Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 31/10/2013, 11:26
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I ♥ Severus


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N. 43

Titolo: I sotterranei di Hogwarts
Autore/data: Ida59 – 15 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, drammatico, romantico
Personaggi: Severus
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Era per Elyn che stava tornando nel suo sotterraneo, per quell’idea che gli era venuta e questa volta le colpe del suo passato non lo avrebbero più ghermito perché aveva una cosa molto importante da fare. È il seguito di “Tempo di ricordi”.
Parole/pagine: 906/2



I sotterranei di Hogwarts



Severus chiuse la porta della presidenza alle sue spalle e salì sulla scala a chiocciola che dolcemente lo depositò davanti ai gargoyle che avrebbero impedito l’accesso a chiunque non conoscesse la parola d’ordine.
- Elyn… - sussurrò piano, con dolce intensità, suggellando l’ingresso e dirigendosi con passo veloce e sicuro verso i sotterranei, il lungo mantello nero che in eleganti volute ondeggiava alle sue spalle.
Voleva tornare nelle sue stanze, quelle che non aveva mai abbandonato durante il terribile periodo della sua presidenza da Mangiamorte, l’anno precedente.
Sarebbe voluto tornare nel suo sotterraneo il giorno stesso del suo arrivo come preside di Hogwarts, finalmente accettato e stimato proprio come Minerva gli aveva assicurato; ma il passato lo aveva ancora una volta avviluppato nelle sue spire di tenebra e solo il sorriso di Elyn lo aveva liberato, trascinandolo via dall’oscurità del corridoio che lo aveva intrappolato nei suoi tremendi ricordi, di nuovo sommerso dai rimorsi. [1]
Aveva così lasciato trascorrere alcuni giorni, finché si era sentito pronto, anche se Elyn era tornata al suo lavoro di Guaritrice al San Mungo. Del resto, era proprio per lei, per la donna che aveva saputo conquistare il suo cuore, che stava tornando nel suo sotterraneo, per quell’idea che gli era venuta e questa volta le colpe del suo passato non lo avrebbero più ghermito perché aveva una cosa molto importante da fare.
Severus sorrise tra sé e procedette spedito nel corridoio illuminato ad intermittenza dalle torce, l’oscurità che lo seguiva e lo precedeva, il lungo mantello nero che accarezzava le pietre del pavimento, care amiche ritrovate. Erano passati solo cinque mesi dalla notte in cui aveva abbandonato il castello, inseguito dalla lacerante accusa di codardia urlata con disprezzo da Minerva nel cielo nero.
Eppure gli sembrava fosse passata un’intera vita…
Già, in fondo era proprio così, perché le lacrime di Fanny gliene avevano donata una nuova, di vita, ed Elyn l’aveva riempita d’amore, di felicità e di dolcissimi sorrisi. Quanto gli mancava il sorriso di Elyn, che ogni volta nello sguardo ambrato gli rinnovava il perdono offerto alle sue colpe, quel perdono che gli aveva permesso di combattere e vincere contro il veleno di Nagini che contaminava il suo corpo impedendo all’estesa ferita di cicatrizzarsi e guarire. Un perdono consapevole, dal valore inestimabile per il mago, perché la Guaritrice aveva avuto la capacità di immergersi nei suoi occhi neri, sbarrati nel delirio febbrile, e aveva visto tutto.
Tutto. Orribili colpe e scelte sbagliate. Strazianti rimorsi e atroce sofferenza.
Severus trasse un lungo sospiro e quasi si fermò, esitante. Poi riprese a camminare con la consueta andatura decisa, a lunghi passi sicuri: no, quella vita infelice era terminata, sacrificata per un figlio non suo, perduta nel verde ricordo di un amore mai nato.
Ora era un’altra la vita che Elyn gli offriva, piena d’amore ricambiato e di raggianti sorrisi che, anche nell’oscurità del suo sotterraneo, gli riportavano la luce del sole che la sua donna tanto amava. Non sarebbe mai tornato ad alloggiare lì: lo aveva deciso nei meravigliosi giorni di vacanza e d’amore trascorsi con Elyn in quell’isola sperduta. Non l’avrebbe mai costretta a vivere in quelle fredde e solitarie tenebre, perché il mago ora sapeva di poter infine meritare la luce, la luce che il perdono e l’amore di Elyn avevano portato nella sua vita con un dolce sorriso.
Il portoncino di legno borchiato era davanti a lui, lo stemma di Serpeverde inciso nel legno pregiato. Era ancora sigillato dalla sua magia, per tutti impenetrabile. Levò la bacchetta e con un rapido tocco tolse la protezione entrando nello studio.
Tutto era perfettamente al suo posto, proprio come lo aveva lasciato quella notte, quando il Marchio aveva bruciato la sua carne comunicandogli che la fine stava arrivando. Era uscito immediatamente, sigillando con cura la porta alle spalle, e si era messo subito alla ricerca di Harry [2]: doveva trovarlo, doveva proteggerlo, ancora e sempre, e, forse, avrebbe dovuto comunicargli anche quel tremendo messaggio che Albus gli aveva lasciato quale ultimo, terribile dovere.
Severus scosse con forza il capo, i lunghi capelli neri che frustavano l’aria allontanando i ricordi che di nuovo cercavano di avvilupparlo nella rete del passato: no, non era per quello che era tornato nel suo studio!
Il mago trasse un lungo respiro e sorrise a se stesso: no, era ben diverso il motivo della sua visita nel cuore del luogo che più d’ogni altro lo legava al suo passato. Era tornato per andare avanti, per fare ciò che non aveva mai fatto in vita sua.
Un regalo.
Tra pochi giorni Elyn sarebbe tornata dal San Mungo e voleva accoglierla con un piccolo, prezioso dono preparato con le sue stesse mani.
La Guaritrice gli aveva regalato tutto: la vita, il perdono e l’amore. Severus sorrise ancora, con dolce passione, come ad Elyn tanto piaceva, proprio come se la sua donna fosse lì con lui, quindi trasse di nuovo un lungo respiro liberatorio, gli occhi neri che brillavano di felicità.
Si tolse il mantello gettandolo su una poltrona ed accese il fuoco sotto al suo miglior calderone: avrebbe distillato il più puro e fragrante olio per massaggiare con ardente passione tutta la pelle della donna che amava.
Ed Elyn gli avrebbe sorriso.



[1] Vedi la storia n. 41 della raccolta: “Ritorno al passato”.
[2] Sul perché Piton pensi al ragazzo con il suo nome, e non più con il cognome, si vedano le spiegazioni inserite nella storia n. 42: Tempo di ricordi.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:24
 
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view post Posted on 1/11/2013, 15:45
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Titolo: 4. Madre e figlio
Autore/data: Severus_Ikari / gennaio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Minerva McGonagall, Personaggio Originale
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Severus Snape non si poteva definire un uomo che si arrendeva tanto facilmente, al contrario, aveva sempre lottato contro tutto e tutti per ciò che riteneva importante e per ciò che andava fatto e, forse, in quei giorni, aveva creduto importante resistere notte dopo notte.”
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la quarta storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Un sogno diventato incubo".
Parole/pagine: 2301/4.



Un anno per amare

4 - Madre e figlio



7 aprile 2005



Severus Snape non si poteva definire un uomo che si arrendeva tanto facilmente, al contrario, aveva sempre lottato contro tutto e tutti per ciò che riteneva importante e per ciò che andava fatto e, forse, in quei giorni, aveva creduto importante resistere notte dopo notte.
Reputava fosse qualcosa che semplicemente andava fatto.
Il perché di certo non lo sapeva.
O forse sì?
Era stato in quella notte che aveva sentito l’abbraccio di qualcuno, un calore che si era propagato lungo il corpo poco prima di morire, era stata una sensazione strana, mai provata prima o forse si era solo dimenticato cosa si provasse quando si era abbracciati.
Oppure, semplicemente, erano quella vita e quella forza che si sentono prima di morire, il balzo prima di saltare nel buio.
E aveva persino provato a sorridere, ma il suo corpo non rispondeva a quello che la mente gli imponeva.
Poi iniziarono a scorrere tutte quelle immagini, una dietro l’altra, a farlo sentire ancora più egoista.
E Severus Snape non era neppure un uomo che amava far soffrire gli altri, soprattutto le persone che aveva amato.
Aveva visto sua madre sorridere, un attimo, un solo istante che gli era parso infinito, prima di osservarla contrarre il volto in una smorfia di dolore, di osservare quelle lacrime che stavano prendendo il posto di quel sorriso, così velocemente e così tragicamente che non sarebbe esistito più nemmeno un ricordo.
Piangeva sua madre nel guardarlo andare via, piangeva per non averlo mai visto felice e non averlo mai reso tale.
Piangeva circondata da una luce strana ma così bella, dove lui non vedeva l’ora di andare, ma sua madre continuava a ripetergli che non lo voleva lì e sarebbe stato come morire di nuovo lei stessa, più atroce di ciò che aveva patito la prima volta, perché nessuna madre vorrebbe mai vedere il proprio figlio lasciare una vita che si è meritato e dove merita di essere finalmente felice.

Severus Snape non voleva far di nuovo morire sua madre, e il suo cuore aveva ripreso a battere più forte che mai.
Poi era apparsa Lily, meravigliosa e dolce Lily a sorridergli come aveva fatto sua madre, ma con la stessa velocità aveva visto quel sorriso scomparire dalle sue labbra e quelle stesse lacrime rigarle il volto.
Piangeva Lily, anche se avrebbe dovuto essere felice per il mostro che finalmente era morto, e lui sarebbe stato felice di vederla di nuovo, ma voleva scorgere il suo sorriso, non le sue lacrime.
«Io sono morta per amore, e tu per cosa stai morendo, Severus? Io ho vissuto nella felicità dell’amore, tu in cosa hai vissuto, Severus? Sette anni, Severus, e ci sono molte persone che ti sono rimaste vicino, per cui proprio così male come ti dipingi non devi essere, e non tirare fuori la scusa della pietà, del rimorso e del senso del dovere, perché è una stupidaggine e tu non sei uno stupido, Sev. Basta espiare.» Sorrideva di nuovo Lily, «non andartene, Sev, ti prego…»
Sev.
Sev.
Sev.

E il respiro si era fatto rapido, e seguiva il cuore in quella che sembrava una corsa contro il tempo.
Infine arrivarono gli occhi azzurri che aveva spento con un solo sibilo, quello sguardo che gli appariva ancora così sbiadito come lo aveva visto mentre veniva inghiottito dalla gravità, e non avrebbe mai voluto rivederlo in quelle condizioni, meno lottava per vivere più quelle iridi scolorivano e il nero che inghiottiva la mano di Dumbledore si espandeva, veloce, in profondità, fino a coprirlo completamente.
Ne sentiva l’urlo agghiacciante mentre quel veleno gli consumava la carne, la pelle spariva e poteva vedere i muscoli contrarsi vivi, finché anche quelli non divennero neri svanendo come se migliaia d’insetti li stessero mangiando.

«No! Basta!» ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu un lamento incomprensibile e finalmente i suoi, di occhi, si aprirono di nuovo al mondo.
E Dumbledore tornò a sorridere, e con lui Lily e sua madre, ma c’era un altro sorriso che conosceva, ma non ricordava più.
«Severus, sei… ti sei… sono così felice…» un sorriso tra le lacrime, meraviglioso, materno, un sorriso che gli strinse le dita.
«Minerva…» ma il suo rimase un sussurro difficile da decifrare, col tubo che aveva in gola, gli risultava tutto così macchinoso, anche se sette anni di assoluto silenzio rendevano le cose più complicate di quanto già fossero grazie a ciò che non gli faceva muovere le corde vocali.
Non che fosse mai stato un gran parlatore.
Minerva McGonagall sentiva la felicità esplodergli nel petto, in quel cuore vecchio che ancora batteva, e Godric solo sapeva che non si sarebbe arresa finché non avesse visto quel dannato uomo finalmente felice.
Si alzò per andare a chiamare qualcuno, ma le dita gli rimasero immobili a stringere la mano di Snape nella quale poteva sentire un po’ di calore, non voleva lasciarla, voleva continuare a irradiargli quel senso di benessere di cui aveva bisogno, quell’affetto che voleva assolutamente trasmettergli.
Senza lasciarlo prese la bacchetta e mandò un Patronus, sapeva che in un attimo sarebbe arrivato alla persona giusta.
Dopo qualche istante qualcuno entrò nella stanza, Minerva sorrise, ma quando puntò gli occhi alla porta, il suo sguardo si fece perplesso: non era lei.
«Finalmente il mio amore si è svegliato! Si è svegliato perché sapeva che sarei venuta!» la donna si avvicinò velocemente al letto di Snape, ma lo sguardo torvo di Minerva le bloccò immediatamente i passi.
Snape dal canto suo, si limitò a sgranare gli occhi. Dannazione, aveva perso anche la capacità di alzare le sopracciglia!
Quella strega gli sorrise sbattendo le ciglia e no, non aveva perso un bel niente, quei due cumuli di peli si sollevarono paurosamente, più in alto del solito.

