Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 9/11/2013, 15:23
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Pozionista provetto

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Dalle nebbie della Valacchia

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Titolo: 7. Così, all'improvviso
Autore/data: Severus_Ikari / febbraio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Harry Potter e Ron Weasley (fugaci apparizioni)
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Con lei non poteva più fingere, non poteva più mentire come aveva fatto per tanti anni, lo aveva visto vulnerabile ai sentimenti, vulnerabile alla vita, e lui si riteneva ancora indegno all’amore."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la settima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Una coppia di vecchi sposi".
Parole/pagine: 2921/5



Un anno per amare

7 - Così, all'improvviso



15 luglio 2005



Come aveva potuto permettere che si avvicinasse tanto, per giunta con Minerva presente?
Erano passate settimane, eppure il senso di smarrimento che lo attanagliava da quel giorno di fine giugno, non riusciva a scrollarselo di dosso, gli si era attaccato alla pelle e ad ogni ora penetrava la sua carne sempre più a fondo, e non ne capiva il motivo, e questo lo spaventava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ciò che non comprendeva lo rendeva terribilmente irrequieto e timoroso, perché non sapeva assolutamente come comportarsi.
Sei sicuro che non conosci il motivo di tale turbamento?
Quel senso di ansietà non lo abbandonò neppure mentre si dirigeva verso casa, in passi che si facevano più pesanti ad ogni metro che si avvicinava. Amava e odiava quella casa, per tutte le urla e i sorrisi che vi erano sepolti e ogni tanto riaffioravano nei ricordi che custodiva come fossero tesori, nonostante il dolore che gli procuravano ogni volta che sbocciavano nella sua mente.
Era la sua casa, e in essa c’era ancora la sua vita, e adesso c’era anche lei.
Nel sentire quella parola – che sapeva benissimo a chi fosse riferita – la sua coscienza iniziò a ridere piuttosto indegnamente, provocando in Snape un moto di frustrazione che si tradusse in una velocizzazione della sua andatura. Se avesse potuto esiliare la sua coscienza, lo avrebbe fatto all’istante.
«Dove diavolo sei stato?» un urlo s’infranse sul suo viso non appena varcò la porta d’ingresso.
«Mi scusi, Sua Eccellenza, non volevo di certo mancarle di rispetto nell’uscire a prendere un po’ d’aria. Vostra Grazia vorrà perdonarmi.» Snape si piegò in un inchino che fece imbestialire Hermione e divertire il giovane Weasley e il giovane Potter.
«Il tuo sarcasmo non attacca, Severus!»
«Sono uscito a fare un po’ di spesa. Se non inizio a cucinarmi da solo rischio di morire di fame o peggio, avvelenato.»
La frecciatina che Snape mandò alla giovane strega la colpì in pieno volto – in realtà sembrava più uno incantesimo potente da quanto divenne rossa e irritata – e le sue labbra si stirarono in una smorfia di disappunto che fece sorridere il mago: adorava terribilmente essere un bastardo, era un aspetto di se stesso che gli era mancato enormemente.
I due giovani maghi riuscirono a stento a trattenere una risata, sapevano che se c’era una cosa in cui la loro amica era proprio negata, era la cucina, ancora ricordavano il sapore del cibo durante la ricerca degli Horcrux e, peggio ancora, quando alcune sere invitava tutti a cena.
Sapevano anche che quando Hermione era di pessimo umore, la cosa migliore era girarle alla larga.
«Bene, tutto si è risolto per il meglio, quindi togliamo il disturbo» disse un Harry ancora sorridente mentre si alzava dal divano consunto che aveva accolto il suo insegnante per anni – aveva ancora i brividi al ricordo delle battute che aveva fatto Ron su tutto ciò che aveva visto e sentito quel divano nel corso degli anni.
«Sì, sì, meglio se togliamo il disturbo, prima di finire all’altro mondo» replicò il giovane Weasley.
«Hermione, dopo facci sapere se è tutto a posto.»
«Perché? Pensate che io possa farle del male?»
«Veramente, al momento, riteniamo che sia Hermione a poterle fare del male, professore.»
«Aspettate, vengo anch’io con voi» e senza aggiungere altro, Hermione seguì i suoi due amici verso la porta; era stanca, nervosa, in quelle ore aveva temuto il peggio per lui, era migliorato nettamente, ma il suo fisico ancora non aveva la resistenza di un tempo, e saperlo solo da qualche parte, per giunta senza bacchetta, l’aveva resa ansiosa e pazza di paura, e lui si permetteva di fare del sarcasmo come se nulla fosse.
«No.» Una mano pallida le si strinse intorno al polso che vibrava di rabbia, «tu no» e la spinse verso di sé, fermo sulla soglia di casa, con uno sguardo difficile da decifrare, ma dentro poteva sentire mille emozioni agitarsi furiosamente.
Cosa sono tutte queste sensazioni, Severus?
Ancora non trovava risposte a quella domanda che continuava a porgli la sua coscienza e, sapeva benissimo, che era un quesito che anche lui stesso si stava facendo, da giorni e giorni ormai.
«Noi dobbiamo parlare.»
Lo sguardo perplesso di Hermione fece sparire i due ragazzi all’istante, di certo non volevano assistere a strane o imbarazzanti discussioni tra i due – avevano notato che c’era qualcosa tra di loro e poi la professoressa McGonagall li guardava in un modo piuttosto ambiguo che non erano riusciti ancora a decifrare.
Severus lasciò il polso di Hermione e si diresse alla finestra, in quello che era ormai diventato per lui un angolo in cui lasciar fluire ogni suo pensiero, Minerva gli aveva detto che adesso non poteva più nascondersi, aveva mostrato i suoi sentimenti persino a lei, e continuava a ripetergli che era stato un bene che lei fosse stata presente in quel momento.
«Se non ci fossi stata io, avresti fatto finta di niente come sempre, avresti gettato via ogni sentimento o l’avresti relegato in qualche parte di te perché ancora non pensi di meritare una qualche felicità, perché se nessuno sente un albero cadere, significa che non fa rumore, vero, Severus?» Le parole di Minerva ancora gli ronzavano in testa ed era difficile mandarle via, ogni giorno s’insinuavano in lui sempre più in profondità, come se fossero una lama che penetrava nella carne, ed era doloroso.
Doloroso perché sapeva che le parole della strega erano così vere da fargli paura.
Ancora quella paura, Severus?
Se ci fosse stata soltanto Hermione, avrebbe negato qualsiasi cosa fino allo stremo, incolpando la sua giovane età e la sua inesperienza della vita, se avesse avuto la sua bacchetta, avrebbe persino azzardato un Oblivion nei confronti della ragazza, ma con Minerva presente era tutto diverso e complicato.
Con lei non poteva più fingere, non poteva più mentire come aveva fatto per tanti anni, lo aveva visto vulnerabile ai sentimenti, vulnerabile alla vita, e lui si riteneva ancora indegno all’amore.
E adesso cosa sarebbe successo?
«Di cosa dobbiamo parlare?» chiese Hermione ridestandolo dai suoi pensieri, si voltò appena per osservare il suo volto, quegli’occhi che quella sera di fine giugno avevano fissato i suoi e condotto una carezza sul suo pallido viso, e aveva sentito calore, un tepore sciogliergli quel gelo che aveva dentro da tanto tempo.
Tornò ad osservare il mondo fuori da quella finestra, in quel modo sarebbe stato più facile parlare.
«Cosa stiamo facendo io e te?»
«Non lo so, parlando, forse?»
«Non intendevo questo? Sai benissimo a cosa mi riferisco.»
«Veramente non ho capito a cosa ti riferisci, Severus.»
«Pensavo che avessi un po’ più di cervello, ma sei sempre una Grifondoro, quindi che mi aspetto.»
Hermione si ritrovò a sospirare più profondamente di quanto avesse mai fatto, ebbe la sensazione che il suo corpo si fosse svuotato di ogni briciolo di aria che aveva dentro, «ancora con queste idiozie sulle Case? Hai undici anni, forse? Detto da te non ha nessuna valenza, sai? Sei il Serpeverde con il più smisurato coraggio Grifondoro, il più intelligente Corvonero e il più paziente Tassorosso che io abbia conosciuto.»
«E tu saresti stata una perfetta Serpeverde.» Hermione si ritrovò stranamente a sorridere, un sorriso ampio che un tempo, dopo un’affermazione del genere, non avrebbe di certo piegato le sue labbra. «E non cambiare argomento.»
«Veramente sei tu che fatichi sempre ad andare al punto, soprattutto in certi punti.» Stavolta fu il turno di Snape di emettere un profondo sospiro di disapprovazione, anche se la sua coscienza gli ricordò che c’era poco da disapprovare, la giovane strega aveva perfettamente ragione.
«Ti ho sentita.»
«Mi hai sentita? Pensavi di essere diventato sordo?»
Severus sorrise a quello strano rapporto che si era creato tra di loro, e sorrise al pensiero che quando erano ancora tra le mura di Hogwarts quella ragazza non avrebbe mai avuto il coraggio neppure di respirargli vicino.
In quei sette lunghi anni erano cambiate molte cose, e forse era cambiato anche lui e faceva fatica ad ammetterlo, anche a se stesso.
«Cos’è che hai sentito?»
«Lascia stare, è meglio se vado a prepararmi qualcosa», ancora quella paura di proseguire oltre, di lasciarsi andare, ancora il timore di essere completamente sincero dopo anni e anni passati a dover mentire, era da vili, lo sapeva, ma lui era fatto così, non c’era spazio per l’amore o per qualsiasi altro sentimento. Aveva ragione Hermione: in quello era veramente un codardo.
«Vieni con me.»
«Non credo sia il caso che io metta di nuovo piede in cucina. Sei stato piuttosto chiaro in questo.»
«Non preoccuparti, mentre io preparo del cibo commestibile, tu farai una cosa per me.»
«Cosa?»
«Fidati di me.»
«Io mi fido di te, Severus, sei tu che non ti fidi di te stesso né degli altri.» Snape le sorrise, incapace di rispondere a parole, fece l’unica cosa che ormai gli riusciva bene e sembrava quietarla o rassicurarla in qualsiasi occasione.
Un tempo sarebbe stato così raro vederlo sorridere, eppure, adesso, aveva imparato a farlo, a ridere con una spontaneità che era sconosciuta per lui, come se per lungo tempo aveva perso una parte importante del suo essere e d’improvviso l'avesse ritrovata.
Tutto grazie a quella giovane strega che gli era davanti.
«Va bene, andiamo.»
Hermione seguì i passi lenti del mago, fermandosi per un istante a guardare il suo incedere fiero, ormai scevro da qualsiasi titubanza o dolore, e le parve che le spalle erano ormai dritte senza più quei pesi che doveva costantemente portare su di sé, anche se riusciva ancora a sentire diverse inquietudini gravargli sul petto.
Il suo desiderio era vederlo finalmente felice e del tutto libero, ed era un desiderio che aveva da molto tempo ormai.
Snape si era seduto elegantemente sulla sedia, le lunghe gambe accavallate, e osservava Hermione che ad intervalli volgeva lo sguardo ad una lavagna fatta comparire poco prima – non voleva rischiare di perdere alcun passaggio –, il banco di lavoro improvvisato e i suoi occhi che cercava di tenere i più neutrali possibili.
Era strano guardarla in quel modo, era come essere tornati indietro a quando ancora si trovavano tra le mura di Hogwarts, eppure era tutto diverso, Hermione non era più la timida ragazzina di allora, era una donna forte e tenace – innamorata, e lui lo sapeva –, persino lui era cambiato, la guerra aveva cambiato anche uno come lui.
«Non mi sembra tu stia preparando qualcosa.» Stavolta non alzò neppure lo sguardo verso di lui, troppo concentrata a sminuzzare alcuni ingredienti con assoluta precisione.
Severus le sorrise e non appena le sue labbra si piegarono, Hermione alzò gli occhi, come se sapesse che in quel preciso momento avrebbe guardato la bocca di Snape in quell’espressione che un tempo si concedeva così raramente, e che ora, invece, molto spesso gli vedeva dipinta sul suo volto.
Ed era bello vederlo sorridere così serenamente, lui era bello, si ritrovò a pensare la giovane strega, e un lieve rossore le sfumò le guance e per l’imbarazzo abbassò di nuovo lo sguardo su quegli ingredienti che non riusciva a tagliare al meglio.
«Dannati cosi!»
Snape si alzò dalla sedia e si portò alle spalle della ragazza, poteva sentire il suo respiro caldo muoverle appena i capelli, percepiva la presenza del suo corpo e questo le fece vibrare ogni brandello di carne, il cuore le accelerò quando le mani del mago si posarono delicate sulle sue e con forza le strinsero.
Hermione, però, poté facilmente affermare che quello fosse il tocco più delicato che un uomo le avesse mai fatto, sentiva brividi correrle lungo tutta la schiena.
«Devi accompagnare la lama con il polso e sentire la consistenza scivolarle addosso, non è un pestello, devi essere delicata, tagliare con rispetto.»
Come poteva quella semplice osservazione risultare così tremendamente sexy? Si chiese un’Hermione che in quel preciso momento faceva fatica persino a reggerlo quel dannato coltello.
Doveva essere particolarmente stanca se la sua mente formulava simili pensieri, di sicuro era quella la spiegazione migliore che riuscì a formulare, aveva davvero bisogno di staccare la spina e di dormire per giorni e giorni senza più la costante visione di quell’uomo che le era entrato nell'anima da anni e anni ormai.
Da quando si era risvegliato, non faceva altro che sognarlo, costantemente, e quando non era con lui, i pensieri andavano sempre e comunque verso i suoi occhi, le sue labbra, il suo viso, quella sua voce che sapeva essere così dura e dolce al contempo, maledettamente affascinante.
Ormai si era ristabilito e poteva andare avanti da solo in quei pochi semplici esercizi che ancora avrebbe dovuto fare per un po’, poteva staccarsi da lui, tornare alla sua vita, alla sua casa, ma sarebbe riuscita a non pensare costantemente a lui?
Hermione sospirò mentre eseguiva i movimenti guidata da Severus che non si era mosso, poteva sentire il petto spingersi e rilassarsi sulla sua schiena: era una sensazione di assoluto benessere che non avrebbe voluto finisse mai, avrebbe voluto congelare il tempo in quell’istante, immortalarlo in una fotografia da portarsi dietro tramonto dopo tramonto, da mostrare un giorno ai propri figli, oppure da rivedere nella solitudine di una vecchia casa, seduti alla finestra a guardare la pioggia che lenta scendeva lungo il vetro, goccia su goccia.
«Sono stata in pensiero per te, oggi.»
«Per me?»
«Sì, per te. È vietato essere in pensiero per Severus Snape?»
«No, non è questo.»
«Allora che domanda è: certo che ero in pensiero per te. Sei sparito all’improvviso, va bene che ormai sei guarito e non hai più bisogno di nessuno, ma eri senza bacchetta, non sei ancora il Severus Snape di una volta, non…»
«Non voglio essere il Severus Snape di una volta!» Così dicendo si staccò all’improvviso da Hermione che per un attimo perse l’equilibrio e dovette spostare una gamba per non cadere all’indietro.
La giovane strega posò il coltello sul tavolo dopo aver gettato gli ingredienti sminuzzati nel calderone e seguì il mago che si era nuovamente seduto sulla sedia, stavolta poteva scorgere tensione nei suoi lineamenti e se ne doleva ogni volta che lo vedeva in quel modo, e ogni volta si sentiva inutile perché non sapeva cosa fare per aiutarlo, per tirare fuori quel bellissimo sorriso troppo a lungo celato da quelle labbra.
Si avvicinò e si abbassò fino a riuscire a fissare gli occhi di Severus con i suoi, e fece l’unica cosa che in quel momento le venne in mente.
L’unico stupido gesto che non avrebbe dovuto fare, ma che desiderava compiere da tantissimo tempo.
Hermione Granger afferrò il volto di Severus Snape e lo baciò, così, all’improvviso, e fu il momento più bello della sua vita, quell’attimo che una persona si porta dietro per sempre, come un amico o un fratello da non abbandonare mai.
«Non devi cancellare tutto il bello che sei stato e tutto ciò che di buono hai fatto,» Hermione interruppe quell’interminabile attimo in cui si era sentita prigioniera di un sogno e finalmente libera, in un posto lontano dove c’era spazio soltanto per loro e per quella felicità così a lungo agognata, come l’acqua in mezzo al deserto. «Sei stato un fantastico Severus Snape con le sue molte ombre e le sue molteplici luci, e non devi voler cancellare ciò che ti rende l’uomo meraviglioso che sei diventato. Devi solo trovare finalmente la tua strada ed essere felice come mai sei stato, devi essere un nuovo Severus che continua a camminare con la parte migliore del suo passato, perché anche quello sei tu, non dimenticarti quello che sei stato e quanto di bello puoi ancora fare.»
«Hermione, non dovremmo…»
«Lo so, non avrei dovuto dirti queste cose, non avrei dovuto baciarti, mi dispiace, ma è una cosa che volevo fare e di cui ritenevo tu avessi bisogno per sentire tutto il bello che c’è in te e che io vedo, e non sono l’unica a vederlo.»
«Hermione…»
«Sei guarito, Severus, ed io sono una persona di parola,» la giovane strega si allontanò un istante per andare a prendere la borsa che era rimasta sul divano di pelle nera, quando ritornò, aveva una bacchetta stretta in una mano, la sua bacchetta. «Questa è tua. Il mio compito qui è finito, adesso ti lascerò in pace,» gli sorrise, il suo, però, era un sorriso spento, visibilmente forzato, ma non voleva mostrare la tristezza che si stava impadronendo di lei, non a lui e non in quel momento.
Aveva capito che oltre quel poco tempo, non c’era alcuno spazio per lei nella vita di Severus, lo aveva capito e doveva farsene una ragione.
Lui non sarebbe mai stato l'uomo che si sarebbe lasciato amare da lei, forse non era davvero fatto per l'amore, soprattutto non se nella sua vita vi sarebbe stata per sempre Lily e lei soltanto.
Era frustrante, ma avrebbe dovuto saperlo che la vita, a loro, non avrebbe potuto riservare nulla, non esisteva neppure un "loro".
Eppure non poteva non pensare a ciò che avrebbe voluto dirle e che invece si era tenuto dentro, perché le sue parole e i suoi gesti nascondevano qualcosa, ma chi era lei per forzarlo a fare qualcosa che in realtà non aveva nessuna intenzione di fare?
Severus la guardò camminare verso l'uscita, la guardò allontanarsi da lui e non fece nulla, non sapeva come comportarsi, rimase immobile con mille pensieri nella testa e un senso d'inquietudine ad opprimerlo.
Io ti avevo avvisato che non sarebbe stata una buona idea, Severus.
Così, all’improvviso, Hermione Granger uscì da quella porta e dalla vita di Severus, così, come, all’improvviso vi era entrata.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 21:59
 
