè e, forse, si sarebbe vestito e avrebbe fatto un giro in qualche museo babbano.
Stranamente non aveva voglia di stare in casa.
Si bloccò davanti alla porta della cucina quando intravide qualcosa davanti alla porta d'entrata. Il postino era arrivato presto quella mattina e aveva lasciato scivolare nella fessura della porta una cartolina.
Il mago si chinò a raccoglierla.
- Parigi. - mormorò osservando la fotografia. Era Notre Dame in bianco e nero; la cattedrale era avvolta da una finta nebbiolina che qualche grafico aveva aggiunto per rendere la cattedrale più sinistra.
Girò la cartolina non sorprendendosi di trovarla bianca se non per l'indirizzo scritto di lato.
Conosceva bene quella grafia, aveva corretto per anni temi sempre troppo lunghi scritti in quel modo tondeggiante ed ordinato.
Osservò ogni carattere scritto con precisione e accuratezza e lo spiazzo lasciato bianco di proposito per permettere di scrivere le solite frasi insignificanti ai parenti costretti a casa.
Vuoto, come il suo cuore.
Forse come il cuore di entrambi.
Ma per lei c'era ancora tempo, ancora speranza. L'aveva già macchiata con la sua anima, con il suo corpo.
Non poteva avere altro da lei.
Non era giusto.
La voltò di nuovo perdendosi nella foto della cattedrale per pochi istanti. Si avvicinò al mobile basso nel corridoio e aprì l'unico stretto cassetto, dove altre due cartoline – una da Praga e una da Amsterdam – anch'esse bianche, erano state ricevute l'estate precedente.
Velocemente, senza perdersi in altri ricordi, infilò la cartolina nel cassetto e lo chiuse con un colpo secco.
Uscì di casa dopo pochi minuti, senza fare colazione e rientrò solo la sera tardi, quando era troppo stanco per cedere alla tentazione di andare da lei.

* * * *


Ottobre 1998
Hogwarts, Ufficio del Preside



La piuma d'aquila scivolò dalla mano della strega.
- Severus!
Minerva scattò in piedi incredula.
- Ti hanno già dimesso? Perché non mi hanno informato?
- Non preoccupati, Minerva. - fece il mago appoggiando la borsa a terra – Sono stato io a chiedere di non dire nulla.
La donna si avvicinò preoccupata e gli posò una mano sulla guancia.
- Sei pallido. - disse in tono materno.
- Io sono sempre pallido. - rispose ironicamente lui.
- Perché ti hanno dimesso?
- Perché un'occhiataccia fatta bene vale più di mille maledizioni.
La professoressa sgranò gli occhi.
- Severus! Tu dovresti stare ancora in ospedale.
Il mago scosse il capo.
- Ho solo bisogno di riposo e di una serie di pozioni che posso distillarmi da solo. Posso farlo anche qui, sempre che tu acconsenta, Minerva.
- Ma certo Severus! Perché dovrei darti io il permesso?
Il mago arricciò leggermente le labbra sottili.
- Sei la Preside.
Fu il turno della strega di scuotere il capo.
- No, Severus. Sei tu il Preside. Io sono solo una vecchia strega che fa le tue veci.
- Minerva…
- Hogwarts é la tua casa, Severus. E le sue porte saranno sempre aperte per te. Albus sarebbe d'accordo.
Severus lanciò un'occhiata alle spalle della strega. Il ritratto di Silente era vuoto.
- Sei la seconda persona a cui lo dico quest'anno. - sorrise la donna.
Piton distolse lo sguardo dalla tela e fissò la strega, sollevò un sopracciglio in una muta domanda.
- Hermione. - rispose – Ha chiesto di riprendere gli studi.
- Da quello che so al famoso trio di eroi - a Minerva non sfuggì la sfumatura sarcastica della sua voce – é stata concessa l'opportunità di intraprendere la carriera che vogliono senza sottoporsi ai M.A.G.O..
- Sì, é vero. Potter e Weasley hanno, ovviamente, accettato con entusiasmo l'offerta. Conosci la signorina Granger, Severus. Non l'avrebbe mai trovato corretto nei confronti degli altri.
Minerva lo accompagnò fino alle sue stanze. Avevano parlato della sistemazione della scuola e dell'assunzione dei nuovi insegnanti.
Chiese a Minerva di occuparsi della scuola per quell'anno. Si sentiva ancora troppo debole per quell'incarico e le pozioni che doveva distillare per il sua totale guarigione erano lunghe e complesse.
La vecchia strega aveva acconsentito, ma l'aveva avvertito che per qualunque decisione importante riguardante la scuola avrebbe richiesto il suo parere.
Rimasto solo nella sua vecchia stanza, Severus sprofondò sulla poltrona davanti al camino spento, come aveva fatto ogni volta che tornava da una delle sue missioni per l'Ordine.
Solitamente, con una precisione che andava ben oltre la coincidenza, dopo pochi istanti entrava Silente per sapere l'esito della missione, chiedendo ogni informazione che ritenesse utile per i suoi scopi. Poi si preoccupava della sua salute.
Ma Silente non avrebbe varcato mai più quella porta.
Già perché tu l'hai ucciso.
Il mago si abbandonò contro lo schienale della poltrona.
Dal suo risveglio erano passate poche settimane. Stava incredibilmente bene. Era vivo. Sano e del suo passato era rimasta solo una cicatrice sul braccio e gli incubi di anni di orrori.
Minerva era corsa da lui non appena l'avevano avvertita del suo risveglio. Aveva pianto sul suo letto implorando perdono per quelle parole dettate solo dalla rabbia.
Anche lui le aveva chiesto perdono per tutto quello che aveva fatto, per le punizioni agli studenti più dure del necessario, per le sue occhiate di sfida, per aver ucciso Silente senza trovare una soluzione alterativa.
Era stato un incontro toccante e che avrebbe definito imbarazzante se qualcuno avesse assistito alla scena.
Quando le frasi sdolcinate furono finite Minerva entrò in un argomento più delicato.
- Qual'è il tuo ultimo ricordo, Severus?
- Potter... - aveva risposto appoggiando la testa sul morbido cuscino candido come la prima neve – Potter che non sa farsi i fatti suoi.
La vecchia amica aveva stretto le labbra trattenendo un sorriso.
- Come... - iniziò – chi... perché non sono morto, Minerva?
C'era stato un buon minuto di silenzio durante il quale la vecchia amica l'aveva studiato con attenzione, come se non volesse parlargli.
Come se nascondesse qualcosa.
- E' stata Fanny. - aveva così iniziato a raccontargli di come Fanny l'avesse salvato in quella casa e come fu ritrovato – E' stata la signorina Granger a trovarti ancora vivo. - gli disse – Quando é riuscita a portarti in Sala Grande non volevo crederci.
A dire il vero la storia che Minerva gli aveva raccontato era alquanto bizzarra, non credeva che Fanny l'avesse salvato, ma non aveva altre spiegazioni per la sua improvvisa e completa guarigione.
Decise che non avrebbe passato tutto il suo tempo a porsi domande di cui, probabilmente, non avrebbe mai avuto risposta.
Non al momento almeno, era troppo debole, troppo dipendente da quelle pozioni. Quando la situazione si fosse stabilizzata avrebbe preteso delle risposte. Vere risposte.
Si era alzato dalla poltrona ed era andato in laboratorio per prendere gli ingredienti della prima pozione che voleva distillare.
La scuola non era cambiata in quei mesi, ogni oggetto era dove lo ricordava, era come se non fosse mai stata combattuta alcuna battaglia tra quelle mura.
Era rassicurante e spaventoso nello stesso momento. Era come se la scuola volesse cancellare ogni traccia della guerra, lasciando solo le cicatrici sui corpi di chi aveva combattuto.
Lasciando solo le sue cicatrici.
Non avrebbe saputo dire se fosse felice o arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovava con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.
Dovresti vivere, Severus.
Si bloccò di colpo nel corridoio, quella voce nella sua testa la conosceva. Era la voce di quel sogno.
Era la voce che lo aveva convinto a non lasciarsi andare.
Perché la sentiva adesso?
Te l'ho già detto. Io non ti lascio solo.
Scosse il capo e riprese a camminare arrivando in fretta al laboratorio.
Si accorse subito che l'aula non era vuota come desiderava. Riconobbe la schiena curva di Hermione Granger, intenta a scrivere su una pergamena. Il resto del tavolo era ingombro di tomi aperti e appunti.
- Si studia in biblioteca, Granger. - sbottò facendola sussultare sulla sedia, la mano che teneva la piuma urtò il calamaio versando inchiostro sul compito che aveva quasi finito.
- Merda... - imprecò la strega osservando la macchia di inchiostro che si allargava sul foglio – il mio compito. - con uno sbuffo prese la bacchetta e la picchiettò sulla pergamena.
La punta della bacchetta risucchiò l'inchiostro in eccesso.
Piton raggiunse la scrivania e si voltò a guardarla.
La giovane strega aveva gli occhi rossi come se avesse pianto o studiato troppo Piton non poteva e non voleva saperlo.
Incrociò le braccia al petto ed era tutto così semplice e normale da farlo imbestialire.
Come si fa a cancellare una lunga e sanguinosa guerra con un semplice colpo di bacchetta?
- Ha capito, signorina Granger? - domandò improvvisamente arrabbiato con il mondo per aver dimenticato così in fretta cosa fosse successo e arrabbiato con lei per aver invaso il suo spazio vitale.
Hermione lo fissava, sembrava incredula di vederlo.
- E' stato dimesso. - mormorò con la bacchetta ancora stretta in mano.
Non si lasciò ingannare dal tono sottomesso della giovane, restò nella sua rigida posizione.
Poi, in un istante, con un semplice movimento di alcuni muscoli, lo spiazzò. Sorrise. Un sorriso luminoso e sincero.
- Ben tornato, Preside Piton. - continuò lei – Sono felice che stia meglio.
- Non cambi argomento, Granger. Le ho detto che si studia in biblioteca, non nei sotterranei.
La vide abbassare il capo imbarazzata, intimorita, forse solo stanca, ma senza mai abbandonare quel sorriso.
- Sono un incidente stradale.
Il professore sollevò un sopracciglio nero in attesa di spiegazioni.
Hermione sospirò appoggiando la piuma d'oca sul tavolo.
- Nel mondo Babbano quando c'é un incidente la gente rallenta per vedere cos'è successo. E' una cosa macabra e raccapricciante, ma è quello che succede. La gente spera di vedere qualcosa di brutto per poi sospirare di gratitudine per non essere stata coinvolta nell'incidente. E' quello che succede a me. La gente mi fissa, si ferma per guardarmi, mi indica sperando che non li veda e sussurrano alle mie spalle. - riprese la piuma e una nuova pergamena – Sono l'incidente stradale di Hogwarts.
Severus sapeva bene cosa si provava. Era stato uno dei motivi che l'aveva spinto ad andarsene dal San Mungo. Ogni volta che provava ad uscire dalla sua stanza, tutti spostavano i loro sguardi curiosi su di lui e su ogni suo movimento. Era snervante.
Senza contare il medimago che l'aveva in cura che non osava guardarlo negl'occhi e che lo faceva infuriare.
- Devo lavorare. - disse duramente – Stia in silenzio.
Hermione sollevò la testa gli sorrise grata.
E' un bel sorriso, Severus.
Questa volta era stata Lily a parlare.
 
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view post Posted on 19/11/2013, 13:19
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Prego tutti di controllare che io non abbia commesso errori.



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)


Prenotazioni per la 47a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 27: Leonora (47)
Giovedì 28: Ida (47)
Venerdì 29: Anastasia (11 di 13)
Sabato 30: Anastasia (12 di 13)
Domenica 1 dicembre: Monica (47)
Lunedì 2 dicembre: Elly (35)
Martedì 3 dicembre: Elly (36)



Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 dicembre: Leonora (48)
Giovedì 5: Ida (48)
Venerdì 6: Anastasia (13 di 13)
Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (37)
Martedì 10: Elly (38)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Elly (39)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47) ??? .....
Sabato 28: Elly (48) ??? .....
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (51) ??? .....
Sabato 4: ??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: ??? .....
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, riimangono solo tre giorni effettivamente vuoti: il 4, 7 e 8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:31
 
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Autore/data: Alaide – 1 – 7 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: peut-être Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Sperava di ricevere una lettera colma del sorriso affettuoso di Judith.
Temeva di ricevere una lettera colma d’odio.
Sperava di ricevere una lettera in cui la bambina lo chiamasse padre, come nell’ultima che gli aveva inviato.
Temeva di ricevere una lettera in cui gli dicesse quanto era stata sciocca nel considerare come padre un uomo che l’aveva abbandonata.
Nota: E’ il seguito di Inquietudine
Parole: 1377

Sinfonie.
22. Sinfonia in si min. op. 2 n°6
Secondo movimento. Luce



26 aprile 2004
Cara Judith,
non so se, dopo aver letto questa mia lettera, potrai ancora perdonarmi, se vorrai ancora chiamarmi padre.
Nella tua lettera dici che il posto in cui mi trovo deve essere un luogo brutto, ma, per diverso tempo, ho creduto fosse il luogo in cui meritavo di stare ed in cui meritavo di ricevere il tuo odio ed il tuo disprezzo.