Hermione Jean Granger aveva pensato di morire in quello stesso istante in cui quell’ammasso di luce era arrivato ai suoi piedi e aveva sentito la voce di Minerva dirle quello che aspettava da sette lunghi anni.
Spalancò la porta con forza, ignorando che probabilmente l’avrebbe rotta e corse vicino al letto di Snape, senza guardare nient’altro perché nient’altro aveva importanza in quel momento.
Non le sarebbe importato se lui non l’avesse mai amata, tutto ciò che contava, era che fosse vivo, finalmente sveglio.
«Non è vero che ha bloccato la mia vita, lei l’ha resa più bella, col suo solo stare lì ha reso la mia vita speciale. Ha unito tutti intorno a questo letto, ha creato una famiglia felice e pensi cosa potrebbe fare se si svegliasse» Snape continuava a sentire quelle parole, non si ricordava con precisione chi le avesse dette tanto meno quando – quella voce però… –, ma continuavano a vagare nella sua mente, come sussurri, come urla, come sorrisi e lacrime.
La stanchezza prese di nuovo il sopravvento e in un attimo le palpebre lo fecero ripiombare nell’oscurità, ma quella volta sarebbe stato soltanto un normale riposo, un sonno per riprendere le forze e non un sonno irreale lontano dallo spazio e dal tempo.
«Oh, perché deve sempre apparire la tua guardia del corpo? Perché non può lasciarci vivere il nostro amore?» quelle parole erano uscite dalla graziosa bocca di quella donna che si era fatta più vicina a Snape, senza curarsi degli sguardi di Minerva che ancora teneva la mano del mago e di Hermione che si prendeva cura di lui ed era troppo felice per averla notata, ma quella voce così irritante era difficile da ignorare.
«Chi è questa qui? E cosa vuole?» chiese Hermione ad una divertita Minerva, poi però qualcosa la colpì come un lampo…
Guardia del corpo…
«Oh, Sevvy-Sevvy, amore mio» Minerva non riuscì a trattenere un minuto di più quella risata.
Sevvy-Sevvy…
Hermione non aveva niente da ridere. «Fantastico, ci mancava soltanto Lavander Brown versione più adulta e più stupida» Minerva continuava a ridere mentre Severus ormai dormiva placidamente da qualche minuto e mentalmente ringraziò il suo corpo per averlo fatto piombare di nuovo in quello stato. «Mi scusi, signora, dovrebbe uscire da qui, lei non è autorizzata a stare in questa stanza.»
«Signorina!» disse la donna piuttosto scandalizzata.
«Come, prego?» e aveva anche alzato un sopracciglio. Minerva non poté non dare ragione al giovane Weasley che le diceva sempre che la vicinanza col mago l’aveva fatta diventare come lui.
«Sono signorina. E futura signora Snape!»
«Non m’importa cos’è e cosa sarà, voglio solo che esca da qui.»
«Non può impedirmi di stare con il mio amore.»
Snape quasi certamente l’avrebbe già sbattuta fuori di lì, pensò Hermione, ma riflettendoci bene, avrebbe sbattuto fuori anche lei e probabilmente anche Minerva, se lo conosceva almeno un po’, e non seppe perché le venne da sorridere.
Un sorriso vero, per qualcosa che Snape avrebbe potuto fare veramente di lì a poco, non solo qualche azione che avrebbe soltanto immaginato.
Adesso era vivo, si era svegliato, e non le importava nulla di quello che sarebbe successo, contava solo che lui avesse finalmente aperto gli occhi. Soltanto quello.
Hermione trasse un profondo sospiro, cercando di mantenere la calma il più a lungo possibile altrimenti avrebbe preso la bacchetta e l’avrebbe gettata dalla finestra in un attimo, e avrebbe tanto voluto conservare quella lettera per ficcargliela in bocca.
D’accordo, non era una cosa che Hermione Granger avrebbe fatto, non era assolutamente da lei, ma il pensiero l’aveva sfiorata più di una volta, ne aveva sentito il desiderio crescere dentro di lei, e poco importava che fosse un comportamento che nessuno avrebbe accostato al suo nome.
Minerva, mentre ancora sghignazzava, osservò per un attimo la sua ex allieva, era cambiata, era cresciuta, era diventata una donna ed era molto orgogliosa di lei come di tutti i suoi studenti, soprattutto di quello che dormiva beato perdendosi il grazioso spettacolo di una donna gelosa che marcava il suo territorio.
Certo, era difficile figurarsi Hermione come un leone che fa i propri bisogni per far capire che lì non si passa e che nessuno deve toccare niente.
E le venne di nuovo da ridere mentre la sua ex allieva la guardava torva, tesa, e probabilmente avrebbe buttato dalla finestra anche lei insieme a quell’adorabile, graziosa signorina.
«La prego, signorina futura signora Snape, venga fuori con me, la signorina Granger deve poter assistere il suo paziente nel migliore dei modi» ovviamente non era un suo paziente, non aveva neppure iniziato il suo tirocinio, anzi, non aveva neppure finito la specializzazione in Medimagia, ma poco importava, Minerva aveva voluto sottolineare di proposito quel “suo”.
In tutta sincerità non impazziva all’idea che una sua ex studentessa avesse una relazione con il suo ex insegnante, soprattutto conoscendo i trascorsi di entrambi, specialmente quello di Severus, e neppure quel piccolo dettaglio che avessero vent’anni di differenza le faceva fare i salti di gioia, ma Hermione era innamorata di lui, questo le era chiaro da tempo.
E Severus si era appena risvegliato da sette lunghi anni di torpore e trovarsi accanto qualcuno che lo amasse senza riserve, non avrebbe potuto che fargli bene.
La strega “futura signora Snape” seguì Minerva che la spinse con – poca – gentilezza fuori la porta, lasciando la giovane Granger a prendersi cura di Severus Snape e non solo del suo corpo, avrebbe tanto voluto che quelle mani avessero messo di nuovo insieme i pezzi dell’anima del mago, anche se sapeva che era così dilaniata che sarebbe stata un’impresa disperata, ma nella sua lunga vita sapeva e poteva affermare con assoluta certezza che c’era un incantesimo molto più potente di quelli che chiunque avesse mai potuto conoscere.
Eccome se lo sapeva, e aveva sofferto per esso come avevano fatto pochi, ma era ancora lì, a lottare, portando quel dolore e quei ricordi nel cuore, sorridendo e gioendo ancora e ancora, e si aggrappò con tutte le sue forze a quella flebile speranza che anche per Severus ci sarebbe stata quella possibilità.
Si fermò un attimo a guardare quella donna che aveva visto bambina mentre si prendeva cura di Severus, aveva ormai tolto quel tubo che gli ostruiva la gola e adesso lo vedeva respirare tranquillo e soprattutto da solo, senza l’aiuto di nessuna macchina o incantesimo.
Vederlo così rilassato, ma vivo, era una gioia così grande che non avrebbe saputo neppure descrivere, era una fantasia alla quale ormai non credeva più, neppure dopo quella giornata in cui il medico aveva consigliato a tutti di dirgli addio, neppure quando l’aveva visto migliorare lentamente, giorno dopo giorno.
«Perché non posso rimanere con il mio amore mentre quella stupida ragazzina può persino toccarlo?» quell’irritante strega interruppe i pensieri di Minerva con quella voce altrettanto irritante e l’anziana donna era combattuta tra il desiderio di strozzarla con le sue stesse mani, oppure Schiantarla in un luogo così lontano dove non l’avrebbe rivista per lungo tempo.
Optò per una terza ipotesi.
«Signorina, le parlerò piuttosto francamente, da donna a donna, posso?»
«Certo che può» una luce si accese negli occhi della strega più giovane. Irritante.
«Sono una persona piuttosto pragmatica, calma ma severa, soprattutto quando si tratta di proteggere ciò che mi sta a cuore. Se pensa che io sia una vecchia rimbambita si sbaglia di grosso, ho combattuto guerre e sono ancora qui, con gli acciacchi dell’età, certo, ma posso spedirla a Mosca con un solo sbadiglio se solo me ne darà l’opportunità. Tengo molto a Severus, lo considero un figlio e mi sono sempre considerata una madre per lui, quindi, sempre molto francamente, stia lontana da lui e se prova nuovamente a insultare Hermione o chiunque sia, le assicuro che il suo amore non lo vedrà neppure in cartolina perché la farò spedire tra i ghiacci dell’Antartide a contarne ogni metro cubo.»
Sorrideva Minerva mentre la strega – irritante – sparì furiosa dalla sua visuale, sorrise ancora mentre si voltava ad osservare i suoi due ex allievi un’ultima volta «Oh, adesso ci vuole proprio un bel tè», poi chiuse la porta.

Edited by Severus Ikari - 2/11/2013, 15:36
 
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Titolo: 5. Il mondo che va avanti
Autore/data: Severus_Ikari / febbraio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Il mondo era andato avanti tutti quegli anni, lui aveva dormito per sette lunghi anni e tutto intorno, ogni cosa si era mossa incurante del suo sonno, e di certo non avrebbe preteso che fosse altrimenti, non avrebbe potuto pensare che tutto fosse rimasto inalterato."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la quinta storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Madre e figlio".
Parole/pagine: 2646/5



