Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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arcady
view post Posted on 26/10/2013, 09:24




CITAZIONE (Ida59 @ 26/10/2013, 01:04) 
[color=#00ff00]The mirror of my dark side, di Arcady

Un AU davvero strano, in cui il rapporto con Dreidree trova il suo posto perfetto all’interno del canone, come se avesse potuto trovarsi anche lei nel passato di Severus. E questo, ovvio, vuole essere un grande complimento per la naturalezza con cui hai saputo inserire il personaggio originale.

Un ottimo inizio e una bella presentazione di lei, per una bella storia, ben scritta e ben gestita nel suo lento sviluppo che va a toccare tutti gli argomenti e le corde necessarie, fornendo ogni risposta ai dubbi del lettore e rendendo il rapporto tra i due personaggi, non solo del tutto credibile, ma proprio come se fosse realmente esistito nel canone. E per ottenere questo ci vuole attenzione e perizia. Davvero brava.

Ti ringrazio! La storia è stata da me sistemata in più punti proprio per rendere questa naturalezza e mi fa piacere che si colga!

CITAZIONE
"Quando hai odiato e ucciso per anni, non vuoi altro che silenzio. Non puoi perdonarti, non puoi amare qualcuno, perché quel qualcuno pretenderà la tua felicità e tu non puoi accontentarlo."

Davvero una frase stupenda, potente nella sua straziante intensità.

Si, questa piace anche a me. :D E' un concetto detto più volte ma mi piace l'idea di averlo reso con parole un po diverse dalle solite.

CITAZIONE
“Questo è il tuo inferno e anche il mio: è qui e adesso, non era allora. Quello era l’inferno di qualcun altro. Era l’inferno di chi aveva di fronte il Mangiamorte.”

Un’altra frase stupenda, da leggere in contrapposizione a quella pronunciata da Severus quando parlando del suo passato dice d’aver affrontato l’inferno e esserne stato parte attiva. E ha ragione Deirdree. L’inferno è questo, adesso, con la coscienza di oggi e tutti i relativi rimorsi. Allora l’inferno era di altri. Davvero da brividi!
Durante la lettura ho avuto un crescendo di coinvolgimento emotivo e di immedesimazione, così, mentre Severus condivide il suo tremendo passato con Dreidree, io lettore mi compenetravo in loro e, proprio come Severus, riconosco bene le cicatrici di chi ha vanamente cercato in ogni modo di strapparsi via il marchio della propria colpa.

Un dubbio. Se lei era a scuola con Severus, l’ultimo anno è finito nell’estate del 1978, quindi il febbraio 1979 mi sembra un po’ troppo presto per essere entrata nei Mangiamorte e poi averli già lasciati. A meno che lei abbia abbandonato la scuola prima della fine (forse lo hai scritto in altre storie con lei ma non lo ricordo).

Lei ha lasciato la scuola prima di diplomarsi all'inizio del 1978, (lo scrivo anche qui, lei è sparita da un giorno all'altro perché colpita dalla morte del padre e, decisa a vendicarlo, lascia perdere tutto il resto) è rimasta tra le fila dei Mangiamorte per circa un anno, fino al Febbraio del 1979.

Come tempi mi pare sia tutto credibile, giusto?
 
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view post Posted on 26/10/2013, 10:24
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (arcady @ 26/10/2013, 10:24) 
Lei ha lasciato la scuola prima di diplomarsi all'inizio del 1978, (lo scrivo anche qui, lei è sparita da un giorno all'altro perché colpita dalla morte del padre e, decisa a vendicarlo, lascia perdere tutto il resto) è rimasta tra le fila dei Mangiamorte per circa un anno, fino al Febbraio del 1979.

Come tempi mi pare sia tutto credibile, giusto?

Sì, in questo caso la tempistica va bene. Però magari è meglio se nella stroia lasci un accenno più preciso a quando ha lasciato la scuola. Se lo hai messo, come non detto e scusa se mi è sfuggito.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:22
 
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arcady
view post Posted on 26/10/2013, 10:44




CITAZIONE (Ida59 @ 26/10/2013, 11:24) 
CITAZIONE (arcady @ 26/10/2013, 10:24) 
Lei ha lasciato la scuola prima di diplomarsi all'inizio del 1978, (lo scrivo anche qui, lei è sparita da un giorno all'altro perché colpita dalla morte del padre e, decisa a vendicarlo, lascia perdere tutto il resto) è rimasta tra le fila dei Mangiamorte per circa un anno, fino al Febbraio del 1979.

Come tempi mi pare sia tutto credibile, giusto?

Sì, in questo caso la tempistica va bene. Però magari è meglio se nella stroia lasci un accenno più preciso a quando ha lasciato la scuola. Se lo hai messo, come non detto e scusa se mi è sfuggito.