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kijoka
view post Posted on 10/11/2013, 00:19




Oggi sono molto... ehm mattiniera! :D

Nr.42

Autore/data: Kijoka – 19 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo - romantico
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La verità non può aspettare
Parole/pagine: 1.714/3.




Un momento speciale

Il sole è così limpido che il cielo sembra brillare di luce propria.
Il profumo del prato appena tagliato, al di là della strada, mi riempie le narici.
E' splendido riconoscere l'aroma dell'estate!
Ho paura.
Paura di perderti, di non essere più utile e dover abbandonare il campo prima che tu possa davvero comprendermi.
Alle mie spalle la camera è in penombra e tu sei sdraiato in quel letto, poco lontano.
Il senso di attesa si può quasi respirare: attendi altre informazioni e non puoi chiedermele. Eppure so di dover terminare una parte del racconto.
La tensione mi stringe lo stomaco in una morsa gelida.
Ci potrà essere qualcosa che possa tenerti legato a me? Una volta che il mio aiuto diventerà inutile...
Tra poco tempo potrai non aver più bisogno della mia magia, e non solo perché tornerai presto a stare bene, solo che tu stesso saprai tenere controllata la ferita. Saprai gestire i tuoi bisogni e le necessità quotidiane e potrai dimenticarti di me.
E' giusto. Ho sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato.
Fra breve avrai altre persone intorno, con le quali potrai parlare, confrontarti e il mio compito sarà davvero finito.
Non avrò più modo di realizzare almeno uno dei miei desideri: incrociare ogni giorno quello sguardo scuro così intenso e magnetico che sa ammaliarmi anche quando ti sono lontana.
Ho sempre pensato che l'ultima cosa che avrei fatto, prima di lasciare che decidessi il tuo futuro, era coprirmi di ridicolo confessandoti apertamente il mio sentimento.
Farti partecipe dell'emozione profonda e totale che, da quel primo incontro lontano nel tempo, la tua stessa assenza aveva fatto nascere e fiorire in me.
Invece miei ricordi e la mia voce te ne hanno già parlato.
Sicuramente hai compreso cosa provo, anche perché quello speciale incantesimo, che mi ha aiutato a salvarti, ha fatto in modo che niente ti fosse precluso.
E’ stato estremamente intimo condividere con te ciò che sentivo, mentre ti parlavo.
D'altra parte era molto importante che comprendessi ogni cosa nel profondo, per davvero affrontare il tuo passato e cercare di passare oltre.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente. L'aria fresca, inondandomi i polmoni, sembra riportarmi fiducia.
Amore...
Un'emozione sconosciuta per me, che non ha fatto che crescere nel tempo in cui ti sono stata vicina. Per quel che ho visto, per come ho avuto accesso ai tuoi reali pensieri e ai ricordi, ogni nuova rivelazione ha solo rafforzato le mie convinzioni su di te.
Ora voglio parlarti.
Devo conoscerti, per scoprire se amo un uomo o un sogno.
Questo è il mio nuovo compito.
Anche se ogni cosa finirà so di avere combattuto per una motivazione giusta, quasi sacra. So che tu continuerai a vivere, e questo mi basterà!
Lo sguardo carezza le dolci colline e una strana calma scende in me.
Forse ci è capitato di aver troppo condiviso.
In fondo davvero, sinceramente... cosa ho da perdere?
Nulla. In fondo non ho mai sopportato le mezze verità, le cose fatte intuire e mai dette!
Ti spiegherò e ti renderò partecipe.
Mi volto e torno al tuo fianco.
Sento gli occhi neri frugarmi il viso, ma ciò che da te emana è solo curiosità ed attesa.
Mi siedo al tuo fianco, sul morbido materasso. La sedia, lì accanto, è troppo lontana da te.
Allungo la mano e sorrido, mentre cerco di trattenere in me la calma appena raggiunta. So che non sarà affatto facile!
- Aspetta, non muoverti: devo controllare.
Con delicatezza, rimuovo le bende. Ti sistemi sul guanciale e inclini la testa per agevolarmi il lavoro.
D'improvviso ciò che provo è così forte che devo concentrarmi, e distogliere lo sguardo dal tuo viso, o potrei cedere alla tentazione di baciarti.
Sospiro piano e cerco di focalizzare la mia attenzione su ciò che resta della ferita.
La cicatrice è rimarginata, anche se i margini irregolari sono ancora in rilievo e di un colore rosso chiaro.
Provo profondo sollievo valutando che, ormai, non c'è più nulla che ricordi quello squarcio terribile che ti attraversava la gola.
Non so cosa sono riuscita realmente a fare con le tue corde vocali. Era difficile, quasi impossibile. Non so se tornerai a parlare e se ritroverai quella tonalità profonda e calda, che ho da subito adorato.
In ogni caso rimarrà per sempre visibile il segno, come un sottile cordone più chiaro in rilievo attorno al collo. Nulla che la sciarpa scura, posta sopra al collo della camicia bianca che porti normalmente, non possa però nascondere senza problemi.
- Lasciamo libera la ferita, così la pelle può respirare. Sei sveglio, cerca di evitare movimenti bruschi…
Ti sorrido appena, per dar peso alle mie parole.
So che ancora non riesci a rispondermi, ma hai imparato velocemente e perfettamente come fare per farmi comprendere ciò che vuoi, quel che senti.
Sai già come chiedere senza parlare: basta che mi guardi e riesco a percepire esattamente le tue esigenze.
Ora vuoi sapere, vuoi che continui a raccontare.
Raccontarti di me? Cercherò di accontentarti.
- Da quando ti ho trovato, poi non ti ho mai lasciato. Ti ho scortato in ospedale, senza lasciare che nessuno potesse toccarti senza sapere esattamente cosa fare. In realtà non sapevo ancora se saresti sopravvissuto: non ero sicura di aver fatto la cosa giusta, non ero troppo certa delle mie capacità.
Affondo i miei occhi nei tuoi, devi comprendere cosa provo:
- In effetti solo assisterti mi ha dato sicurezza. Così ho capito che le mie poche conoscenze ti avrebbero potuto davvero aiutare.
I tuoi occhi sono fissi nei miei, il mio cuore è accanto al tuo, e batte forte. Ricomincio a parlare:
- Ho utilizzato il tuo potere per amplificare il mio. Ho utilizzato un incantesimo che tu stesso avevi cercato, per guarire gravi ferite magiche. Non ho fatto altro se non approfittare di ciò che in qualche modo avevi anticipato.
Le pupille nere non lasciano le mie.
Non voglio accettare la sensazione d’incredulità che proviene da te!
Mi fai comprendere che non sei affatto convinto di quanto appena spiegato. E' come se tutto il tuo essere sia impegnato a smentirmi.
Rispondo alla domanda mai formulata:
- Non ho un così grande potere. Ho solo una particolare capacità, che mi permette di intuire la vera essenza degli altri. L'ho sempre avuto, ma lo utilizzo solo per avere uno sguardo più profondo sulla realtà. Non me ne servo sempre, solo quando qualcuno attira la mia attenzione, solo quando un particolare fa nascere in me la voglia di conoscere il tutto.
Respiro ancora a fondo, la calma se ne sta andando e invece devo stare tranquilla: è l'unico modo per darti le spiegazione giuste.
- Non so esattamente cosa sia successo. Sono quasi certa che sia stato l’antico incantesimo che ho usato. Forse combinato a quanto è innato in me ha prodotto un particolare esito: ha permesso che potessi approfittare del tuo stesso potere magico. Questa combinazione ha immensamente incrementato le mie potenzialità. Questo mi ha permesso di tenerti in vita fino all'arrivo dei soccorsi. Io non ho fatto altro…
Sento dentro di me la tua gratitudine.
Abbasso la voce:
- Non solo, continua a permettere questo scambio di sensazioni tra noi.
Lo sguardo scuro non si allontana. Non voglio farmi intimidire dai profondi e luminosi occhi neri.
Ora ciò che provo è così intenso da precludermi ciò che provi tu, nel profondo. Vorrei solo dirti quanto io sia felice di averti qui, davanti a me, salvo!
Forse già lo sai...
E così decido. Devo giocarmi il tutto per tutto.
Prendo di nuovo la tua mano tra le mie.
Il sopracciglio scuro si alza interrogativo, ma ciò che provo non voglio più nasconderlo, neanche a me stessa.
Ingoio la tensione che mi stringe la gola e ricomincio a parlare:
- Credo che l'incantesimo sia mutato grazie a ciò che provavo per te. Ogni parola dell'incanto ha preso più forza, sciogliendo i sentimenti da ogni legame con la ragione e permettendomi di portare a termine il mio vero compito, ciò che considero un miracolo: mantenerti in vita. Sai anche tu che questo speciale contatto non è più venuto meno, da quel momento. Non so cosa succederà quando smetterò di utilizzare l’incantesimo… Ma questo, e solo questo, mi ha permesso di restare accanto a te, di guarirti ed intervenire nei tuoi pensieri, nelle tue sensazioni. Una potenzialità che, senza alcuna fatica, ho trovato modo immediatamente di sfruttare appieno...
Devo interrompermi perché il cuore batte troppo forte e la gola è in fiamme. Cerco di calmarmi, deglutisco.
- All’inizio ho partecipato a frammenti della tua vita, senza volerlo. Era come se fossi stata lì con te a viverle, e questo ha fatto nascere in me la volontà di aiutarti ad affrancare la tua esistenza da un passato pesante, che conoscevo appena. E’ stato doloroso, per entrambi, ma necessario…
Continuo a guardare nel velluto nero dei tuoi occhi.
-Poi ho utilizzato ogni mia conoscenza che potesse lenire la tua sofferenza, ogni ricordo lontano che mi permettesse di portare serenità alla lenta guarigione. Ho continuato ad approfittare delle conoscenze immagazzinate da anni nella mia memoria, fondendole con il nuovo sapere. I miglioramenti non sono tardati. Per il resto sono semplicemente rimasta qui, in attesa di assisterti, giorno e notte.
Mi sei accanto, devi per forza percepire la mia tensione, frammista alla mia felicità per questo momento speciale! Sì, lo leggo sul tuo viso.
-L’incantesimo è mutato e, senza nemmeno rendermene conto, sono arrivata ad un tale grado di simbiosi con te che riesco a percepire dentro quando necessiti di aiuto. Perfino quando non ti sono vicina.
La tua mano è calda, nella mia.
Abbasso lo sguardo e prendo a carezzare piano le dita magre e nervose, la pelle setosa e chiara.
D'improvviso stringi la mia mano. Alzo gli occhi, trovandomi in un attimo trasportata nel negozio di libri, un secolo fa.
Le iridi scure sembrano emanare un calore irreale, ma non riesco ad interrompere questo contatto. Nemmeno lo voglio.
Ora niente ha più importanza:
- Il sentimento che porto nel cuore ha fatto ogni cosa.
Devo abbassare la voce per controllarne il tremito. Ciò che sto per dire è davvero importante:
- Da quel lontano giorno in cui ho potuto indovinare l'anima che nascondevi dietro ai modi bruschi e ai vestiti scuri, io non ho mai smesso di amarti, Severus...