Un anno per amare

5 - Il mondo che va avanti



28 maggio 2005



Sparito.
Severus Snape era semplicemente sparito.
La sua camera era vuota della sua presenza, mentre tutto il resto era immacolato, i libri che di solito leggeva, riposti sul tavolo con precisione, i piccoli pesi che usava per fare ginnastica da solo – come gli aveva suggerito il Medimago Redden e che trovava parecchio umiliante – giacevano in un angolo.
Se non fosse per quegli oggetti, si poteva tranquillamente affermare che in quella stanza non ci avesse mai messo piede nessuno.
In quel sabato di fine maggio la pioggia cadeva fitta su Londra rendendo quella giornata ancora più cupa e quel vicolo quasi invisibile a chiunque fosse passato nelle sue vicinanze, persino agli occhi esperti dei maghi e delle streghe che ormai conoscevano ogni angolo di Diagon Alley.
Severus se ne stava lì, nascosto agli occhi indiscreti, mentre osservava la piccola libreria dall’altra parte della strada dove alcune persone osservavano quei volumi che tante volte aveva osservato anche lui anni prima, in un tempo così lontano che quasi faceva fatica a ricordare.
Quella ferita che, però, ancora gli faceva male nel petto era come se fosse stata fatta qualche ora prima, e stava sempre lì, a ricordargli il suo passato che non poteva semplicemente essere dimenticato.
Faceva ancora fatica a stare in piedi per più di qualche ora consecutiva e la sua andatura era ancora piuttosto incerta, ma non gli importava, era uno che sapeva sopportare bene il dolore, e voleva soltanto stare nel buio che confondeva la sua figura ad osservare.
Osservava quei libri, quei sorrisi sulle labbra di maghi e streghe, osservava nella speranza di scorgere l’unico sorriso che aveva bisogno di vedere, perché aveva bisogno di capire se quei giorni – e quegli anni – e quella voce fossero stati reali o solamente frutto di quella sua mente che voleva prendersi gioco del mago che aveva dormito per sette lunghi anni.
Aveva bisogno di vedere il sorriso di Hermione, il motivo però non riusciva a visualizzarlo in quella sua strana testa, oppure, semplicemente, aveva bisogno di vedere quella persona che gli era stata vicino per tutti quegli anni nonostante ciò che lui era, nonostante il male che aveva fatto e che avrebbe continuato a fare con la sua sola presenza.
Le aveva davvero detto che lo amava?
Come poteva qualcuno amare un mostro come lui? Come poteva anche solo pensare che tutte quelle parole fossero reali?
Aveva visto sua madre, aveva visto Lily e Dumbledore, poi c’era stata Minerva, orgogliosa e materna Minerva che non era riuscita a dirgli nient’altro che «mi dispiace» e poi era uscita dalla sua stanza in lacrime dopo che aveva provato ad abbracciarlo, a stringerlo a sé, come una madre farebbe con un figlio, e lui si era irrigidito, dannatamente timoroso di qualsiasi contatto umano e fisico, dannatamente incompetente di quei sentimenti e di quelle emozioni.
Ecco cos’era capace di fare uno come lui, era soltanto capace di far piangere le persone, farle soffrire, e nessuno avrebbe mai potuto amare una simile persona.
Eppure ancora stava lì, immobile, sostenuto dal freddo muro fradicio d’acqua, ad osservare qualcosa che non comprendeva, ad osservare quel sorriso che gli aveva rivolto in quei giorni, quel sorriso che era l’unica cosa che ricordava di lei quando entrava in quella stanza, troppo stanco e ancora debole anche solo per tenere gli occhi aperti e guardare non solo quelle labbra.
Sapeva che in quei sette anni aveva donato spesso un sorriso al suo corpo inerme.
Ogni volta che lo faceva, sentiva uno strano calore pervadergli il corpo, e poteva giurare con certezza di averlo percepito molte volte nel suo lungo periodo di coma, sapeva che era quello a provocarglielo, perché era una sensazione diversa da tutte le altre che aveva provato dal giorno in cui aveva di nuovo aperto gli occhi.
Nel periodo in cui era dormiente, il suo corpo aveva percepito molte e molteplici sensazioni, e da quando si era svegliato, aveva imparato ad incasellare ognuna di esse, ad associarle ad ogni persona che continuava ad andare in quella stanza. Erano come gli ingredienti di diverse pozioni, avrebbe soltanto dovuto riconoscerli e accostarli man mano ai diversi infusi.
In fondo era il migliore in quello.
A quel pensiero non poté far altro che sorridere, un sorriso sincero, sereno, e avrebbe anche riso, se non avesse avuto l’intenzione di passare inosservato, quando gli venne in mente che in tutto quel tempo le cose fossero sicuramente cambiate, e forse adesso il miglior pozionista del Mondo Magico poteva benissimo essere Harry Potter, o addirittura Neville Longbottom.
Al pensiero gli si gelò il sangue, altro che ridere.
Sette anni. Era davvero passato così tanto tempo?
All’improvviso dalla piccola libreria uscì qualcuno che salutava il vecchio proprietario del negozio ridendo, quel viso rugoso che ancora ricordava perfettamente: era bello che alcune cose fossero rimaste invariate nonostante tutti quegli anni, era una sorta di quiete nel mare che lo stava agitando ormai da giorni.
Sorrideva l’anziano mago, sorrideva a una donna che lo guardava allegra, poi lo vide, vide quel sorriso, quelle labbra che erano l’unica cosa che aveva visto di lei.
No, non può essere la stessa ragazzina petulante che non faceva altro che alzare la mano durante le tue lezioni.
“Eppure quel sorriso…”
«Ci vediamo lunedì, Hermione, divertiti questo weekend!» le disse l’anziano mago.
«Anche lei passi un buon weekend, signor Tollen, a lunedì!» gli rispose con sguardo felice e sereno, uno sguardo raggiante in un viso di donna.
È una donna.
Il mondo era andato avanti tutti quegli anni, lui aveva dormito per sette lunghi anni e tutto intorno, ogni cosa si era mossa incurante del suo sonno, e di certo non avrebbe preteso che fosse altrimenti, non avrebbe potuto pensare che tutto fosse rimasto inalterato.
Erano lunghi sette anni, e mentre lui dormiva, le persone erano morte, bambini erano nati, ragazzi erano cresciuti, e guardando quel piccolo angolo di mondo si accorse di quanto fosse fuori posto, di quanto lui ormai non c’entrava più niente con le vite di nessuno di loro.
Guardava Hermione, la donna che era diventata, combattiva, forte, ma con ancora quel velo d’insicurezza che si portava dietro fin da quando era piccola, poteva vederlo in quel sorriso che nascondeva la bambina impacciata e saccente che a undici anni aveva messo piede ad Hogwarts sorprendendo persino se stessa.
La guardava e non poteva non pensare a cosa l’avesse spinta a innamorarsi di uno come lui, sempre se fosse amore quello che provava nei suoi confronti, non avrebbe potuto dirlo con certezza, e di certo non aveva alcuna intenzione di indagare, ormai aveva preso la sua decisione.
Era giovane, aveva tutta una vita davanti e avrebbe dovuto viverla nel pieno delle sue potenzialità, senza dover pensare ad un vecchio come lui che non aveva fatto altro che del male a chiunque volesse bene ed era rimasto immobile su un letto per anni, fermando la vita di chiunque avesse varcato la porta di quella stanza.
E non poteva far altro che sparire, lasciare che il suo ricordo si dissolvesse.
Se questa era la tua intenzione perché non hai mollato tutto sette anni fa? Adesso il tuo ricordo sarebbe già sbiadito e nessuno avrebbe perso tempo a venire in una stupida stanza d’ospedale a trovare uno stupido mago che non aveva ancora deciso cosa fare della propria vita.
La sua dannata coscienza aveva ragione, e lo sapeva, era inutile mentire a se stesso, avrebbe dovuto mollare tempo fa e invece adesso si ritrovava semplicemente a scappare da quella vita e da quei sentimenti che si erano aggrappati con forza a lui, quei sentimenti che continuavano a camminare per la loro strada e spesso si voltavano verso di lui, aspettando il momento in cui avrebbe affrettato il passo per raggiungerli.
Per raggiungere quella vita che gli era rimasta attaccata addosso per sette lunghi anni, quella vita che neppure un serpente era riuscito a strappargli di dosso.
Avrebbe finalmente avuto il coraggio di compiere quei passi?
“Non c’è spazio per me nelle loro vite e di sicuro vivranno meglio senza il Mangiamorte che ha assassinato i loro affetti più cari.”
Allora perché stai seguendo Hermione Granger?
Severus Snape senza che realmente avesse voluto, si era ritrovato a camminare sotto la pioggia, metro dopo metro, per seguire i passi della giovane donna che era uscita dalla libreria ormai da tempo e probabilmente se ne stava andando finalmente a casa, magari da qualcuno che la stava aspettando.
È innamorata di te, ricordi?
A quel pensiero borbottò qualcosa piuttosto sonoramente, tanto che Hermione si voltò di scatto com’era abitudine fare quando si sentiva un rumore, ma dietro di lei non c’era nient’altro che gli ultimi avventori dei negozi di Diagon Alley che rientravano a casa per la cena.
Severus in un attimo era sparito dietro un cumulo alto e nero che non sapeva per niente cosa fosse, ma l’odore che emanava non era di certo dei migliori.
«Maledetta Grifondoro e maledetto il tuo sorriso che mi ha portato in mezzo ai rifiuti! E maledetto questo idiota che si è fatto trascinare da questo qualcosa che non so nemmeno cos’è!»
Sette anni d’immobilità su di un letto avevano minato il suo ferreo autocontrollo e la sua pazienza era ai minimi storici, ma di certo nessuno avrebbe potuto fargliene una colpa dopo tutto quello che aveva passato, oltretutto il suo fisico era ancora piuttosto debole e faceva fatica a controllarlo pienamente.
Aveva deciso di andarsene da quell’ospedale, ne aveva avuto abbastanza di stare su quel dannato letto, fissato da chiunque passava di lì, toccato da mani di persone che nemmeno conosceva per aiutarlo a riattivare ogni singolo muscolo. Ne aveva abbastanza di tutte quelle parole, di quegli stupidi esercizi e di tutte le persone che avevano continuato a fargli visita.
Soprattutto ne aveva abbastanza di vedere quel sorriso senza riuscire a scorgere nient’altro.
Hermione era sparita, guardò in ogni direzione ma di lei non c’era alcuna traccia, così riprese a camminare a fatica senza sapere dove andare, in realtà non aveva la benché minima idea di dove abitasse la giovane donna, e soprattutto, perché voleva andare a casa sua?
Era una gran bella domanda di cui, ovviamente, ignorava ogni possibile risposta.
Si ritrovò nuovamente a brontolare imprecando contro qualcosa di visibilmente poco appetibile che gli si era attaccata alla scarpa e cercava di scalciare con forza, e inutilmente. Qualsiasi cosa fosse non aveva alcuna intenzione di abbandonare la suola dei suoi stivali.
“Maledizione!”
Devo ricordarti che sei un mago e possiedi una bacchetta?
“Maledizione, la mia bacchetta!”
Sette anni di coma gli avevano fatto dimenticare persino quali fossero le cose primarie della sua vita, e avere la propria bacchetta sempre a portata di mano era una di quelle, come aveva fatto, però, ad essere tanto ottuso da essersene completamente dimenticato?
Dov’è che vorresti andare senza quel piccolo, essenziale pezzo di legno?
Severus affrettò il passo, anche se iniziava a sentirsi veramente esausto, ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che il suo corpo tornasse in piena forma – se mai ci sarebbe tornato: sette anni d’immobilità erano difficili per chiunque –, ma diede fondo ad ogni goccia di energia che aveva in corpo, doveva assolutamente ritrovare quell’ammasso di capelli ribelli, era l’unica che poteva sapere dove si trovava la sua bacchetta e soprattutto – cosa assai più importante – era l’unica che si trovasse nelle vicinanze.
Cercò di scacciare ancora quel residuo di spazzatura attaccato alla sua scarpa, ma il movimento gli procurò una fitta di dolore lungo tutta la coscia e fu costretto a fermarsi di nuovo, cercando un appoggio in alcune scale dismesse.
Era stanco, molto stanco e voleva soltanto la sua dannata bacchetta per potersene andare lontano da lì, in un luogo dove finalmente si sarebbe riposato, lontano da quelle persone che avrebbero dovuto dimenticarlo e basta.
Si accasciò sulla pietra incurante dell’acqua che scendeva su di essa, aveva chiesto troppo quella sera al suo corpo e adesso si ritrovava in quel posto, senza riuscire nemmeno a muoversi.
«Allora avevo visto bene, era lei che mi stava seguendo» quella voce lo fece sussultare, quella voce che tante volte aveva udito adesso era davanti a lui, insieme a quel sorriso.
Severus si limitò a piegare le labbra in una smorfia che sottolineava tutto il suo disappunto.
«Non è stato molto difficile individuarla viste le sue condizioni» e continuava a sorridergli, ancora e ancora, «ma non si preoccupi, presto tornerà quello che era un tempo.»
Voleva davvero ritornare ad essere quello che era stato prima di quel morso che gli era quasi costato la vita? No, certo che no. Avrebbe preferito essere uno storpio a vita, tornare in quel limbo che lo aveva abbracciato per sette anni, piuttosto che tornare di nuovo a far scorrere del sangue sulle sue mani.
La guerra è finita da un bel pezzo, Severus, se te ne fossi dimenticato.
Forse quello stato d’infermità era la giusta punizione per tutto ciò che aveva fatto, ma esisteva davvero una pena adeguata al male che aveva contribuito a seminare? In cuor suo sapeva di meritare qualcosa di molto peggiore, ormai non aveva le forze per opporsi a nulla.
«Non farmi tornare in quell’ospedale. Ti prego» furono le uniche cose che riuscì a dirle, perché non sapeva cos’altro fare, anche se avrebbe voluto correre lontano da lì, lontano da lei, da tutti, rifugiarsi in un mondo solitario dove avrebbe scontato le sue colpe, ma non riusciva a ragionare lucidamente, tantomeno a muoversi.
«D’accordo, ma ad un paio di condizioni» Severus la guardò inclinando appena la testa nell’attesa che continuasse a parlare. «La prima è che seguirà tutte le mie indicazioni e farà esattamente ciò che le dirò di fare. Più sarà collaborativo e prima riusciremo a sistemarle il corpo. La seconda è che non sono ammesse altre fughe come queste, altrimenti sarà mia premura mandarla a fare volontariato tra i bambini vestito da clown. La terza è che non avrà la bacchetta finché non si sarà rimesso completamente, tantomeno la chiederà. La quarta è che parlerà con Harry come mai avete fatto nella vostra vita, sinceri come mai lo siete stati. La quinta è che parlerà anche con la professoressa McGonagall.»
Severus Snape aveva alzato così tanto le sopracciglia che gli facevano persino male, ed era una cosa mai accaduta prima d’allora.
«Finito?»
«Finito.»
«Queste non sono un paio e non sono nemmeno condizioni, mi sembra più un qualcosa riconducibile a dei ricatti.»
«Sono le mie condizioni. Prendere o lasciare. Ci metto un secondo a chiamare gli infermieri del San Mungo così che possano riportarla – e rinchiuderla – nella sua stanza. Se accetta, vivrà la convalescenza nella sua casa, in assoluta libertà.»
È saggio passare i prossimi mesi da solo nella tua casa con una giovane donna che dice di amarti?
“È una donna, non è mica un mostro assatanato di sangue!”
Fai come ti pare, io ti ho avvisato.
«Allora? Non ho tutta la notte e se non se ne è reso conto, diluvia e se mi prendo un raffreddore o, peggio, la febbre, la Schianto in una sala da tè con tutte le sue fan.»
«Non si prospetta molta libertà, ma è decisamente un’opzione migliore di un eventuale ritorno al San Mungo. D’accordo, accetto le tue condizioni
«Perfetto, se vuole seguirmi, sarà il caso di andare ad asciugarsi e lei ha bisogno di mangiare e di riposo. Non voglio perdere il mio primo paziente ancora prima di specializzarmi.»
«Prima? Vuoi dire che ancora…? Perfetto, direi che posso anche andare ad ordinare la bara.»
«Mi mancava il suo sarcasmo, professor Snape.»
«Mi mancava lei», ma queste parole Hermione le pronunciò dentro di sé, in quel luogo dove custodiva ogni cosa preziosa, ogni emozione importante, ogni sentimento che doveva tener nascosto, li celava lì, nell’attesa di quel giorno in cui avrebbe mostrato ogni cosa.
Camminava sentendo la presenza di Severus vicino a lei, e in quel frangente sapeva che la sua vita poteva finalmente andare avanti.
 
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kijoka
view post Posted on 3/11/2013, 17:13




Nr.41

Autore/data: Kijoka – 19 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One Shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton - Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La verità non può aspettare.
Parole/pagine: 1890/4.