La bambina alzò per un istante gli occhi dalla lettera, per portarli su Melusine che si trovava, a poca distanza di lei, intenta a medicare il ginocchio sbucciato di un bambino che era caduto, mentre giocava in giardino. Avrebbe voluto che la donna fosse seduta accanto a lei, ma sapeva che non poteva occuparsi esclusivamente di lei e che dopo aver messo un cerotto a Elisabeth sarebbe tornata da lei.
Quando ti è stato detto che ero stato trasferito in un ospedale francese, come ti ho già scritto, ti ho mentito ed è unicamente a causa mai se anche la signorina Fairchild ti ha nascosto la verità.
In quel momento, ho erroneamente creduto di prendere la migliore decisione possibile. Mi sono autodenunciato alla polizia per l’omicidio dei tuoi genitori.

Judith lasciò cadere per terra la lettera, mentre alcune lacrime le colavano lungo le guancie. Melusine si era appena rialzata ed aveva rimandato Elisabeth a giocare con gli altri bambini. Vide la donna andare verso di lei e sedersi al suo fianco, sull’erba. Per diverso tempo non riuscì a dire nulla, né a riprendere in mano il foglio.
«Non è stato lui ad ucciderli.» mormorò, senza guardare Melusine. «Io c’ero e so che non è stato lui. Come ha fatto la polizia a credergli? Non ha senso. E perché non mi hanno chiesto niente? Io avrei detto che non è stato Severus.»
«Credo che abbia raccontato una menzogna perfettamente credibile, Judith, e che abbia detto qualcosa che non ha fatto ritenere opportuno alla polizia parlare con te.» affermò la donna, osservando la ragazzina e le lacrime che le bagnavano le guancie.
«Avrebbero dovuto però…» ribadì la bambina, riprendendo in mano la lettera.
Sono stato interrogato e processato. In questo momento, come avrai già immaginato, ti scrivo dalla mia cella, nel carcere di questa cittadina.
Un tempo ho creduto di aver compiuto la scelta migliore. Quella notte di agosto non ho potuto salvare la vita di tuoi genitori e mi sembrava di averti privato, io stesso, dei tuoi genitori. Volevo il tuo odio, Judith. Volevo che tu mi disprezzassi per quello che avevo fatto e non mi sono reso conto che, dopo diverso tempo, di averti abbandonata quando avevi bisogno di me.
So di non meritare il tuo perdono. Ti ho lasciata sola ed io stesso non riesco a perdonarmi per questo.
Con affetto,
Severus

Judith alzò lo sguardo e lo portò su Melusine. Non notò lo sguardo preoccupato della donna, la mente rivolta alle parole che Severus le aveva scritto. Non riusciva ancora a comprendere come la polizia potesse avergli creduto. Le risultava difficile capire, allo stesso tempo, come l’uomo potesse pensare di farsi arrestare perché non era riuscito a salvare la vita a mamma e papà. Doveva essere pericoloso già trovarsi in casa sua in quel momento. Forse aveva corso dei rischi per salvare lei. C’erano quei due uomini che stavano facendo del male ai suoi genitori. Avrebbero potuto vedere che c’era anche Severus e che l’aveva nascosta nell’armadio. Certo, sarebbe stato bello se l’uomo fosse riuscito a salvare anche mamma e papà, ma Judith aveva sempre saputo che doveva essere già stato difficile salvare lei.
Ma Severus alla polizia aveva detto di aver ucciso mamma e papà e la polizia gli aveva creduto.
«Non ha detto di avermi salvata, vero?» domandò alla donna.
Melusine scosse unicamente il capo, un sorriso triste sulle labbra. Non riusciva ad immaginare cosa potesse passare per la mente della ragazzina in quel momento. Forse stava tentando di accettare la verità, forse stava cercando di comprendere per quale motivo Severus si fosse accusato di un crimine che non aveva commesso.
«Però non mi ha lasciata sola. Questo non è vero. Avrebbe potuto non scrivermi, avrebbe potuto non darmi consigli. Invece mi vuole bene.» Judith si interruppe un attimo. Rilesse rapidamente le ultime frasi della lettera. Avrebbe voluto poter dire a Severus che non era affatto vero quello che credeva, ma l’uomo non era lì con lei. Eppure non era nemmeno troppo lontano da lei. «Voglio andare a trovarlo. Possiamo andarci subito, Melusine?»
«Sì, anche se non sono sicura che tu possa entrare in carcere. So che potrai rimanerne delusa.»
Judith annuì solamente. Era certa che, se avesse fatto comprendere alle guardie quanto bene volesse a Severus, l’avrebbero fatta entrare. Avrebbe detto loro che era sua figlia e allora le avrebbero fatte passare, si disse, mentre immaginava il momento in cui sarebbe entrata nella cella. Avrebbe sorriso a Severus e gli avrebbe detto che non avrebbe mai potuto odiare l’uomo che le aveva salvato la vita e che non l’aveva mai lasciata veramente sola.
Ed un sorriso colmo d’affetto per l’uomo le comparve sulle labbra.


La luce del sole penetrava lieve nella cella, illuminando malamente il tavolo. L’uomo osservò, per un istante, il raggio di luce che si posava sulla superficie malandata, sulla quale aveva posato il disegno che Judith gli aveva inviato diverso tempo prima.
Era da quando aveva spedito la lettera alla ragazzina che si ritrovava, a più riprese, ad osservare quel disegno. Vedeva il sorriso della bambina emergere da quelle figure disegnate con tanta cura. Un sorriso che forse avrebbe perso.
Sapeva che la signorina Fairchild era certa che Judith l’avrebbe perdonato.
Era consapevole della scelta che aveva fatto per evitare che la ragazzina venisse adottata, nel caso in cui l’avesse perdonato ed avesse accettato l’idea di una revisione del processo.
Sperava di ricevere una lettera colma del sorriso affettuoso di Judith.
Temeva di ricevere una lettera colma d’odio.
Sperava di ricevere una lettera in cui la bambina lo chiamasse padre, come nell’ultima che gli aveva inviato.
Temeva di ricevere una lettera in cui gli dicesse quanto era stata sciocca nel considerare come padre un uomo che l’aveva abbandonata.
Sperava di ricevere una lettera colma del sorriso di perdono della bambina.
Temeva di ricevere una lettera in cui vi fosse scritto non potrò mai perdonarti. Nessuno potrà mai farlo.
Sapeva che quell’incertezza era la giusta punizione per quello che aveva fatto, per la scelta che aveva compiuto, per il modo con cui aveva gettato al vento quella pace che aveva tanto a lungo desiderato.
Sobbalzò quasi quando udì lo sferragliare della porta. Poteva essere la risposta di Judith, si disse, ignorando il fatto che era decisamente troppo presto perché la bambina potesse avergli già risposto. Si alzò lentamente in piedi, senza quasi rendersene conto.
Non portò immediatamente gli occhi sulla porta, tenendoli ancora sul disegno. Quello era forse l’unico modo in cui avrebbe potuto vedere Judith.
Fu unicamente quando udì il suo nome che si voltò.
Forse stava delirando, forse era impazzito, si disse, quando incontrò il volto della ragazzina, quando ne vide il sorriso, un sorriso incerto, ma comunque sia colmo d’affetto.
«Severus.»
Quella era la voce di Judith.
Quello era il sorriso di Judith.
Fu soltanto quando la ragazzina gli corse incontro, percorrendo il breve spazio che li divideva, quando lo abbracciò che Severus si rese conto che quello non era un delirio, né un sogno.
Judith l’aveva perdonato.
Judith lo stava abbracciando come una figlia abbraccia un padre.
La bambina l’aveva già abbracciato nell’ospedale, ma, allora, non era riuscito a ricambiare l’abbraccio, non si era nemmeno reso conto di ricambiarne l’affetto.
Non aveva voluto vedere l’intensità del sorriso di Judith.
Aveva tentato di allontanarla da sé, autodenunciandosi.
Aveva desiderato il suo odio.
Judith lo stava abbracciando come una figlia abbraccia un padre.
Ed egli strinse a sé la bambina.
Sua figlia.
Per un breve istante le labbra di Severus si stirarono in un sorriso colmo dell’affetto che provava per Judith, per quella bambina che lo aveva perdonato, nonostante l’avesse lasciata sola.
Melusine notò il sorriso, appena accennato dell’uomo, e sperò che, fra non molto tempo, quando il processo sarebbe stato revisionato, quando Severus fosse stato scarcerato, quando sarebbero stati una famiglia, l’uomo e la bambina potessero essere per sempre padre e figlia.
 
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N. 46

Titolo: Neve a Hogwarts
Autore/data: Ida59 – 28 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, drammatico, romantico
Personaggi: Severus
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La neve ricopre la scuola con un immacolato manto sottile: riluce al sole, come fatata polvere d’un arcano incanto che può rendere l’innocenza a chi l’ha da troppo tempo perduta. È il seguito di “La Foresta Proibita”.
Parole/pagine: 732/2



Neve a Hogwarts



La prima neve era arrivata a Hogwarts con largo anticipo sull’inverno meteorologico: dalle creste delle montagne che circondavano il castello, era scesa sempre più in basso, giorno dopo giorno, prima cingendo d’intorno la scuola e poi ricoprendola con un immacolato manto sottile che riluceva al sole freddo del meriggio, come la fatata polvere d’un arcano incanto che può rendere l’innocenza a chi l’ha da troppo tempo perduta.
Dalla finestra grande della presidenza, Severus fissava il parco innevato, ombra nera che si specchiava in quel luminoso candore, senza ancora riuscire a convincersi del tutto che apparteneva anche a lui, come ad ogni altro occupante del castello.
Corse più avanti con lo sguardo, verso il lago le cui acque cristalline erano ancora del tutto libere dalla morsa del ghiaccio che tra qualche settimana le avrebbe invece strette nel suo gelido abbraccio permettendo ai ragazzi scivolate mozzafiato in alcuni punti della superficie.
Là, perduta in mezzo alla neve, quasi invisibile, bianca nel bianco, c’era la tomba di Albus. Da quando era tornato al castello, su espressa insistenza di Minerva, come preside finalmente da tutti accettato e ben accolto, ogni alba vi si era recato in doloroso pellegrinaggio, cercando di cancellare l'orribile ricordo dell’anno precedente, quando la tomba aveva potuto vederla solo da lontano, da quella stessa finestra, ma accuratamente nascosto dietro i pesanti tendaggi. Trattenendo cocenti lacrime che non poteva permettersi di piangere.
Ricordava le lunghe ore prima dell’alba, risvegliato dai suoi incubi nel cuore della notte, trascorse immobile dietro il vetro freddo, a guardare l'ultimo rifugio terreno di Albus, desiderando solo di inginocchiarsi ai piedi di quel marmo e carezzare la pietra gelida in un composto abbraccio che non era mai riuscito a dare al vecchio quando era ancora vivo.
Sì, era vero, in presidenza poteva parlare in ogni momento con il ritratto magico che Albus aveva a lungo e minuziosamente istruito, ma era solo un misero simulacro della sua reale essenza; ai piedi della sua tomba, invece, tutto sarebbe stato diverso: solo inginocchiato davanti a quel marmo bianco avrebbe potuto piangere fino in fondo il dolore per il suo unico amico, per l’uomo che avrebbe voluto chiamare padre.
Un lieve sospiro uscì dalle labbra sottili del mago: ora avrebbe saputo farlo, ora avrebbe ricambiato con tutto se stesso l’abbraccio affettuoso che Albus ogni tanto accennava, ogni volta facendolo irrigidire e ritrarre.
Deglutì con rassegnazione l’amarezza delle cose perdute: era troppo tardi…
Quante cose erano cambiate in quegli ultimi mesi, quante cose che mai aveva fatto prima aveva ora imparato a fare in quella sua nuova vita!
Come sorridere.
Sorrise piano al suo riflesso sul vetro, la neve che sfavillava bianca sullo sfondo: erano state proprio le lacrime di Fanny che gli avevano regalato quella nuova, meravigliosa esistenza, che Elyn aveva poi riempito di immensa felicità dopo avergli insegnato a sorridere.
Severus socchiuse appena gli occhi, il sorriso che si faceva più dolce sulle labbra sottili: come gli mancava la sua donna, la donna che era riuscita ad entrare nel suo cuore e che l’aveva amato per ogni sua colpa! E che ogni colpa aveva perdonato, con infinito amore, dopo averla conosciuta fino in fondo nei suoi ricordi quando si era affacciata nell’abisso della sua anima: lei Guaritrice del San Mungo e lui in fin di vita per il morso di Nagini, gli occhi neri spalancati in un delirio che sembrava fatale ma contro il quale Elyn aveva ostinatamente combattuto, all’inizio da sola, contro la stessa volontà del mago che desiderava solo l’oblio della morte, perduto nel sogno impossibile di occhi verdi che non l’avevano mai amato.
Elyn gli aveva sorriso, l’aveva amato e perdonato, restituendogli l’innocenza di una redenzione conquistata con infinita sofferenza.
Severus sfiorò il vetro freddo con le dita, sospirando: l’innocenza…
Uccidere per amore.
Erano parole di Elyn:i le aveva pronunciate con intensità e Severus rivedeva il sorriso triste della maga che nei suoi ricordi ora si sovrapponeva perfettamente a quello di Albus sulla torre di Astronomia.
Era là, la sua innocenza, in mezzo al niveo candore della neve, nell’abbraccio di un vecchio che gli era stato padre e maestro, cui non aveva mai confessato il suo affetto.
Ma alla prossima alba, al successivo pellegrinaggio alla Tomba Bianca, l’avrebbe fatto: l’avrebbe abbracciato, attraverso il gelo della neve sul marmo, e glielo avrebbe detto.
Con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra.
Ed il calore d’un affetto sincero nel cuore.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:31
 