Ok, metto un accenno per far capire il periodo esatto. :)
Intanto la mando a MSS e volevo chiederti se, una volta ricevuta e approvata, puoi sostituirla alla vecchia versione presente in archivio.
Grazie!

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:22
 
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view post Posted on 26/10/2013, 12:09
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CITAZIONE (arcady @ 26/10/2013, 11:44) 
Intanto la mando a MSS e volevo chiederti se, una volta ricevuta e approvata, puoi sostituirla alla vecchia versione presente in archivio.

Sì, certo, domani la faccio subito sostituire da Carlo (oggi lavora fino alle 23,00).
Manda solo il file (va bene anche alla mia mail privata) e non compilare più il modulo sul forum, altrimenti mi si crea un doppione.


Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:22
 
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view post Posted on 26/10/2013, 14:59
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Maledetto periodo intenso in cui non riesco a scrivere du recensioni <_< ma appena passa la follia battesimale cerco di recuperare :woot:
Intanto inserisco il sorriso odierno :aiuto: abbiate pazienza e fiducia :aiuto:

Titolo: Un sogno diventato incubo
Autore/data: Severus_Ikari / gennaio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Ginny Weasley, Harry Potter e un Personaggio Originale (ma solo una fugace apparizione)
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Quella rosa bianca e nera stava ormai appassendo, i petali si staccavano uno ad uno, lenti scendevano sospinti appena dalla leggera brezza che filtrava nella stanza.”
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la terza storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "È così sbagliato amarlo?".
Parole/pagine: 2347/4.