Risveglio

Riemergo lentamente dal sonno profondo.
Mi sento appena stordito e devo avere un attimo di pazienza con me stesso per capire dove mi trovo.
Tengo gli occhi chiusi per crogiolarmi, ancora qualche momento, in questo istante unico.
Il silenzio è quasi totale, interrotto solo dallo stormire di fronde lontane, attutito dal suono di una lieve brezza.
Un altro tenue rumore attira la mia attenzione: un respiro.
Delicato, lieve, a tratti interrotto, quasi trattenuto.
Solo in questo momento comincio a percepire lo spazio e il mio corpo, senza muovere le palpebre.
La quiete è così perfetta che utilizzare un senso così diretto come la vista mi sembra un sacrilegio.
La mia mano è stretta da un'altra con tocco sicuro e fermo.
L'olfatto percepisce l'aroma conosciuto e senza logica alcuna, senza alcun controllo, d'improvviso mi sento al sicuro.
La curiosità solletica la mia volontà: lentamente socchiudo le palpebre.
La luce arancio dell'alba carezza il profilo del viso, mentre si volta verso la finestra.
E' bella, come la ricordavo, come l'ho vista l'ultima volta.
Non mi guarda e io mi azzardo ad aprire un pò di più gli occhi.
La curiosità mi divora, in fondo non so neanche chi sia...
Il profilo, regolare e delicato, sembra assorbire la luce proveniente dall'esterno, da dove il sole sta sorgendo.
Questo viso io l'ho già incontrato, forse ci siamo visti, ma dove, quando?
Poi l'attimo sospeso si spezza: torna a rivolgersi verso di me.
Quegli occhi!
Sorridenti, dolcissimi. Blu scurissimo, screziato da un turchese brillante. L'insieme richiama alla mia mente l'oceano tropicale: caldo, calmo e carezzevole. Occhi colmi di promesse e di un sentimento così potente da renderli splendenti.
Mi perdo in essi osservando, dentro quelle pupille piene di luminosa fiducia, me stesso.
Posso leggere nelle limpide profondità, che si offrono al mio esame senza barriera alcuna, anche se non è questo ciò che desidero.
Ora voglio solo abbandonarmi a questa incredibile sensazione di pace che solo questo speciale sguardo è capace di farmi nascere dentro.
Niente è più importante, nulla può obbligarmi a interrompere questo contatto che sta passando tra di noi come una folgore che porta vita invece di incenerire.
Eppure sento di seguire la sua volontà immergendomi nei suoi pensieri. Questo mi riesce naturale, quasi quanto lo è stato aprire gli occhi.
Rivedo me stesso anche mi osservo attraverso altri occhi, altri intenti, nuove sensazioni, che mi attraversano il cuore e la mente quasi fossero i miei.
E mi immergo in immagini di un'esistenza che non mi appartiene, narrata da una voce che conosco, ma che non mi è famigliare.
Il passato diventa presente e i segreti si svelano.
Un fortuito incontro di pupille.
Un estremo contatto di anime.
Non potevi saperlo: io stessa lo controllavo a malapena!
Quella magia che mi permetteva di essere così minuziosa ed accurata, mi donava un'altra strana possibilità: leggere i cuori.
Una capacità che ho dovuto imparare a gestire, con difficoltà.
Solo uno sguardo è passato tra noi. Un contatto che sono sicura tu hai dimenticato.
Non certo io che, in questo modo ho perso la ragione ed il cuore.
Con quell'etereo contatto io avevo intuito ciò che eri veramente, sapevo di non sbagliare.
Avevo un bisogno così forte di provare che il mio pensiero su Severus Piton era esatto, che sono stata, e sono, disposta a perdere me stessa.
Non importava che nessuno mi credesse, non importava che tu ti fossi immediatamente dimenticato di me.
Non importava nemmeno se tutto ciò che mi era all'improvviso nato nel cuore, ogni sentimento che provavo, sarebbe restato solo mio. Alla fine del percorso l'unica cosa che per me era degna di essere valutata era che tu fossi vivo.Tutto quello che ero riuscita a fare permetteva che tu ti riprendessi ogni giorno di più e io ero felice come mai nella mia vita prima.
Non ho mai capito esattamente che posto potessi avere nell'esistenza del nostro mondo.
Tu mi hai dato questa risposta: salvarti.
A questo dovevo servire, e a questo sono servita.
Adesso potrei anche andarmene.

D'improvviso torno a sentirmi solo e stringo più forte la mano che ancora accoglie la mia.
Il sole è quasi nato ormai e la soave luce crescente dell'alba ammanta ogni cosa.
Sul volto, inondato dai riflessi rosati, sorge un armonioso sorriso che mi allarga il cuore.
La tua mano ricambia la stretta.
Ora è la tua voce, lenta e sommessa, che rompe il silenzio senza turbarlo.
- Stai meglio. Presto, molto presto potrai tornare ad ammirare lo spettacolo della natura che si svolge ogni giorno fuori da quella finestra! Quanto vorrei farti capire come ho atteso questo momento!
La voce scende di un tono e mi entra nel cuore:
- Dormivi, ma non riuscivo a stare lontana da te. Tornavo qui e rimanevo a vegliarti, osservando il tuo viso. Adoravo passare il tempo così, perché sapevo che era un privilegio che mi sarebbe stato presto precluso.
L'altra mano lambisce dolcemente la guancia:
- La tua pelle chiara è tornata ad assumere una sfumatura più sana, in questi ultimi giorni, e tu sei fuori pericolo. Ne sono così felice... - Ora le dita scendono piano, verso lo scollo del pigiama scuro, sfiorando la leggera medicazione. - La cicatrice si sta rimarginando velocemente.
Di nuovo provo sentimenti non miei, una contentezza così totale e senza filtri che quasi sembra mi stia scoppiando il petto.
Poi la sua voce è di nuovo nella mia testa.
Il Guaritore mi ha raccontato che, grazie all'incidente occorso anni fa al Signor Weasley, con il tuo aiuto è riuscito a sintetizzare una pozione speciale ben più potente contro il veleno dell'enorme serpente.
Questo è ciò che ti ha salvato la vita.
Non so se saprò mai la verità, ma amo pensare che tu l'abbia assunta prima di arrivare al cospetto di Lord Voldemort, forse perché sapevi che prima o poi avresti dovuto aver a che fare con il serpente, oppure per salvare la vita a qualcun altro, come tua abitudine, senza pensare che quella vita poteva essere la tua.
Nessuno riesce a crederci, ma il mio unico intervento è stato quello di utilizzare un incantesimo descritto nei libri che giacevano nel magazzino.
I libri che tu stesso avevi ordinato, forse in vista di ciò che sarebbe successo.
Quella formula arcana mi ha aiutato ad arginare la perdita di sangue.
L'ho fatto con attenzione e perizia, per tutto il tempo necessario, finché non ci hanno trovati.
Sono rimasta accanto a te, mormorando una nenia ipnotica, che bloccava l'emorragia e lentamente ricomponendo la terribile ferita, tenendone a contatto i lembi strappati del morso.

La voce tace.
La pelle si è riempita di brividi, ma non è il freddo.
Mi hai salvato la vita.
Tu, sei stata tu che hai saputo strapparmi alla morte. Hai forse sentito la mia tardiva volontà di vivere?
Il sorriso non si spegne, mentre i tuoi occhi affondano sempre nei miei, portandomi a sentire, a condividere quella tensione che evidentemente scorre in te.
Stringi ancora la mia mano e riprendi a parlare, quasi cercando di non disturbare il sole che protende i suoi raggi fino ai tuoi lunghi capelli scuri che come preziosa seta nera risplendono, carezzandoti le spalle.
- Il piano voleva che fossi la retrovia. Dovevo semplicemente aiutare i guaritori e salvare quante più vite potevo. Avevo esercitato il mio potere solo su esseri viventi meno impegnativi che l'uomo e avevo paura. Ma Aberforth credeva in me ed era sicuro che non rischiassi più di combinare guai più gravi.
Un sospiro interrompe il racconto. Sembra tu stia decidendo se dire qualcosa o meno. Poi torni a parlare nascondendo un piccolo sorriso impacciato:
- Il suo vero pensiero era che se ero riuscita a salvare una capra, forse sarei riuscita a medicare una ferita!
T’interrompi di nuovo, guardando più a fondo in me. Sento che sei preoccupata per quel che stai per dirmi. Non riesco a parlare, ma forse posso trasmettere a te ciò che provo, come tu fai con me.
Mi concentro e infondo in me sicurezza e curiosità.
Ti blocchi, stupita, ma lasci i tuoi occhi legati ai miei.
Hai capito.
La narrazione riprende, mentre all'esterno i rumori dell'alba vengono sostituiti da quelli del mattino.
- La Stamberga era stata silenziosa per così tanto tempo che tutto quel movimento attorno ad essa mi aveva messo in allarme. Passi e voci troppo umane per essere imputabili a fantasmi! Mi fermai all'esterno sul retro e poi, non appena il grosso del vocio si attutì e con estrema circospezione, salii le scale scricchiolanti. Pochi attimi dopo ero bloccata dietro la parete della stanza e avevo sentito i ragazzi parlare tra loro e udii anche la tua voce profonda, spezzata da un suono che sembrava un rantolo. Non ho afferrato le parole, ma il cuore aveva preso a battermi all'impazzata.
Abbassi gli occhi per un istante e poi riprendi:
- Allora ho capito che ti stavo perdendo! - La voce è concitata e il sentimento che riesci a profondere in me è totale. - La disperazione spesso fa trovare soluzioni inaspettate. Attesi che i ragazzi uscissero, strisciando via attraverso uno stretto passaggio, ed entrai nella stanza. Giacevi riverso a terra, gli occhi spalancati e fissi. Avevo tardato troppo e ti avevo perso! La disperazione mi assalì, con un morso gelido.
Di nuovo t’interrompi, sembra per riprendere fiato, forse solo per trovare le parole giuste.
Te ne sono grato.
So cosa stai provando e ho paura di ascoltare la descrizione della mia morte.
Deglutisci piano e, carezzandomi la mano, riprendi a parlare:
- Ricordo il cuore in gola e la tensione che mi faceva tremare le mani. Non so come riuscii a farti ingoiare la pozione Rimpolpasangue che mi avevano consegnato tra le scorte per il soccorso, non so davvero in che modo ho potuto farlo, non lo ricordo nemmeno, ma poco dopo il tuo viso riprese appena un po'di colore. Gli occhi spalancati si richiusero e io cominciai a mormorare l'incantesimo. Non pensavo di salvarti. Era solo una reazione al panico che si era impadronito di me: semplicemente dovevo fare qualcosa. E l'incantesimo che aveva salvato un animale ha salvato anche te. Non riuscirò mai a spiegare come un insieme di parole lette in un libro e applicate alle ferite di una capra mi fecero pensare di riuscire a salvarti. Sapevo già tutto a memoria, quelle parole si erano scritte nella mia mente quasi come un marchio a fuoco. Senza smettere di cantilenare, cercai di rialzarti un poco, facendoti appoggiare la testa sulle mie gambe. Non smisi mai, fino a che non ci trovarono.
Sento la calma scendere dentro di te, appena la tua voce si spegne.
La parte del racconto che più temevi è terminata.
Ti alzi e ti allontani. Sembra che spezzare il contatto fisico inibisca questo scambio di sentimenti, ma forse è solo la tua volontà ad accedere e spegnere questo collegamento.
Non condividere più con te ciò che stai provando mi fa sentire profondamente solo, quasi abbandonato.
E' possibile assuefarsi ad una tale sensazione in così poco tempo?
Forse sono solo io, che non ho mai condiviso con nessuno alcun aspetto della mia vita a sentirmi più povero senza questa possibilità...
Sei tornata vicino alla finestra e lo sguardo blu si perde ora tra le verdi colline che da qui riesco solo ad intuire.
Non ho modo di comunicartelo, ma, ti prego, torna da me!

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:24
 
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view post Posted on 4/11/2013, 09:55
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n. 27

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Che cos'hai fatto, Hermione?

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo.
Parole: 1.444
Seguito di Limbo di cartone

Che cosa hai fatto, Hermione?

Maggio 1998
Hogwarts, Sala Grande



Minerva McGranitt era esausta.
Mentre aiutava Poppy a medicare i feriti e impartiva ordini a Gazza oltre che ad ogni mago non troppo ferito in grado di dare un mano, avrebbe voluto mettersi in un angolo e piangere per chi non ce l'aveva fatta, ma prima aveva molte cose da sistemare.
Prima il dovere e poi... poi tutto il resto. In quel momento piangere per la morte di amici e conoscenti era un lusso che non poteva permettersi.
Fece apparire delle bende che avvolsero il braccio di uno studente dell'ultimo anno di Tassorosso. Senza dire una parola si avvicinò al ferito successivo, mentre si chinava per vedere meglio la ferita notò, con la coda dell'occhio, un movimento strano all'entrata della Sala Grande. Ancora con i nervi a fior di pelle scattò dritta in piedi con la bacchetta pronta in mano.
Sgranò gli occhi quando vide Hermione entrare, il volto e i vestiti erano sporchi di sangue. E quello che sembrava fluttuare davanti a lei era il corpo di Piton.
Corse verso la strega sollevando la gonna strappata della veste.
- Hermione! - la chiamò quando la vide così pallida.
Quando il corpo di Severus fu posato con delicatezza a terra, la giovane strega cadde in ginocchio a terra, la bacchetta le scivolò di mano.
- Io... io... sto... bene... - sussurrò lei accasciandosi – sono... solo... molto... stanca... Occupatevi del professor Piton...
- Cara, Severus è morto. - le disse la strega mettendole una mano sulla forte e trovandola stranamente ghiacciata – Hermione tu stai male.
- No... - rantolò l'altra – lui... vivo... io...
Hermione svenne tra le braccia della donna.
Minerva si voltò verso colui che fino a qualche ora prima aveva creduto il più viscido dei traditori e un gemito sorpreso le sfuggì dalle labbra sottili.
Severus Piton stava respirando.
Debolmente, ma stava veramente respirando.
E si rese conto che, nonostante il sangue che lo sporcava, che sporcava entrambi, non aveva ferite evidenti sul suo corpo, eppure era certa che Potter le avesse detto che era stato azzannato da Nagini sul collo.
Sentì alle sue spalle Harry e Ron gridare il nome dell'amica. La vecchia strega osservò ancora la giovane e poi il mago che tutti credevano morto.
- Che cosa hai fatto, Hermione?