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view post Posted on 22/11/2013, 18:23
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Titolo: 9. Mi prendo cura di te
Autore/data: Severus_Ikari / marzo 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Minerva McGonagall
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Sapeva che adesso era il turno di Severus di fare quei passi avanti, Hermione li aveva già fatti e si era ritrovata a doversi scostare da lui che immobile l’aveva lasciata andare."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la nona storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Il regalo più importante".
Parole/pagine: 3269/5



Un anno per amare

9. Mi prendo cura di te



15 settembre 2005



Quel giovedì, poco dopo l’ora di pranzo, Hermione uscì dall’aula in cui aveva discusso la sua tesi e finalmente poté essere chiamata Medimaga: il cuore sembrava volerle uscire dal petto da quanto batteva forte per la felicità.
Aveva due occhiaie da far paura, ma non le importava, aveva faticato e lottato per tutta la vita per giungere a quel momento e vedere la gioia sul viso delle persone che le volevano bene, ne era la dimostrazione.
Certo, mancava una persona, ma sapeva che lui non sarebbe mai venuto, ormai avevano troncato quasi ogni contatto, tranne alcuni giorni in cui si erano incontrati per pura coincidenza a casa di Harry e non si erano guardati neppure, forse troppo imbarazzati; e poi a lui cosa importava se avesse raggiunto quel traguardo?
Camminò verso i suoi amici, euforica, e li abbracciò uno ad uno, ed era talmente felice che non riuscì a sentire neppure tutto quello che le stavano dicendo; poi, mentre era stretta tra le braccia di Ginny, lo vide in un angolo, in disparte, com’era consuetudine per un uomo come lui, poggiato al muro di un corridoio un po’ buio che la guardava. Sorridente.
Hermione gli andò vicino mentre gli altri si preparavano ad uscire: quel giorno si doveva assolutamente festeggiare, la piccola Weasley era stata piuttosto irremovibile, le aveva detto che una distrazione – e perché no, anche un po’ di eccitazione alcolica – le avrebbe fatto solo che bene.
«Di cosa trattava la tua tesi?» fu la prima cosa che le chiese, senza un saluto, senza alcuna congratulazione, così, da Snape.
«Il comportamento del corpo umano colpito da un morso – apparentemente – letale di un serpente velenoso contenente anche un frammento dell’anima malvagia di un mago oscuro.»
«Quindi sono motivo di studio, adesso.»
«C’è molto da studiare in te.»
«Questo mi fa molto felice, veramente, sono commosso.» Incrociò le braccia al petto e mise addirittura il broncio: terrificante. E adorabile, pensò la giovane strega.
Ed Hermione trattenne a stento una risata.
«Smettila di fare sempre il bisbetico, sei un uomo fantastico da cui molti avrebbero da imparare. Io ho imparato molto da te, se non l’avessi fatto, non sarei qui, con una specializzazione di Medimagia tra le mani.»
«Avresti imparato lo stesso, sei sempre stata piuttosto brava.» Hermione si voltò ad osservarlo bene, un’espressione di pura incredulità dipinta sul volto.
«Aspetta… aspetta… non l’avrai mica detta sul serio una frase del genere? Stai bene? Hai la febbre? Hai sbattuto la testa? Un piede? Qualcosa?»
«Ah ah, molto divertente, davvero, potrei morire di attacco di risa seduta stante. Poi magari fai uno studio anche su questo.» Si guardavano e parlavano e, in quell’attimo, era come se non si fossero mai allontanati l’uno dall’altro.
«“L'uomo che non ride mai, muore ucciso da una risata incontrollabile.”» Hermione Granger si ritrovò a ridere, ridere sonoramente e spudoratamente del mago che le era vicino, appoggiato al muro, che la guardava con curiosità e perplessità, ma neppure lui riuscì a trattenere un sorriso che gli piegò entrambi i lati della bocca.
«Merlino, sei divertente, Severus. E se sei divertente, significa che c’è qualcosa che non va. Cosa c’è?»
«Sono sempre stato divertente» rispose quasi piccato. «E comunque non c’è nulla che non vada.»
«Non ci credo moltissimo,» ma non voleva di nuovo cercare di entrare nei suoi pensieri, ormai le era chiaro che lui non avrebbe permesso a nessuno di penetrare quella corazza che neppure sette lunghi anni di coma avevano distrutto. Decise, così, di deviare il tema di conversazione su altro. «Vieni anche tu alla festa?»
«Veramente io non credo sia il caso.»
«Perché no?»
«Perché non…»
«Oh, Severus, che piacere vederti, cercavo giusto te. Per favore, accompagna questa povera vecchia a fare due passi e poi alla Tana, così parliamo un po’.»
«Veramente io…» e di nuovo fu interrotto da Minerva che lo stava già trascinando fuori dal San Mungo senza che lui potesse addirittura fiatare, le sopracciglia alzate più del dovuto, mentre Hermione li guardava allontanarsi con un ampio sorriso sulle labbra.
Quelle labbra…
“E no, mio caro, questa volta non te la svigni, ti costringo a venire alla Tana e parlarle una volta per tutte, dovessi legarti da qualche parte!”.
Le si era stretto il cuore ogni volta che li aveva visti distanti, come se fossero due estranei, eppure i loro sentimenti verso l'altro erano così chiari che non credeva affatto possibile che in quel momento si comportassero in quel modo. Veramente assurdo.
Sapeva che adesso era il turno di Severus di fare quei passi avanti, Hermione li aveva già fatti e si era ritrovata a doversi scostare da lui che immobile l'aveva lasciata andare.
Poi, però, davanti alla tomba di Albus le aveva confessato i suoi sentimenti per la giovane strega, eppure in tutti quei giorni non era riuscito ad andare da lei, a dirle alcunché.
"Inammissibile!".
Sì, era davvero inammissibile, e se lui non avesse fatto qualcosa, ci avrebbe pensato lei a spingerli l'uno addosso all'altro, a questo punto non poteva più aspettare.

La Tana era come la ricordava durante le riunioni dell’Ordine, nulla era cambiato, eppure sapeva che c’era un vuoto che sarebbe stato difficile colmare, si poteva sentire persino poggiando le mani sulle mura, ed era lo stesso vuoto che lui aveva avuto dentro per anni e che sapeva nulla avrebbe cancellato, ma bisognava imparare a conviverci, a farne una parte di sé.
Per un interminabile tempo, il dolore che gli aveva procurato quel vuoto era stato il suo unico compagno di vita, persino in quello stato vegetativo era stato un frammento del suo essere, ma erano bastati i sorrisi di chi gli voleva bene a relegarlo in un luogo nascosto che lo custodisse, era bastato rendersi finalmente conto che c'erano davvero persone che provavano affetto nei suoi confronti, e aveva persino scoperto di ricambiare quei sentimenti.
E poi c'era l'amore, finalmente l'amore, quello vero, quello reale, e non quello confuso con mille altre emozioni.
Aveva parlato a lungo con diverse persone – o meglio, come sempre, lui aveva ascoltato e detto appena poche parole, e per uno come lui era un grande traguardo – e sembrava tutto così irreale che credeva di sognare, e si era sentito come appartenente ad una famiglia, come mai gli era capitato di sentirsi; a volte, però, la sua mente lo portava lontano, nel passato, in quel periodo dove il buio aveva inghiottito ogni cosa di sé e si ritrovò a stringere le dita pallide sull'avambraccio sinistro dove non sapeva se ancora vi fosse impresso quel Marchio immondo che l'aveva reso schiavo per lungo tempo.
Da quando si era svegliato, non aveva avuto il coraggio di guardare quel lembo di pelle che per anni era bruciato in un rilievo di teschio e serpente, forse aveva paura che fosse ancora lì, a ricordargli ciò che era stato e che, probabilmente, ancora era; nonostante i suoi sforzi per essere qualcun altro, per essere migliore, quel Marchio era ancora ben impresso, a memoria e monito che non si può fuggire dal proprio essere.
No, lui non sarebbe più stato il Mangiamorte, l'assassino, il malvagio, e questo, ormai, neppure una macchia sulla pelle avrebbe potuto cambiarlo.
Allora perché aveva così timore a guardare quel tratto di carne?
All'improvviso una musica si era levata alta tutto intorno, distraendo dai suoi pensieri Severus – e mentalmente ringraziò chiunque avesse dato il via a quei suoni, per averlo tolto da quel campo minato che stavano diventando i ricordi del passato – che si allontanò in un luogo in cui sarebbe rimasto in disparte a guardare, sorridendo a ciò che osservava, ma non ancora pronto per vivere a pieno quella vita cui si era aggrappato con ostinazione; gran parte dei presenti iniziò a ballare al ritmo di quella melodia, mentre lui scrutava, scrutava ogni cosa, senza lasciarsi sfuggire nessun dettaglio, senza lasciarsi scappare nessun sorriso e nessun grido di gioia, ma più di tutto i suoi occhi scorrevano su di lei.
Il suo sguardo fisso sulle sue labbra, sul suo, di sorriso, quello che aveva sognato per notti intere, quello che si era posato sulla sua bocca per un istante troppo breve per farlo completamente suo.
Hermione aveva ballato con Ron, con Harry, persino con Neville e con altri uomini che l'avevano fatta volteggiare come lui avrebbe voluto fare, e invece era rimasto lì, in disparte a guardare e a riflettere su ciò che avrebbe voluto fare e che invece non si decideva a fare.
La vide stanca, stravolta, ma ancora sorrideva e non osava negarsi a nessuno, la vide cercarlo tra gli amici, ma lui non c'era.
Sei un amico per lei?
No, lei lo amava, profondamente, amava ogni cosa di lui, le sue ombre come le sue luci, il suo passato e le sue colpe, quei dolori che voleva diventassero i suoi. Lo amava veramente.
E tu?
Uscì dal nascondiglio che si era creato dai pensieri e dagli altri, e andò verso la giovane strega e, senza dire una parola, le afferrò un polso trascinandola con sé.
«Che fai?»
«Mi prendo cura di te» e la portò insieme con lui, in un luogo dove non ci sarebbe stato nessun altro, in un angolo di mondo in cui, almeno per una notte, ci sarebbero stati soltanto loro due e nient’altro avrebbe avuto importanza.