3 – Un sogno diventato un incubo



21 marzo 2005



Quella mattina Hermione era di ottimo umore, forse perché era infine arrivata la primavera, o forse – e soprattutto – perché la notte precedente lo aveva sognato, dopo tutti quegli anni passati al suo capezzale, finalmente era comparso nei suoi sogni, così vitale e sereno come non lo aveva mai visto. Neppure quand’era in vita.
Aveva sognato che insieme camminavano fuori Hogwarts ricoperta da un manto candido che rendeva il paesaggio meraviglioso e irreale, passo dopo passo a ridere e a parlare, e il suo sorriso l’aveva cullata in un sonno sereno dal quale non avrebbe più voluto svegliarsi, quelle labbra piegate come non le aveva mai viste quand’era vivo, l’avevano resa serena e colma di gioia.
Sapeva che quel sogno, però, era soltanto lo specchio di quello che in realtà desiderava lei stessa, ma per un giorno voleva lasciarsi trasportare da quell’illusione e abbandonarsi per una volta al buonumore. E niente e nessuno gliel’avrebbe rovinato.
Ultimamente non parlava molto con Ginny, da quella mattina di febbraio tra le due vigeva uno strano silenzio che Hermione non aveva nessuna intenzione di rompere, anche se la piccola Weasley aveva provato più volte a rivolgerle qualche parola, ma lei era ancora arrabbiata per ciò che le aveva detto.
E quel giorno non si sarebbe fatta rovinare quel sogno da quei pensieri.
L’inizio della primavera le dava sempre una certa carica, vedere la natura che pian piano rinasceva con la sua moltitudine di colori, le donava una certa felicità e quiete di cui aveva assoluto bisogno.
Camminava a passo lento con un sorriso sulle labbra e alcuni libri ben stretti tra le mani, su quella corsia che le sembrava stranamente silenziosa, o forse era solo perché era abituata a percorrerla sempre di corsa schivando le persone che come lei la percorrevano, ma quella quiete le sembrava così irreale che un brivido di preoccupazione le salì lungo la schiena.
Non appena svoltò sul corridoio dov’era situata la stanza di Severus, vide una folla inusuale per quel giorno della settimana e per quell’ora: la preoccupazione divenne inquietudine e affrettò il passo verso quella gran quantità di persone.
«Che succede?» I presenti si voltarono verso di lei e su alcuni visi poté notare occhi arrossati e gonfi, e lacrime che ancora scendevano.
Sentì una forte morsa allo stomaco e un’intensa nausea le bloccò il respiro quando il Medimago Augustus Redden, che aveva in cura Snape, si avvicinò con un’espressione rassegnata sul volto, lui che aveva sempre un sorriso sulle labbra, che sapeva sempre rassicurarla, adesso aveva uno sguardo di dolore e sapeva che non c’era nulla che in quel momento avesse potuto fare per rassicurarla.
«Mi dispiace, Hermione» fu l’unica cosa che riuscì a dirle.
«Le… le dispiace per cosa?»
Ginny le corse incontro, piangente. «È tutta colpa mia» e l’abbracciò stringendola forte, poteva sentire le sue lacrime inumidirle la spalla. «Sono stata io a dirgli che sarebbe stato meglio per tutti se fosse morto. Il suo stato di coma ha bloccato molte vite, soprattutto la tua.»
«Amore mio, non è colpa tua» le disse Harry amorevole carezzandole un braccio, anche nei suoi occhi c’era dolore, come Hermione non ne vedeva da tanto.
«Qualcuno, per favore, può dirmi cosa diavolo sta succedendo?» Hermione aveva ben capito cosa fosse successo, ma aveva bisogno di sentirselo dire chiaramente, forse quello le avrebbe tolto quell’inquietudine che l’opprimeva, sapeva, però, che fosse solo una flebile speranza alla quale aggrapparsi. Strinse le mani sui libri, come a volersi aggrappare a qualcosa, anche se sapeva benissimo che nulla le avrebbe evitato di cadere in un baratro profondo dal quale era difficile uscire.
«Non so come sia potuto succedere» esordì il dottor Redden, «ieri sera quando ho fatto il giro di visite, stava bene, o meglio, come sempre, poi stanotte improvvisamente si è aggravato. E non riesco a capirne il motivo, non c’erano le condizioni per un tale peggioramento.»
Il cuore di Hermione rallentava ad ogni parola pronunciata dal Medimago, si sentiva come se fosse stata gettata in mare con enormi pesi legati agli arti, fu come se le avessero lanciato incantesimi uno dietro l’altro.
Ginny continuava a stringerla e a piangere, ripetendo tra i singhiozzi che le dispiaceva, ma Hermione rimase immobile, con le braccia come paralizzate lungo i fianchi.
«Dovreste prepararvi a dirgli addio.»
Quelle parole congelarono il tempo intorno ad ogni persona ferma nel corridoio, la giovane Granger ebbe la sensazione di sprofondare, poteva vedere il pavimento aprirsi e inghiottirla in un istante. Ed era l’unica cosa che in quel momento desiderava.
Hermione scansò Ginny e corse via, lasciando i libri sul pavimento, non voleva dirgli addio, non era pronta a farlo, non adesso che l’aveva finalmente sognato felice e colmo di vita.
La piccola di casa Weasley fece alcuni passi per andarle dietro, ma Harry la bloccò scuotendo appena la testa, Hermione aveva bisogno di reagire a modo suo e, malgrado Ginny volesse starle vicino in quel momento, dovette dare ragione al marito: doveva rimanere sola e sfogare quel dolore che aveva dentro.
Camminò per ore per le strade di Londra, senza prestare attenzione a quei volti che le passavano vicino, senza interessarsi a niente di tutto quello che la circondava, si sentiva apatica, vuota, improvvisamente spenta, come un grosso lume che illuminava la stanza, che una folata di vento aveva smorzato.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un lungo vestito bianco con intense sfumature rosse, un bellissimo abito da sposa che, non seppe per quale motivo, la fece piangere.
E di nuovo corse via, senza sapere dove andare, chiedendosi se esistesse un posto in quel mondo dove potesse rifugiarsi da quella sensazione di dolore che la stava attanagliando, se esistesse un luogo che potesse inghiottirla nel buio e farla sprofondare in un oblio dove non c’era nulla, dove non c’erano ricordi, inquietudini, speranze. E amore.
Quella stoffa non avrebbe mai fasciato il suo corpo, non sarebbe mai stata la sposa di nessuno, che guardava il marito in attesa con un sorriso imbarazzato sulle labbra, un sorriso colmo d’amore, e provò ad immaginarsi come sarebbe stato Severus in quel momento, e per un attimo vide quelle labbra muoversi divertite a quel sogno che si era fatto reale anche per lui.
Se lui fosse morto, non sarebbe mai riuscita ad innamorarsi di nuovo, avrebbe convissuto per il resto dei suoi giorni con l’amore per un uomo che non c’era più, con un fantasma che avrebbe abitato il suo cuore notte dopo notte.
Si sarebbe trovata nelle sue stesse condizioni e questo la fece ridere, forte, come se non avesse pensieri, rideva e piangeva tra la folla di Londra che la guardava come se fosse pazza, e forse lo era davvero.
Procedette per ore prima di iniziare a sentirsi le gambe stanche, avanzava come spinta da una forza invisibile che non era la sua, avanzava per sentire quel dolore squassarle il corpo, un dolore fisico necessario per dimenticarsi di ciò che si agitava in lei, ma sapeva che neppure ripetute maledizioni sarebbero servite a qualcosa.