* * * *


Maggio 1998
Stamberga Strillante
qualche ora prima



Nella Stamberga la puzza di sangue era quasi nauseante.
La strega entrò ansimando, sporca di terriccio. Aveva il volto graffiato dalle radici del Platano Picchiatore che scendevano dal cubicolo che portava alla vecchia casa, i pantaloni erano stracciati all'altezza delle ginocchia e aveva un livido sulla guancia sinistra dove un Mangiamorte l'aveva colpita con un pugno dopo che lei l'aveva disarmato.
Aveva corso per tutto il parco, inciampando nei resti delle statue distrutte dei Troll, scivolando sul terreno umido con il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Non stava ragionando lucidamente.
Quando era entrata nella Sala Grande, dopo aver visto i ricordi di Piton, l'unica cosa che era riuscita a pensare era che quella guerra aveva portato via troppe vite senza motivo. Che tutta quella morte non aveva senso e che non si poteva evitare.
Qualcosa si era rotto quando aveva formulato quell’ultimo pensiero.
Qualcosa lei poteva fare.
Nella sua borsetta aveva i libri oscuri appartenuti a Silente; nessuno oltre a lei li aveva letti. Non c'era solo il modo per creare gli Horcrux, c'era la magia più oscura che avvese mai voluto consocere. C'erano formule e incantesimi che avrebbero fatto orrore a Lord Voldemort in persona. Li aveva letti per essere preparata, si ripeteva ogni volta che apriva quei libri di nascosto nella tenda mentre Harry e Ron dormivano o mentre faceva il turno di guardia, ma in realtà li leggeva perché voleva conoscerli. Non per usarli, ma perché la sua sete di conoscenza non aveva limiti.
Perché voleva sapere cos'era in grado di fare la magia.
Cose orribili c'erano scritte tra quelle pagine, ma più leggeva più voleva sapere, conoscere.
E mentre fissava i volti dei morti che quella guerra aveva preteso, mentre nelle sue orecchie echeggiava il pianto disperato di Molly, la sua mente continuava a ripeterle che lei qualcosa poteva fare. Non per tutti, ovviamente. Non per chi era stato ucciso con una maledizione, ma per qualcunosì.
Senza più esitare, sapendo che aveva poco, pochissimo tempo per agire, era corsa fuori dal castello, ignorata da tutti, perfino dal suo neo fidanzato che piangeva sul corpo ancora caldo del fratello.
Era corsa per il parco, inciampando, scivolando e imprecando contro ogni ostacolo. Aveva strisciato lungo il tunnel che portava alla Stamberga, graffiandosi il volto, sporcandosi e facendosi male alle ginocchia, ma non importava. Non importava se poteva salvare almeno una vita.
Era entrata nella vecchia stanza colma di polvere e aveva fatto una smorfia disgustata per l'odore metallico del sangue.
Fece qualche passo e se lo trovò davanti, così come lo avevano lasciato. Steso sul pavimento, con gli occhi fissi sul soffitto tappezzato di ragnatele. La pelle sembrava grigia, se si escludevano le macchie scarlatte di sangue sul corpo e sul pavimento, gli occhi freddi e inespressivi.
Cercò di non guardare i due buchi neri sul collo che la fissavano come occhi maligni. Si inginocchiò sul corpo del mago e allungò una mano tremante posandogliela sulla guancia, sporcandosi con il sangue di lui.
Tirò un sospiro di sollievo al contatto con la sua pelle.
Era ancora tiepido.
Forse non era così in ritardo come credeva.
Velocemente aprì la borsetta ed estrasse un grosso libro dalla copertina di pelle nera. Non c'erano titoli, né simboli incisi sopra. Aveva lasciato dei segnalibri alle pagine che poteva trovare interessanti e quell'incantesimo era l'unico che si era ripromessa di usare solo in caso di estrema necessità.
Era difficile, pericoloso e contro natura.
L'aveva letto molte volte e, durante il lungo viaggio, aveva tradotto ogni runa presente nel testo ricavando una traduzione il più accurata possibile. E, per tutto il tempo, si era sempre ripromessa che l'avrebbe usato solo in caso di estrema necessità.
Beh questo era un caso di estrema necessità.
Aprì il tomo alla pagina esatta e la lesse velocemente a mente cercando di pronunciare ogni runa il più correttamente possibile.
Quando si sentì sicura lanciò un'ultima occhiata al mago disteso a terra.
Sospirò e iniziò a recitare la formula con calma, dandole il giusto ritmo e intonazione.
Arrivata la giusto punto prese l'athame dalla lama d'argento e si tagliò con decisione il palmo della mano. Fece una lieve smorfia quando la lama le tagliò la carne, ma la sua voce non tremò né perse intensità. Avvicinò il palmo sanguinante sulle labbra secche e pallide del mago e lasciò che il suo sangue gli bagnasse le labbra, scendendo nella bocca e scivolando nella gola squarciata.
Poi prese una mano del mago e ne taglio il palmo, unendo la sua ferita sanguinante a quella dell'altro.
Aumentò il volume della voce, chiudendo gli occhi, sentendo il fluido magico uscire da lei ed entrare nel rigido corpo che aveva davanti.
Sentì improvvisamente una mano invisibile trascinarla vero il corpo dell'uomo, mentre le pareti che li circondavano svanivano. Continuò imperterrita, sentendo le forze venirle meno, sentendosi sempre più debole, mentre un gelo innaturale la colpiva, congelandole il corpo. La voce si abbassava di tono, il ritmo diventava sempre più lento.
La terza volta che ricominciò ad evocare la formula la strega si accasciò sul corpo, sopraffatta dalla forza di quella mano che la spingeva verso Piton; ormai vedeva appena i muri della Stamberga. Si ritrovò a piangere mentre un filo di voce le usciva dalle labbra e la nausea saliva rischiando di farle rimettere quel poco che aveva mangiato alla Testa di Porco.
Quando finì nuovamente la formula, svenne sul mago inerme, sempre stringendogli la mano, con le lacrime che le bagnavano il volto e il sangue di lui che la sporcava.
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo.
La strega aprì gli occhi di scatto respirando affannosamente come se avesse corso o avesse trattenuto il respiro per parecchi minuti.
Si sentiva completamente prosciugata di ogni forza e un freddo innaturale che le faceva battere i denti.
Le lacrime ritornarono copiose a bagnarle il volto.
Non aveva funzionato.
Il corpo del mago era ancora disteso a terra, rigido, immobile, grigio.
- Voleva proprio morire, vero? - mormorò con un filo di voce continuando a versare silenziose lacrime, incapace di fermarsi.
Improvvisamente avvertì un rantolo e il petto del mago sotto di lei si sollevò in un debole respiro.
La strega sorrise e chiuse gli occhi sfinita.
 
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view post Posted on 4/11/2013, 22:44
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Solo per memoria ripropongo il calendario delle prenotazioni. Severus ha diritto ogni giorno al suo sorriso :lovelove: :lovelove: :lovelove: Guai a dimenticarsene! :D



Prenotazioni per la 43a settimana di Sorrisi per Severus:

Martedì 5: Elly (28)



Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 6: Ida/Leonora (44)
Giovedì 7: Ida/Leonora (44)
Venerdì 8: Anastasia (7 di 13)
Sabato 9: Anastasia (8 di 13)
Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (29)
Martedì 12: Elly (30)



Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 13: Leonora (45)
Giovedì 14: Ida (45)
Venerdì 15: Anastasia (9 di 13)
Sabato 16: Monica (43)
Domenica 17: Monica (44)
Lunedì 18: Elly (31)
Martedì 19: Elly (32)



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.



Lista d'attesa

Angela/Yana96 - settimana 48
pingui79 - settimana 49 o 50



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:25
 
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view post Posted on 5/11/2013, 09:56
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Io ho il sorriso 42 da aggiungere alla lista.
Siccome mi sono già presa un sacco di giorni non posso cedere i miei buchi a chi é in lista d'attesa.

Ecco il sorriso di oggi.
Nel rileggere la storia per MSS ho notato degli errori, chiedo scusa, li sto sistemando e quella che invierò sarà corretta, qui sto facendo un copia/incolla dalla sfida 14, se li becco al volo li correggo, ma non posso assicurare nulla, portate pazienza. ^_^


n. 28

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Il primo risveglio

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste.

Parole: 1.426

Il primo risveglio

Giugno 1998
Londra, San Mungo


Quando aprì gli occhi le ci volle qualche minuto prima di capire dove si trovasse.
Decisamente non era l'infermeria di Hogwarts, attorno a lei regnava il silenzio più assoluto e l'odore che avvertiva era quello delle pozioni medicamentose e del disinfettante.
Poi capì: San Mungo.
Una fitta alla testa la costrinse a chiudere gli occhi. Non sapeva da quanto fosse in quella stanza, l'ultima cosa che ricordava nitidamente era il primo respiro di Piton sotto di lei e la fatica per sollevarsi dal quel pavimento sporco, raccogliere le ultime forze e sollevare il Preside con la magia.
Non ricordava il tragitto tra la Stamberga e il castello, aveva camminato per inerzia, ripetendosi che mancava poco, che poi qualcun altro si sarebbe preso cura di lui e di lei.
Sapeva che era entrata ad Hogwarts e che non aveva trovato nessuno fino alla Sala Grande. Ricordava la McGranitt, ma non quello che si erano dette.
Poi più nulla.
Aprì di nuovo gli occhi cercando di resistere al mal di testa e provò a muovere il corpo. Un gemito di dolore uscì dalle sue labbra quando provò a sollevare un braccio. Non c’era muscolo che non le facesse male o bruciasse. Si sentiva come se fosse stata pestata dal Platano Picchiatore per giorni interi.
L’incantesimo doveva averle tolto molta più energia di quanto avesse immaginato.
Cercò di parlare, di emettere un suono abbastanza forte in modo da farsi sentire, ma la stanza iniziò a girare vorticosamente e perse di nuovo i sensi.

* * * *


Giugno 1998
Londra, San Mungo
qualche giorno dopo



Quando aprì nuovamente gli occhi la luce attorno a lei era cambiata. Se erano passate ore oppure giorni non avrebbe saputo dirlo. Il mal di testa era più sopportabile e anche il dolore ai muscoli.
Forse aveva dormito per giorni.
Cercò di mettersi a sedere ma riuscì solamente ad alzarsi appena per poi sprofondare nel cuscino con un gemito frustrato.
Un urlo la fece sussultare dolorosamente.
- Si é svegliata! Si é svegliata!
Hermione sentì che la voce si stava allontanando, quando aveva alzato la testa aveva intravisto la cornice di un quadro sulla parete opposta al letto. Probabilmente il personaggio del dipinto era corso a chiamare qualcuno.
Non si stupì quando, pochi minuti dopo, un medimago entrò di corsa, seguito dalla professoressa McGranitt trafelata.
- Hermione! - fece la strega prendendole una mano – Come ti senti?
- Non lo so. - ammise la giovane strega continuando a fissare il soffitto – Da quanto sono qui?
Vide la donna lanciare un'occhiata al medimago che annuì impercettibilmente.
- Tre settimane. - rispose la professoressa.
Aveva dormito per parecchi giorni.
Restarono in silenzio per tutto il tempo in cui il medimago la visitò, Hermione notò subito che non la fissava negl'occhi.
- Lo sa! Sa cos'ho fatto per portare indietro l'anima di Piton. - pensò – In quanti hanno capito cos'ho fatto in quella casa? Ron e Harry cosa penseranno?
Il medimago le fece bere una pozione ricostituente dal gradevole sapore di menta piperita e le disse di riposare il più possibile.
Quando l’uomo uscì, la professoressa l'aiutò a sedersi sul letto, aggiustandole i cuscini dietro la schiena. La McGranitt si sedette su una sedia accanto al letto e tirò un sospiro di sollievo.
- Non sapevamo se ti saresti svegliata. Sei quasi morta.
Annuì solamente, sapeva che avrebbe dovuto spiegare a tutti quello che aveva fatto il perché del suo gesto, anche se non sapeva spiegarlo neppure a se stessa.
Minerva estrasse la bacchetta e fece apparire il tomo dalla copertina nera sul letto.
- L'ho trovato nella Stamberga. - spiegò la donna con calma – Non é stata una scelta saggia lasciarlo là.
- Non stavo ragionando lucidamente. - spiegò lei – Probabilmente deliravo.
Restarono in silenzio alcuni minuti. Hermione accarezzava distrattamente la copertina rigida del libro.
Per un attimo le venne in mente un altro sguardo nero. Brillante, intenso e pieno di vita.
Sorrise dolcemente, senza nemmeno rendersene conto.
Aveva mille domande che le bruciavano dentro, ma non sapeva da che parte iniziare.
- Per tutto il mondo magico, - disse la strega cogliendo al volo i suoi pensieri – Severus Piton è stato salvato da Fanny. – Hermione sollevò di scatto la testa ignorando il capogiro improvviso e fissando la vecchia strega – Tuttavia, - la professoressa fece un altro sospiro - ho dovuto spiegare cos’hai fatto al medimago che ti ha in cura, al signor Potter e alla famiglia Weasley.
Hermione abbassò il capo e annuì.
- Devo chiederti come hai avuto quel libro, Hermione.
Lentamente, lottando contro la stanchezza e il mal di testa, raccontò le ore dopo il funerale di Silente, il suo tentativo di appellare qualche libro che parlasse degli Horcrux e la sua sorpresa di vederli entrare dalla finestra come se nulla fosse. Le raccontò le notti passate a leggerli di nascosto, il suo orrore per gli incantesimi più raccapriccianti che avesse mai letto in vita sua e la fissazione per quella particolare formula.
- A quanto pare Albus voleva che li tenessi tu. - le disse quando ebbe finito – Forse credeva che fossero più al sicuro con te. O che avresti scoraggiato chiunque a provarli.
- Ero pronta a fare lo stesso con Harry se ce ne fosse stato bisogno. - disse risoluta continuando a fissare il libro ed ad accarezzare distrattamente la copertina rigida.
La professoressa restò in silenzio osservandola attentamente.
- E' inutile che ti dica che quello che hai fatto è stato...
- Stupido. - finì l'altra chiudendo gli occhi – Pericoloso, impulsivo e contro natura.
Sentì la mano fresca della donna sulla sua. Non aprì gli occhi per paura di vedere uno sguardo di rimprovero.
- Stavo per dire coraggioso.
Hermione aprì gli occhi di scatto incontrando il sorriso gentile di Minerva. Due grosse lacrime le solcarono le guance pallide.
- Devi riposare. - disse dolcemente la donna aiutandola a sdraiarsi di nuovo – Per oggi basta così.
La giovane donna fece un tirato sorriso abbandonando la testa pesante sul cuscino candido.
- Professoressa, - la chiamò sulla soglia – lui...
- Non si è ancora svegliato. - spiegò l'altra – Fisicamente è vivo, l'incantesimo ha cicatrizzato anche le ferite sul collo. Ma non sappiamo quando si sveglierà. Se si sveglierà.
Prima di chiudere la porta Hermione notò uno stanco sorriso sul volto della donna.