In quelle stanze c'era un assoluto silenzio e il tempo sembrava essersi fermato persino lì, come se non fosse passata neppure un'ora dall'ultima volta che vi aveva messo piede, invece erano passati sette lunghi anni, anni in cui tutto era andato avanti mentre lui era rimasto immobile su un letto d'ospedale, come il buio e la polvere di quella parte dei Sotterranei di Hogwarts.
Sapeva che in quel luogo nessuno aveva osato toccare qualcosa in tutti quegli anni, in fondo era stato per lungo tempo la dimora del Mangiamorte e dell'assassino e chiunque avrebbe camminato lontano da tutto quel male, convinti che persino l'aria che si respirava lì dentro sarebbe stata malvagia e corrotta; poi era diventata la casa di un quasi morto e per rispetto non avevano sfiorato neanche il pesante portone di legno che separava il suo mondo dall'esterno.
Severus conosceva ogni parte di quelle stanze, ricordava perfettamente ogni cosa e ogni oggetto era allo stesso posto nel quale l'aveva lasciato e questo lo fece sorridere, era curioso che ogni cosa legata a lui non fosse per niente cambiata.
Sei cambiato tu, Severus.
Si voltò verso Hermione e vide alcune lacrime che le scendevano lungo il viso: in un attimo il sorriso svanì e la sua espressione si fece cupa, come non lo era da tempo.
«Sapevo di non doverti portare qui. Che stupido, troppo dolore e troppo buio sono rimasti imprigionati qui dentro.»
«Cosa? Oh, no, hai capito male. Troppa polvere è rimasta imprigionata qui dentro, e si fa fatica persino a respirare.»
Severus la guardò un istante con espressione piuttosto perplessa, inclinando appena il capo, poi, all'improvviso, scoppiò a ridere, una risata che gli era salita dal profondo, e non riuscì a smettere neppure dopo che un'Hermione accigliata iniziò a lanciargli sguardi di fuoco.
«Non c'è da ridere, sai. Potresti pulire e far entrare un po' d'aria pulita, adesso la bacchetta ce l'hai!»
In un attimo il mago rimosse ogni traccia di polvere e l'aria sembrò fresca di primo mattino, poi si fermò ad osservarla, scrutandola a fondo, come se quella fosse l'ultima volta che l'avrebbe vista e il suo sguardo sembrava quello che si rivolge al più bello spettacolo della natura che incanta e fa rimanere senza fiato.
Sotto i suoi occhi neri, Hermione dovette sentirsi proprio in quel modo, perché il suo viso si colorò di rosso per l'imbarazzo e fu costretta ad abbassare lo sguardo verso terra per non rischiare di diventare ancora più rossa e fare la figura della ragazzina sorpresa dalla prima cotta della sua vita.
Severus le prese una mano, un tocco leggero, delicato e con altrettanta delicatezza baciò ogni singolo centimetro di pelle ed Hermione, in quel momento, si sentì andare a fuoco, fin dal profondo, ma non riusciva a sostenere il suo sguardo nero della notte, in quel frangente meno che mai.
Quella bocca che aveva desiderato baciare notte dopo notte in quella stanza d'ospedale, adesso era lì, a carezzarle la carne, un tocco che sentiva nell’intimo, che le saliva da dentro, fino a darle intensi brividi nell'anima.
«Ti sei presa cura di me per sette lunghi anni, lascia che adesso sia io a prendermi cura di te, qui, questa notte» le disse come se in qualche modo avesse intuito i suoi pensieri, senza il bisogno di entrarle nella mente com’era maestro nel fare.
«Quindi è solo pareggiare i conti? Soltanto senso del dovere?»
«No. È volere. Soltanto ciò che voglio.» E le afferrò il mento costringendola a fissare i suoi occhi in quelli del mago, e in quel momento seppe di essersi completamente persa, lo sapevano entrambi di essersi persi l'uno nell'altro, nei loro sguardi e nelle loro anime che si sfioravano e vibravano in armonia come le corde di un violino che avrebbe suonato una musica di vita soltanto per loro, una musica di felicità e di sorrisi.
Senza lasciarle la mano, la condusse al di là di una porta che in tutto quel tempo era rimasta chiusa, sigillata al mondo, celata a chiunque non fosse lui stesso, perché in quel luogo lui poteva essere se stesso, lì, per anni si era nascosto il vero Severus e aveva vissuto, lontano da tutti gli occhi che, forse, non l'avrebbero mai conosciuto e, nella sua mente, nessuno avrebbe dovuto mai conoscerlo, convinto che la sua vita sarebbe dovuta finire quella notte alla Stamberga.
E invece si era aggrappato ad essa per sette lunghi anni e adesso era, finalmente, tornato a vivere, come mai era stato capace di fare, come mai gli era stato permesso di fare.
«Vorrei che ti lasciassi condurre da me. Non ho cattive intenzioni, te lo prometto.»
Hermione lo fissò per un attimo, un velo di confusione ad adombrarle il volto. «D'accordo. Mi devo preoccupare?»
«Oh sì, molto, direi» e le regalò uno splendido sorriso che celava una malizia che la fece avvampare, credeva che da un momento all'altro sarebbe andata a fuoco, e in quell’attimo sarebbe bruciata volentieri, con lui e per lui. «Ma prima...» con una lentezza che chiunque avrebbe definito esasperante, le sfilò la maglietta, pian piano, le lunghe e pallide dita a sfiorarle la pelle, un tocco morbido e freddo, che contrastava con il calore del suo corpo e la fece sussultare dopo che un brivido le ebbe percorso veloce la schiena.
Sentiva salire le sue mani, salire verso le spalle, e non fece nulla per impedire quel tocco delicato che la stava penetrando a fondo, era come se le stesse afferrando l'anima stessa.
«Che fai, prima mi dici di non avere cattive intenzioni e poi che mi devo preoccupare?» Ma ad Hermione non importava di nulla e non avrebbe avuto nemmeno la forza di preoccuparsi, in quel frangente si stava solo smarrendo e aveva bisogno di qualsiasi cosa per non farlo troppo velocemente, perché quello che il mago le stava regalando in quel momento, avrebbe voluto non finisse mai.
Desiderava con tutta se stessa che quell'attimo si potesse conservare in eterno, le sue dita sulla pelle, quel gelo che la stava incendiando da dentro che crebbe, crebbe fino a quando la maglietta non separava più la sua carne dal tocco del mago.
E aumentò ancora, quando avvertì l'indice di Severus percorrerle con accuratezza ogni lembo del suo corpo, dal collo verso l'incavo dei seni, e poi a scendere, calmo, fino alla chiusura dei pantaloni, e poi verso il suo viso per poi tornare a slacciare la cintura, e di nuovo verso le spalle, le braccia, e ancora andare giù e lentamente aprire quel bottone che avrebbe voluto strappare.
«Hai deciso di farmi perdere la testa?»
«Ci sto riuscendo?» Le sussurrò sulle labbra, poteva sentire il suo caldo respiro infiammarle la bocca e sorrise Hermione, e gemette sulle sue, di labbra, quando percepì la stoffa dei pantaloni scivolarle lungo le gambe, accompagnata dalle dita di Severus che non avevano alcuna intenzione di staccarsi dalla sua pelle.
«Sì. Direi di sì.»
«Bene» le sorrise sulle labbra, sul collo, e le sorrise dietro le orecchie procurandole dei fremiti che le percorsero tutto il corpo. «Ho solo deciso di prendermi cura di te, Hermione. Se tu me lo permetterai, vorrei prendermi cura di te questa sera, farti rilassare e farti dormire, perché ne hai un estremo bisogno»
«Ah sì? E da cosa lo deduci?»
«Delle tue adorabili occhiaie. Ti hanno mai detto che sembri un panda?»
«No» rispose quasi irritata, ma le labbra tradivano il suo falso risentimento. «E comunque i panda non indossano l'intimo.»
«Veramente i panda non portano nulla» specificò Severus mentre entrambi gli angoli della bocca si piegavano verso l'alto, così come in alto andarono entrambe le sopracciglia.
In quel momento era come se non fosse mai esistito nient'altro, come se quella fosse la loro semplice e splendida quotidianità, soltanto quella, anno dopo anno, senza ombre, senza dolori e senza colpe da dover espiare.
Severus si rese conto di non aver mai provato nulla di simile in tutta la sua vita, mai emozione più grande, mai gioia più profonda, e vedere quel sorriso su quelle labbra era la prova che finalmente poteva vivere, vivere a pieno come mai aveva fatto.
E il suo futuro, in quel momento, aveva gli occhi di Hermione Granger, la petulante So Tutto che lo irritava ogni qual volta alzava la mano, della ragazzina che aveva paura di ogni suo sguardo, della donna che aveva combattuto e aveva sofferto. Quegli occhi che gli stavano gridando di amarli, che gli stavano urlando di amarlo, incondizionatamente, afferrando le molte ombre e le molteplici luci di quel mago che dopo anni e anni di torpore, aveva deciso di essere felice e di meritare quella dannata felicità scansata per troppo tempo.
E si rese finalmente conto che un futuro l’aveva davvero e lo guardò attraverso il viso di Hermione, attraverso il suo corpo e il suo cuore che volle sentire battere sulle dita, un battito dietro l’altro fino a raggiungere il suo, in quella strada di anima e carne che sembrava unirli sempre di più.
La strinse a sé, al suo petto, alla sua, di anima, e le sorrise, un sorriso d’amore e di vita, e la strinse ancora di più mentre silenzioso Appellava il suo mantello per chiuderli entrambi al mondo, per quegli istanti, per quella notte.
Protetti da un abbraccio di stoffa che li avrebbe avvolti nella calda carezza dell’oscurità e di quella notte che brillava negli occhi del mago, rilucendo nelle iridi di Hermione: un unico fuoco che li avrebbe scaldati entrambi. Per sempre, perché in quel momento Severus comprese che quello sarebbe stato il suo “sempre” e avrebbe fatto di tutto per esso.
«Lascia che io mi prenda cura di te, questa notte» le ripeté mentre la prese tra le braccia e, senza sciogliere quell’abbraccio, la condusse sul suo letto, uniti a vegliare i sogni l’uno dell’altro, a cullare quel sonno che avrebbe illuminato e accolto le loro anime.
Perché in quel momento non avevano bisogno di nient’altro, soltanto di stare legati e di sentire ognuno il proprio cuore battere per l’altro. E Severus voleva solamente cullare il corpo di Hermione, carezzarlo e guidare il suo essere in quella tranquillità e in quel riposo di cui aveva bisogno.
«Prenditi cura di me per sempre, Severus» ed insieme scivolarono in un sonno finalmente sereno, perché i loro desideri e sogni erano lì, su quel letto, accolti e protetti dal lungo mantello di Severus.
 
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I ♥ Severus


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Sono di nuovo in ritardo con tutto: i miei commenti, le risposte ai vostri commenti e perfino con la lettura delle storie di Ania ed Elly... :(

Cerco di recuperare un pochino.


Klavierstucke, di Alaide

10 Fiducia

In Severus nasce il sospetto sul padre di Heloise, sospetto che io ho da molto, anche se non riesco a concretizzarlo perché ci sono degli elementi che non mi quadrano.
Bellissimo il rapporto che Severus sta creando con Heloise, basato proprio sulla fiducia, quella fiducia che la ragazzina a perso nei confronti del mondo per qualcosa che è accaduto con suo padre… Ed il rapporto costruito sulla sincerità si avvia a diventare di tipo paterno, sigillato da un sorriso in cui brilla una fiducia ritrovata. Sì, è davvero un bellissimo sorriso!
La verità comincia a svelarsi sotto il velo di terrore di Heloise e le parole di Severus, come sempre, si rivelano perfette per lei, in questo caso a toglierle dalle spalle il peso del senso di colpa di non aver fatto abbastanza per Anne.
Nel finale, quando Severus rassicura Heloise circa la riconoscenza che Anne prova per tutto ciò che ha fatto per lei, ho annotato sul foglio queste testuali parole: perché non mandiamo questo Piton, che ragiona lucidamente, dal Piton dell’inizio di Sinfonie a spiegargli qual è la realtà?
Infine, da brividi quell’abbraccio paterno, dato da Severus, poi…


11 Verità

Ecco il capitolo dove la tremenda verità è svelata… una cosa quasi incredibile, da grave patologia per il padre (a te l’opera non è che fa proprio bene bene bene, però!). Povera Heloise… passare da un’infanzia normale ad un abisso di disperazione, così da piccina! Quale incredibile forza ha avuto, quanto amore per la sorellina!
Il racconto si fa sempre più tremendo e Heloise cerca rifugio in Piton, gli si fa sempre più vicina, finché lui, di nuovo, l’abbraccia e la stringe a sé.
Davvero da terribile nodo alla gola la rivelazione finale… che in qualche modo era anche immaginabile, in quel crescendo di violenza, quale ovvia conclusione del calvario di Heloise.
Un finale di capitolo stupendo, colmo di sorrisi bellissimi, come bellissimo è il rapporto che è nato tra loro due, uguali eppure diversi, diversi eppure uguali. Nessuno potrebbe comprendere meglio di Severus e nessuno più di lui potrebbe aiutarla.


12 Luci e ombre

E dopo la luce della verità, ecco l’ombra del pericolo che può spezzare il sorriso appena ritrovato di Heloise, ma anche di Severus.
E ora cosa accadrà? Un po’ di tranquillità non volgiamo proprio lasciargliela a quel pover’uomo, eh? Per non parlare della ragazzina…


13 Paura e speranza

Ecco, sì, alla fine la paura sei anche riuscita a mettermela. Ci mancava altro di aver un altro Piton martire!!! Grazie al cielo questo Piton è ancora in grado di ragionare, diversamente da quello dell’inizio di sinfonie, almeno pare…


14 Incertezza

Nonostante il titolo, tiro un sospiro di sollievo: meno male che la persona che deve decidere la situazione di Heloise è una in grado di comprendere bene la situazione ed è una persona davvero carina (ho apprezzato il suo sorriso riconoscente verso Severus per ciò che ha fatto per le due bambine), una “buona” persona, veramente attenta ai bisogni delle piccole.
È bellissimo vedere come Severus si sta affezionando ad Heloise, come la consideri, ogni giorno di più, “la figlia che non aveva mai immaginato di avere”.
Mi preoccupa, però, il fatto che Severus non sia “una famiglia”, quindi l’adozione la vedo difficile. Però, sì, tutore potrebbe diventarlo… e una piccola verità non detta sulla salute in via di miglioramento di Anne magari è anche utile.
E nell’ansia della sua sorte, Heloise passa al tu.
Ok, nessun processo. Tiro un sospiro di sollievo.
Che le due ragazze restino con Piton è l’ovvia speranza di ogni lettore. Facendo due conti, considerato che la storia è ormai vicina al finale, a meno di un improbabile colpo di scena tragico (per altro sempre possibile da una che è stata allevata ad opere liriche e latte!) tutto dovrebbe andare bene. Anche se c’è ancora l’incognita della salute di Anne.


15 Attesa

Difficile dire qualcosa sul capitolo: l’attesa rode anche me e vederli come famiglia perfettamente unita da un lato induce a sperare bene, ma poiché l’autrice è una sadica fanwriter, per ora non mi permetto di cullarmi in questa dolce illusione di lieto fino annunciato.


16 Una decisione

Una considerazione a priori: bello questo discorso, che si sviluppa lungo tutta la storia, della fiducia alimentata dalla totale sincerità di Severus… proprio lui, l’uomo delle maschere e delle menzogne!

Tremendo che Heloise non riesca più a ricordarsi d’aver un tempo voluto bene a suo padre!
Bello come descrivi l’affetto che Severus prova, davvero come un padre. Se questo, poi, lenisce un poco anche i suoi rimorsi e gli permette di trovare il perdono e la pace, sarebbe davvero terribile una decisione sbagliata del tribunale!
E così, l’ansia cresce.
Heloise vuol chiamarlo padre e Severus finalmente dice di volerla chiamare figlia: sì, hanno entrambe un gran bisogno di questo rapporto!
Yseult si chiede perché il tribunale ci mette tanto a decidere su un caso così chiaro: bisognerà spiegarle che l’autrice è una sadica fanwriter che gode nel fal soffrire i suoi personaggi… ed i lettori!
Aah… la porta nel suo laboratorio, padre tenerissimo e sincero: non mente ma cerca di alleviare la disperazione crescente di Heloise. (Anch’io voglio andare con lui nel suo laboratorio!!!)
Bellissima anche la consapevolezza, che alimenta l’affetto di Heloise, che lui l’abbia fatta entrare nel suo mondo, quindi accogliendola fino in fondo come figlia. E Severus che sorride con affetto, senza neppure accorgersene, è davvero stupendo!
La lettera del tribunale… respiriamo con calma… mi batte il cuore!
Severus mormora parole che noi lettori non sentiamo: vuoi proprio farci morire dall’ansia, eh?
Quel sorriso felice che spunta tra le lacrime è da nodo alla gola, lo ammetto!
E finalmente anche il sorriso di Severus, colmo d’affetto per le sue figlie, è un sorriso felice!