Si fermò su una panchina all’ombra di un albero, la natura tutt’intorno a lei iniziava a risvegliarsi, a rinascere forte e rigogliosa come lei non sarebbe mai stata, ne sentiva i mille profumi, li respirava a pieni polmoni per riempirsene, per riempire il suo spirito dove la vita ormai era morta.
Passarono altre ore in quel parco esploso in una miriade di colori e passarono diversi minuti prima che Hermione si accorse di non essere più sola su quella panchina, e non aveva ancora smesso né di piangere né di ridere.
«Va tutto bene, signorina?» le chiese l’anziano signore che le si era seduto vicino.
Avrebbe voluto urlargli che no, non andava tutto bene, che era innamorata di un uomo che sarebbe morto e anche se fosse sopravvissuto, non l’avrebbe degnata di uno sguardo, ma biascicò un timido «va tutto bene, grazie» prima di tornare ad osservare il parco dove si era rifugiata per cercare di nascondere quel dolore, anche se sapeva benissimo che non ci sarebbe stato luogo che lo avrebbe cancellato.
«Mm, non ne sono molto convinto, signorina.»
«È così evidente?»
«Beh, piangeva e rideva piuttosto forte, quindi non credo che vada tutto bene, le persone di solito non stanno da sole su una panchina a piangere e a ridere.»
«Già, ha ragione, non è normale, ma io non sono normale, altrimenti non mi sarei innamorata di un uomo che non può essere amato e sta per morire» non sapeva perché stesse dicendo quelle cose all’anziano signore, sapeva solo che ne aveva bisogno.
«E allora cosa fa ancora qui? Vada da lui, gli dica quello che prova, magari scoprirà che non aspetta altro che essere amato» guardò per un istante l’uomo e quel viso le ricordò terribilmente quello di Dumbledore, al pensiero le si strinse il cuore ancora di più.
«Magari fosse così semplice.»
«E se in realtà fosse proprio così semplice?»
Hermione riuscì a trattenersi dal ridere di nuovo, “semplice” era una parola che stonava parecchio accostata a Severus Snape, quell’uomo era l’antitesi della semplicità, bastava guardare i suoi occhi per capire quanto niente fosse semplice in lui, ma ormai erano chiusi da anni e nessuno poteva comprenderlo. Si sarebbero chiusi per sempre, e nessuno avrebbe mai potuto comprenderlo.
Erano sette anni che non vedeva i suoi occhi e il pensiero che non li avrebbe mai più rivisti, la fece piangere, di nuovo, e più forte di prima.
L’anziano le strinse appena una mano con la sua, poteva sentire le rughe che raccontavano di tutta la sua vita, quella vita che continuava a scorrere potente in quelle vene che riusciva a vedere e toccare.
«Vada da lui» le disse e fu con un sorriso che lo salutò, allontanandosi per dare l’ultimo addio al mago che giaceva su un letto immacolato da sette anni, all’uomo che amava.
Quando tornò in quel corridoio, la notte era scesa da ore e Ginny era ancora lì, piangente ai piedi del muro ad attendere il ritorno dell’amica.
«Mi dispiace, Hermione.»
«Non è colpa tua, Ginny, smettila di ripeterlo» e senza aggiungere altro, entrò in quella stanza troppo silenziosa e troppo buia, sapeva che l’amica sarebbe rimasta lì ad attenderla fin quando non fosse uscita, lo sapeva e la ringraziava per quello.
Si avvicinò al letto e nonostante fosse buio, riuscì a scorgere il petto del mago che si muoveva veloce, poteva sentire il suono di quel respiro agitato e avrebbe giurato che quella piccola ruga disegnava anche in quel momento la radice del naso, avrebbe voluto toccarla, imprimerla sulle dita, ma non si mosse.
Rimase immobile ad osservare un’ombra più scura della notte.
«Non è vero che ha bloccato la mia vita, lei l’ha resa più bella, col suo solo stare lì ha reso la mia vita speciale. Ha unito tutti intorno a questo letto, ha creato una famiglia felice e pensa cosa potrebbe fare se si svegliasse» in piedi vicino a Severus cercò la sua mano e sorrise. E la strinse.
«Invece adesso ha deciso di andarsene, spezzando tutto quello che è riuscito a creare, spezzando quei legami che si sono costruiti. Mandando in frantumi me.»
Hermione avvicinò la mano di Snape al suo cuore, quel ticchettio che le era stato amico in quegli anni continuava, ma lei parve non sentirlo, tutto era silenzio intorno a lei, tutto era buio che si faceva sempre più cupo e profondo, e avrebbe voluto farsi ingoiare in quell’istante insieme con lui.
Quella rosa bianca e nera stava ormai appassendo, i petali si staccavano uno ad uno, lenti scendevano sospinti appena dalla leggera brezza che filtrava nella stanza.
«E non sarebbe neanche meglio se morisse, se questo era il suo desiderio, avrebbe dovuto pensarci prima, non dopo sette anni di questa dannata situazione. Per quale motivo ha lottato per tutta la vita? Per questo? Per vedersi svanire in un letto d’ospedale? Perché non si è arreso sette anni fa su quel pavimento? Dannato egoista che non è altro! Stupido, stupido, egoista!»
Perché non se ne andava da lì lasciandolo morire? Sapeva benissimo che nessuna delle sue parole sarebbero servite a nulla, non erano valsi a niente sette anni di sussurri e dialoghi immaginari che ognuno di loro aveva fatto col suo corpo immobile. Chi era lei per riuscire a far riemergere quell’anima ormai precipitata?
«Ed io più stupida ad essermi innamorata di te, dannato egoista!» e iniziò di nuovo a piangere, le lacrime le scendevano lente lungo il viso come quei petali che uno ad uno cadevano sul piccolo comodino che ogni anno aveva accolto la sua rosa.
«Lei è stato l’uomo più coraggioso di questo mondo, ha sacrificato la sua vita e la sua esistenza per tutti noi, sua madre sarebbe fiera di lei, e anche Lily e Dumbledore, fieri dell’uomo che è diventato, ma i loro sacrifici sarebbero del tutto inutili se non riuscissero mai a vederla felice. Non pensa che stiano soffrendo nel vederla così? Siamo tutti fieri di lei e vorremmo tutti vederla finalmente felice. E vivo»
Parlava con tono basso, quasi grave, parlava lentamente, lasciando per brevi attimi che il silenzio le inghiottisse la voce, come se sperava che Ginny o qualcun altro entrasse in quella stanza per lenirle quel dolore, ma era consapevole che nessuno sarebbe entrato, sapeva che quella battaglia che aveva iniziato, doveva terminarla lei stessa.
E nel profondo del cuore qualcosa le diceva che sarebbe stato meglio rimanere da sola a percorrere quella strada.
«Io ti amo, Severus e non m’importa se non ricambierai mai questi sentimenti, se mi odierai o ignorerai del tutto, purché ti alzi da questo maledetto letto e inizi a vivere la tua vita. A viverla veramente.»
La rosa aveva ormai soltanto un petalo nella stanza buia, dove il silenzio era rotto solamente dai singhiozzi della strega che si era gettata sul corpo inerme di Snape, in quell’ultimo e unico abbraccio che la vita le avrebbe concesso, quella vita ingiusta che le aveva fatto amare un uomo che non sarebbe stato possibile amare nella vita, in quella morte che sarebbe giunta inesorabile.
Quell’ultimo petalo cadde a terra e quel ticchettio divenne un sibilo infinito.
 