* * * *



Ormai le sue giornate le passava tra la scuola e il San Mungo.
Passava la mattina tra le carte burocratiche del ministero e la ricostruzione del maniero. Il pomeriggio era divisa tra la stanza di Hermione e quella di Severus.
Nelle settimane precedenti nessuno dei due aveva dato segno di voleri svegliare.
Almeno Hermione aveva aperto gli occhi, era un passo avanti.
Minerva entrò nella camera in penombra di Piton. Severus non si era mosso, era sdraiato nel letto, coperto dal lenzuolo. La sua carnagione aveva assunto un colorito più acceso da quando era stato ricoverato, ma non c'erano stati altri miglioramenti.
Si avvicinò al letto e, come faceva ogni volta, lanciò una rapida occhiata al petto dell'uomo che si alzava con un ritmo lento e regolare. Come se si aspettasse di non vederlo muoversi da un momento all'altro.
Quando aveva trovato quel libro nella Stamberga era rimasta allibita, si era infuriata per la stoltezza della Granger, un incantesimo oscuro potente e pericoloso, probabilmente sconosciuto. I primi giorni l'aveva rimproverata mentre lei era incosciente. Aveva gridato nella speranza di svegliarla a suon di urla.
Aveva pianto. Per lei e per Severus.
Si sedette sulla sedia accanto al letto, come aveva fatto nella stanza di Hermione.
- Hermione si è svegliata, Severus. - gli disse poggiando una mano sul letto, avrebbe voluto prendergli una mano, ma non lo fece – E' debole, ma sta bene. - sospirò di fronte all'immobilità del mago – Potter mi ha chiesto ancora se può venirti a trovare. Visto che sei incosciente credo che gli darò il permesso, sia mai che ti ci voglia la voce di Harry per farti svegliare. Posso anche accettare che tu tolga punti a Grinfondoro.
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste.
- Devi perdonare la mia breve visita di oggi, ma devo informare molte persone sul risveglio di Hermione. - prima di chiudersi la porta alle spalle la strega si voltò ancora verso il mago e gli fece un sorriso, si era ripromessa che Severus non l’avrebbe mai più vista arrabbiata con lui – Ci vediamo domani.

Edited by ellyson - 5/11/2013, 10:20
 
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CITAZIONE (ellyson @ 5/11/2013, 09:56) 
Io ho il sorriso 42 da aggiungere alla lista.
Siccome mi sono già presa un sacco di giorni non posso cedere i miei buchi a chi é in lista d'attesa.

Tranquilla, Elly, chi partecipa alla sfida setimanale ha la precedenza, quindi tu e Monica finchè non vi mettete in pari potete avere due giorni a settimana per ciascuna.
Del resto, nulla vieta di regalare a Severus un sorriso al giorno anche per l'anno prossimo!


Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:26
 
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Autore/data: Alaide – 4 – 12 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La speranza invase il cuore di Melusine. Sapeva che Severus avrebbe rivelato fra pochi giorni che si trovava in carcere, ma sapeva anche che Judith non l’avrebbe mai odiato. Ne era sempre stata certa, ma in quel momento, di fronte al sorriso affettuoso che illuminava il volto della bambina, mentre rileggeva quello che aveva scritto, quella certezza aumentava ed immaginava un futuro in cui la bambina e l’uomo potessero essere uniti, come padre e figlia, come meritavano entrambi.
Nota: La storia è il continuo di Disvelamento.
So che al raduno avevo detto che in questo capitolo sarebbe avvenuto un fatto eclatante, ma ho dovuto rinviarne una parte al capitolo 21, proprio quella che conteneva il suddetto fatto.
Parole: 1670

Sinfonie.
20. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Quarto movimento. Lettere


16 aprile 2004
Cara Judith,
spero che, nel leggere questa lettera, potrai perdonarmi. So che ti sentirai tradita, ma non ho potuto fare a meno di mentirti.
Il luogo in cui mi trovo non è adatto ad un bambino. Non so se ti sia vietato entrare, ma non vorrei mai che tu vedessi la stanza dove vivo dal giorno in cui ti ho lasciata.
Ho compiuto una scelta, poco prima che iniziassimo a scriverci, che mi ha portato lontana da te, per quanto sia più vicino di quel che ti ho fatto credere.
Sono un bugiardo, Judith, e forse non potrai mai perdonarmi per averti lasciata sola, quando più avevi bisogno di me.
Non puoi nemmeno immaginare quanto vorrei poterti vedere e poter parlare con te, ma non è possibile perché tu sei troppo innocente per poter venire nel luogo in cui mi trovo.
Ti prego di perdonarmi per aver convinto la signorina Fairchild a mentirti circa il luogo in cui mi trovo.
Se non potrai perdonarmi, non allontanarti da lei, perché se ti ha mentito, l’ha fatto unicamente a causa mia.
Con affetto,
Severus
Judith rilesse più volte la lettera dell’uomo, sotto lo sguardo attento di Melusine, che si trovava con lei nella stanza, dove di solito si esercitavano con il coro dell’orfanotrofio.
«Sai dove si trova? Dice che è in un luogo che è meglio che io non veda, ma non lo chiama mai per nome.» chiese infine la ragazzina, portando la sua attenzione sulla donna.
«Sì, lo so, ma non spetta a me dirti dove si trova Severus. Sono certa, però, che se glielo chiederai nella tua prossima lettera, sarà lui stesso a risponderti.» rispose la donna, con un lieve sorriso sulle labbra.
L’uomo aveva iniziato a svelare la verità alla bambina ed era certa che presto si sarebbe potuto rendere conto che Judith non l’avrebbe mai condannato. Forse, una volta che la ragazzina avesse compreso tutto, si sarebbe trovata una soluzione e Severus sarebbe stato scarcerato.
In quel momento avrebbe voluto poter completare le informazioni che l’uomo aveva dato a Judith, ma sapeva che non spettava a lei.
«Ma perché dice di avermi lasciata sola? Lui non mi ha mai lasciata sola. Mi ha dato tanti consigli ed ha risposto sempre alle mie lettere.» domandò Judith, la fronte leggermente corrugata.
Melusine avrebbe voluto che l’uomo fosse lì, per poter udire le parole della bambina. Forse allora avrebbe potuto comprendere pienamente che Judith l’avrebbe perdonato.
«Lo so. Per quanto tu non mi abbia parlato di tutte le lettere che Severus ti ha scritto, so che ti è stato vicino, per quanto ha potuto, nel migliore dei modi.» rispose Melusine. Era la semplice verità. Alle volte si era detta che senza le lettere dell’uomo, lei non sarebbe stata in grado di aiutare in maniera altrettanto efficace la bambina. «Vi sono casi in cui, però, quando si prova rimorso per una scelta compiuta, non si vede il bene che si è fatto.»
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma non spettava a lei. Forse non aveva nemmeno dato la risposta migliore, ma ricordava quasi ogni parola di quello che Severus aveva scritto per rivelarle la verità su se stesso. Quanto era stato spietato, quasi volesse sottintendere che non v’era alcuna possibilità di perdono per lui.
Sorrise, come gli aveva sorriso nella cella pochi giorni prima, come se fosse stato davanti a lei. E pregò che quel sorriso potesse arrivare fino a lui, che, un giorno, potesse perdonarsi o, per lo meno, accettare il perdono altrui.
Aveva letto le parole che Severus aveva scritto e vi aveva pensato, una volta tornata all’orfanotrofio. La scoperta dell’esistenza della magia passava sempre in secondo piano. Quello che avrebbe voluto fare era andare nella cella dell’uomo e portargli il perdono che così tanto meritava, dargli il suo amore, per quanto avesse compreso – leggendo tra le righe di quello che aveva scritto l’uomo – che lui non l’avrebbe mai amata, perché il suo cuore era sempre appartenuto ad un’altra, a Lily.
«Però non capisco una cosa, Melusine. » disse Judith, dopo diversi minuti di silenzio. «Quello che non capisco è perché Severus pensi che io non possa perdonarlo. Quello che vorrei fare in questo momento è andare a trovarlo, soprattutto perché dice che si trova più vicino di quanto non mi abbia mai detto.»
Aveva riletto ancora una volta le parole di Severus. Non aveva capito, quale potesse essere questo luogo in cui lei non poteva andare, ma di una cosa era certa: amava l’uomo come un padre e nulla poteva cambiare la questione. Al di fuori dell’orfanotrofio e della scuola potevano esserci tanti luoghi brutti, luoghi da cui si poteva solo scrivere. Non riusciva ad immaginare quale potesse essere. L’unico che le era venuto in mente, era impensabile, perché Severus era buono, era l’uomo che le aveva salvato la vita e non poteva stare in prigione.
«Credi che possa scrivergli e chiamarlo padre?»
Melusine osservò il volto della bambina, un volto ancora infantile, ma con un’espressione matura, adulta quasi.
D’altronde l’infanzia di Judith era finita, quando quei due Mangiamorte avevano ucciso i suoi genitori. Non osava nemmeno immaginare a quello che sarebbe potuto accadere se Severus non fosse stato là, al modo orribile in cui quegli uomini avrebbe tolto la vita da una bambina che non aveva fatto loro nulla, così come nulla avevano fatto loro i suoi genitori.
«Sono certa che gli farebbe piacere.» disse Melusine, sorridendo, come se avesse davanti all’uomo, come se volesse dirgli con quel sorriso che Judith non aveva mai nemmeno pensato a fare qualcosa di diverso dal perdonarlo.
Ed il sorriso colmo d’affetto della donna era simile a quello che era apparso sul volto della bambina, mentre scriveva la sua risposta.
La speranza invase il cuore di Melusine. Sapeva che Severus avrebbe rivelato fra pochi giorni che si trovava in carcere, ma sapeva anche che Judith non l’avrebbe mai odiato. Ne era sempre stata certa, ma in quel momento, di fronte al sorriso affettuoso che illuminava il volto della bambina, mentre rileggeva quello che aveva scritto, quella certezza aumentava ed immaginava un futuro in cui la bambina e l’uomo potessero essere uniti, come padre e figlia, come meritavano entrambi.



19 aprile 2004
Caro Severus,
ho letto la tua lettera a lungo e più volte e non riesco a capire perché tu dica che non mi sei stato vicino. Se non fosse stato per i tuoi consigli, non sarei riuscita a non avere paura, quando sono a scuola, né ad aiutare Brian, quando gli altri bambini dicevano quelle cose orribili sui suoi genitori.
Tu mi sei stato vicinissimo e questo è quello che importa.
Non riesco ad immaginare dove tu ti possa trovare, ma sono certa che non sarà un problema. Magari potrò anche venire a trovarti. So che mi hai salvato la vita. E ti voglio tanto bene, come ad un padre. So che non sei il mio vero papà, ma è come se tu fossi il mio papà.
So che hai fatto tanto per me, anche se ti trovavi in un luogo brutto – perché un luogo dove non vuoi che io venga, deve essere brutto –, hai risposto a tutte le mie lettere.
Dimmi dove ti trovi, così Melusine mi potrà accompagnare e potrò stare un po’ con te.
Non riesco nemmeno a capire perché credi che io non possa perdonarti. Dopo tutto quello che hai fatto per me, non posso che continuare sempre a volerti bene.
Se mi hai mentito, come dici di aver fatto, sono certa che ci siano delle ragioni. Forse il luogo in cui ti trovi è veramente brutto e pericoloso. Spero solo che non sia troppo terribile, perché sei lì da solo e non è giusto.
Ti voglio bene,
Judith
Il sorriso della bambina emergeva come un raggio di luce dalla sua lettera.
Quando Severus aveva trovato la busta con sopra la grafia della signorina Fairchild, con la magra colazione che gli portavano e l’antidolorifico, aveva avuto timore d’aprirla.
Sapeva che Judith avrebbe risposto alla sua ultima lettera, dove, anche se non diceva ancora tutta la verità, iniziava a svelarle le sue menzogne. Era terrorizzato dall’idea di potervi trovar dentro la sua condanna, il suo odio.
Era consapevole che Melusine gli aveva ripetuto più volte che Judith l’avrebbe perdonato, che non avrebbe mai potuto odiarlo, ma non aveva mai voluto illudersi.
Invece, ogni singola parola della bambina, parole mature per una ragazzina di undici anni, era stato un raggio di luce, illuminato dal suo sorriso affettuoso, dal suo sorriso carico di perdono.
Non era arrabbiata con lui. Non lo odiava.
Al contrario, lo chiamava padre e ribadiva più volte che gli voleva bene, che amava lui, l’uomo che non era riuscito a salvare la vita ai suoi genitori, l’uomo che aveva tante morti sulla coscienza.
Severus sapeva che avrebbe dovuto compiere l’ultimo passo nella sua prossima lettera. Sapeva che avrebbe dovuto svelarle la verità, dirle che era in carcere, che si era denunciato perché non aveva visto nessuna altra possibilità allora, quando non il suo animo era troppo immerso nel senso di colpa, nella volontà di punirsi per non essere riuscito a salvare i genitori della bambina, per non essere riuscito a salvare altri innocenti durante la Guerra Magica, per aver ucciso Silente, per non essere riuscito ad impedire che gli studenti di Hogwarts patissero, sotto la sua presidenza.
La signorina Fairchild era a conoscenza di quante azioni terribili avesse commesso. Ne era a conoscenza e gli aveva sorriso.
Ed aveva pianto.
L’aveva, in un qualche modo, perdonato.
Judith gli offriva ancora una volta il suo sorriso.
Quel sorriso colmo d’affetto, il sorriso di una figlia.
Lo chiamava padre e forse, allora, non tutto era perduto. Sarebbe forse riuscita a perdonarlo anche quando avesse saputo fino a quanto era stato egoista, fino a che punto si fosse sbagliato.
E per un istante gli parve che fosse possibile sperare, che, forse, la pace, che aveva gettato al vento con la sua sciagurata scelta, non era perduta per sempre.
 