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:26
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 10/11/2013, 08:24






Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (29)
Martedì 12: Elly (30)


Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 13: Leonora (45)
Giovedì 14: Ida (45)
Venerdì 15: Anastasia (9 di 13)
Sabato 16: Monica (43)
Domenica 17: Monica (44)
Lunedì 18: Elly (31)
Martedì 19: Elly (32)



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.


Lista d'attesa

Angela/Yana96 - settimana 48



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:26
 
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Seguito di "Il primo risveglio"

n. 29

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Promesse

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa.

Parole: 864

Promesse

Fine Giugno 1998
Londra, San Mungo



Erano passate due settimane dal suo risveglio e, finalmente, l'odioso medimago che l'aveva in cura, e che ancora non osava guadarla dritto negli occhi, le aveva dato il permesso di uscire dalla stanza e camminare un po'. Era solo da qualche giorno che riusciva a fare due passi da sola senza crollare a terra esausta, il suo corpo risentiva ancora degli effetti dell'incantesimo oscuro.
Nella sua stanza si alternavano la professoressa McGranitt, Harry e a turno un membro della famiglia Wealsey.
Raramente era sola per un lungo periodo e la cosa le andava più che bene. Restare sola voleva dire pensare a quello che aveva fatto.
Quella mattina toccava ad Harry.
Quando era entrato nella camera l'aveva aggiornata come sempre su quello che succedeva nel mondo fuori da quelle mura; a volte chiedeva il suo consiglio su cose più o meno importanti, ma spesso facezie. Le portava sempre un mazzo di fiori freschi, anche se la camera ne era ormai invasa.
Quella mattina era lei che doveva chiedergli un favore e sapeva che Harry era l'unico che l'avrebbe aiutata senza fare domande. O, comunque, senza fargliene troppe.
Reggendosi a lui percorse la breve distanza che separava la sua stanza a quella di Piton.
Entrò con un groppo alla gola, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi e un pesante macigno sul petto.
Staccandosi dall'amico fece pochi, incerti passi fino al letto. Si sedette sulla sedia accanto al mago e chiuse gli occhi, riprendendo le forze.
In quelle due settimane si era ricordata tutto quello che era successo in quel limbo dov'era precipitata quando aveva pronunciato l'incantesimo. I ricordi la colpivano ad ondate più o meno forti. A volte erano solo sensazioni, altre volte erano solo lievi sguardi o fugaci sorrisi che la facevano arrossire, altre ancora erano veri e propri dialoghi. Alla fine era riuscita a ricordare ogni parola, ogni sensazione, ogni immagine di quel luogo che si distruggeva mano a mano che la disperazione del mago aumentava.
E poi arrivava l'odio. L'odio per quell'orrida donna che l'aveva lasciato solo in vita e anche nella morte.
Non ne aveva parlato con nessuno, era una questione tra lei e Piton.
Quando le facevano domande, spesso cercando di coglierla impreparata e lanciandogliele a bruciapelo, diceva che il suo ultimo ricordo lucido era lei che iniziava a recitare la formula in quella casa.
Poi solo una serie di immagini senza senso e frasi dette solo a metà.
- Puoi prestarmi la tua bacchetta, Harry? - domandò con un di filo di voce.
- Il medimago ti proibisce ancora di fare magie? - fece l'altro passandogliela.
- Dice che potrebbe stancarmi troppo. - spiegò la strega con una smorfia – Ma credo che il suo più grande timore sia che possa andare in giro per l'ospedale a lanciare incantesimi oscuri come petardi babbani a Capodanno.
Sentì Harry ridacchiare alle sue spalle, prese la bacchetta e la fissò per qualche istante. Erano settimane che non stringeva una bacchetta magica, quella che aveva usato in battaglia le era stata tolta, era ancora quella di Ballatrix e non se ne dispiacque poi molto. La mano tremò appena quando fece apparire un vaso di vetro e un mazzo di fiori.
- Ci vuole un po' di colore in questa stanza.
- E' probabile che lui lo consideri uno spreco di spazio.
Sorrise e, con un altro colpo di bacchetta, tirò le tende della finestra lasciando che entrasse la luce del sole.
- L'oscurità l'ha avvolta abbastanza, professor Piton. - disse – E' ora di rinascere nella luce.
Si alzò a fatica dalla poltrona, Harry le offrì la mano, ma lei la rifiutò; voleva farsi vedere forte.
Gli mise una mano sulla guancia e si chinò sul suo volto. Alle sue spalle Harry pensò che stesse per baciarlo, invece lei si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa.
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa.
Hermione sorrise al volto immobile del professore, gli sistemò con dolcezza una ciocca ci capelli, poi allungò una mano nella direzione dell'amico per farsi aiutare.
Ritornati in camera l'aiutò a sdraiarsi, effettivamente quei pochi passi e quelle due semplici magie l'avevano stancata, ma lei non voleva farlo vedere.
Invidiava il suo coraggio e la sua forza. Lui aveva sconfitto Lord Vodemort, ma era stata fortuna, la maggior parte delle volte non sapeva cosa fare, come muoversi. Aveva solo seguito il suo intuito.
Hermione invece...
La vide chiudere gli occhi stremata, aveva anche iniziato a tremare per il freddo nonostante fosse piena estate.
- Posso farti una domanda, Hermione? - le chiese mentre la copriva con una coperta pesante.
Lei annuì affossando la testa nel cuscino.
- Cos'hai detto prima a Piton?
- Gli ho detto che mantengo sempre le mie promesse. - biascicò lei, poi sollevò gli angoli della bocca in un sorriso divertito – E che come Bello addormentato non convince nessuno. - finì prima di addormentarsi di colpo.
 
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Seguito di "Promesse"


n. 30

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Sorrisi invisibili

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Spostò ancora una volta lo sguardo sul volto del mago cercando un sorriso divertito o compiaciuto. Sorriso che, ovviamente, non sarebbe mai arrivato.
Parole: 1102


Sorrisi invisibili

Luglio 1998
Londra, San Mungo



Passarono giorni interi, settimane e presto finì il secondo mese di degenza al San Mungo.
Hermione entrò nella stanza di Piton sicura sulle gambe, ormai abbastanza forte da stare in piedi quasi tutta la giornata.
Entrò con un sorriso raggiante nonostante Severus non avesse ancora dato cenno di volersi svegliare.
- Guardi professore. - gli disse mostrando una bacchetta nuova – Me l’ha inviata Olivander. Finalmente ho una bacchetta, quella che avevo usato ad Hogwarts non era mia. Era ancora quella di Bellatrix. Era potente, ma... - sollevò le spalle come se non trovasse le parole – non era mia.
Cambiò i fiori nel vaso e sistemò le tende della camera, poi prese posto sulla poltrona accanto al letto.
- Molly mi ha portato la Gazzetta del Profeta di ieri e Ginny la mia borsetta di perline. Finalmente posso leggerle qualcosa di più interessante del Settimanale delle Streghe abbandonato da qualche infermiera.
Osservò il suo volto fingendo di vederci un sorriso sarcastico. Uno di quelli sottili e ironici che incurvavano le sue labbra pallide.
- Mi è stato detto che dovrei consultare uno specialista. – si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio imbarazzata - In parole povere uno psicologo. A quanto pare gli incantesimi oscuri possono cambiare la persona che li esegue. – aprì il giornale e cercò un articolo interessante – Ho detto al medimago di andare al diavolo. Credo che non sarò mai una delle sue pazienti preferite. Anzi, ora che mi è arrivata la bacchetta, credo che lo vedrò solo per il controllo settimanale.
Spostò ancora una volta lo sguardo sul volto del mago cercando un sorriso divertito o compiaciuto. Sorriso che, ovviamente, non sarebbe mai arrivato.
La strega sospirò e distese il giornale sul letto.
- Iniziamo con le notizie sul Ministero, ve bene? Poi leggo anche l’inserto di Pozioni.
Lesse tutto il giornale ad alta voce per un’ora, scegliendo le notizie più interessanti, commentando e cercando una risposta su quel volto immobile. A volte sentendo nella sua testa la voce di Piton che faceva un commento ironico.
Quando richiuse il giornale sospirò e si appoggiò allo schienale della poltrona.
Poté vedere quel sottile sopracciglio alzarsi come muta richiesta di spiegazioni a quel suo sonoro sospiro.
- Ron mi ha lasciato. – disse tutto d’un fiato abbassando lo sguardo sulle ginocchia – E’ strano dirlo, visto che non siamo mai stati veramente fidanzati se si escludono le due ore al castello durante la battaglia. Mi ha detto che non riesce a superare quello che ho fatto. Dice che ho preferito lei a Fred. Gli ho spiegato che l’incantesimo non poteva avere effetto sul fratello, ma…. - lasciò la frase in sospeso appoggiando la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi – Credo che sia meglio così. Mi chiedo solo perché non stia male come dovrei.
… la sto aspettando da così tanto...
Aprì gli occhi restando in silenzio. Rimase a fissare il volto immobile del mago per parecchi minuti. Sentiva le voci ovattate nel corridoio fuori dalla porta, ma le ignorò.
Le tornarono in mente le parole che si erano detti in quel limbo.
La sua disperazione. Il suo sguardo appassionato.
E il calore del suo corpo.
- Forse è meglio così.

* * * *



Agosto 1998
Londra, San Mungo



La borsa cadde a terra con un tonfo riempiendo il silenzio della camera.
La strega si avvicinò al letto del mago.
- Mi dimettono. – disse con un filo di voce, tremava dalla testa ai piedi – Mi sente professore?
Il mago non si mosse, fermo in quel letto da ormai tre mesi e mezzo. – Professor Piton, riesce a sentirmi?
Hermione si avvicinò ancora di un passo.
- Professore… - raccolse tutto il suo coraggio Grifondoro e si sdraiò accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Il corpo di Piton era caldo, ma spigoloso. Non era fatto per accogliere quello di una donna, Hermione lo sapeva, ma aveva bisogno di quel contatto. Aveva bisogno di lui in quel momento, di quel Piton che aveva visto in quel mondo sospeso tra i mondi. Quel Severus che neppure Lily aveva avuto il coraggio di conoscere.
- Severus… - gli sussurrò all’orecchio con voce tremante – cercherò di venire da te tutti i giorni. Te lo prometto. Non ti lascio qui da solo. Ti ho già detto che mantengo le mie promesse. Ma tu devi svegliarti. Fai vedere a tutti quanto puoi combattere. Severus…
Ed Hermione, sdraiata in quel letto, abbracciando un caldo corpo immobile fece quello che, per gli ultimi tre mesi, si era ripromessa di non fare: scoppiò a piangere.
- Mi dispiace... - singhiozzò sulla sua spalla – credo di averti condannato ad un destino ben peggiore della morte. Mi dispiace così tanto.

* * * *


Tempo e luogo imprecisati



- E' ora di andare, Severus.
- No.
- Severus...