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view post Posted on 26/10/2013, 16:38
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Prenotazioni per la 42a settimana di Sorrisi per Severus:

Domenica 27: Monica (40)
Lunedì 28: Ale
Martedì 29: Elly (1 di 16)


Prenotazioni per la 43a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 30: Ida/Leonora (43)
Giovedì 31: Ida/Leonora (43)
Venerdì 1 Novembre: Anastasia (4 di 12)
Sabato 2 Novembre: Anastasia (5 di 12)
Domenica 3 Novembre: Monica (41)
Lunedì 4: Elly (2 di 16)
Martedì 5: Elly (3 di 16)


Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 6: Ida/Leonora (44)
Giovedì 7: Ida/Leonora (44)
Venerdì 8: Anastasia (7 di 13)
Sabato 9: Anastasia (8 di 13)
Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (4 di 16)
Martedì 12: Elly (5 di 16)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Lista d'attesa

Monica, da inserire nei primi due sabati liberi.
Angela/Yana96
pingui79



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:23
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 27/10/2013, 16:32




Ecco il sorriso di oggi di Monica. (che purtroppo è impossibilitata ad inserirlo.)



Nr.40

Autore/data: Kijoka – 5 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One Shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: L'inizio della strada verso la verità.
Parole/pagine: 1.999/4.