Sì, a quanto pare anche tu sei riuscita a farlo sorridere felice, anche se ci hai fatto penare assai, assai!
Brava, una storia proprio ben ideata e ottimamene costruita, con una trama lenta ed intensa che, con naturalezza, ha fatto nascere fiducia, affetto ricambiato e… sorrisi felici!


17 Epilogo

Quale diversa e felice ambientazione rispetto al solito!
Bellissimo che anche i passanti comprendano l’unità e la felicità della famiglia e che l’amore del padre sia reso esplicito attraverso la felicità delle figlie.
E finalmente, nel sorriso affettuoso e sereno di Heloise, Severus trova anche il suo perdono.
Bello, bellissimo questo epilogo, ci voleva proprio: perdono e pace e la mente finalmente rivolta al futuro.
Meravigliosi quel “padre” e “figlia” che si intrecciano nell’aria e danno vita ad un presente che, finalmente, fa sorridere anche Severus che ora ha una ragione in più per vivere davvero!


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:32
 
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kijoka
view post Posted on 23/11/2013, 00:06




Scusate se posto molto presto, ma oggi (sabato 23.11) avrò una giornata piuttosto impegnata...
K.

Nr.45

Autore/data: Kijoka – 05 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia:
​One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: ​Severus Piton - Fanny
Pairing: nessuno
Epoca: P ​ost HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Aveva semplicemente deciso di vivere.
Parole/pagine: ​ 1.790​/ ​3​.




Rinascita

I raggi di sole scaldavano dolcemente le spalle, inondando il corpo di un tepore avvolgente.
Dopo tanto tempo trascorso sdraiato in quel letto, era piacevole assaporare la ruvida resistenza solida della panchina sulla quale era seduto.
Ad occhi chiusi si lasciava trasportare dai profumi che, di volta in volta, gli solleticavano le narici.
Erba.
Verde, morbida, carezzata dalla lieve brezza, appena bagnata dalla rugiada mattutina.
Terra.
Calda e umida. Acre odore della polvere della strada d'ingresso, e il dolce profumo madido delle aiuole innaffiate di fresco.
Ogni alito di vento gli portava odori e sensazioni.
Li assaporava con calma, prendendosi tutto il tempo, godendo di ogni singolo attimo che la vita gli stava donando.
Sensazione nuova ed appagante che aveva scoperto solo pochi giorni prima quando, dopo molti tentativi, era finalmente riuscito a raggiungere quel posto privilegiato sul grande terrazzo sotto il pergolato.
Restava ore da solo. Aveva bisogno di pensare e tutti rispettavano quella sua richiesta inespressa, ma chiaramente dimostrata dal suo atteggiamento.
In quei momenti solitari cercava di parlare, ma la voce non andava per nulla bene. Il suono che percepiva era sempre e solo ruvido, sgraziato, oltre a questo, il parlare gli provocava comunque ancora dolore. Aveva sperato che, col tempo, la situazione sarebbe migliorata, ma forse era stato fin troppo ottimista...
Riaprì gli occhi.
Le colline erano sempre lì. Morbide e ricoperte di fitta erba verdissima che, muovendosi sotto la carezza del lieve vento, sembrava velluto cangiante. Il sole le lambiva e ne scaldava i contorni, rendendo le più vicine più scure e le lontane più chiare, quasi confuse con il termine dell'orizzonte stesso.
La foresta, poco lontana, mandava i suoi selvaggi richiami, mentre le fronde verdeggianti cantavano la canzone delle cicale.
Il cuore del mago era completamente libero. Batteva nel petto, ma era come fosse perso tra i rami nel bosco, tra i fili d'erba appena nata e inseguendo i voli delle farfalle.
Non ricordava quando era stato così in sintonia con il mondo che lo circondava, forse mai nella sua vita.
Il silenzio, interrotto solo dai rumori della Natura che lo circondava, dava sollievo alla sua anima come il sole riusciva a darlo alla sua salute, in veloce ripresa.
Si sentiva ogni giorno più forte e ogni volta riusciva a percorrere una distanza più lunga. Presto avrebbe potuto farlo in modo anche più spedito e sicuro.
Senza controllo la mano poggiò sul legno liscio dello schienale della seduta, e la mente volò via.
Gli ultimi giorni erano stati una rivoluzione completa.
Con convinzione aveva fatto cadere ogni sua resistenza e aveva vissuto.
Aveva dormito, mangiato, osservato. Ogni cosa sembrava nuova e mai sperimentata prima.
C'era stato un tempo in cui tutto questo non aveva alcuna importanza. Era riuscito a ritrovare se stesso. Quel bimbo prima, e poi quel ragazzo che si era perso.
Era riuscito a guardarsi allo specchio e a non vedere solo un assassino.
Era riuscito ad abbassare lo sguardo sulle sue mani e a non trovarle rosse del sangue delle vittime che aveva mietuto.
Era riuscito a pensare a Lily e a provare una dolce nostalgia per i giorni lontani dell'adolescenza.
Non aveva dimenticato.
Ogni situazione, ogni ricordo, ogni emozione dimoravano ancora profondamente in lui.
Non li avrebbe mai rinnegati. Non avrebbe mai dimenticato.
Aveva semplicemente deciso di vivere.
La realtà era che Joy l'aveva cambiato.
La vicinanza con l'affidabile serenità della donna l'aveva in qualche modo pacificato.
Le era sempre vicina, senza essergli accanto.
Non aveva bisogno di saperla al suo fianco per essere sicuro che lo fosse.
La sensazione sconosciuta che gli era nata nel cuore aveva preso corpo e poi ne aveva preso completo possesso.
Non avevano modo di comunicare direttamente, fino a che la sua voce non fosse tornata, ma Joy sembrava comprendere un momento prima di lui i suoi stessi desideri.
Non sarebbe mai riuscito a spiegarle quanto fosse importante ed insostituibile!
Per tutta la vita non aveva mai chiesto nulla per sé, pensava di non saperlo più fare e di non poterlo più nemmeno imparare. Lei gli aveva mostrato un'altra via.
Ora era in grado di dare un nome a ciò che lei non definiva mai: amore.
Se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe saputo dire come e quando il vero senso di questa parola era entrato a far parte del suo linguaggio, ma ora c'era e vi dimorava comodamente, senza alcun contrasto con tutto ciò che Severus era stato in tutta la sua vita.
Questo lei gli aveva insegnato: il suo passato non gli avrebbe impedito di vivere.
Non avrebbe mai saputo chiedere a qualcun'altro ciò che sapeva di necessitare, ma lei sembrava riuscire ad intuire i suoi bisogni primari. Non voleva pensare ad altro, in quella fase.
Doveva rimettersi in forze, capire quale strada percorrere, fare ancora delle scelte e poi avrebbe potuto comprendere cosa davvero desiderasse da quel rapporto appena nato.
Ora non voleva illudere nessuno, né lei e nemmeno se stesso.
Doveva aspettare, doveva fare ciò che non aveva mai fatto: darsi tempo.
Parte del suo cuore aveva effettuato quella scelta nel momento in cui aveva visto spegnersi la luce, con gli occhi verdi di Potter fissi nei suoi.
Parte della sua anima aveva reagito combattendo strenuamente la morte.
La realtà era che, al termine di tutto, essere lì, su quella panchina, al sole estivo, lo riconciliava con il ricordo di Albus.
Aveva dato la vita per vederlo vivere e con quale altra cosa avrebbe potuto ripagare quel sacrificio se non portando a compimento la sua stessa vita?
Ogni respiro, in quei giorni, era dedicato ad Albus e ora, quando pensava a quella notte sulla Torre, il dolore graffiante si affievoliva.
C'erano alcuni giorni nei quali la rabbia che, aveva sempre covato in lui, si tramutava in composta commozione. C'erano ore in cui riusciva persino a vedere il volto del perduto amico illuminato da un ampio sorriso felice.
Ma più di ogni altra cosa ora riusciva a ripensare al vecchio mago senza tristezza, solo in un alone di smorzata gioia.
Immaginazione?
Di certo sapeva che l'essere andato così vicino alla morte gli aveva dato la forza per continuare a vivere!
Questo aveva reso ancora più semplice comprendere le frasi che sempre Silente gli aveva indirizzato. Ora sarebbe stato in grado di rispondere al vecchio amico che aveva capito e che lo ringraziava per l’opportunità che gli aveva dato.
Non lo avrebbe mai dimenticato.
Seppur consapevole del fatto che Albus Silente era stato un gran orditore di trame, era anche in grado di comprendere quali importanti opportunità gli avesse regalato.
Non avrebbe mai scordato.
Ora gli era più grato che mai. Adesso che la sua vita stava prendendo una piega importante, colma di significato.
Un lieve frullo d’ali interruppe la quiete e le riflessioni.
Fu quasi un lampo dorato screziato di scarlatto e l’uccello si posò sullo schienale della panchina con un'ampia ed elegante voluta.
Severus restò senza fiato.
Era sempre stato crudelmente convinto che non avrebbe mai più visto quella creatura in tutta la sua vita!
Non riuscì ad impedirsi di pronunciarne il nome, nonostante non avesse l’ausilio della voce.
Sussurrò, senza emettere alcun suono, ma col viso chiaramente atteggiato ad un’espressione di accorato stupore:
- Fanny?
Poteva essere davvero la fenice fedele ad Albus?
Possibile che fosse davvero tornata?
Perché? Perché adesso, perché qui?
Gli occhi scuri e brillanti dell’animale lo osservavano, mentre il capino si muoveva a scatti, studiandolo.
Quasi rispondendo alle sue domande l’animale si mosse e, con leggiadra leggerezza, gli si avvicinò.
Emise un sommesso e soave verso tremulo.
Severus restò immobile a guardarla.
Le piume di colore brillante sembravano gemme preziose alla luce radente del sole pomeridiano.
Forse erano stati i suoi pensieri rivolti ad Albus per giorni a farla tornare?
Nel suo cuore si riaccese la tristezza per non poterlo chiedere a lui, per non poter essere aiutato dalla voce amichevole a comprendere i veri motivi di quell’insperato ritorno. Solo Albus conosceva così bene Fanny!
L'anziano mago gli mancava davvero moltissimo! Aveva nostalgia delle sue battute pungenti ed improvvise, degli occhi azzurri e ironici che facevano capolino dagli occhiali a mezzaluna…
Sentiva la mancanza del suo comprenderlo all’istante, quasi gli avesse letto nella mente e nel cuore.
La nostalgia portò con sé di nuovo il rimorso. Ne fu invaso in un attimo. Gli sembrava che l’anima, dopo tanti giorni, avesse ricominciato a sanguinare.
Fanny emise un suono attutito, accostandoglisi ancora di più.
Gli intelligenti occhietti scuri lo scrutavano, sembravano cercare la verità.
Il mago si lasciò attraversare da quello sguardo e Fanny prese a cantare, sommessamente, solo per lui.
Severus si sentì trasportato di nuovo in una nuova vita, lontano dai rimorsi e lontano dal dolore.
Che la fenice volesse esattamente questo?
Voleva esprimere la domanda, ma non ne aveva la possibilità. Senza parole non era sicuro che l’animale potesse comprenderlo.
Poi tornò a ragionare.
Fanny era una creatura magica. Forse aveva già compreso ogni cosa. Forse era tornata proprio per manifestargli la vicinanza. Severus sapeva di essere stato fedele a Silente fino in fondo, fino a morirne…
La fenice si avvicinò ancora. Lentamente abbassò il capo verso il viso del mago.
Erano così vicini che Severus poté specchiarsi nel nero degli occhi vispi.
D’improvviso piccole lacrime sgorgarono dagli occhi di Fanny, scivolarono sulle guance del mago e raggiunsero la cicatrice sul collo, là dove il serpente aveva maggiormente infierito.
Una vampata di calore gli arse la gola in un momento.
Severus si portò le mani al collo con il timore di sentire la pelle aprirsi sotto le sue dita, ma non trovò nulla. Né sangue, né dolore e neanche la cicatrice che era abituato a sentire come una frastagliata riga in rilievo sotto le dita.
Senza pensare si ritrasse di scatto, ma la fenice restò immobile a guardarlo emettendo un altro armonioso suono sommesso.
- Fanny, cosa…
Aveva parlato!
La voce profonda e vibrante cui era abituato aveva espresso i suoi sentimenti.
Restò stupito e incredulo.
La fenice gli aveva regalato la normalità, la possibilità di tornare a vivere, questa volta davvero come se stesso.
Allungò la mano e carezzò il dorso dell’animale, morbido, caldo e liscio.
Sul volto piano si fece strada un vero sorriso, spontaneo, aperto e colmo di gratitudine:
- Grazie! – Poteva tornare a modulare i toni e il volume, poteva padroneggiare la dolcezza, era tornato a poter esprimere ciò che aveva nel cuore. – Grazie Fanny!
L’animale si allontanò appena, arruffando le piume, quasi rispondendo al ringraziamento che proveniva dall'anima stessa del mago.
Lo fissò ancora per qualche momento. Poi chinò il capino e lo nascose sotto l’ala, quasi volesse dormire, ormai pacificata con se stessa.
Severus voltò lo sguardo verso l’orizzonte.
Il sole stava rapidamente calando e le bianche e rade nuvole estive riflessero il colore delle piume della fenice.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:32
 
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kijoka
view post Posted on 24/11/2013, 16:22




Nr.46

Autore/data: Kijoka – 10 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Invece Severus Piton era solo un uomo.
Parole/pagine: 1.551/3.