Il tono era di ammonimento e divertito nello stesso tempo.
- Devi andare. Non puoi restare più qui. Non è il tuo posto.
Il mago non sapeva bene dove fosse quel posto. Sapeva solo che stava bene, che era sereno, che quello che l'aspettava dall'altra parte – qualsiasi cosa ci fosse dall'altra parte – non sarebbe stato lo stesso.
E poi quella presenza che aveva iniziato a fargli compagnia negl'ultimi tempi era rassicurante, divertente... dolce.
A volte aveva la voce di Lily, della Lily adolescente, dell'acerba donna che gli aveva rubato cuore e anima. A volte aveva la sua di voce, sarcastica e cinica che gli diceva che passare l'eternità in quel limbo era la soluzione migliore per tutti. Altre volte aveva una voce che non riconosceva, gli ricordava qualcosa, come una vita passata, ma ogni volta che credeva di aver afferrato il ricordo legato ad essa gli sfuggiva.
Ed era questa la voce che gli parlava ora.
- Non c'è nulla per me dall'altra parte.
- C'è la vita, Severus. La tua vita.
- Non ci sei tu.
Era una dolce compagna quella voce. Intelligente e brillante. Gli piaceva parlare con lei, forse anche più che parlare con la voce fantasma di Lily.
Non aveva propriamente un corpo in quel posto, ma sentì la presenza – quella presenza - avvicinarsi a lui, sentì il calore di un corpo accanto sé. E un sapore dolce sulle labbra. Dolce come un bacio delicato.
- Io ci sarò sempre, Severus. Non ti lascio solo.
- Ma...

Ancora quel dolce sapore, un altro dolce bacio sulle sue labbra invisibili, sentì il sorriso rassicurante di quella presenza sulla pelle o dove doveva esserci la sua pelle.
- Te lo prometto, Severus. Io non ti lascerò solo.
Questo la voce di Lily non glielo aveva mai detto.


Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 13: Leonora (45)
Giovedì 14: Ida (45)
Venerdì 15: Anastasia (9 di 13)
Sabato 16: Monica (43)
Domenica 17: Monica (44)
Lunedì 18: Elly (31)
Martedì 19: Elly (32)



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.


Lista d'attesa

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Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:27
 
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CITAZIONE (ellyson @ 12/11/2013, 10:52) 
Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.

Grazie per aver riportato la lista delle prenotazioni, Elly
Mi rispondi a quanto sopra? Grazie.


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:27
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 12/11/2013, 13:06) 
CITAZIONE (ellyson @ 12/11/2013, 10:52) 
Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.

Mi rispondi a quanto sopra? Grazie.

Avevo già risposto, ma era stato sommerso da altro. :lol:
Ti rimetto la risposta.

CITAZIONE
Scusa Ida l'ho letto solo ora.
Considera che al momento sono a quota 45 sorrisi (gli ultimi due sono in fase di betaggio - ora solo l'ultimo é in fase di betaggio), ma non ho ancora idea per gli ultimi 9. Però mi conosci... alla fine in qualche modo ci arrivo! ;) c'é, comuqnue, il rischio che io inserisca gli ultimi 9 in blocco pochi giorni prima della scadenza. :P
Va bene per i due giorni extra nella set. 49, così però monopolizzo la settimana. :lol:
 
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Scusami tu, Elly, mi era proprio sfuggito.

Ora faccio il piano delle prenotazioni: al limite nelle ultime settimane nulla vieta di inserire più di un sorriso al giorno, soprattutto per non impedire anche ad altri di scrivere, se lo desiderano.

EDIT
Hihihi... però 45+9 fa 54!


Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:27
 
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Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 13: Leonora (45)
Giovedì 14: Ida (45)
Venerdì 15: Anastasia (9 di 13)
Sabato 16: Monica (43)
Domenica 17: Monica (44)
Lunedì 18: Elly (31)
Martedì 19: Elly (32)



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)


Prenotazioni per la 47a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 27: Leonora (47)
Giovedì 28: Ida (47)
Venerdì 29: Anastasia (11 di 13)
Sabato 30: Anastasia (12 di 13)
Domenica 1 dicembre: Monica (47)
Lunedì 2 dicembre: Elly (35)
Martedì 3 dicembre: Elly (36)



Prenotazioni per la 48a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 dicembre: Leonora (48)
Giovedì 5: Ida (48)
Venerdì 6: Anastasia (13 di 13)
Sabato 7: Angela (Yana)
Domenica 8: Monica (48)
Lunedì 9: Elly (37)
Martedì 10: Elly (38)



Prenotazioni per la 49a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 11: Leonora (49)
Giovedì 12: Ida (49)
Venerdì 13: Elly (39)
Sabato 14: Elly (40)
Domenica 15: Monica (49)
Lunedì 16: Elly (41)
Martedì 17: Elly (42)



Prenotazioni per la 50a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 18: Leonora (50)
Giovedì 19: Ida (50)
Venerdì 20: Elly (43)
Sabato 21: Elly (44)
Domenica 22 : Monica (50)
Lunedì 23: Elly (45)
Martedì 24: Elly (46) ??? .....



Prenotazioni per la 51a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 25: Leonora (51)
Giovedì 26: Ida (51)
Venerdì 27: Elly (47) ??? .....
Sabato 28: Elly (48) ??? .....
Domenica 29 : Monica (51)
Lunedì 30: Elly (49) ??? .....
Martedì 31: Elly (50) ??? .....



Prenotazioni per la 52a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 1 gennaio: Leonora (52)
Giovedì 2 gennaio : Ida (52)
Venerdì 3: Elly (51) ??? .....
Sabato 4: ??? .....
Domenica 6 : Monica (52)
Lunedì 6: Elly (52) ??? .....
Martedì 7: ??? .....
Mercoledì 8: ??? .....


Premesso che Elly ha la precedenza finchè non ha recuperato il ritardo, poichè ormai siamo agli sgoccioli dell'anno, chi ha lavori da inserire, anche se per ora solo in cantiere, lo comunichi e verrà inserito nelle prenotazioni, eventualmente anche inserendo più di un sorriso per giorno.
Laddove Elly è indicata con i punti interrogativi a lato, significa che, per il momento, non è ancora certa di avere la storia pronta, quindi se ci fosse anche un sostituto saremmo tutti più tranquilli. Tenete conto che io posso sempre sostituirla, ma solo con materiale d'archivio, quindi se ci sono storie nuove cedo loro il passo.


Se tutte le quattro sfidanti settimanali rispettano gli impegni presi, riimangono solo tre giorni effettivamente vuoti: il 4, 7 e 8 gennaio. E qui si scopre che un anno è composto da 52 settimane e 1 giorno (52 settimane e 2 giorni nei bisestili)...



Prego tutti di controllare che io non abbia commesso errori.




Avanti, l'ultimo sforzo per regalare ancora tanti sorrisi a Severus!



Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:28
 
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Autore/data: Alaide – 22 - 30 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: peut-être Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Cercò un sorriso rassicurante sul volto della signorina Fairchild, qualcosa che gli dicesse che non aveva distrutto in maniera così completa e totale la vita della bambina che aveva imparato a considerare come una figlia, della bambina che l’avrebbe forse potuto perdonare per le menzogne che le aveva raccontato.
Invece il sorriso sul volto di Melusine era teso e preoccupato.
Nota: E’ il seguito di Lettere
Parole: 2012

Sinfonie.
21. Sinfonia in si min. op. 2 n°6
Primo movimento. Inquietudine


Severus accartocciò il foglio di carta, facendolo poi cadere sul tavolo.
Era l’ennesima volta che tentava di iniziare la lettera in cui avrebbe detto la verità a Judith. Ogni volta gli sembrava che le parole non fossero le migliori, ogni volta era certo che la lettera risultasse troppo dura per la ragazzina.
Riprese in mano la missiva di Judith, dicendosi che forse lì avrebbe trovato uno spunto per riuscire a scrivere la sua risposta e sapeva perfettamente che non era la prima volta che formulava quel pensiero.
La bambina l’aveva chiamato padre nella sua ultima lettera ed egli stava per ferire sua figlia, perché, anche se Judith lo avesse perdonato, egli sapeva che avrebbe finito con il ferirla, che l’avrebbe fatta soffrire.
L’uomo prese in mano la penna, ma non riuscì a scrivere nemmeno una parola, perché udì lo sferragliare della porta che si apriva.
Non si attendeva una visita da parte della signorina Fairchild, che giungeva con una certa regolarità, né del medico del carcere che l’aveva visitato ieri, dicendosi soddisfatto dell’azione dell’antidolorifico e preoccupato per la debolezza che gli impediva quasi di stare in piedi privo di un ausilio.
Quando portò lo sguardo verso la porta, incontrò il volto pallido della signorina Fairchild. Gli parve che la donna fosse incredibilmente agitata, al punto che non gli sorrise com’era solita fare, né si diresse immediatamente verso la sedia di fronte alla sua.
«È successo qualcosa a Judith?» disse, prima ancora di rendersi conto di aver formulato il pensiero.
«No… o meglio…» la donna scosse appena il capo, contrariata con la sua incapacità di spiegare con calma la situazione. Forse non era stata una grande idea precipitarsi in carcere per parlare con Severus, ma quello che le aveva detto il direttore dell’orfanotrofio l’aveva spaventata. «Non è accaduto nulla di grave, se lo si analizza da un punto di vista esterno, se a parlare adesso fosse qualcuno che non conosce Judith.»
Melusine si interruppe nuovamente. Il suo discorso era tutto tranne che chiaro, si disse, mentre si sedeva ed osservava per un istante l’uomo. Solo allora notò che davanti a Severus stava una lettera di Judith e che il tavolo era puntellato di fogli accartocciati. Forse fu quello a darle la calma per parlare oppure fu il volto dell’uomo, il suo sguardo.
«Oggi il direttore dell’orfanotrofio mi ha chiesto di parlarmi. Ho temuto, per un attimo, che avesse scoperto le lettere che Judith le invia, che volesse dirmi che non era affatto accettabile che una bambina scrivesse ad un carcerato. Sapevo che non avrei potuto dirgli nulla, se non che Judith è sinceramente affezionata a lei, Severus, e sperare che il direttore capisse.» la donna trasse un sospiro. Tutto nel suo modo di star seduta, nel lieve tremore delle mani, faceva comprendere all’uomo quanto la signorina Fairchild fosse agitata e nervosa. Impaurita forse. «Invece voleva parlarmi di qualcos’altro, di qualcosa che egli ha definito come assolutamente positivo. Judith potrebbe essere adottata presto. Una famiglia ha chiesto di poterla adottare, dopo aver incontrato il direttore dell’orfanotrofio.»
«E lei cos’ha detto a quell’uomo?» domandò Severus, la voce mortalmente calma.
Qualcun altro avrebbe chiamato Judith figlia e la bambina avrebbe chiamato uno sconosciuto padre. Non c’era alcuna via d’uscita a quella situazione. Avrebbe voluto evadere dal carcere – in fondo non gli sarebbe stato affatto difficile –, andare a prendere la bambina, portarla via con sé, ma sapeva che era un’idea assurda, perché avrebbe condannato Judith ad una vita da fuggiasca, ad una vita terribile e, quando qualcuno li avrebbe trovati, per lui ci sarebbe stato un nuovo processo, Azkaban con ogni probabilità, considerando che sarebbe stato coinvolto il Ministero della Magia, e per la bambina un nuovo orfanotrofio.
Avrebbe voluto dirsi che era meglio così, che Judith meritava un uomo ed una donna innocenti, come egli non era mai stato. Ma non vi riuscì.
Sapeva che la bambina avrebbe sofferto. Gli aveva detto tante di quelle volte nelle sue lettere che non nutriva alcun desiderio di essere adottata, perché aveva lui, perché aveva l’affetto di un uomo che l’aveva lasciata sola.
Cercò un sorriso rassicurante sul volto della signorina Fairchild, qualcosa che gli dicesse che non aveva distrutto in maniera così completa e totale la vita della bambina che aveva imparato a considerare come una figlia, della bambina che l’avrebbe forse potuto perdonare per le menzogne che le aveva raccontato.
Invece il sorriso di Melusine era teso e preoccupato.
«Gli ho chiesto di dare la priorità ad altri bambini, ma mi ha risposto che quella famiglia aveva chiesto espressamente di Judith, dopo aver letto i fascicoli relativi ai bambini che il giudice dei minori aveva detto che potevano adottare, in base all’età. L’ho supplicato di esagerare la difficoltà che adottare una bambina come Judith potrebbe comportare, fino a quando gli ho detto che Judith ha già i suoi affetti, ha degli amici a scuola, ha persone che si prendono cura di lei e che andare in un’altra città, con degli sconosciuti non le avrebbe fatto alcun bene.
«Il direttore ha pensato che mi stessi riferendo a me stessa.» disse Melusine, dopo una breve pausa, durante la quale il sorriso si era fatto se possibile più teso e preoccupato. «Gliel’ho lasciato credere. Mi ha detto che forse esisteva una soluzione affinché potessi adottare io Judith, che avrebbe cercato di prendere tempo con la famiglia, che avrebbe potuto indirizzarla verso un altro bambino, arrivato da poco.»
A Severus sembrò che la giovane si facesse se possibile ancora più tesa ed inquieta. Sicuramente teso ed inquieto era il suo sorriso.
In quel momento la sua mente era a tal punto fissa sul fatto che Judith potesse diventare la figlia di qualcun altro, sul fatto che ancora una volta avrebbe sofferto a causa sua, che non riuscì a formulare alcuna ipotesi circa quanto il direttore dell’orfanotrofio potesse aver detto alla signorina Fairchild.
«Ha detto che potrei adottare Judith. In questo modo potrebbe dire alla famiglia che c’è già un altro candidato – o qualcosa del genere – per la bambina e che egli l’ha ritenuto più idoneo. L’adozione che ha imposto è che l’adozione avvenga veramente e che gli dimostri che mi sposerò entro la fine dell’anno. Ho riflettuto a lungo.» proseguì spedita, forse per non dare tempo all’uomo di intervenire, forse per pronunciare velocemente le parole a cui aveva pensato, mentre camminava dall’orfanotrofio al carcere. «Non esiste che una soluzione possibile. Judith ha bisogno di te, Severus, più di quanto abbia bisogno di me. Se si arrivasse ad una revisione del processo – e sono certa che Judith la vorrà quando saprà la verità –, saresti sicuramente scarcerato. Ed allora, potremmo adottare Judith.»
«E lei, signorina Fairchild, rovinerebbe la sua vita.» affermò l’uomo, scrutando attentamente il volto della donna, il suo sorriso incerto, ma meno teso ed inquieto rispetto a pochi istanti prima. «Non l’ha detto apertamente, ma è chiaro nei suoi sottintesi. Ha già perso la sua famiglia, non sacrifichi anche la sua vita. Cerchi una brava persona da sposare. Forse esiste anche un uomo che sta unicamente attendendo il momento giusto per dichiararsi. Lo sposi e adottate Judith. Poi, se la bambina mi vorrà ancora nella sua vita, sarò presente come meglio potrò.»
Melusine cercò con lo sguardo i fogli che Severus usava per scrivere, ma erano di fronte all’uomo, irraggiungibili per lei, perché potesse porgergli, perché potesse evitare di parlare.
«Nessuno potrà mai essere accettato da Judith come padre, se non te, Severus.» ribatté, un sorriso dolce sulle labbra, un sorriso totalmente diverso da quello teso ed inquieto con cui era entrata nella cella. «Non esiste altra soluzione, nessun’altra soluzione legale. Non so se con la magia…»
«Sarebbe impensabile.» la interruppe bruscamente l’uomo, osservando la giovane con attenzione. V’era qualcosa di strano nel suo sorriso, qualcosa che non riusciva a cogliere. In quel momento gli pareva un sorriso più simile a quello che gli aveva rivolto quando aveva scoperto di quali orrori era stato capace nella sua vita, un sorriso colmo della promessa del perdono, un sorriso simile a quello di Judith. «Potrei evadere facilmente da questa cella, potrei anche andare all’orfanotrofio e portare con me la bambina, ma non la condannerei mai ad una continua fuga. Il Ministero della Magia è in contatto con il suo Primo Ministro, signorina Fairchild.»
«Allora non esiste nessun’altra soluzione possibile, Severus.» mormorò Melusine. Aveva riflettuto prima di andare in carcere, mentre vi si recava e non aveva visto nessun’altra strada per la felicità di Judith, per la pace dell’uomo, anche se questo significava sposare qualcuno che non avrebbe mai ricambiato il suo sentimento. «Judith non accetterà mai un altro uomo come padre.»
V’era determinazione nello sguardo della donna e nel suo sorriso.
Ma in quel sorriso v’era anche qualcos’altro. La promessa di un futuro finalmente pacificato, una promessa simile a quella contenuta nel sorriso di Judith, quel sorriso che aveva voluto ignorare, quando aveva scelto il carcere. Severus osservò a lungo la signorina Fairchild, quel sorriso carico di perdono, quel sorriso simile, ma in qualche modo diverso, dal sorriso di Judith.
Se avesse accettato la sua proposta, la donna avrebbe legato la sua vita alla sua, per il benessere e la felicità della bambina.
Se avesse accettato, ci sarebbe stata la revisione del processo e questo avrebbe significato far soffrire Judith, ma, forse, sarebbe stata una sofferenza inferiore a quella che avrebbe provato nel momento in cui sarebbe stata allontanata dai suoi affetti.
Dal suo migliore amico, dalla signorina Fairchild.
Da lui.
Ed era certo che la nuova famiglia di Judith non le avrebbe mai permesso di mandare lettere ad un carcerato.
Melusine continuava a sorridergli, si accorse, ed il sorriso era sempre colmo di determinazione e della promessa di pace e perdono.
Sapeva che quella situazione era nata unicamente perché lui era stato stolidamente cieco di fronte al sorriso di Judith, anni prima. Aveva gettato al vento un futuro pacificato ed, ora, se voleva riuscire a tenere la bambina accanto a sé, a non perdere per sempre una qualsiasi speranza di futuro, doveva scegliere di sacrificare il futuro di quella donna dall’animo gentile.
Eppure, la signorina Fairchild aveva ragione.
Non esisteva nessun’altra soluzione possibile.
«Ci sarà la revisione del processo, unicamente se Judith vorrà.» affermò infine.
Sapeva che se la bambina non avesse voluto, a quel punto sarebbe stata adottata da quella famiglia. D’altronde se Judith avesse rifiutato, avrebbe significato che non l’aveva perdonato, che ne aveva perso l’affetto ed il sorriso. Ed allora, la soluzione escogitata dalla signorina Fairchild sarebbe stata completamente inutile.
La donna gli sorrise nuovamente, nell’udire quelle parole. Era un sorriso dolce, quasi sollevato e colmo di riconoscenza.
Non rimaneva molto, dell’ora di visita della signorina Fairchild. Presero rapidamente accordi circa quello che lei avrebbe dovuto dire al direttore dell’orfanotrofio, circa il modo in cui procedere, nel caso in cui Judith avesse voluto la revisione del processo.
Durante quel tempo, Severus non soffermò mai il pensiero su ciò che avrebbe comportato il loro accordo. Non aveva mai pensato di sposarsi, non dopo aver perso l’amicizia di Lily. Con ogni probabilità non sarebbe mai accaduto, se non fosse stato per Judith. Nella sua ultima lettera la bambina lo chiamava padre, nella sua ultima lettera gli offriva affetto e perdono.
Judith meritava di essere felice.
Judith l’aveva chiamato padre, si ripeté Severus, mentre definiva gli ultimi particolari con la signorina Fairchild.
E per quanto assurdo potesse essere, la bambina aveva sempre voluto lui, l’uomo che non era riuscito a salvare i suoi genitori, l’uomo che l’aveva lasciata sola.
Judith aveva sempre detto che non voleva essere adottata e l’unico modo per evitarlo, sempre che i giudici lo giudicassero realmente innocente, era adottarla a sua volta, darle una famiglia, accettare che la signorina Fairchild sacrificasse il proprio futuro perché egli aveva commesso l’ennesimo errore imperdonabile.
Quando la guardia carceraria arrivò ad annunciare la fine dell’ora di visita, la donna gli sorrise.
Un sorriso colmo della promessa di un futuro pacificato.
Un sorriso colmo di perdono.
Un sorriso simile a quello di Judith.
Un sorriso colmo di un affetto, che Severus non seppe leggere, come non seppe leggere l’amore nello sguardo di Melusine.
 