Inizio

Il silenzio è quasi totale.
La quiete aleggia nella stanza e anche dentro di me scende la calma.
Il tuo viso è sempre più rilassato e non c'è più tensione nel corpo.
Mi allontano, lentamente senza fare alcun rumore e torno vicino alla finestra aperta.
La brezza notturna mi rinfresca, dopo una giornata piuttosto calda ed impegnativa.
Sono serena, ma appena insoddisfatta.
Il mio compito è quasi finito: sono riuscita a portarti dove volevo.
Mi ero ripromessa di farti capire che non hai più niente da scontare in questa vita.
L'unica cosa che mi rimane da fare è sincerarmi se sei riuscito a comprendere. Volevo che mettessi fine alla tua ricerca, perché è giunto il momento che tu viva solo per te stesso.
Ora sai.
Il quarto di luna appeso in mezzo al cielo sembra invitarmi.
L'ammiccare del lontano luccichio delle stelle illumina un cielo limpido e scuro.
Cosa farò?
Qui non sono quasi più d'aiuto.
Credo che riuscirai a tornare in forze in breve, non appena riprenderai a mangiare da solo e ad intervalli regolari.
Non so come accoglierai il fatto di dover incontrare tutte le persone che, da giorni, cercano di entrare qui dentro e di parlarti.
Il ragazzo e i suoi amici, la Preside McGranitt. Senza contare il Ministro, che ho mandato via giusto ieri...
Invece io dovrò cercarmi un altro lavoro, perché Cloud non è più disposto a riprendermi e non credo che il Ministro mi aiuterà con delle referenze...
Sospiro appena.
Quanto ho atteso questo momento e quanto l'ho temuto!
Forse per arrivare fino a qui mi sono preparata per una vita intera.
Lo stormire delle fronde degli alberi vicini fa da armonioso sottofondo e la mia mente prende a vagare tra i ricordi.
Spezzoni irregolari di passato, più o meno prossimo, separati ed uniti dal fluire del tempo.

- Ragazza mia, sei realmente pericolosa! Dovessi decidere di combattere meglio averti davanti che alle spalle: avresti potuto farmi saltare la testa!
La voce profonda ed irosa di Aberforth riecheggiava nella piccola stanza sopra La Testa di Porco.
Il Ministero ancora non ammetteva il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, ma in tanti in paese credevano alle parole di Silente.
- Mi dispiace...
Avevo distrutto l'unico tavolo della casa, dove l'anziano mago consumava i suoi solitari pasti. Lo risistemai subito, con attenzione per non peggiorare la situazione. Non era una novità: non sono mai stata brava nelle tecniche di combattimento.
Lo guardai con la tristezza negli occhi. In quel momento volevo essere d'aiuto e non un impedimento.
- Mi dispiace davvero, io ...
- Non guardarmi così! Ma che bacchetta stai usando? E' danneggiata? - Prese tra le vecchie dita nodose il mio legno, per ridarmelo quasi immediatamente. - No, è che non ci sei proprio tagliata! Dì a Cloud di farsi venire un'altra idea per impegnarti nella resistenza.
Avevo aperto bocca due volte, senza riuscire a dare voce alla mia delusione.
Se ne era già andato, voltandomi le spalle, scendendo ad accudire le sue capre e lasciandomi lì, all'inizio della scala.
Sapevo che rimandarmi al negozio era per me una terribile sconfitta, ma sembrava rassegnato a lasciar perdere.
Mi riusciva sempre molto difficile controllare quel regalo del destino, questo era ciò che pensavo fosse la mia magia.
Ero una mezza Babbana, cresciuta tra i Babbani, e lo scorrere nelle mie vene di quel tipo di potere, innato e controllato in modo naturale dai nati maghi, mi sembrava sempre un miracolo..
Non avevo frequentato scuole di magia. Mi ero inventata da sola una sorta di istruzione, scoprendo tante cose di me.
Sapevo di essere in grado di usare il mio basico potere magico per le faccende giornaliere.
Un'altra cosa era usarlo per combattere: non ero pronta e Aberforth non poteva aiutarmi....

- Non ti azzardare a discutere! Quei libri restano dove sono!
Cloud, il mio datore di lavoro, era solitamente comprensivo e tranquillo.
Non fu così quando mi offrii di consegnare i libri in giacenza, ordinati da te e che dovevano essere consegnati ad Hogwarts.
- Ma... sono per il Preside! Magari ne avrà bisogno...
- No, non se ne parla nemmeno! Se li vuole verrà lui a prenderseli! Dopo quel che ha fatto non ho intenzione di fargli mai più un solo piacere! E anche tu dovresti pensarla così! Da che parte stai? Perché prima o poi dovrai scegliere!
Non lo dissi a Cloud, ma la mia scelta era già stata fatta molto tempo prima.
Quello sguardo, seppur piuttosto lontano nel tempo, non lo avevo mai dimenticato ed ero certa che gli occhi neri del mago, che mi avevano stregato, non mi avevano invece mentito. Nonostante tutto quello che era successo dopo.
Quei libri rimasero nel magazzino.
Vederli abbandonati mi faceva tristezza. Presi, quindi, a leggerli, facendo ben attenzione a non lasciare alcuna traccia del mio passaggio tra quelle pagine.
Incantesimi e pozioni.
Una lettura che mi prese intere notti.
Un mondo fantastico si aprì ai miei occhi.
Tanto più affascinante quanto più vicino all'oggetto del mio desiderio, che si allontanava sempre di più da me ad ogni pagina...