Orizzonti

La finestra era spalancata e Severus stava di nuovo osservando la zona buia della vicina foresta dove Fanny era sparita.
Le mani poggiate sul davanzale, scrutando le linee morbide dell'orizzonte, si stava chiedendo se non avesse sognato.
Di tanto in tanto provava a dire qualcosa a voce alta e rimaneva ancora incredulo che la voce seguisse appieno le sue intenzioni.
Aveva la sensazione che la fenice gli avesse regalato un nuovo inizio, una diversa opportunità.
Oltre la foresta c'era ancora un mondo.
Dove se ne era andata Fanny?
Sarebbe tornata?
Continuando a far scivolare lo sguardo dalle cime appuntite degli alberi della foresta verso le morbide colline, luccicanti alla luce di mezzogiorno, lasciò consapevolmente uno spiraglio nella stretta disciplina dei pensieri.
In quella fessura infinitesimale comparve l'immagine del castello di Hogwarts.
Nei corridoi aveva sentito che ne parlavano con ammirazione, per quanto era stato fatto. Sembrava lo avessero messo in sesto a tempo di record: dicevano che volevano riaprire la scuola al più presto.
Severus ne fu felice.
Un punto fermo, una solida speranza, doveva essere così! La scuola riaperta: Voldemort sarebbe stato nuovamente sconfitto!
Mentre il cuore coccolava la sensazione gioiosa, la mente gli propose una delle immagini favorite del castello: di notte, con il buio, splendente di mille luci brillanti che lo facevano sembrare un raro gioiello. La mole che si specchiava nel lago calmo, con la luna alta sopra l'orizzonte ad illuminarne le torri.
Sorrise con dolcezza.
Casa.
Quante volte lo aveva ammirato da lontano le notti nelle quali tornava tardissimo con la morte nel cuore?
Ora quella visione gli provocava solo una profonda sensazione di appartenenza.
Eppure non osava nemmeno pensare di tornare là, dopo l'ultimo anno trascorso da preside! Solo, ogni tanto, carezzava l'idea di poter rivedere quei muri graffiati dai secoli, camminare nei corridoi dove echeggiavano i passi della storia e respirare di nuovo l'aria fresca che sapeva di casa.
Si rilassò e prese un lungo respiro, seguendo l’aroma del gelsomino sotto la finestra.
Sapeva di essere molto migliorato, ma si chiedeva come mai non avesse visto Joy negli ultimi giorni.
Non da molto avevano preso l’abitudine di stare qualche tempo insieme dopo cena, certo non era un impegno giornaliero, ma gli sembrava comunque strano essere rimasto senza di lei per tutto quel tempo.
Ricordò le ultime settimane di totale dedizione: aveva continuato a stargli vicino, senza chiedere nulla.
Non gli aveva più esternato a parole ciò che provava e non si era più avvalsa del loro speciale legame, ma gli aveva espresso il suo amore con semplicità, senza sbandierarlo, solo glielo aveva dimostrato coi gesti.
Sapeva di aver trascorso molte ore a riflettere e ad interrogarsi.
Queste ore solitarie avevano portato una diversa certezza: non poteva più fare a meno di lei.
Non si trattava di necessità d'aiuto fisico, perché la ferita ormai non esisteva più...
Era che sentiva la sua mancanza come manca l'aria.
Cercò ancora una volta di dire a se stesso che stava esagerando, che non poteva dipendere così totalmente da una persona che conosceva appena.
Il problema era che ad ogni simile affermazione aveva la sensazione di essere ancora più solo e di sprofondare in un gorgo buio.
Lei gli aveva dato la forza di guardarsi dentro l'anima ed era riuscita a mostrargli un altro Severus, forse il suo reale Io. La sensazione era che, senza di lei, non lo avrebbe più trovato.
Eppure doveva alla fine decidersi a valutare quella strana soluzione, quell’incredibile possibilità, quell'inconfessabile segreto che si nascondeva.
Aveva testardamente rincorso l'immagine che per anni gli avevano cucito addosso.
Ognuno aveva visto in lui qualcosa che non rispondeva alla realtà, anche adesso che la sua ultima maschera era quella dell'eroe.
Invece Severus Piton era solo un uomo.
Joy aveva visto chi era.
Joy aveva guardato nei suoi occhi senza pregiudizi.
Joy aveva trovato la verità.
Solo lei sapeva.
Le si era affidato completamente perché percepiva, senza magia alcuna, che poteva fidarsi. Si sentiva compreso e non giudicato.
Questo lo aveva riportato al suo vedere se stesso.
Voleva continuare a recitare una parte? Voleva tornare ad essere ciò che non era mai realmente stato?
Oppure era il momento di fare una scelta differente?
Inspirò di nuovo, ad occhi chiusi, mentre i raggi pungenti dell'ora più calda del giorno gli scaldavano il petto.
C'era qualcos'altro che erompeva dal suo cuore e che gli causava dentro un tepore palpitante ed inconsueto.
Aveva deciso di accettare ciò che, senza il suo permesso, si era infiltrato in lui.
Era successo tutto una notte, scura e silenziosa.
Si era ritrovato ad occhi spalancati nel buio, con il cuore in tumulto. La gola serrata. Ansante.
Dopo un primo attimo di smarrimento aveva capito che non erano stati i soliti, vecchi incubi a riportarlo alla coscienza..
Era un nuovo modo di concepire la vita che lo aveva sconvolto e svegliato. I fatti erano appena accaduti dietro le palpebre e li ricordava in modo perfetto.
Joy era tra le sue braccia e d'un tratto era sparita, proprio prima che potesse parlarle, proprio poco prima che le loro labbra s’incontrassero.
Il senso di angoscia provato lo aveva spaventato e aveva aperto gli occhi.
Dandosi dello stupido aveva cercato di archiviare sogni e sensazioni, tornando a dormire.
Non c'era riuscito. Era stato strano attendere la mattina e il momento in cui lei era entrata dalla porta.
Ora che mancava da qualche giorno quella sensazione aveva preso a torturarlo anche da sveglio.
Sorrise tra sé.
Come poteva ancora negare? Era inutile nascondere a se stesso di aver ceduto ai sentimenti.
L’emozione che provava era desiderio di averla accanto.
Continuava a sentirsene stupito, ma i mille indizi potevano portarlo ad una sola conclusione.
Anche se in fondo non ne era certo, anche senza sapere cosa esattamente significasse quella parola, forse se ne era innamorato.
Al pensiero la mente si svuotò, gli occhi si aprirono senza essere feriti dalla luminosità del paesaggio.
Un totale senso di sollievo lo colmò e fu come se tutti i frammenti di se stesso andassero al posto giusto, ricostruendo un uomo che si era perso.
Che futuro avrebbe potuto avere questo sentimento?
Come pensava di poter gestire la situazione e cosa si aspettava veramente?
Lo sguardo scorse il panorama davanti a lui.
La linea dell'orizzonte era velata dal riverbero del Sole.
Quella era la realtà.
Non poteva capire, non poteva fare scelte ponderate perché l’abituale razionalità era offuscata dalla luce del sentimento che Joy aveva saputo ispirargli.
Era davvero importante trovare adesso tutte le risposte?
Forse no...
Si lasciò di nuovo andare e la prima domanda che la parte logica di sé gli pose fu: come fare a dirlo?
In realtà adesso era tutto più semplice: la soluzione era arrivata il pomeriggio dell'incontro con Fanny!
Ora aveva di nuovo la sua voce e il mezzo più importante per spiegare ogni cosa.
Quanto temeva quel momento!
Eppure non vedeva l'ora...
Il legame creato dall'incantesimo che gli aveva salvato la vita stava venendo meno. La formula non era stata più pronunciata e spesso non riuscivano più a percepire i sentimenti l’uno dell’altra.
Certo parlarle sarebbe stato più complicato, ma non per questo meno stimolante…
Ma Joy, dov’era?

Poggiò la mano sulla maniglia e ce la lasciò.
L'attenzione era stata attirata dal capannello di guaritori che, guardandola, parlottavano in fondo al corridoio.
Ormai lo sapevano tutti.
Il responsabile del reparto le aveva intimato di andarsene. Il suo compito era finito: Piton stava meglio.
Ora doveva lasciare che il mago riprendesse le forze e tornasse alla sua vita.
Doveva permettere che il mago, che era riuscito ad ingannare Voldemort, potesse tornare alla vita pubblica così che il suo ruolo fosse finalmente riconosciuto e gli fossero tributati i giusti onori.
Joy tornò a fissare la mano appoggiata alla maniglia d’ottone.
Quella stessa mano aveva stretto i lembi della ferita sanguinante, li aveva saldati insieme con la magia, mentre il sangue di Severus le correva a rivoli verso il polso e s'infilava tra le dita.
Pensavano davvero che lei non volesse che il mago fosse riconosciuto per quel che era: l'eroe della guerra?
Cercò di calmare la rabbia che la faceva tremare.
Lui non doveva capire nulla, non doveva saperlo. Aveva bisogno di tranquillità e di essere lasciato in pace senza alcuna preoccupazione.
Ne aveva parlato, non più tardi del pomeriggio precedente, con il Ministro e la Preside MacGranitt.
Aveva ribadito che era troppo presto perché il mago potesse prendere sulle spalle la conduzione della Scuola di Magia di Hogwarts, o anche ciò che avevano definito “solo un incarico al Ministero”.
Aveva acconsentito solo all’incontro di Severus con Harry Potter e la MacGranitt, perché aveva percepito quanto il mago ne avesse realmente bisogno.
Ora doveva informarlo, avvisarlo che le due visite che temeva di più non potevano essere rimandate.
Solo una cosa la pacificava con se stessa: quei due incontri avrebbero risolto molti nodi stretti, molti sentimenti sospesi.
Poi non ci sarebbe stato più nulla a legarlo al passato.
Era già molto migliorato e in poco tempo avrebbe potuto lasciare quel luogo per sempre e decidere della sua vita.
Prese un profondo respiro e abbassò la maniglia, dopo aver bussato.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:32
 
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view post Posted on 24/11/2013, 19:40
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Prego tutti di controllare che io non abbia commesso errori.



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Martedì 26: Elly (34)


Prenotazioni per la 47a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 27: Leonora (47)
Giovedì 28: Ida (47)
Venerdì 29: Anastasia (11 di 13)
Sabato 30: Anastasia (12 di 13)
Domenica 1 dicembre: Monica (47)
Lunedì 2 dicembre: Elly (35)
Martedì 3 dicembre: Elly (36)



Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 dicembre: Leonora (48)
Giovedì 5: Ida (48)
Venerdì 6: Anastasia (13 di 13)
Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (37)
Martedì 10: Elly (38)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Elly (39)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46)



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47) ??? .....
Sabato 28: Elly (48) ??? .....
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (51) ??? .....
Sabato 4: ??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: ??? .....
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, riimangono solo tre giorni effettivamente vuoti: il 4, 7 e 8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tantil sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:33
 
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view post Posted on 25/11/2013, 10:51
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Seguito di "Bianche parole"

n. 33

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Incubi dolci come un bacio

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Severus si era svegliato, non era ancora del tutto cosciente, ma aveva aperto gli occhi e aveva risposto alle domande che il medimago gli aveva posto.
Aveva perfino trovato le forze di dire una battuta cinica che l'aveva fatta ridere.

Parole: 2050

Incubi dolci come un bacio

Fine settembre 1998
Londra, San Mungo
Sera inoltrata



Minerva uscì dalla stanza di Severus Piton con un sorriso.
Severus si era svegliato, non era ancora del tutto cosciente, ma aveva aperto gli occhi e aveva risposto alle domande che il medimago gli aveva posto.
Aveva perfino trovato le forze di dire una battuta cinica che l'aveva fatta ridere.
Chiuse la porta della stanza alle sue spalle e percorse il silenzioso corridoio, era stremata e voleva solo andare a letto.
Ma era felice. Severus si era svegliato. E lei poteva fare ammenda di tutte le cose orribili che gli aveva detto l'ultimo anno. Poteva scusarsi, piangere per lui, piangere con lui per Albus.
- Professoressa McGranitt...
Si voltò di scatto e vide Hermione seduta sulle sedie poste lungo il corridoio. Era pallida, tremava e si vedeva che aveva pianto.
- Hermione... - sussurrò avvicinandosi – é successo qualcosa?
La giovane strega scosse il capo.
- E' vero professoressa? Sev... il professor Piton si è svegliato?
Annuì sedendosi accanto a lei.
- Non é ancora molto lucido, ma se conosco Severus lo sarà tra qualche giorno.
Hermione stava torturando l'angolo della camicetta che indossava e si mordicchiava l'interno della guancia.
- Devo chiederle un favore, professoressa. Io... lui... non deve sapere quello che ho fatto. Deve dirgli che é stata Fanny a salvarlo. Io l'ho solo trovato nella Stamberga.
- Hermione... Severus deve saperlo. Quello che hai fatto per lui...
- E' stato dargli una scelta. - fece lei - Solo questo. L'incantesimo non resuscita i morti, frena solo la corsa verso il nulla. Il professor Piton era bloccato in un limbo, per questo ho potuto raggiungerlo. Ho aperto una strada che lo avrebbe riportato nel nostro mondo. La decisione di vivere o morire é sempre stata sua.
- Vorrà sapere il perché l'hai fatto.
La giovane restò in silenzio, forse cercando anche per se stessa una risposta alla domanda che si poneva da mesi.
Alla fine sospirò, lisciò l'angolo della camicetta e si alzò in piedi.
- Lui meritava di più. La sua vita non poteva finire in quel modo, in quella casa polverosa. Non era giusto.
Minerva restò seduta fissando la schiena della giovane strega che sembrava invecchiata in pochi minuti.
- Lui merita di più. - ripeté Hermione con un sussurro.