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view post Posted on 14/11/2013, 17:55
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I ♥ Severus


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N. 45

Titolo: La Foresta Proibita
Autore/data: Ida59 – 19-26 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: drammatico, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Sembrava solo un semplice giro nella Foresta Proibita alla tranquilla ricerca di erbe… È il seguito di “Un sorriso nel vento”.
Parole/pagine: 937/3




La Foresta Proibita



La falce di luna, coperta in parte dalle nubi nel cielo nero, irradiava un cupo alone verdastro sulla Foresta Proibita, quasi il Marchio Nero ancora incombesse sulle due figure appena materializzatesi.
Severus si guardò alle spalle con tesa circospezione, la bacchetta ancora stretta con ferma determinazione nel pugno: la foresta sembrava finalmente tranquilla e silenziosa. Lanciò rapido un sortilegio scudo, quindi ripose la bacchetta nel mantello e strinse finalmente a sé con protettivo amore Elyn che si accasciò tra le sue braccia: dai lungi capelli castani, un rivolo di sangue le scendeva lungo la tempia e sulla guancia graffiata e sporca di terra. Si rese subito conto che tremava ancora in modo visibile e che non sarebbe più riuscita a muovere neppure un passo, così la sollevò delicatamente tra le braccia cercando di tranquillizzarla:
- È finita, amore mio! - sussurrò con dolcezza sfiorandole piano con le labbra la fronte coperta da un gelido sudore. - Ormai siamo vicini al castello, nessuno ti farà più del male.
No, non l'avrebbe mai permesso, nessuno le avrebbe fatto del male, a costo della sua stessa esistenza. Non poteva perderla: Elyn era la sua unica e vera ragione di vita da quando le lacrime di Fanny gli avevano regalato quella seconda opportunità! L'avrebbe difesa, l'avrebbe protetta, sempre! Elyn, la donna che amava, la donna che aveva saputo conoscere tutte le sue colpe e le aveva perdonate, la donna che gli aveva insegnato di nuovo a sorridere e gli aveva regalato la speranza di un futuro felice!
Poteva ancora scorgere l'ombra del terrore offuscare le chiare iridi nocciola: era solo colpa sua se i vecchi compagni d'un tempo avevano teso quell'insidiosa trappola al traditore che per tanti anni era riuscito ad ingannare il loro Signore. Era solo colpa sua se la donna che amava si era trovata in pericolo, era stata ferita ed aveva rischiato di morire; ed ora tremava tra le sue braccia, sfinita e terrorizzata.
Orribili immagini, emerse dalle profondità del suo passato, si sovrapposero a quelle appena vissute, con Elyn quale nuova vittima di quelle bestie crudeli e lui ad osservare impotente, senza poter fare nulla per salvarla. Rivide le dita adunche e sporche di Mulciber afferrarla per un braccio e strapparle le vesti con violenza. Sentì la risata ululante di Greyback graffiare l’aria della notte mentre il lupo fiutava eccitato l’odore del sangue. I gemiti soffocati di Elyn gli trapassarono il cuore mentre la bocca di Avery profanava le labbra che gli avevano donato il sorriso di perdono dal quale era nata la sua nuova vita.
Si senti agghiacciare il sangue nelle vene a quell’intollerabile ricordo e la strinse più forte a sé, in un abbraccio protettivo ma soffocante, quasi disperato, urlando forte il suo nome:
- Elyn! Elyn!
- Severus, no, lasciami! - esclamò la maga cercando di divincolarsi dal quella stretta colma d’angoscia. - Mi fai male se mi stringi così!
Il mago spalancò gli occhi di colpo sbattendo le palpebre, le iridi nere dilatate ancora affacciate sull'orrore dell’incubo. Eppure, in un impulso protettivo che non poté respingere né controllare, strinse ancor più forte a sé la sua donna quasi le immagini del sogno ancora avessero pieno effetto su di lui:
- Elyn... - mormorò piano, la voce soffocata tra i lunghi capelli castani, - amore mio...
Riluttante la sciolse lentamente dall'abbraccio, gli occhi neri ancora colmi dell'oscurità dei ricordi.
La maga gli sorrise con tenerezza, le dita a sfiorargli piano le fronte quasi a voler scacciare i brutti pensieri:
- Ancora incubi? - sussurrò piano. - Ancora il tuo passato?
Severus si morse piano un labbro: erano ormai trascorsi quasi sei mesi dalla notte in cui le lacrime di Fanny lo avevano sottratto alla morte e la sua vita era cambiata, riempiendosi dell'amore e del perdono di Elyn, eppure i tremendi ricordi del suo passato riuscivano ancora a tormentarlo.
La maga gli sorrise:
- Nessuno mi farà del male...
Severus deglutì a fatica, l’inebriante profumo dell’olio da massaggio che aveva distillato per la sua donna che ancora aleggiava nella stanza dalla sera prima, riportando alla mente i recenti ricordi di appassionate carezze ed ardenti baci. Invece era bastato un semplice giro nella Foresta Proibita con Elyn, quel pomeriggio, alla tranquilla ricerca di erbe, per riportare in vita il passato: il ripercorrere sentieri tante volte battuti tornando dalle sue missioni di spia per Silente aveva rotto l’incanto permettendo al passato di irrompere nella sua mente addormentata soffocandolo di nuovo con l'orrore di immagini che non riusciva a dimenticare. La sua donna si stava stringendo a lui, tranquilla nel loro letto, ma il mago l'aveva vista ormai perduta, ennesima vittima innocente che non riusciva a salvare.
Aveva la bocca secca e la gola, dove Nagini l’aveva squarciata, gli bruciava terribilmente, graffiata dall’urlo disperato di poco prima.
- Elyn… - mormorò ancora, incapace di dire altro, di nuovo stringendola a sé, delicato, adesso, perdendosi negli occhi nocciola che gli sorridevano.
- Nessuno mi farà mai del male, - sussurrò la maga, - perché ci sei tu a proteggermi, Severus.
Il mago tremò appena, cercando di ricacciare in fondo alla mente il ricordo di tutti coloro che non aveva saputo proteggere. L’Oscuro Signore era stato sconfitto, la guerra era finita e il Marchio Nero non pulsava più nella sua carne, ma l’orrore del suo passato era impossibile da dimenticare.
Elyn, però, gli sorrideva fiduciosa.
Con amore.
Severus trasse un lungo sospiro e si aggrappò a quel sorriso, a quell’amore che aveva cambiato la sua vita regalandogli il perdono e la speranza d’un futuro felice.
- Elyn… - sussurrò ancora, le labbra a carezzare piano il suo dolce sorriso.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:29
 
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Titolo: 8. Il regalo più importante
Autore/data: Severus_Ikari / febbraio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Harry Potter, Minerva McGonagall
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “No, non sarebbe stato più il carnefice di nessuno, non sarebbe stato più colui che spandeva soltanto tristezza e dolore, no, Severus Snape voleva soltanto vivere e, perché no, voleva anche sorridere."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è l'ottava storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Così, all'improvviso".
Parole/pagine: 2967/5