... Sentivo troppe volte Cloud commentare le azioni dell'allora Preside di Hogwarts con la frase:
- Non durerà. No, certo che no: prima o poi farà una brutta fine!
Io soffrivo per questa, pur lontana, eventualità e continuavo a rimuginare sul come fare ad evitarla.
Io, con la mia magia carente e difettosa. Io che non sapevo nemmeno trasfigurare uno scarafaggio in un ditale...
Eppure non volevo darmi per vinta: significava troppo per me!
In fondo una capacità l'avevo: sapevo applicare la magia nei lavori di precisione. Più complicati e macchinosi erano e più mi riuscivano bene.
L'avevo scoperto molti anni prima, ma non ero riuscita a trovare un impiego pratico a una simile competenza.
Avevo ripiegato nel lavoro alla libreria per mantenermi, perché mentre cercavo di trovare la mia strada, di essere d'aiuto, senza risultato apprezzabile, i tempi peggioravano sempre più.
Ora restavo a badare al negozio, quasi sempre deserto ormai, e ad accudire le capre di Aberforth quando lui e Cloud si assentavano, a volte per giorni.
Occupavo quelle ore solitarie nelle letture che mi aprivano la mente.
Gli scaffali della libreria, senza il mio capo, divennero delle fonti inesauribili delle più impreviste ed insperate informazioni.
Libri, ma anche riviste mensili e quotidiani di ogni tipo, qualsiasi cosa potesse aiutarmi nell'imparare qualcosa di nuovo...

... Molti anni prima di allora mi ero esercitata nella meno cruenta arte della guarigione. Lavorando da sola, ridando nuova vita a rami spezzati, fiori appassiti o a piccoli animali feriti.
Laddove si trattava di lavorare di fino la mia bacchetta sembrava funzionasse da sola, divenendo parte del mio corpo, della mia stessa mente...

...Una notte, durante una delle mie sedute infinite di lettura, trovai un libro, che calamitò immediatamente la mia attenzione. Era uno tra quelli che il Preside non aveva ritirato, che evidentemente aveva un valore particolare in quanto avvolto in una carta preziosa e robusta.
La confezione mi incuriosì. Con attenzione la svolsi e presi a leggere avidamente.
Formule arcane, riprese in incantesimi più recenti, che spiegavano ed evolvevano antica sapienza in più moderno linguaggio.
Lo lessi senza riuscire a staccare gli occhi dalle pagine per giorni, dimenticandomi perfino di cibarmi.
Una nuova vita si spalancava davanti ai miei occhi. Un universo di possibilità.
Imparai formule e passaggi solo leggendo. La mia memoria si adattava alle parole come non avessi letto altro da quando ero nata.
Solo molto più avanti avrei scoperto cosa davvero mi avrebbe schiuso quel mistero rivelato...

...Il mio riscatto arrivò non molto tempo dopo.
Ero andata da Aberforth per bere un bicchiere insieme, cosa che non facevamo da tempo, e lo trovai nel retro chino su Beth, una delle sue capre preferite.
Non ci mise molto ad informarmi, mentre tentava di medicare le ferite, che era stata preda di qualche animale nella foresta.
Lo conoscevo da troppo tempo per non capire che, dietro quel tono secco e burbero, si nascondesse una pena infinita, acuita dal timore che l'animale potesse perdere la vita.
Non ho mai avuto troppa empatia con le capre, ma il dolore di Aberforth mi toccò: non era certo uomo da lasciarsi andare ai sentimentalismi!
Lo lasciai parlare e poi gli chiesi di lasciarmi solo, mentre cercavo di aiutare Beth.
Non appena rientrò nel locale principale, molto arrabbiato e poco convinto, presi la bacchetta e l'incantesimo letto sul lussuoso libro affiorò naturalmente alle mie labbra.
Credo si sia spaventato non poco quando, al suo ritorno, mi trovò piegata sulla capra a mormorare una cantilena incessante!