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I ♥ Severus


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N. 44

Titolo: Un sorriso nel vento
Autore/data: Ida59 – 27 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, romantico, drammatico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il mago lo sentì nell'aria, trasportato dal vento, e il sorriso della sua donna lo avvolse e lo accarezzò. È il seguito di “I sotterranei di Hogwarts”.
Parole/pagine: 777/2



Un sorriso nel vento




Le nuvole si rincorrevano veloci e disordinate nel cielo, le bianche inseguite dalle grigie, a loro volta presto raggiunte da quelle più scure, gonfie di pioggia; solo in pochi punti si poteva ancora vedere, o intuire, l'azzurro intenso del cielo. Il vento autunnale soffiava freddo nel parco di Hogwarts, portando con sé il sentore dell'inverno, le cime delle montagne intorno alla scuola già abbondantemente innevate.
Il mago camminava lento nell'erba, la distesa di foglie secche che, come un mare bruno, ondeggiava davanti ai suoi passi. Attendeva l’arrivo della sua Elyn e, impaziente, incapace di restare in presidenza, aveva deciso di andarle incontro verso la Foresta Proibita, dove insieme a lei avrebbe potuto raccogliere erbe che gli servivano per un altro speciale distillato. Il regalo per la sua donna, invece, che gli era tremendamente mancata in quelle due settimane appena trascorse, era già pronto: sentiva la preziosa ampollina premergli sul petto, vicino al cuore, nella tasca segreta della casacca ove un tempo teneva la foto di Lily e la seconda pagina della lettera rubata dalla stanza di Black. Avrebbe usato il prezioso olio quella sera stessa, accarezzando con languida passione la pelle della donna che era riuscita ad abbattere ogni barriera del suo cuore ed a lenire i tormenti della sua anima.
Erano tre giorni che si alzava all’alba e saltava il pranzo per sbrigare per tempo tutte le inutili pratiche con le quali la burocrazia del ministero insisteva ad inondare la scrivania del preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, mentre Albus ridacchiava sornione alle sue spalle scambiando battutine salaci con altri irriverenti ritratti. Finalmente aveva completato tutto, anche con un certo anticipo, ed ora aveva tre meravigliosi giorni tutti per sé da trascorrere con la Guaritrice che tra poco dal San Mungo si sarebbe materializzata al margine della Foresta.
Si strinse nel lungo mantello nero per proteggersi dall’aria pungente, il vento che ne alzava i lembi e gli scompigliava i capelli corvini. Il suo sguardo si posò sui fitti alberi che, come protettive sentinelle, delimitavano il perimetro della scuola: solo poche foglie erano ancora sui rami neri, come prigioniere trattenute da scheletriche mani. Le altre volteggiavano impaurite nell’aria, vittime del vento che le aveva strappate via e che ora giocava con loro, crudele, spingendole in alto nel cielo che s’incupiva sempre di più, straziandole, facendole vorticare in angosciosi mulinelli ululanti; proprio come i pensieri che d’improvviso avevano assalito la mente del mago sprofondandolo ancora una volta nel passato, lontano dal benefico sorriso di Elyn, prigioniero ancora una volta del cupo regno della colpa, della sofferenza e dei rimorsi, dove orribili immagini riprendevano vita tormentandolo e l’ululìo del vento mimava il raggelante gemito di chi implorava una pietà che non sarebbe mai arrivata.
Severus sospirò, strinse i pugni e serrò forte gli occhi cercando di opporsi ai suoi stessi ricordi, che, come quel vento penetrante, spazzavano con violenza la sua anima tentando di rubargli la felicità di quella nuova vita donata dalle lacrime di Fanny. Voltò le spalle alla Foresta Proibita, all’incubo delle memorie che promanava dall’intrico oscuro dei suoi fitti alberi, cercando di aggrapparsi di nuovo al sorriso di Elyn che gli porgeva l’agognato perdono, e l’amore.
All'improvviso un raggio di sole filtrò dalle nuvole, bucò il plumbeo strato di vapore e fece capolino nello spicchio azzurro di cielo, subito seguito da un altro, e poi un altro ancora, illuminando il marrone delle foglie e trasformandolo nel luminoso nocciola dorato degli occhi di Elyn. Il mago lo sentì nell'aria, trasportato dal vento che s'era fatto dolce, e il sorriso della sua donna lo avvolse e lo accarezzò.
Severus si voltò rapido, i lembi del mantello nero che come ali leggere si librarono nell'aria ed un sorriso felice sulle labbra sottili.
Elyn era là, illuminata dal sole e bellissima ai suoi occhi innamorati, dolce sogno che lo attendeva sorridendo.
Corse verso di lei, indifferente a chiunque dal castello potesse osservarlo in quel momento; corse come un ragazzino incontro al primo amore, come mai aveva fatto in vita sua e mai aveva creduto di poter fare.
Corse incontro alla donna che amava, al sorriso dolce e bello che pochi mesi prima gli aveva regalato il perdono e l'amore; corse sul prato di Hogwarts illuminato dal sole e che il sorriso di Elyn trasformava nel suo paradiso; corse nel vento, tra le foglie che volteggiavano libere e leggere, verso il sorriso che aveva il potere di dissolvere ogni suo triste e doloroso pensiero.
Le corse incontro e la sollevò tra le braccia stringendola a sé, sorridendo felice, cercando le sue labbra in un bacio a lungo vagheggiato durante le due interminabili settimane in cui erano rimasti lontani.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:26
 
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Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.

Scusa Ida l'ho letto solo ora.
COnsidera che al momento sono a quota 45 sorrisi (gli ultimi due sono in fase di betaggio), ma non ho ancora idea per gli ultimi 9. Però mi conosci... alla fine in qualche modo ci arrivo! ;) c'é, comuqnue, il rischio che io inserisca gli ultimi 9 in blocco pochi giorni prima della scadenza. :P
Va bene per i due giorni extra nella set. 49, così però monopolizzo la settimana. :lol:
 
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Solo per memoria ripropongo il calendario delle prenotazioni. Severus ha diritto ogni giorno al suo sorriso :lovelove: :lovelove: :lovelove: Guai a dimenticarsene! :D


Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Venerdì 8: Anastasia (7 di 13)
Sabato 9: Anastasia (8 di 13)
Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (29)
Martedì 12: Elly (30)



Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 13: Leonora (45)
Giovedì 14: Ida (45)
Venerdì 15: Anastasia (9 di 13)
Sabato 16: Monica (43)
Domenica 17: Monica (44)
Lunedì 18: Elly (31)
Martedì 19: Elly (32)



Prenotazioni per la 46a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 20: Leonora (46)
Giovedì 21: Ida (46)
Venerdì 22: Anastasia (10 di 13)
Sabato 23: Monica (45)
Domenica 24: Monica (46)
Lunedì 25: Elly (33)
Martedì 26: Elly (34)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Elly, proseguendo al ritmo di 2 storie per settimana, terminerai di inserire la 42esima storia (l'ultima che hai inserito nella sfida settimanale) nella settimana 50. Ti rimarrebbero quindi ben 10 storie da inserire nelle ultime due settimane (dando per scontato che le scriverai tutte e 52 entro il termine finale della sfida), che sono un po' troppe, visto che sicuramente ci siamo anche Leonora, Monica ed io, quindi più di 4 giorni per settimana (4x2=8) non hai a disposizione.
Se vuoi puoi prenderti 2 giorni extra nella settimana 49.



Lista d'attesa

Angela/Yana96 - settimana 48
pingui79 - settimana 49 o 50



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:27
 
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view post Posted on 8/11/2013, 15:47
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Titolo: 6. Una coppia di vecchi sposi
Autore/data: Severus_Ikari / febbraio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Minerva McGonagall
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Erano passati sette anni dalla fine della guerra e molti altri da quando la sua Lily non c’era più, non sarebbe di certo bastato il fugace ricordo stampato sul vetro di una finestra a riportarlo indietro a quando tutto andava bene."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la sesta storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Il mondo che va avanti".
Parole/pagine: 2740/5