Un anno per amare

8. Il regalo più importante



26 agosto 2005



La mano scivolava lenta sul marmo bianco, percorrendo ogni singola crepa che sentiva sotto le dita, ma che non c’era, forse era soltanto dentro di sé che le sentiva, ne era pieno, colmo di squarci che ancora non smettevano di sanguinare.
Eppure quella mattina, quando Hermione lo aveva baciato così inaspettatamente, gli era parso che il sangue avesse smesso di scorrere da quelle ferite, ed era come se si fossero rimarginate pian piano, con quella stessa lentezza con cui la pallida mano avanzava su quella pietra così candida da accecare la vista.
Era strano trovarsi lì, in quel luogo solitario che, dopo tutto quel tempo, ancora amava e odiava, era la sua casa, gli aveva dato tutto, ma era riuscita anche a strappargli ogni cosa, o forse, semplicemente, era soltanto colpa sua e delle sue mani che avevano estirpato con forza ogni cosa bella gli fosse capitata.
Non era mai stato lì, neppure prima di finire in coma per sette lunghi anni, neppure quando si trovava a pochi passi e sarebbe bastato volgere lo sguardo su quelle pietre per osservare ciò che aveva fatto, il dolore che ancora si portava dentro.
Non aveva mai amato i compleanni, tantomeno festeggiarli, né i suoi né quelli degli altri, credeva che fosse una cosa ridicola festeggiare il tempo che inesorabile passava e ti staccava poco alla volta alla vita, anche se lui avrebbe voluto che il suo stelo fosse reciso dalla terra ben prima di quella notte alla Stamberga.
Eppure ancora era lì, a respirare a pieni polmoni quell’aria fresca d’agosto che veniva dal Lago poco distante, a compiere quei passi su una terra che lo aveva accolto per anni e aveva aspettato a lungo che la sua ombra tornasse a darle frescura.
Continuava a camminare intorno alla tomba, scrutandola a fondo come se fosse possibile vedere al suo interno, il volto sereno e sorridente di Dumbledore che giaceva lì; avrebbe pagato qualsiasi cosa pur di rivedere quel sorriso sulle labbra del vecchio preside, e invece i suoi ricordi erano tormentati da quel sorriso su quella Torre.
L’ultimo sorriso di chi vede la morte, di chi l’aspetta ormai da tempo, il sorriso con il quale lo aveva pregato di ucciderlo.
«Dannato vecchio pazzo!»
Il suo, però, era più un sussurro che un effettivo lamento di rabbia, ormai non era più il tempo della collera, dopo otto anni era del tutto inutile provare simili sentimenti, non avrebbero di certo cambiato le cose, Dumbledore sarebbe rimasto morto in quella bianca tomba, mentre lui avrebbe continuato a soffrire per ogni errore che aveva commesso.
Non è più tempo di pensare al passato, Severus. È ormai tempo di vivere pienamente la vita e costruirsi un futuro.
Non aveva portato niente con sé, un fiore, un piccolo stupido pensiero com’era consuetudine fare, come sempre si era presentato a mani vuote, quelle mani, che erano state a lungo ricoperte di sangue, adesso scorrevano lente sulla superficie della tomba.
Ripensò ad Hermione, allo sguardo di Minerva, ai volti felici di chi lo aveva visto di nuovo vivo, e l’unica cosa che si sentì di regalare al vecchio amico fu il suo sorriso, caldo e sincero come mai aveva fatto quand’era ancora in vita, silenzioso e nascosto dai lunghi capelli neri che fece scivolare ancora più a coprirgli il volto, perché quel gesto avrebbe dovuto essere soltanto per lui, soltanto per l’amico perduto.
Era strano per lui sorridere davanti alla tomba di Dumbledore, quel marmo bianco era il simbolo di tutto ciò che aveva sbagliato nella vita, di tutto il male che aveva fatto e di tutto il sangue che era scivolato sulle sue mani, pallide come quella pietra, che si confondevano ad ogni carezza che gli donava, profonda e lenta perché in cuor suo voleva che quel tocco arrivasse al corpo del vecchio preside, all’amico ucciso.
Voleva che sentisse tutto l’affetto che in vita non era mai stato in grado di dimostrargli.
Per un attimo gli ritornò alla mente quell’ultimo incubo che lo aveva riportato alla vita, le immagini di Dumbledore divorato da quel nero che veloce si espandeva dalla mano inghiottendo ogni brandello di pelle e ogni singolo pezzo di carne, ricordò sua madre e Lily e per un attimo si sentì di nuovo perso, come se ogni certezza si fosse fatta densa nebbia che un vento forte avrebbe spazzato via.
Poi, però, ricordò anche i loro sorrisi, quelle labbra felici che lo avevano guardato mentre pian piano si svegliava e riapriva nuovamente gli occhi al mondo.
Chi era lui per far soffrire tutti loro ancora una volta?
No, non sarebbe stato più il carnefice di nessuno, non sarebbe stato più colui che spandeva soltanto tristezza e dolore, no, Severus Snape voleva soltanto vivere e, perché no, voleva anche sorridere.
Sorridere a tutti coloro che gli avevano dimostrato affetto, a tutti coloro che gli volevano bene, sorridere a se stesso perché mai in vita sua si era concesso di farlo.
«Speravo di trovarla qui, professore.»
«Non ritengo che tale termine possa ancora essere accostato alla mia persona, signor Potter.»
«Harry.»
«Cosa?»
«Sono Harry, solo Harry, non sono un signore e da lei non merito affatto di essere chiamato tale.»
Severus si stupì di tali parole, anche perché non credeva di aver ben compreso il loro significato, o meglio, cosa il giovane Potter avesse voluto dirgli.
Harry camminò silenzioso intorno alla tomba come poco prima aveva fatto Snape e silenzioso la guardava mentre anche lui fece scorrere le dita sul liscio di quella pietra, come se quel tocco avrebbe potuto far tornare Dumbledore davanti ai suoi occhi.
«Non capisco cosa vuole dire.»
Harry si fermò lì, dove sotto la sua mano avrebbe dovuto esserci il volto di Albus e lo guardò per un attimo sorridendo prima di volgere nuovamente lo sguardo alla bianca tomba e riprendere a far scorrere le dita su di essa.
«Non merito tale rispetto da una persona che ho trattato come il peggiore dei criminali. Per me lei è stato per lungo tempo ben peggiore di Voldemort stesso, non ho mai cercato di capire, non volevo capire, sono stato uno stupido.»
«Si è comportato esattamente come tutti gli altri e non biasimo nessuno di voi per questo.»
«E invece dovrebbe, perché c’erano persone che la conoscevano da moltissimi anni e che hanno avuto sempre fiducia in lei, Dumbledore si è fidato di lei fino alla fine e si arrabbiava ogni volta che la mettevo in discussione con lui, quello avrebbe dovuto indurmi a fare delle domande, invece non l’ho mai fatto.»
«Harry… quella notte, su quella Torre, tu c’eri, mi hai visto levare la bacchetta contro Dumbledore e ucciderlo in un attimo, cosa pretendevi di pensare?»
Harry e Severus si guardarono negli occhi, nel profondo, come mai avevano fatto e, per la prima volta, Snape vide solamente il ragazzo in quello sguardo e di questo se ne stupì.
Non credevi sarebbe mai stato possibile, vero?
Anche il giovane mago era stupito di quel repentino cambio di tono nei suoi confronti, in realtà credeva che il suo ex professore non sarebbe mai stato capace di chiamarlo per nome, e invece adesso erano lì, entrambi con una mano sulla tomba di Dumbledore che li divideva, eppure li univa, profondamente, e con un’intensità che nessuno avrebbe mai potuto ritenere possibile.
«Era quello che tu dovevi pensare, che tutti dovevano pensare. Il mio compito era quello e dovevo portarlo avanti ad ogni costo e con ogni mezzo, ma non credere che mi sia piaciuto farlo, ho sofferto per ogni singola scelta sbagliata che ho fatto e le conseguenze per quelle scelte mi hanno portato soltanto dolore. Dolore e nient’altro, ma non meritavo che quello per tutto ciò che sono stato e per le mie azioni.»
Se Albus Dumbledore fosse stato lì, presente, a scrutarli entrambi, invece che dormiente in una tomba, avrebbe pensato che quelle parole e i due maghi che continuavano a toccare quella pietra come se avessero paura che potesse scomparire, fossero il miglior regalo che qualcuno avesse mai potuto fargli durante tutta la sua lunga vita.
«Non meritavo la comprensione e il perdono di nessuno.»
«Adesso la merita, però. Li merita entrambi» e Harry gli sorrise, un sorriso ampio che illuminò ancora di più quello sguardo di smeraldo in cui per anni si era perso e ne aveva sofferto, invece ora, non vedeva nient’altro che gli occhi verdi di Harry. Soltanto Harry.
Certo, il ricordo di Lily era ancora ben presente in lui come in quelle iridi, ma era soltanto una lieve carezza che ogni tanto sentiva sul viso, niente di più, e il suo cuore in quel momento seppe che avrebbe dovuto riporre quel ricordo in uno scrigno segreto, affinché fosse rimasto per sempre con lui, ma, nello stesso tempo, gli avrebbe permesso di vivere la sua vita, pienamente, e di cercare di trovare una felicità.
La felicità che quegli occhi e quel sorriso gli stavano mostrando fosse possibile.
«Sa che è nato il mio primogenito?» Harry continuava a sorridere e nel suo volto si poteva scorgere una felicità che scoppiava in mille fuochi alti e luminosi.
«E dovrebbe interessarmi?»
«Oh, sì, non è felice all’idea di avere un altro Potter tra i piedi?»
«Estasiato.»
In quel frangente e vedendo l’espressione di Snape, Harry non poté fare a meno di ridere, una risata fragorosa e indecente – come l’avrebbe definita Severus – che avrebbe risvegliato persino Dumbledore, se fosse mai stato possibile.
Lo vide piegarsi con le mani sullo stomaco e un sorriso mal trattenuto gli piegò le labbra.
«Mi raccomando, prosperi ancora e regali al mondo altri piccoli impertinenti e odiosi Potter alla scoperta – e distruzione – del mondo.»
«Veramente io pensavo di averlo salvato il mondo.» Sì, veramente impertinente e odioso.
«Certo, se tu e il tuo amico Weasley non aveste avuto il cervello di Hermione a disposizione, sareste finiti all’altro mondo ancora prima di prendere i G.U.F.O.»
«E lei?»
«Io cosa?»
«Se non ci fosse stato lei, sarei morto ben prima di concludere il mio primo anno.»
«Se non ci fossi stato io, adesso avresti una famiglia.»
Harry si avvicinò a quello che era stato il suo temuto insegnante di Pozioni e gli sorrise ancora una volta, sapeva a cosa si riferisse, ma non lo biasimava e non gli imputava alcuna colpa, semplicemente riteneva che fosse andata come doveva andare. Si stava ancora tormentando già abbastanza da solo per quello, che non aveva bisogno del suo odio e del suo rancore che, in ogni caso, ormai non provava più.
«Io ce l’ho una famiglia. Anche lei fa parte della mia famiglia. Lei ha sempre fatto parte della mia famiglia, solo che a quel tempo non lo sapevo. Lei c’è sempre stato per me, ha vegliato su di me come avrebbe fatto un padre.»
Severus poggiò la schiena sulla tomba, voleva sentire in qualche modo il sostegno di quell’amico ormai perduto, come se il marmo bianco che sentiva premergli sulla pelle, fosse proprio la stretta forte di Albus che lo teneva in piedi; guardò il cielo limpido sopra Hogwarts, quei raggi che scoppiavano in mille scintille dorate su quelle pietre candide, poi chiuse gli occhi e immaginò la mano di Dumbledore che delicata e vigorosa si posava sulla sua spalla, quel sorriso che sempre aveva saputo incoraggiarlo e spingerlo a non arrendersi mai, anche quando quell’espressione non faceva altro che irritarlo.
Eppure in un modo o nell’altro c’era sempre stato, gli bastava aprire la porta per trovare il suo sostegno e il suo sorriso, trovare un amico e un padre mai avuti, trovare l’uomo che aveva saputo renderlo migliore.
«Non ti conviene farmi entrare nella tua famiglia» e Snape riaprì gli occhi per guardarlo.
«Non venga a dirlo a me, dove si è mai sentito che uno studente e un insegnante che si odiavano, adesso diventano quasi padre e figlio? Per non parlare di quello che potrebbe fare ai miei figli una volta a Hogwarts,» Harry però rideva, rideva nuovamente a quel padre che non aveva mai avuto, a quel padre che era rimasto sempre nell’ombra eppure c’era sempre stato.
«È un’eventualità che non esiste minimamente. Primo perché non ho nessuna intenzione di fare da padre ad un Potter, secondo perché non ho nessuna intenzione di fare da insegnante ad un altro Potter e terzo: e se tu avessi a che fare con i miei, di figli?»
«Vorrebbe dei figli?»
Il giovane Potter camminò nuovamente intorno alla tomba, stavolta, però le sue mani erano strette intorno al petto e, sorridente, guardava Snape con molto interesse, chissà come sarebbe stato il suo vecchio insegnante alle prese con una moglie e dei figli.
Se fosse stata una donna come Ginny, col carattere di Snape, sarebbe finito divorziato o vedovo ancora prima di finire il trasloco, poi, però gli venne in mente Hermione e allora s’immaginò i due andare all’ospedale dove, messi in una stessa stanza, avrebbero finito per litigare anche lì.
Quella scena lo fece ridere così tanto che Snape lo fulminò con lo sguardo.
«Non lo so. Potrebbe essere. Non ci ho mai pensato.»
«Oh, wow, degli Snape per il mondo sarebbero un disastro, s’immagina dei Potter e degli Snape liberi di vagare? Una catastrofe!»
Harry e Severus erano uno accanto all’altro a scrutare l’azzurro di quel cielo che ad entrambi ricordò il colore degli occhi di Dumbledore, ormai chiusi da anni sotto quella pietra bianca. Stavano lì, con un passato doloroso alle spalle che li sorreggeva e li spingeva verso un futuro luminoso come la volta che stavano osservando, lucente come quel sole che splendeva sopra quell’angolo di mondo che per tutti e due era diventato casa.
«Sì, decisamente una catastrofe.» Immobili in quella posa che voleva cristallizzare quell’attimo per tutta una vita, un ricordo da farsi indelebile, sorrisero ognuno all’altro e sorrisero a loro stessi, a ciò che avevano e a ciò che avrebbero potuto avere.
«E comunque dovrebbe prima trovare la futura madre dei suoi figli, non crede?»
«E tu non credi che stai notevolmente andando oltre a quello che dovrebbe essere il nostro rapporto?»
«D’accordo, non è affar mio, ma, in quanto figlio, vorrei vedere mio padre felice. E sistemato.»
«Smettila.»
«Va bene, va bene, non m’intrometto più. C’è qualcuna che le interessa?»
C'era qualcuna che le interessava? No, a lui interessavano i libri e le pozioni, quei sentimenti erano tutt'altra cosa, andavano al di là del semplice interesse, erano qualcosa di più profondo, ma neppure lui sapeva definirli con esattezza.
In quel mese aveva pensato spesso a lei, a quel bacio rubato in un attimo, alcune volte la notte rimaneva sveglio nel suo letto e con le dita sfiorava le labbra, come se ancora, dopo tutto quel tempo, c'era rimasto qualcosa che gli ricordava il suo sapore, quell'essenza che avrebbe voluto assaporare ancora e ancora fino a non dimenticarsene più.
Un bacio soltanto non gli bastava più, avrebbe voluto consumare e consumarsi in un amore finalmente ricambiato.
E Lily?
Lily adesso era custodita in quello scrigno nel suo cuore, lì dove ci sarebbe sempre stata e dove sarebbe potuto andarla a guardare ogni volta che voleva, adesso, però era tempo di andare avanti, non aveva combattuto per niente, non era sfuggito alla morte per vedersi di nuovo incatenato, non si era svegliato dopo sette lunghi anni per rimettere a dormire quella vita che non aveva mai vissuto.
Lily sarebbe stata sempre in lui, ma era venuto il tempo di percorrere finalmente quella strada che sembrava il destino gli avesse spalancato.
«Dannati Grifondoro, perché non capite quand’è troppo?»
«Perché siamo dannati Grifondoro con sprezzo del pericolo,» rispose Harry alzando le spalle.
«Ho di nuovo la mia bacchetta, per tua informazione.»
«Io ho la mia. Ma se le faccio un graffio, il suo medico mi disintegra.»
«Quale medico? E comunque non riusciresti neppure a respirare.»
«Vogliamo provare?»
«Per Merlino, siete due bambini al Club dei Duellanti?» La voce di Minerva McGonagall l’avrebbero riconosciuta ad occhi chiusi, quella presenza così forte che negli anni non aveva mai fatto mancare a nessuno dei due il suo affetto e il suo sorriso che riusciva sempre a scaldare i loro cuori che avevano troppo a lungo sanguinato e sofferto. «Harry, Ron ti sta aspettando per portare a casa Ginny e il bambino.»
«Ok, vado subito, la ringrazio per avermi avvertito, professoressa McGonagall» e s’incamminò verso i confini di Hogwarts, dove avrebbe potuto Smaterializzarsi senza problemi, ma prima si voltò di nuovo verso Snape, «grazie per tutto ciò che ha fatto. Grazie… Severus» e, prima di sparire dalla loro visuale, gli sorrise.
Minerva guardò i suoi due ragazzi e capì, non c’era bisogno di dire nulla, lei aveva capito ogni cosa e non poteva che esserne felice, una felicità che le fece battere il cuore più forte e non riuscì a trattenere alcune lacrime di gioia, mentre regalava tutto il suo bene attraverso quel sorriso che le era nato spontaneo come quel pianto.
«Penso di essermi innamorato, Minerva. Non credevo fosse possibile una cosa del genere, ma è così, sono innamorato della vita e sono innamorato di una donna.»
Minerva McGonagall posò sulla tomba una mano dove le rughe scrivevano di una vita vissuta con coraggio e forza, con tutto l’amore che era stata in grado di provare, posò una mano sull’amico che non c’era più, mentre l’altra stringeva delicata la stoffa nera della veste di Snape.
Guardò il sepolcro che accoglieva Albus, guardò Severus finalmente felice che sorrideva a quel futuro che adesso vedeva così chiaro, limpido come il cielo che li osservava in silenzio.
«Vai da lei.» Lì, davanti alla tomba di Dumbledore, Minerva sorrise a Severus, alla sua vita ritrovata, alla sua gioia. Al suo futuro.
Sì, quello era decisamente il migliore dei regali che Severus Snape avrebbe potuto fare ad Albus Dumbledore e, da lassù, anche il vecchio preside se n'era accorto e gli stava sorridendo grato per quel dono.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 22:01
 