* * * *



Hogsmeade, Marzo 2003
Testa di Porco, tarda sera




La Testa di Porco era uno dei pochi locali rimasti indenni dopo la battaglia.
Severus ci andava regolarmente una volta a settimana.
Era ancora tenuto alla bene e meglio, frequentato da maghi e streghe discutibili, perennemente in penombra, ma con dell'ottimo liquore.
Decisamente era il posto che più si adattava alla sua vita passata e presente.
Aberforth lo accoglieva con un silenzioso cenno del capo, aspettava che si sedesse, poi gli metteva davanti un bicchiere di whisky incendiario.
Quella sera non era molto diversa dalle altre.
Entrò con il solito passo leggero guardandosi attorno com'era abituato a fare. Nonostante tutto continuava a cercare potenziali pericoli e orecchie indiscrete.
Quando si é una spia doppiogiochista da una vita lo si resta per tutta la vita.
C'erano un paio di maghi al bancone e una vecchia strega seduta in un angolo.
Si sedette lontano dagli altri, cercando di non attirare troppo l'attenzione.
- Le porto il solito, Preside Piton? - gli domandò il proprietario già allungando la mano verso la bottiglia.
- Tra poco, Aberforth. - gli disse – Questa sera non sarò solo.
L'altro non replicò, lasciò perdere la bottiglia di whisky e riprese a parlare con gli altri due clienti.
L'attesa fu più lunga del necessario; quando, finalmente, arrivò il suo ospite il mago lo fissò irritato.
- Potter! Non ti hanno insegnato la puntualità all'addestramento per Auror?
Al suono di quel nome Aberfoth si voltò verso di loro.
- Sei qui per fare danni, Potter? - domandò infastidito – Non ci saranno degli Auror qua fuori che vogliono, ancora, controllare il mio locale, vero?
Gli altri due maghi al bancone si voltarono verso di lui, il giovane Auror non ci fece caso, abituato ad occhiate curiose e stupite. Si sedette accanto al Preside e ridacchiò.
- Sono qui solo come compagno di bevute, Signor Silente.
Piton non replicò, lo lasciò accomodare sullo sgabello accanto al suo e aspettò che Aberforth portasse da bere.
- Lascia qui la bottiglia, Aberforth. - gli disse – Credo che ne avrò bisogno questa sera.
Il mago non disse nulla, appoggiò il liquore sul bancone e andò ad ascoltare la discussione degli altri due maghi, lanciando un'occhiata poco amichevole al giovane cacciatore di maghi oscuri.
Severus prese tempo, afferrò la bottiglia e versò il whisky ad entrambi.
- Non si sta chiedendo il perché le ho inviato quel gufo? - chiese Potter prendendo il bicchierino dal vetro opaco.
- Quando si tratta di te, Potter. - gli rispose portando alle labbra il proprio bicchiere – Ho imparato a non aspettarmi nulla. E' un'inutile perdita di tempo.
La risata divertita del giovane lo costrinse a finire in un unico sorso il suo bicchiere e a versarsene subito un altro. Far ridere Potter non era nei suoi piani.
- Ho bisogno di un consiglio. - gli disse Potter rigirando il bicchiere tra le mani - Uno di quelli che avrei chiesto a Sirius. - finì con tono triste.
Severus fece una smorfia disgustata per esser stato paragonato ad un cane pulcioso.
Immaginò Black sbellicarsi dalle risate nell'aldilà.
- C'é sempre il padre della tua fidanzata.
- Il consiglio riguarda proprio Ginny. - Harry bevve un piccolo sorso - Vorrei chiederle di sposarmi.
Il Preside rigirò il liquore nel bicchiere indeciso se berlo in un unico sorso sperando di porre, il prima possibile, fine a quello strazio.
- Non vorrai dei consigli su come chiederglielo, vero Potter?
- No... - Harry mandò giù un altro piccolo sorso – a dire il vero ho chiesto prima a Ron e lui continua a dirmi che é troppo presto. Che siamo giovani. Ginny è nel pieno del campionato... - Piton sollevò gli occhi al cielo, poi studiò ancora il suo bicchierino indeciso sul da farsi – Mi ha messo un po' in crisi.
- Tu l'ami Potter?
- Cosa?
La domanda improvvisa l'aveva colto di sorpresa.
Il mago sbuffò.
- La domanda è semplice, Potter, e prevede solo due risposte.
- Sì, l'amo.
- E cosa saresti disposto a fare per lei?
- Qualunque cosa.
Harry restò in silenzio, valutando l'espressione del Preside.
Severus osservava il liquore ambrato, sinceramente colpito dall'amore di quel ragazzo, fingendo di non riconoscere le sue stesse parole.
Ma in fin dei conti anche lui sapeva cos'era l'amore. Quello vero, sincero, quello che ti spinge anche tra le braccia della morte pur di proteggerla.
Qualunque cosa.
Era morto per Lily, per i suoi occhi verdi, per il suo sorriso innamorato, anche se non era mai stato rivolto a lui.
Era morto per lei... spinto dal senso di colpa per aver raccontato all'Oscuro quella profezia.
Era morto.
Sono qui per darle una scelta.
E lui aveva scelto. Abbandonato dalla donna che credeva di amare anche da morto, aveva deciso di tornare indietro.
Non c'era nulla per lui nel mondo dei morti.
Non c'era nulla per lui, lui che aveva fatto qualunque cosa per lei.
Ed era tornato con il suo sorriso stampato nella mente, anche se lo aveva dimenticato. Era tornato con il ricordo del suo sapore sulle labbra e il calore del suo corpo.
Ed anche ora avrebbe fatto qualunque cosa per lei.
- Allora non hai bisogno dei miei consigli, Potter. - gli disse – Sai già cosa fare.
Il giovane Auror bevve tutto il liquore in un sorso solo con un sorriso felice sulle labbra.
- Mi farà da testimone, professore?
- Non sono abbastanza ubriaco per poter rispondere a questa domanda. - rispose prima di bere il secondo bicchiere – E poi sono quasi certo che quel ruolo spetti a Weasley.
- Beh io vorrei entrambi.
Severus non rispose, afferrò la bottiglia e si versò il terzo bicchiere, c'erano troppi ricordi dolorosi che stavano affiorando nella sua mente e non voleva affrontarli. Non quella notte.
- E' molto probabile che Hermione sia la testimone di Ginny.
La frase di Harry restò in sospeso nell'aria, Piton non disse nulla, si limitò a versarsi il whisky e a rigirarlo nel bicchierino incrinato.
Abertforth avrebbe dovuto comprare dei bicchieri nuovi.
Harry non si aspettava una risposta, si alzò in piedi; voleva solo andare da Ginny e chiederle di dividere la vita con lui. Era impaziente come un bambino la vigilia di Natale. Ma era anche stanco di vedere Hermione e Piton comportarsi come due adolescenti in crisi.
Quello che c'era stato tra di loro non poteva essere ignorato.
La professoressa McGranitt era certa che a Severus servisse un aiutino nelle faccende di cuore. Una piccola spintarella nella direzione giusta.
E tutti, perfino quel testone di Ron, avevano capito che Hermione era la strada giusta per Severus. Così come Severus era la strada giusta per Hermione.
Era strano pensare a loro due. Ma nella sua vita aveva visto cose ben più strane di quella.
Con una lentezza estrema si appuntò meglio il mantello sulle spalle, cercando di studiare ogni minimo movimento del mago. Ma Piton era un esperto nel tenersi tutto dentro.
Alla fine, quando era pronto e non aveva più scuse per restare, il Preside si voltò verso di lui.
- Non farò nessun discorso smielato, Potter. - gli disse.
Harry non poteva crederci, era certo che sarebbe stato molto più difficile, che avrebbe dovuto insistere fino allo sfinimento.
- Non c'é problema. - gli rispose con un sorriso felice – Quello lo lascio a Ron, é divertente quando impreca contro una pergamena bianca.
Si allontanò con il sorriso sulle labbra, lanciando un silenzioso saluto al fratello di Silente, saluto che non fu ricambiato.
- Potter! - il tono era lo stesso che usava in classe quando doveva rimproverarlo.
Lui si bloccò a pochi metri dall'uscita e si voltò.
- Sì, professore?
Piton ghignava, gli ricordò quella lezione di pozioni doveva aveva fatto cadere la sua ampolla, casualmente dopo che Hermione aveva pulito il suo calderone.
Ops... zero, Potter
- Cerca di non riprodurti troppo.
Le parole erano diverse, ma il tono pungente lo stesso. Perfino il sorrisino divertito era lo stesso.

* * * *


Hogwarts, Novembre 1998
Sotterranei, piena notte



Il mago scattò a sedere sul letto in un bagno di sudore.
Ansimando si portò una mano alla gola trovando solo pelle accaldata e bagnata.
Era stato un incubo.
Un incubo spaventoso con enormi serpenti che lo azzannavano su tutto il corpo.
Si passò una mano tra i capelli, incapace di eliminare la fastidiosa sensazione delle zanne che penetravano la carne, o l'odore del suo sangue che impregnava quell'incubo.
Un brutto sogno, Severus?
Il mago sbuffò chiudendo gli occhi, ignorando tutto, anche le voci nella sua testa.
E' inutile, Severus.
- Vattene. - sibilò – Sei solo un'illusione.
Molto poco carino da parte tua, Severus.
- Vattene. - sibilò nuovamente stringendo le lenzuola.
Non posso. Sono solo un'illusione.
Il tono della voce era irritato. Le labbra del mago si incurvarono in un mezzo sorriso cinico. Era capace di litigare anche con la sua stessa mente.
Aprì gli occhi guardandosi attorno: la camera era fiocamente illuminata dalle braci nel camino.
Esaminò ogni angolo buio della stanza.
Sono qui, Severus.
Il mago si voltò, trovandosi una figura ai piedi del letto. Aveva chiaramente un corpo femminile, ma non riusciva a vederne il volto. Era come avvolto da un'ombra perenne.
- Sto impazzendo. - mormorò.
No, non sei pazzo.
- Tu non esisti.
Nonostante non la vedesse in volto Severus sentì che gli sta stava sorridendo, la vide muoversi. Arrivò al lato dove era sdraiato e si sedette vicino a lui.
Era un'illusione. Un parto della sua mente. Eppure sentì il materasso abbassarsi sotto il suo peso. E, nonostante tutto, il volto della donna restava in ombra, nascosto alla sua vista.
La vide chinarsi su di lui e non ebbe le forze di scostarsi, avvertì le sue labbra di ombra baciarlo.
Un tocco delicato, dolce.
Quando la figura si staccò si sentì abbandonato, solo.
Io sono reale, quanto te, Severus. Devi solo ricordare.
- Cosa devo ricordare?
Me.
Il mago aprì gli occhi di scatto ritrovandosi nel suo letto.
Aveva sognato.
Eppure quel tocco gli sembrava reale. Poteva ancora sentirne il sapore.
 
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Potrei, per favore, spostare il mio turno del 30 novembre con quello del 7 dicembre con Angela, sempre se è possibile?
 
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Seguito di "Incubi dolci come un bacio"


n. 34

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Parole che gelano l’animo

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Molly Weasley
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non la vedeva da molto, troppo tempo ed era sempre bellissima. E lui l’amava ancora.
Si preparò mentalmente ad un lungo silenzio imbarazzato, invece Hermione lo spiazzò con un finto, freddo sorriso di cortesia.