Un anno per amare

6 - Una coppia di vecchi sposi



23 giugno 2005



Quella sera Severus si era fermato per qualche istante a riflettere mentre dalla finestra osservava il cielo su Cokeworth sporcato dalle dense nubi che rendevano la notte ancora più buia, impedendo ai suoi occhi di scorgere le stelle: trovava quasi assurdo che dopo tutti quegli anni quell’angolo di mondo non fosse per niente cambiato.
Era come vedere una cartolina sbiadita di quando era ancora bambino, di quando scappava da quella casa per correre dalla sua Lily.
Fece scorrere le pallide dita sul vetro, come se volesse toccare quel ricordo e riviverlo ancora una volta, anche se era ben consapevole di quanto fosse stupido pensare che sarebbe bastato quello per farlo tornare indietro.
Erano passati sette anni dalla fine della guerra e molti altri da quando la sua Lily non c’era più, non sarebbe di certo bastato il fugace ricordo stampato sul vetro di una finestra a riportarlo indietro a quando tutto andava bene.
Era mai andato tutto bene?
“Quando c’era Lily, sì.”
Non sono del tutto sicuro. E comunque sono passati anni e anni, ed è ora che ti lasci tutto questo alle spalle e cerchi di vivere il presente, quella vita cui ti sei ostinatamente aggrappato.
Un bussare alla porta distrasse – fortunatamente – quei pensieri che iniziavano a prendere una brutta piega, lo sapeva benissimo, per questo aveva ancora paura di affrontare la realtà dei fatti e si rifiutava in qualsiasi modo di entrare nell’argomento.
Era già tanto che avesse parlato con Harry – in realtà, tra tutti e due, avevano parlato ben poco, per lo più si erano limitati a guardarsi o a pronunciare brevi frasi, il giovane mago perché era ancora intimorito dal suo vecchio insegnante nonostante gli anni passati e nonostante fosse ormai un uomo e quasi un padre, mentre Severus, beh, era sempre Severus, e in quegli occhi non faceva altro che rivedere Lily.
Quell’incontro non era stato poi molto, ma era pur sempre un primo passo verso un chiarimento che era assolutamente necessario tra quei due ed Hermione non faceva altro che ripeterglielo.
Stancante.
Con passo ancora un po’ incerto andò ad aprire.
«Non ritenevo necessaria la presenza di una balia in assenza del mio amorevole non-ancora-Medimago personale» soffiò scocciato Snape dopo essersi fatto da parte per permettere alla sua ospite di entrare.
«Oh, beh, anch’io sono felice di vederti, Severus.»
«Mm…»
Minerva McGonagall conosceva il mago che le era davanti fin da quando era un ragazzino e ormai nulla di lui riusciva più a stupirla, era ormai abituata da tempo al suo carattere che definire inesplicabile era piuttosto riduttivo.
Si ritrovò a sorridere nel vedere quell’espressione tipicamente da Severus scontroso, alla quale, sapeva, sarebbe seguita l’immancabile alzata di sopracciglio, e, infatti, lo sollevò non appena vide il sorriso sulle labbra dell’anziana strega.
«Dov’è Hermione?»
«Pensavo lo sapessi, visto che ti ha mandato lei.»
Hermione quella sera non c’era, era andata da qualche parte con Ginny che l’aveva convinta ad uscire un po’ – sì, avevano fatto pace, ancora ricordava perfettamente i vari piagnucolii che le due gli avevano urlato nelle orecchie, mentre lui, povero mago ancora in convalescenza, era bloccato a fare gli esercizi gentilmente imposti dalla giovane Granger e, ovviamente, non poteva muoversi né tapparsi l’udito.
E non aveva nemmeno la bacchetta per lanciarle lontane miglia da lui!
Non potevano andare a consumare le loro idiozie da donnette altrove?
Come si era ridotto, pensò, assistito – e ricattato – da quella che una volta era una sua studentessa che, per giunta, tremava ogni volta che le respirava vicino.
Sì, era proprio ridotto male.
Poi ad un tratto gli venne in mente, in maniera del tutto inspiegabile, un particolare al quale aveva fatto caso più di una volta in quel mese: la giovane strega usava sempre la magia per fargli muovere il corpo, mai che una volta lo avesse anche solo sfiorato. Perché?, si chiese.
Non che gli importasse davvero, ma era comunque strano.
Che strani pensieri che fai.
«Oh, Severus, a volte penso che tu sia realmente senza speranza. Non posso venire a trovare un vecchio amico?»
«Sono tuo amico, Minerva?»
«Pensavo che avessimo chiarito ormai» rispose la strega con una nota di delusione nella voce che non sfuggì a Severus. «Sei mio amico, Severus, sei il figlio che non ho mai avuto. Ti ho odiato a lungo e profondamente, e ingiustamente, ma si odia solamente qualcuno che si ama e al quale si vuole bene. Ti ho odiato perché ti volevo bene, come un amico, come un figlio. Volevo bene anche ad Albus e mi sono ritrovata semplicemente davanti a qualcosa più grande di me, mi sono ritrovata davanti a quel figlio che lo aveva ucciso. Avrei dovuto farmi delle domande, farmi venire dei dubbi, non avrei dovuto credere che quello che avevo avuto davanti per anni era solo una menzogna. Mi dispiace, Severus, sono stata un’egoista a non pensare a ciò che provavi tu. Mi dispiace e ti chiedo scusa, ancora e ancora se servisse a farti credere a queste mie parole e ritenere di meritare il nostro e soprattutto il tuo perdono. Te lo dirò di nuovo e sempre, ma se tu non ci credi, è del tutto inutile.»
Severus rimase in silenzio per alcuni istanti, le braccia incrociate dietro la schiena, mentre di nuovo guardava il buio fuori dalla finestra, quelle strade dove aveva corso da piccolo per allontanarsi da lì, dalle urla che rimbombavano su quelle stesse pareti.
«Ti credo, Minerva. E non hai nulla di cui scusarti» si voltò verso di lei e le regalò uno splendido sorriso, un sorriso da Snape, certo, eppure era qualcosa che la strega non aveva mai visto prima, così dolce e luminoso che si sentì scaldare l’anima.
«Razza di stupido! Ti piace farmi essere così sentimentale?»
Il mago non rispose, strinse le labbra con forza cercando di trattenere una risata che era da tanto tempo che non gli veniva così spontanea e profonda.
Minerva afferrò un cuscino adagiato sul divano e senza pensarci due volte glielo lanciò addosso, quasi con rabbia, anche se stava ridendo persino lei, e in quell’istante Severus non riuscì più a contenersi e scoppiò a ridere.
Stai davvero ridendo, Severus?
Severus Snape stava davvero ridendo, ed era una risata sincera e all’improvviso si sentì come se quei pesi che aveva sull’anima stessero pian piano svanendo, come la nebbia che si dirada in un istante.
«Stai migliorando a vista d’occhio» disse la strega interrompendo quella risata, ma non la sensazione di benessere che era nata in quella stanza. «Sei un uomo tenace, Severus, e hai trovato una donna testarda quasi quanto te, anzi, a volte lo è anche di più» ridacchiò di nuovo, mentre il mago la guardava perplesso. «Sarà un ottimo Medimago!»
Dovette ammettere anch’egli che la giovane donna era brava in quello che faceva, aveva sempre posseduto l’inclinazione ad aiutare il prossimo – anche troppo! Ancora ricordava tutti i suggerimenti che aveva elargito durante le sue lezioni, per non parlare di tutti i guai in cui si era cacciata insieme con gli altri due durante gli anni – e quel mestiere era veramente adatto a lei. E poi ricordava che nella sua materia era sempre stata piuttosto brava.
Cosa? Ho sentito bene? Oh, sì, sei ridotto veramente male, Severus, se riesci ad ammettere una cosa simile.
Il grugnito di disapprovazione che mandò alla sua coscienza risuonò per tutta la stanza, lasciando Minerva un po’ perplessa poiché pensava che lui non riteneva per niente che potesse diventare un ottimo Medimago.
«Ti offrirei qualcosa, ma il cibo della signorina Granger non lo consiglierei neppure al mio peggior nemico» ecco, così si riequilibravano un po’ le cose, al diavolo la sua coscienza.
«Severus, quella ragazza sta cercando di aiutarti, non essere così duro con lei, e poi non credo possa essere così terribile come dici tu.»
«Prego, accomodati, Minerva» le disse indicandole il vecchio divano di pelle nera che occupava lo spazio davanti al camino ancora spento. «Torno subito» così dicendo sparì in cucina.
Dopo alcuni minuti tornò con un piattino colmo di varie pietanze che dall’aspetto non sembravano per nulla male.
“Ha decisamente ragione il giovane Weasley.”
«Tieni, assaggia.»
Minerva Mcgonagall afferrò quella che doveva essere la fetta di una crostata e non appena diede un morso a quella cosa, il suo stomaco fece degli strani rumori di disapprovazione e la sua lingua voleva staccarsi da sola per non dover continuare ad assaporare qualunque cosa fosse quella cosa.
Di certo non era una crostata!
In tutta la sua vita non aveva mai spalancato tanto gli occhi.
Severus non riuscì a reprimere una nuova risata che questa volta gli salì dallo stomaco, ancora rimembro di ciò che aveva provato lui la prima volta che aveva assaggiato qualcosa cucinato da Hermione Granger.
«Penso che non metterò mai più in dubbio la tua parola.»
«Io ti avevo avvertita. Vuoi un caffè?»
«Non avresti qualcosa di un po’ più forte?»
«Un whisky va bene?»
«Sì, grazie, una bottiglia penso che possa bastare a togliermi questo sapore dalla bocca.»
Mentre Severus versava il liquore in due bicchieri, la porta si aprì di colpo sotto la spinta di un’Hermione piuttosto furente che entrò quasi a passo di carica, ed entrambi la guardarono con un’espressione sconcertata.
«Uomini! Tutti uguali siete!»
Che le hai fatto, adesso, Severus?
“Cosa? Io? Ma se è rientrata adesso e non ho nemmeno parlato?”
Sì, ma di solito quando si arrabbia, è perché tu le hai fatto qualcosa.
«Cos’è che non capite delle parole “non m’interessa”? Perché dovete sempre insistere e insistere e finire Schiantati addosso a qualche muro?»
«Cos’è successo?» gli interessava davvero? Veramente non gli interessava per niente, ma era un modo per cercare di distrarla e soprattutto di farla smettere di urlare. Quanto desiderava la sua bacchetta in quel momento…
«Tutti uguali siete! Dei maniaci che pensano soltanto ad una cosa!»
«Io non sono per niente…»
«E tu non fai eccezione!» dov’era la ragazzina che s’impauriva ad ogni suo sguardo? Indiscutibilmente preferiva quella versione a questa che aveva davanti adesso che gli dava anche del “tu” quando si arrabbiava! Inaudito.
“Sì, ha decisamente ragione Ron,” pensò Minerva.
Ti dava del “tu” anche quando sussurrava parole dolci. Che carini!
“Smettila!”
«Io non sono un maniaco che pensa soltanto ad una cosa! Quindi smettila di urlarmi contro! E qui se c’è qualcuno che ha problemi, quella sei tu, che non riesci nemmeno a toccarmi durante la terapia che tu mi hai costretto a seguire!» ecco, l’aveva detto.
Perché l’aveva detto?
“Maledizione!”
Hermione rimase immobile con una strana espressione in volto, non sapeva ben definire quali fossero le emozioni che in quel momento le si stavano agitando dentro, non si era neppure accorta della presenza della sua vecchia insegnante di Trasfigurazione, tanto quelle parole l’avevano colpita come una doccia fredda.
Cosa significavano esattamente?
«Che significa?»
«Nulla, fai come se non avessi detto nulla» le rispose prima di mandare giù il whisky in un solo sorso e si premurò di riempirsi il bicchiere di nuovo.
«Eh no, adesso mi spieghi cosa volevi dire con ciò che mi hai detto!»
«Non mi sembra di averti mai concesso la facoltà di darmi del “tu”.»
«E non cambiare discorso!»
«Sì, ha decisamente ragione il giovane Weasley, sembrate una coppia di vecchi sposi!» sogghignò mentre sia Severus che Hermione la guardarono oltre che sconcertati, anche con uno sguardo che avrebbe incendiato persino il cuore di Dolores Umbridge.
«COSA?!» urlarono entrambi ad una strega sempre più divertita.
Ronald Weasley non aveva poi tutti i torti, sembravano davvero una coppia di vecchi sposi, assistere ai loro battibecchi era un assoluto spasso. Ovviamente lo sarebbe stato finché Severus fosse stato sprovvisto della propria bacchetta.
«Penso che sia meglio che vada.»
«NO!» una coppia di vecchi sposi che gridava anche in simbiosi. Sì, erano davvero divertenti.
E molto carini!
“Coscienza, io ti odio!”
Sai che novità! È una vita che mi odi, ogni volta che ti dico la verità mi odi, ma si sa che la verità è difficile da ascoltare.
“Smettila!”
Hermione tornò a guardare Severus mentre fece alcuni passi verso di lui, ma il mago arretrò istintivamente per tornare alla finestra, in quel posto sicuro che era ormai diventato da giorni, quell’angolo che per qualche istante lo riportava indietro nel tempo, a quando non gl’importava altro che guardare i suoi capelli rossi muoversi al vento.
«Poi mi chiedi perché non ti tocco. Pensi che non me ne sia accorta che ogni volta che qualcuno tenta anche solo di sfiorarti, tu arretri proprio come stai facendo ora?» Severus continuava a muoversi e Minerva fissò la giovane strega e le sorrise, un sorriso che significava che quelle parole erano vere, non poteva di certo dare torto alla ragazza.
Ricordava perfettamente che ogni volta che aveva provato ad abbracciarlo o anche solo a sfiorarlo, il mago si era irrigidito e si era allontanato, timoroso di qualsiasi contatto e di tutto ciò che avrebbe implicato.
In fondo entrambe le donne sapevano benissimo che era difficile per Snape lasciarsi andare in quel modo, lasciarsi toccare, perché erano consapevoli che in tutta la sua vita non aveva mai imparato il significato di quei gesti, così poche volte aveva avuto il calore di un tocco amorevole.
E di questo non gliene facevano di certo una colpa.
Non poteva, però, affermare che fosse Hermione a non volerlo toccare quando sapeva benissimo che desiderava esattamente il contrario, sapeva benissimo che lei era innamorata di lui e di ogni suo aspetto, ma la giovane strega non sapeva che il mago era a conoscenza dei suoi sentimenti, non credeva che avesse mai udito le sue parole in tutto quel tempo.
«Non ti tocco semplicemente perché sei tu che non vuoi essere toccato» e si avvicinò sempre di più a Severus che continuava ad arretrare passo dopo passo, sembrava una statua che si muoveva grazie ad un incantesimo.
«Non è assolutamente vero.»
«Ah no? Allora stai fermo e lasciati anche solo sfiorare.»
«Io non…»
«Sei un codardo, Severus, e della peggior specie, sappilo!»
Severus Snape si fermò di colpo, riportò le braccia che poco prima aveva stretto al petto, distese lungo i fianchi, serrando con forza e con rabbia le lunghe dita pallide, le sue labbra si erano irrigidite e gli occhi emanavano una strana luce, la sua irrequietezza si era fatta del tutto palpabile.
«Io non sono un codardo!» soffiò piuttosto nervoso.
«Nei sentimenti lo sei, anche parecchio! Se ci tieni tanto a smentirmi, stai fermo e lasciati toccare, anche solo una volta. Provami che ho torto.»
Severus tornò a guardare fuori dalla finestra, quei ricordi così lontani che sbiadivano sul vetro, scendendo come le gocce di pioggia di una sera d’autunno quando risplendono della luce del camino.
Hermione era dietro di lui, poteva sentirne il profumo, poteva sentire i suoi occhi che lo scrutavano a fondo, percepiva anche gli occhi di Minerva che sorridevano di quell’affetto che riconosceva persino lui.
Aveva ragione lei, era un codardo, un maledetto codardo che aveva paura di qualsiasi contatto, temeva anche solo un respiro più vicino degli altri, poi ad un tratto trasse un profondo sospirò e si voltò a guardare quella giovane strega che gli aveva messo sotto sopra il suo – maledetto – mondo.
Fissò i suoi occhi e in quella strana luce che emanavano c’era il tacito permesso di avvicinarsi di più, di fargli finalmente provare quelle sensazioni che non aveva mai provato. Si rilassò e chiuse gli occhi.
Hermione avvicinò pian piano, timorosa, le dita al suo viso, così pallido e gelido, come aveva fatto quando ancora era steso su quel letto, ma questa volta c’era vita sotto quella pelle morbida, c’era un cuore che batteva.
«Apri gli occhi, ti prego» un sussurro caldo gli pervase i sensi e si sentì esplodere nel petto uno strano calore quando la sua mano toccò il suo volto, emanava un tepore mai sentito prima, o forse semplicemente non lo ricordava.
Eppure quel tocco non è così estraneo…
La giovane strega gli sorrise e Severus, all’improvviso, unì la mano a quella della ragazza e rimase immobile a guardarla, a guardare tutto di lei come mai aveva fatto, a guardarla in un modo completamente diverso che lo spaventò e calmò al contempo.
“Una meravigliosa coppia di sposi” pensò Minerva mentre sorrideva a quell’anima distrutta che forse era riuscita a trovarne una che le fosse affine e che la accompagnasse in quel viaggio che l’avrebbe portata a ricostruirsi, pezzo dopo pezzo.
Guardò i suoi due meravigliosi ragazzi e non poté fare a meno di sorridere.
Di nuovo.

Edited by Severus Ikari - 25/2/2014, 11:45
 
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view post Posted on 8/11/2013, 16:11
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Ania, splendido capitolo. Avevo già letto gli altri su EFP, che ora non frequento più.
La tua storia è una storia di pazienza e amore, due parole magiche, come è magica questa coppia che fai interagire.
Qui, alla presenza di una bella Minerva, materna e orgogliosa dei suoi ragazzi, avviene un piccolo miracolo e il sorriso dell'anziana maga illumina quella splendida coppia di sposi.
Un bel Severus quello che tu tratteggi in continuo colloquio con se stesso, ancora immemore degli anni trascorsi, ma consapevole di cosa sente in fondo all'anima.
Complimenti.
 
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view post Posted on 8/11/2013, 21:07
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CITAZIONE (chiara53 @ 8/11/2013, 16:11) 
Ania, splendido capitolo. Avevo già letto gli altri su EFP, che ora non frequento più.
La tua storia è una storia di pazienza e amore, due parole magiche, come è magica questa coppia che fai interagire.
Qui, alla presenza di una bella Minerva, materna e orgogliosa dei suoi ragazzi, avviene un piccolo miracolo e il sorriso dell'anziana maga illumina quella splendida coppia di sposi.
Un bel Severus quello che tu tratteggi in continuo colloquio con se stesso, ancora immemore degli anni trascorsi, ma consapevole di cosa sente in fondo all'anima.
Complimenti.

Mi spiace, Chiara che non frequenti più EFP, spero che non sia successo nulla di grave :(
Ti ringrazio per il tuo commento e sono felice che la storia ti piaccia e mi piace che l'hai definita "di pazienza e amore" perché è il senso che mi piaceva darle, in fondo un amore può nascere in un attimo, ma ci vuole pazienza per mantenerlo ogni giorno.
Sì, mi piace un sacco questa definizione, così come le tue parole, grazie mille, Chiara! :D
 
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