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kijoka
view post Posted on 16/11/2013, 16:12




Nr. 43

Autore/data: Kijoka – 20 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo - romantico
Personaggi: Severus Piton - Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La vita, la voglia di vivere, aveva vinto.
Parole/pagine: 1.202/3.





All'improvviso

L'aveva fissato per qualche momento. Sembrava in attesa.
- No, non mi devi dire nulla... Ti lascio solo...
Da quanto tempo se ne era andata, uscendo in silenzio dalla stanza?
La camera sembrava vuota e senza senso.
Era arrabbiato con se stesso per non avere reagito.
La forza del sentimento che aveva percepito emanare da lei era incredibilmente potente!
Gli aveva impedito di percepire se stesso, non era forse riuscito a provare nulla dopo quelle ultime parole pronunciate con incredibile dolcezza. Era talmente sorpreso che non era riuscito a replicare, in qualche modo.
Era stato tutto troppo veloce? Si era appena svegliato e si era forse sentito aggredito?
No, in fondo lo aveva chiesto, aveva desiderato sapere.
In realtà, molto probabilmente, non aveva realmente intuito cosa avrebbe portato la sua muta richiesta di verità.
Cosa provava, ora che era solo?
S'interrogò a fondo, mettendosi davvero alla prova.
Rincorse i ricordi. Gli occhi neri saettavano veloci tra gli oggetti della stanza, cercando qualcosa di famigliare, qualcosa che potesse accendere l’interruttore di cui aveva quasi paura.
Nulla, niente...
Il vecchio e ingannevole sentimento che temeva, e che era legato ad un passato fin troppo lontano, non c'era più!
Si ritrovò a sorridere lievemente, sentendosi solo e stupido.
Sembrava incredibile, ma la morte sfiorata aveva davvero portato via con sé la vecchia vita.
Comprendendo a fondo quest’ultimo pensiero si sentì un uomo nuovo.
Provò ancora profonda gratitudine, ma anche un estremo sollievo.
Era come se l'anima si fosse alleggerita all'improvviso. Ora avrebbe potuto volare, librarsi in alto verso l'infinito, senza mai più dover tornare indietro.
Eppure non era ciò che desiderava, non voleva che succedesse perché ora c'era qualcosa che lo tratteneva. Un collegamento lieve, quasi fatto d'aria. Una connessione di cristallo. Un legame invisibile, ma tenace, seppur delicato e gioioso.
L'appena accennato sorriso non gli lasciò le labbra, ma si tramutò in qualcosa di diverso, si allargò, portando gioia anche nel suo cuore.
Voleva che tornasse, voleva risentire la sua voce, voleva che gli stringesse le mani...
Quanto avrebbe voluto chiamarla per farla tornare! Ma come?
Era ancora afono e... non sapeva nemmeno il suo nome!
Si rimproverò la mancanza di tempismo: era bastato un momento, si era smarrito, aveva perso l'attimo ed era rimasto solo. Di nuovo solo, come tanto tempo prima. La causa era sempre la sua testardaggine, senza contare l'orgoglio di non mostrarsi mai debole.
Lei l'aveva salvato, curato, aiutato, sostenuto, consolato e ancora gli aveva illuminato la via, gli aveva mostrato i suoi stessi desideri e gli era rimasta accanto mentre percorreva il sentiero del suo passato, indirizzandolo verso il suo stesso futuro.
Davvero c'era qualcos'altro che desiderava perché una persona potesse entrargli nel cuore? Mai nessuno aveva fatto così tanto per lui!
Lily l'aveva abbandonato al suo destino, ma lei, quella sconosciuta che aveva detto di amarlo, aveva fatto un passo inimmaginabile: l'aveva riportato alla vita accompagnandolo per mano.
Aveva fatto ben di più: gli aveva indicato la via per esaudire i suoi desideri, per realizzare i suoi sogni più arditi e gli era stata sempre accanto per aiutarlo.
Nonostante tutto questo non era stato nemmeno in grado di mostrare una reazione alla confessione del sentimento che aveva spontaneamente intuito esistesse.
Tornò a guardarsi intorno.
Non poteva ancora parlare e non c'era nulla che potesse aiutarlo a richiamarla.
Non una bacchetta… nulla.
Quanto desiderava che tornasse!
Ora sapeva come reagire: voleva chiederle scusa, voleva dirle mille cose, voleva rivelarle che qualcosa in lui era cambiato.
La vita, la voglia di vivere, aveva vinto.
Ora poteva davvero capire.
Doveva dirlo, doveva dimostrarle che nulla sarebbe stato più lo stesso.
Voleva farle sentire il cuore che batteva impazzito non appena la mente si era facciata all'altra realtà...
Si sarebbe alzato. Sentiva di averne la forza e la porta non era lontana. Quanto poi a camminare per metri senza sapere dove andare... beh, a quello avrebbe pensato dopo.
Si mosse con una lentezza infinita.
Scostò la coperta leggera e, con movimenti mirati e senza fretta, spostò un piede verso l'esterno del letto.
Poi fece la stessa cosa con l'altro. Una cosa alla volta, con calma. Una cosa alla volta...
Ora, seduto sul margine del materasso, doveva solo appoggiare i piedi ed alzarsi.
La cosa più difficile che avesse mai fatto.
Ansimava e la stanza cominciò a vorticare dolorosamente.
La testa pesava come un macigno e si sentì sicuro che sarebbe esplosa di lì a poco dal dolore acutissimo che provava.
Sembrava anche che la ferita fosse colma di spine acuminatissime e il fiato si bloccò in gola.
Doveva farcela, lo doveva a lei, a se stesso e alla sua voglia di vivere.
Cercò di scivolare piano e, poggiando maldestramente i piedi a terra, fece forza sulle gambe e si alzò.
La luminosa giornata virò in una notte buia. Annaspò, succhiando l'aria nei polmoni e...
Le sue mani prima, e il suo profumo poi, lo avvolsero in un attimo.
L'abbraccio nel quale si era trovato gli permise di avere un saldo punto d'appoggio e quindi di non cadere.
Un corpo morbido e caldo, un tocco gentile e fermo.
La luce tornò negli occhi neri spalancati.
Era bastato un attimo e l'abbraccio era terminato.
Lei l'aveva aiutato a sedersi di nuovo sul letto.
Gli occhi d'oceano erano ad un soffio dai suoi e guardarli gli fece dimenticare di essere stato imprudente.
Senza una parola lo fece sdraiare e gli passò un panno umido sulla fronte, tergendo il sudore freddo che l'aveva imperlato.
Si sentiva estremamente stupido. Tremava come una foglia ed era aggrappato alle lenzuola. Chiuse gli occhi per nascondersi.
La voce lo apostrofò con dolcezza:
- Non devi alzarti. Non sei ancora abbastanza in forze per farlo. Devi darti ancora qualche giorno, Severus.
Il mago si passò la lingua sulle labbra secche e riaprì gli occhi: non doveva nascondersi, non da lei.
Si era spostata poco lontano: stava sistemando qualcosa sulla sedia appena dietro al letto. Riprese a parlare:
- Ho sentito che avevi bisogno di me, ma mi è sembrato diverso rispetto alle altre volte...
Gli tornò vicina.
Se il tremito era scomparso, il cuore cominciò a battere così forte che lei lo avrebbe senz'altro sentito!
Continuava a guardarla, senza sapere cosa fare, cosa provare. Non conosceva quelle strane reazioni, doveva essere ancora il veleno del serpente.
- Stai meglio?
Senza pensare si ritrovò ad annuire appena.
Lei sorrise, rassicurante.
Era quello il momento. Sì, lo era.
Radunò ogni briciolo di volontà, spremendo tutta l'energia rimasta nel suo corpo provato e la fissò negli occhi.
Aprì le labbra e inspirò appena.
La voce che gracchiò, raschiando la gola, era totalmente diversa da quella cui si era abituato per tutta la vita e cui si era affezionato.
Era roca, ruvida e impersonale. Sembrava senza alcuna intonazione né sentimento in essa:
- Dimmi... il tuo nome...
- Non devi parlare, le tue corde vocali hanno bisogno di assoluto riposo...
Poi le labbra rosee e delicate di lei si aprirono in un luminoso sorriso.
Lentamente gli si avvicinò fino a sfiorargli la guancia con il respiro.
Sentì il bacio, lieve come ali di farfalla, sul viso.
Poi, con una carezza dolcissima, si allontanò e fissandolo a fondo negli occhi sussurrò appena:
- Mi chiamo Joy...

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:29
 
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kijoka
view post Posted on 17/11/2013, 16:53




Nr. 44

Autore/data: Kijoka – 05 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo -romantico
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: Severus Piton - personaggio originale
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: I suoi bisogni erano profondi e sconvolgenti per lui stesso, come avrebbe potuto esternarli?
Parole/pagine:1.169/2.