Parole: 2105

Parole che gelano l’animo

Luglio 2003
giardino della Tana
primo pomeriggio



Si era smaterializzato alla Tana in anticipo rispetto all'inizio della cerimonia, come gli era stato richiesto.
Molly l'aveva accolto con il solito sorriso materno e un abbraccio che odorava di tortino al rabarbaro.
Aveva cercato di non sembrare troppo rigido in quell'abbraccio, ma non era certo di esserci riuscito.
Il tocco umano ancora lo terrorizzava, aveva il forte dubbio che questo non sarebbe mai cambiato.
Si accomodò in cucina dove Molly, con ancora addosso il grembiule e i bigodini in testa che magicamente si stavano sciogliendo da soli, gli aveva offerto una tazza d caffè.
- Avrei dovuto essere pronta da un pezzo. - si scusò la donna mentre una spatola finiva di glassare una torta alta quattro piani – Ma ci sono così tante cose da fare e da finire. Harry e Ginny non volevano un matrimonio in grande stile, ma é certamente più affollato di quello di Bill e Fleur, abbiamo dovuto utilizzare tre tendoni per far stare tutti.
A Severus quelle informazioni non interessavano, ma Molly era stata gentile con lui. Al San Mungo era andata a trovarlo più di una volta sorvolando sul suo pessimo umore. Lo invitava tutti gli anni per il cenone di Natale, nonostante i suoi continui rifiuti, e gli faceva un regalo, rigorosamente fatto a mano e nero, che lui riponeva nell'armadio insieme agli altri vestiti tutti uguali.
L'ultimo maglione che gli aveva confezionato era nero con un serpente verde scintillante.
Decisamente non era il suo genere, ma scartava quel pacco con un sorriso e gli piaceva riempire l'armadio con vestiti che non fossero mantelli lunghi e giacche dai mille bottoncini.
Mentre finì il caffè sentì qualcuno scendere dalle scale.
- Ginny vedi di smetterla di piangere! - urlò una voce nota che gli fece chiudere lo stomaco – E' la seconda volta che devo rifarti il trucco!
Appoggiò la tazza sul tavolo nel momento in cui Hermione entrava nella calda cucina.
- Molly, dov'é la tiara di zia Muriel?
- Oh cara. - rispose la strega mentre l'ultimo bigodino si srotolava dalla ciocca – Quel colore ti dona molto.
Severus non si era ancora voltato. Aveva sentito il suo profumo e non era stato in grado di muoversi, aveva paura di vederla. Paura di quello che poteva dirgli, quello che poteva suscitare in lui la sua sola visione.
- Grazie. - rispose lei, Severus sentiva il suo sguardo alla base della nuca – La tiara, Molly.
- Oh si certo. Dopo il matrimonio di Fleur zia Muriel ha messo la tiara in una custodia incantata che non si può appellare. E' in camera mia e Arthur, vado a prenderla. Aspettami qui.
Uscì quasi di corsa, mentre si toglieva il grembiule e la spatola finiva l'ultimo ritocco.
Severus si sentiva stupido in quel momento, erano rimasti soli in quella stanza. Le dava spalle e non sapeva cosa dirle.
Mi dispiace?
Sono un'idiota?
Ti amo, ma non sarò mai in grado di dirtelo?
Si alzò dalla sedia e fece volteggiare la tazza fino al lavello dove iniziò a pulirsi da sola, lisciandosi le pieghe della giacca si voltò, trovandosi una Hermione Granger, ormai donna, di fronte.
Era bellissima fasciata in quel vestito senza spalline blu notte, così scuro da sembrare quasi nero.
Appena truccata, con i capelli raccolti in un'alta stretta coda.
Così adulta, così matura.
Non la vedeva da molto, troppo tempo ed era sempre bellissima. E lui l’amava ancora.
Si preparò mentalmente ad un lungo silenzio imbarazzato, invece Hermione lo spiazzò con un finto, freddo sorriso di cortesia.
- Buongiorno, professor Piton.
Il suo tono così formale era più doloroso della sua bellezza e di quel freddo sorriso.
- Buongiorno, signorina Granger.
Calò il gelo, il mago sentiva le occhiate pungenti di lei. Vedeva tutte quelle domande nei suoi occhi. Domande a cui non avrebbe mai avuto delle risposte. Domande a cui nemmeno lui sapeva dare risposta.
- Come procede la sua ricerca?
Una conversazione formale e sciocca era l'unica possibilità che aveva per eliminare quel finto sorriso che lo feriva più di ogni altra cosa.
- Bene. - rispose lei torturando la collana di perle che le adornava il collo – Ho controllato tutti i centri magici o presunti tali della Francia. Ho qualche settimana di ferie, poi mi trasferirò in Spagna e forse in Italia. Dai miei studi e dalle ricerche che ho fatto anche nel mondo dei Babbani ci sono molte città considerate “esoteriche”. Ovviamente i Babbani non hanno idea di quello che sono in realtà. Al Ministero tutte queste informazioni sono utili. In più ho potuto conoscere altre realtà magiche oltre quelle inglesi; è molto interessante ed istruttivo.
- Ho letto la sua relazione sulle conoscenze Babbane della magia più essenziale e naturale.
- Ha letto la mia relazione?
Sembrava sinceramente stupita.
- Non sono abbonato solo a Pozioni Moderne, Hermione.
Il suo nome era uscito da solo, era una crepa in quel rapporto distaccato che lui stesso aveva preteso.
Sussultò appena quando udì il suo nome e, finalmente, quell’odioso sorriso scivolò dalle sue labbra.
Aprì la bocca per parlare, ma l'entrata di Molly bloccò ogni cosa.
- Non starete parlando di lavoro, vero?
- Abbiamo finito. - sorrise la strega mentre prendeva la custodia con quello che, Severus presumeva, contenesse la famosa tiara – Grazie. Vado a portarla a Ginny, é quasi ora.

* * *



Villaggio di Hogsmeade, Dicembre 1998
Tardo pomeriggio



L'inverno era arrivato quasi all'improvviso quell'anno. L'autunno era stato mite fino alla metà di Ottobre, poi era sceso il gelo, gli alberi avevano perso il fogliame nel giro di qualche giorno e tutto era tornato nella normalità.
Presto avrebbe iniziato a nevicare, trasformando ancora una volta il paesaggio che Severus conosceva, ormai, a memoria.
Si era proposto come sorvegliante per la prima gita al villaggio, solitamente restava al castello, ma non aveva nulla da fare.
Per una volta non aveva compiti da correggere, libri di magia oscura da leggere o riunioni segrete con Silente.
Era libero. E la cosa lo spaventava a morte.
Non avere nulla da fare voleva dire riflettere su quello che gli stava succedendo. Su quel sogno che aveva fatto più di una volta, su quelle voci che sentiva e che lo stavano facendo impazzire.
Camminava per le stradine del villaggio guardandosi attorno, ammonendo gli studenti solo con lo sguardo. Era sempre stato bravo in questo.
Quando la maggior parte delle teste di legno si era rintanata nei negozi e ai Tre Manici di Scopa per una burrobirra, riparandosi dal vento gelido che si era alzato all'improvviso, decise che era arrivato il momento di bere qualcosa. Qualcosa di forte.
Non entrava ai Tre Manici da molti anni, non gli era mai piaciuto. Era troppo rumoroso e affollato e poi, l'ultima volta che vi aveva messo piede, aveva visto Lily baciarsi con James e quel posto aveva perso così ogni interesse.
Camminò velocemente fino alla Testa di Porco, decisamente più affine al suo carattere.
Entrò silenziosamente, ben felice di non vederci nessuno in quel momento. Era il tipico locale che si affollava di notte, quando gli altri erano al sicuro nelle loro case.
Aberfoth sollevò la testa dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo, quando lo sentì entrare.
Non aveva avuto modo di vedere il fratello di Silente da quando lo aveva ucciso.
Restò in piedi davanti alla porta, osservando il fratello della sua ultima vittima in silenzio.
Si studiarono per diversi minuti, anche se la verità era stata urlata da Potter davanti a tutti, lui restava l'assassino di Silente.
Fu Aberfoth il primo a parlare.
- Qualcosa di forte, professor Piton? - gli chiese mentre ripiegava il quotidiano.
Severus annuì e si sedette al bancone.
Restò quasi un'ora. Senza mai parlare, solo con il suo silenzio e un bicchiere di idromele che centellinava.
Quando uscì non si stupì di vedere i primi fiocchi di neve cadere lentamente dal cielo grigio e gonfio di nubi.
Il vento gelido lo colpì in volto come uno schiaffo in pieno viso. Si avvolse nel mantello, assumendo sempre di più l'aspetto di un gigantesco pipistrello, come se volesse dar conferma alle voci che giravano sul suo conto.
Era stato paragonato alle creature magiche più spaventose e orripilanti del mondo, ma quello del pipistrello restava il suo preferito.
Si guardò attorno, gli studenti stavano iniziando a rientrare, lui doveva restare fino alla fine assicurandosi che nessuno fosse rimasto indietro.
Hogwarts si vedeva all'orizzonte, imponente maniero che sorvegliava il villaggio dall'alto. Come la vecchia ciminiera che osservava Spinner's End.
La stradina che portava ad Hogsmeade sembrava un lungo serpente di terra e sassi. Senza neppure rendersene conto si portò una mano alla gola.
Riprese a camminare senza una meta precisa, cercando gli studenti che non erano ancora sulla via di casa.
Si bloccò all'entrata della strada che portava alla Stamberga.
Non si era accorto di aver preso quella via fino a quando non vide l'ombra della casa proiettata sul terreno gelato.
Si avvicinò alla staccionata malconcia che delimitava i confini della catapecchia quando vide qualcuno seduto su una pietra.
Hermione fissava la casa in silenzio. La borsa dei libri era stata appoggiata a terra, era aperta, ma non c'erano libri in giro o tra le mani della ragazza. Severus intravide un sacchetto di Mielandia e qualche piuma nuova presa all'Emporio.
Si avvicinò senza preoccuparsi di non fare rumore.
La strega si voltò di scatto come risvegliata da un sonno improvviso.
- Buonasera, professore. - disse educatamente lei alzandosi dalla roccia.
- Signorina Granger... – la salutò con un impercettibile cenno del capo.
- Cosa ci fa qui?
- Il mio lavoro. E’ uno dei posti preferiti degli studenti del settimo anno per nascondersi e rientrare al castello dopo l'orario consentito.
Hermione sorrise e aprì le braccia.
- Beh.... qui ci sono solo io.
- Questo lo vedo da solo.
La giovane tornò a fissare la vecchia casa scricchiolante.
- Perde ogni fascino quando sai com'é dentro. - disse piano come se stesse parlando a se stessa.
- La casa di Minerva non è accogliente?
- Sono così abituata a studiare nel caos della Sala Comune che il silenzio, a volte, diventa troppo opprimente. Qui è isolato, gli studenti non ci vengono quasi mai. Ma c'é abbastanza rumore, ogni tanto arriva l'urlo di Madama Rosmeta. Riesco a concentrarmi meglio.
Severus spostò lo sguardo sulla casa. Lì era quasi morto. Il suo sangue, probabilmente, sporcava ancora il pavimento. C'erano le impronte lasciate da Nagini, quelle dell'Oscuro. Col tempo sarebbero sbiadite, inglobate nella polvere come una vecchia storia. Presto non sarebbe rimasto nulla, ma solo il ricordo di un mago oscuro e di un gruppo di giovani maghi.
Tornò a guardare Hermione, anche lei fissava la casa, forse aveva i suoi stessi pensieri.
E, solo allora, si rese conto che era stata lei a portarlo di nuovo ad Hogwarts, era andata a cercare il suo freddo corpo morto, invece l'aveva trovato aggrappato alla vita da un sottile filo teso da Fanny.
O così gli era stato detto.
- Lei mi ha trovato.
Hermione sgranò gli occhi e si voltò verso di lui. Sembrava improvvisamente pallida.
- Cosa?
- In quella casa. Minerva mi ha detto che é stata lei a trovarmi e a portarmi ad Hogwarts.
La donna annuì solamente.
- Perché? - le chiese.
- Lei era vivo. - rispose facendo spallucce - Dovevo lasciarla sul quel pavimento?
- Perché é tornata in quella casa? Per lei ero morto.
La vide alzarsi e prendere la borsa con le sue cose.
- Non ha importanza.
- Tutto ha importanza, Granger.
Hermione lanciò un ultimo sguardo alla casa.
- Non volevo che la sua tomba fosse quella vecchia casa. Lasciato sul quel pavimento come una bambola di pezza usata. Non volevo che il mio ultimo ricordo di lei fosse il suo sangue sulle mani di Harry. - tornò a guadarlo, fece un debole sorriso e sistemò la borsa sulla spalla – Buona serata, professor Piton.
Severus capì che aveva fretta d’andarsene.
La seguì con lo sguardo. Poco lontano da lui, Hermione mise un piede in fallo e rischiò di cadere. Severus l'afferrò la volo e nel momento in cui sentì il peso del suo corpo avvertì una strana sensazione. Era come se conoscesse quel calore, quel profumo e quel sapore.
Era come se conoscesse Hermione Granger meglio di quanto potesse ricordare.
Severus...
Aveva sentito chiaramente il suo nome.
- Non mi sembra di averle dato il permesso di chiamarmi per nome, Granger. - sbottò irritato mentre la scioglieva dal suo abbraccio.
- Io non ho detto nulla, professore. - era arrossita – Grazie per avermi presa a volo. Arrivederci.
Severus la seguì fin dove poté con lo sguardo.

Edited by chiara53 - 26/11/2013, 23:39
 
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CITAZIONE (Severus Ikari @ 25/11/2013, 21:25) 
Potrei, per favore, spostare il mio turno del 30 novembre con quello del 7 dicembre con Angela, sempre se è possibile?


Direi di sì, perchè la sua storia è pronta già da qualche giorno, però occorre avvertirla: mandale un MP chiedendole il cambio e se non ti risponde provo a mandarle io una mail.


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:33
 
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view post Posted on 26/11/2013, 21:30
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CITAZIONE (Ida59 @ 26/11/2013, 13:28) 
Direi di sì, perchè la sua storia è pronta già da qualche giorno, però occorre avvertirla: mandale un MP chiedendole il cambio e se non ti risponde provo a mandarle io una mail.

Dunque, oggi mi si sono presentati dei piccoli intoppi e i prossimi sabato sono off limits, quindi mi chiedevo se posso, per problemi logistici, spostare il mio turno di sabato 30 direttamente venerdì 13, così sarebbero 3 venerdì consecutivi e finisco.
Sempre se va bene a voi e ad Elly, ovvio ;)
Scusate per il casino :(


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:33
 
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CITAZIONE (Severus Ikari @ 26/11/2013, 21:30) 
Dunque, oggi mi si sono presentati dei piccoli intoppi e i prossimi sabato sono off limits, quindi mi chiedevo se posso, per problemi logistici, spostare il mio turno di sabato 30 direttamente venerdì 13, così sarebbero 3 venerdì consecutivi e finisco.
Sempre se va bene a voi e ad Elly, ovvio ;)
Scusate per il casino :(

Non ci sono problemi! ;)
 
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