Occhi negli occhi

And you will never know
I will never show
what I feel, what I need from you
da "You will never know" - Imany - 2013

Il contatto di sguardi era intenso e ininterrotto.
Era calato il silenzio: lei non aveva più dato voce ai pensieri. Aveva scelto di restargli accanto, senza una parola.
In quel momento voleva solo che fosse libero di esprimere qualsiasi cosa avesse nel cuore. Non intendeva dire o far nulla che potesse forzarlo a sentire altro che non fosse ciò che davvero provava. Immobile, lo fissava, con il viso sereno e fiducioso.
La calma di Joy lo aveva pervaso, aveva favorito l'apertura a nuove possibilità e a sconosciute sensazioni.
Severus di colpo si rese conto che era stata una sua esplicita richiesta, anche se totalmente inconscia. Gliela aveva rivolta e lei aveva pienamente compreso: senza forzature aveva lasciato che tra loro il contatto riprendesse vigore.
Gliene era ancora una volta grato perché, tramite il suo desiderio di comunicare, poteva ora avere il privilegio di comprendere appieno cosa Joy provasse per lui. Percepì, quasi dentro se stesso, un sentimento così completo e intenso da coinvolgerlo. I profondi e luminosi occhi azzurri non gli tacevano niente e si ritrovò a desiderare di corrispondere quell'amore incondizionato.
Ne sarebbe stato capace?
Non aveva mai davvero imparato ad amare.
Aveva maturato una nuova consapevolezza: ciò che finora aveva provato era il sentimento di un ragazzo, senza esperienza e senza vera profondità.
Ciò che lei stava manifestando era qualcosa di adulto, quasi violento, meditato ma senza confini.
Non riusciva a smettere di osservare i magnifici occhi che mandavano bagliori turchesi e si trovò a riflettere sul Caso.
Il destino che aveva messo sul suo cammino una donna talmente determinata a stargli vicino da rischiare ogni cosa pur di raggiungere l'obiettivo. Quello di Joy era poi stato uno scopo estremamente imprevedibile, tale che poteva essere considerato più un rischio che una vera meta.
Nonostante questo era rimasta lì, accanto a lui, ed attendeva. Percepiva la sua tensione stemperarsi a tratti in rassegnazione, soppiantata immediatamente dalla speranza.
Erano attimi convulsi, colmi di richieste inespresse e di domande ingenue.
Severus considerò tutti quegli anni spesi inseguendo un'illusione, poi un sogno...
Ed ora quello stesso sogno era lì, di fronte a lui. Cambiato, certo, ma questo attendeva solo lui e lo aspettava con trepidazione.
Il sogno aveva cambiato nome: ora il fiore rinato della speranza tratteneva in sé l'essenza del desiderio.
Il suo nuovo sogno si chiamava come ciò che aveva da sempre desiderato: gioia, felicità, e consolazione.
Joy, questo era il suo nome!
Sembrava che l'attimo contenesse l'eternità. Il tempo si era fermato.
Stava a lui.
Severus sapeva che ora era davvero il momento di operare la scelta definitiva, ma questo non era più un timore, bensì un desiderio.
Avrebbe voluto parlare, avrebbe voluto spiegarle con le parole del cuore quanto la sua stessa anima fosse cambiata e quanto sentiva di avere bisogno di lei.
Dentro di sé sorrise di se stesso, perché era consapevole che non sarebbe mai stato in grado di chiederle ciò che desiderava, nemmeno con le parole dell'amore.
Non era imputabile all'orgoglio, semplicemente non sapeva farlo.
I suoi bisogni erano profondi e sconvolgenti per lui stesso, come avrebbe potuto esternarli? Non ne aveva i mezzi.
Lo sguardo limpido gli faceva nascere dentro delle urgenze che non aveva mai nemmeno valutato: sostegno, amore, contatto, condivisione.
Sapeva che non avrebbe mai trovato la forza di manifestarli, ma faticava perfino a riconoscerli! Ormai da anni si era rassegnato a non averli…
Fu in quel momento che Joy tornò a sederglisi accanto.
Con un gesto ormai famigliare di nuovo gli prese le mani tra le proprie.
La maga non riusciva a capacitarsi di come quell’uomo avesse vissuto. Dentro di sé percepiva una tale angoscia che non riusciva ad attribuire a lui, eppure era ciò che da lui proveniva.
Quello che era diventato l’eroe del mondo magico, l’uomo che aveva tenuto testa al mago forse più potente del secolo temeva l’amore, più di ogni altra cosa. Non sapeva come affrontarlo, non era in grado di gestirlo, non sapeva riconoscerlo, e tutto questo lo disorientava.
Era contenta di avere ancora la possibilità di condividere quell’effetto non cercato dell’incantesimo, perché le rendeva tutto più semplice. Senza parole riusciva a leggerlo e quindi a comprenderlo.
Ora si rendeva conto che non poteva abbandonarlo, ma, anzi, avrebbe dovuto imparare a capirlo, anche senza magia.
Anche se l'incantesimo non sarebbe più stato utile, avrebbe comunque avuto un altro compito importante: doveva aiutarlo a leggere se stesso, capire ed accettare sentimenti mai provati o quantomeno mai riconosciuti.
Provava una profonda tenerezza e crebbe in lei a dismisura la voglia di abbracciarlo stretto, per rassicurarlo.
Poi scoprì si sentirsi una privilegiata: era stata la prima a confessare il suo amore a Severus Piton. In fondo era stato proprio questo che aveva confuso il mago: nessuno mai aveva pronunciato per lui quelle parole che invece lei aveva lasciato uscire dal cuore.
Gli occhi scuri restavano ancorati ai suoi.
Sguardo nero, ma limpido e senza ombre. Sembrava voler metterle nelle mani la sua stessa anima.
Joy non voleva assolutamente che si sentisse forzato a provare ciò che non voleva, ad inventare ciò che non esisteva, ma desiderava un contatto.
Non poteva permetterselo se non voleva turbarlo ancor più profondamente.
Strinse un po’ di più la mano che teneva tra le sue e prese a carezzarla dolcemente. Il gesto era ormai stato accettato dal mago, che infatti non si stupì.
Come sempre, quando gli stava vicina, Joy avvertì chiaramente ciò che agitava il cuore di Severus, con ancora più forza in quel momento.
Si avvicinò ancora, fino ad essere ad un soffio da lui e, senza smettere di guardarlo, sussurrò:
- Non devi temere quel che il tuo cuore desidera. Mai. Il tuo cuore sa ciò di cui Severus ha bisogno. Assecondalo! Impara a prendere, chiedere, cercare ciò che ti fa stare meglio. E’ un tuo diritto, non una punizione…
Gli sorrise, mentre continuava a carezzargli lentamente la mano.
Severus abbassò gli occhi, imbarazzato per essere stato letto così facilmente.
Si stupì di non riuscire a lasciare le mani di Joy, quasi fossero il suo legame con la realtà.
Immediatamente dopo percepì chiaramente quanto i suoi desideri collimassero con quelli della donna lì accanto.
Tornò ad alzare lo sguardo.
Il sorriso non era svanito, gli occhi lo cercavano, ma il cuore di Joy lo anelava ancora di più.
Non sapeva come reagire e decise di sorriderle.
Inspirò a fondo, quasi dovesse immergersi in acque profonde, quindi tirò gli angoli delle labbra sottili.
Il viso di Joy prese un’espressione dolcissima.
Gli mise una mano sulla guancia e carezzandolo piano gli posò un breve quanto dolcissimo bacio a lato della bocca atteggiata a quello strambo sorriso.
Severus sentì il suo cuore quasi uscirgli dal petto e comprese.
Ora sì, ora era tutto nuovo ed essere amato era una sensazione magnifica!
Prese con delicatezza il polso della mano della maga, per evitare che si interrompesse il contatto. Poggiò appena la guancia nel palmo della piccola mano e in un accorato soffio, senza voce, le sussurrò:
- Non andar via, Joy… resta con me.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:30
 
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view post Posted on 18/11/2013, 11:05
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Seguito di "Sorrisi invisibili"

n. 31

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: L’inizio

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Harry Potter, Ginny Wealsey
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Severus Piton si é svegliato. - echeggiò la voce della professoressa di trasfigurazione.
Un rumore di vetro infranto ruppe il silenzio calato nella stanza.
Hermione aveva fatto cadere la bottiglia. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo.

Parole: 890

L'inizio

Fine Settembre 1998
Londra, San Mungo



La giovane infermiera entrò nella stanza di Piton senza fare rumore.
Non che ce ne fosse il bisogno, il mago era in coma profondo, non avrebbe sentito neppure un gruppo di centauri galoppare nella stanza.
I medimaghi iniziavano a credere che non si sarebbe mai svegliato.
L'infermiera lanciò un’occhiata sfuggevole al paziente.
Non le piaceva entrare in quella stanza, era quasi sempre buia – se si escludevano i momenti in cui Hermione Granger andava a fargli visita – spoglia e fredda.
Entrare in quella stanza le deva sempre un senso di malinconia.
E poi la reputazione di Severus Piton era conosciuta in tutto il mondo magico. Nonostante fossero cadute tutte le accuse, era stato il braccio armato di bacchetta Tu–Sai–Chi. Le dicerie sul mago si sprecavano, giravano voci spaventose sull'anno in cui era stato Preside di Hogwarts.
Per quanto le riguardava sperava che non si risvegliasse mai.
Mentre sistemava le poche cose nella stanza lanciò un'altra occhiata al paziente.
Il cuore le mancò un battito e un urlo le morì in gola.
Severus Piton aveva gli occhi aperti.

* * * *


Inizio di Settembre 1998
Hogsmeade


Non aveva un posto dove andare.
I suoi genitori, o meglio Wendell e Monica Wilkins, avevano venduto la casa a Londra per trasferirsi in Australia. I Weasley, ovviamente, le avevano offerto ospitalità e la serenità di una famiglia, ma aveva rifiutato. Non avrebbe sopportato l'idea di vivere sotto lo stesso tetto di Ron e delle sue occhiatacce o di vivere nella vecchia camera di Fred sapendo quello che non era stata in grado di fare per lui e per tutti gli altri. Harry le aveva offerto di dividere con lui e Ginny Grimmauld Place. Aveva rifiutato anche quell'offerta, non sarebbe mai stata in grado di vivere in quell’oscura casa con Kreaker avendo come sottofondo le effusioni romantiche di una giovane coppia.
Aveva ricevuto un encomio dal Ministero, ma non le sarebbe bastato per viverci e comprarsi una casa. Le ultime sterline del suo misero conto babbano le aveva spese durante il viaggio per cercare gli Horcrux e così era sola, senza un posto dove andare e al verde.
La professoressa McGranitt le aveva detto che Hogwarts sarebbe sempre stata aperta per lei. Si era presentata al portone di quercia tremante, con un groppo alla gola e le lacrime che le offuscavano la vista. Non era certa di poter stare in quel castello dopo tutto quello che aveva visto e provato.
Solo l’idea di vivere lì le faceva mancare il respiro.
A quella visione la professoressa le aveva dato un'altra opzione.
- E' vuota da anni. - le disse porgendole un mazzo di chiavi – Ma é ben tenuta e ci sono i mobili. Puoi viverci tutto il tempo che vuoi, anche per sempre.
- Ma… professoressa... é la sua casa...
- Non é più la mia casa da molto tempo, ormai. Troppi ricordi felici che mi fanno star male. Potrai frequentare Hogwarts per i M.A.G.O., se questo é il tuo desiderio. Sei abbastanza grande per non essere più una semplice studentessa. Stare nella Sala Comune con gli altri potrebbe essere imbarazzante e saresti bombardata da domande sulla guerra e Harry. Hogsmeade è abbastanza vicino al castello e nessuno oserà disturbarti.
Così si era trasferita nella vecchia casa della professoressa McGranitt. Era effettivamente una bella casa, una villetta in vecchio stile, su due piani, con un giardino che avrebbe voluto coltivare in futuro, forse chiedendo aiuto a Neville.
Harry e Ginny l'avevano aiutata a spostare i mobili secondo il suo gusto e mettere in ordine gli oggetti stipati nella sua magica borsetta.
Ron non le rivolgeva la parola da quando l'aveva lasciata.
- Ma quanti libri hai lì dentro? - domandò Ginny osservando il pavimento ingombro di tomi più o meno voluminosi.
- Parecchi. - rispose lei con un sorriso – Vanno nella libreria al piano di sopra, nella stanza che diventerà il mio studio. Andranno divisi per argomento e in ordine alfabetico.
- Ma così non possiamo utilizzare la magia! - si lamentò l'amica.
- Allora é meglio sbrigarsi. - rispose lei facendo levitare la prima pila di libri e portandola al piano di sopra – Voglio finire tutto oggi.
Ci volle tutto il giorno e non pochi sbuffi di Ginny per finire, ma avevano sistemato la casa ed ora aveva un posto dove vivere.
Quando il sole era del tutto sparito e le prime stelle avevano iniziato a punteggiare il cielo che si scuriva con il passare dei minuti, Ginny entrò in casa con tre burrobirre fresche.
- Offerte da Madama Rosmeta, - esclamò passando una bottiglia a Harry e una ad Hermione – dice che é il suo modo per darti il bentornata al Villaggio.
Non beveva una burrobirra dalla vigilia della battaglia, l'ultima gliela aveva offerta il fratello di Silente.
Lei e Harry si scambiarono un'occhiata, entrambi avevano fatto lo stesso pensiero.
Brindarono per inaugurare la nuova casa e l'inizio della loro nuova vita. Verso metà bottiglia un gatto argenteo entrò dalla finestra aperta.
Le risate si bloccarono all'istante.
Il patronus si sedette sul pavimento e aprì la piccola bocca.
- Severus Piton si é svegliato. - echeggiò la voce della professoressa di trasfigurazione.
Un rumore di vetro infranto ruppe il silenzio calato nella stanza.
Hermione aveva fatto cadere la bottiglia. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo.



EDIT - Grazie, Elly, per aver aggiornato e portato avanti il messaggio delle prenotazioni, ma si è girata pagina e quindi l'ho spostato io di nuovo.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:30
 
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