Chiudo gli occhi e torno al presente. L'attimo dopo volgo lo sguardo ai prati del panorama che si stende davanti a me oltre la finestra. Riesco ad assaporarne nitidamente i colori, anche se è notte. Li rivedo con gli occhi della mia immaginazione.
Un tappeto ininterrotto di velluto cangiante, con sfumature diverse e mai uguali fino alla barriera del bosco, là in fondo. Alberi alti, addossati gli uni agli altri quasi a proteggersi dall'intervento degli umani.
Questa parte del San Mungo, dove vengono spostati i casi gravi che necessitano di tranquilla routine, è posta nella campagna più verde, lontano dagli eccessi e dai rumori della grande città.
Adoro questo posto.
Sembra la zona boschiva poco lontano da Hogsmade, dove ultimamente passavo tutte le mie ore libere.
Torno vicino a te, mossa da quello che può sembrare nostalgia di esserti vicina.
- Dormi, amore mio...
Un dolcissimo pensiero mi sfiora la mente: tu che apri gli occhi e mi guardi.
Solo immaginare questo mi riempie il cuore e sorrido.
Le tue palpebre invece sono chiuse.
La mano corre, senza controllo, a posare una lieve carezza al viso abbandonato al sonno, fermandosi solo un attimo di troppo sui capelli corvini che sembrano seta sotto le mie dita.
Lo sguardo vaga lentamente sui lineamenti scolpiti, sereni.
Sono felice.
Per lui e per me.
Per fargli sopportare meglio lo stress degli ultimi ricordi, che ho dovuto far riaffiorare, ho preferito intervenire con una pozione nella tisana serale, così potrà riposare per qualche ora senza pensieri o domande.
Per il momento va bene così.
Al suo risveglio, per questo, forse vorrà dedicarmi uno dei suoi migliori sguardi in tralice, di cui mi hanno molto parlato.
In fondo, però, era l'ultimo sforzo, erano gli avvenimenti più dolorosi quelli che mi restavano da ripercorrere insieme a lui.
Un passaggio impegnativo da affrontare, per questo desideravo donargli un sonno piacevolmente sereno, per ricompensare il lungo lavoro psicologico cui l'ho costretto.
Non desideravo soffrisse troppo, ma, nonostante i miei continui sforzi, credo di non essere riuscita ad evitarlo...
Il corpo e il cuore adesso devono conoscere solo pace e tranquillità.
La pozione sapevo che avrebbe aiutato, alla fine...
Deve essere pronto. Niente più rimorsi, niente più rimpianti.
Ora solo vita.
Il pensiero non fa che accrescere il sorriso che continua a campeggiarmi sul viso.
Adesso deve aver compreso perché ho assistito con lui allo svolgersi della sua esistenza.
Avvenimenti dolorosi e felici, ogni attimo potesse fargli comprendere che il castigo è già stato scontato, lo scotto è già stato pagato.
Nessuno mi ha dato questo compito. Me ne sono arrogata io stessa il dovere.
Da quando ho incrociato il suo sguardo ho capito, e non ho mai dubitato di averlo fatto.
Ho sempre avuto ragione.
Il Severus Piton, che ho visto nascosto nei profondi ed espressivi occhi neri, è la sua vera essenza.
Lo guardo e il cuore sembra espandersi nel mio petto. Non so come, ma so che può sentirlo.
Abbasso la voce in un sussurro:
- Dormi, amore mio. Riposati per quanto ne avrai bisogno. Ciò che è chiuso nel mio cuore resterà in attesa del tuo risveglio. Senza fretta...
La mia voce spezza il silenzio della stanza mentre la mia mano cerca la sua, per stringerla, ancora una volta.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:23
 
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view post Posted on 28/10/2013, 18:55
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"Viene il mattino e poi la notte" di Kià



Prima di leggere questa storia sono andata a rileggermi Isaia, mi piace riandare a leggere alcuni punti della Bibbia, quando ne ho l'occasione, e questo mi ha fornito lo spunto necessario.
Ovviamente, poi, mi sono letta la storia che precede questa, ovvero “Sentinella, quanto resta della notte?” perché non l'avevo ancora letta, e l'ho trovata fantastica e terribile, un'introspezione straordinaria di Severus preso in un momento particolare dove hai innalzato il dolore con quei pezzi di pergamena che sono stati conforto e sofferenza, ed è quello che ho provato anch'io leggendo la storia che mi è veramente piaciuta molto, ma magari il commento a questa storia te lo faccio altrove, dove è consono, qui, torno alla storia del sorriso ^_^
Ci sono molte cose che mi hanno colpita leggendo questa storia, la prima di tutte è senz'altro il punto di vista del tutto particolare che ho apprezzato veramente tanto, perché te lo sei giocato in maniera veramente egregia, rendendo viva e reale, e protagonista, un personaggio – un animale – invece relegato al ruolo di comparsa, ma che, invece, potrebbe offrire moltissimi spunti che nessuno ha mai preso in considerazione, io in primis; basti pensare solo a quante scene ha assistito dal suo trespolo, a quanto sfoggio di sentimenti veri e profondi perché neppure ci si fa caso alla sua presenza, è invece lei è sempre lì, e c'è soprattutto quando ce n'è più bisogno.
Insomma, scrivere questa storia prendendo il mondo visto da Fanny è stato geniale e mi è piaciuto veramente tanto.
Poi tu ci ricuci una storia altrettanto bella, partendo dall'attesa in un bosco che non solo descrivi, ma fai vivere quel bosco e ci porti il lettore che impaziente attende insieme alla fenice, ma lui, lettore, può sorridere, e lo fa, perché il suo compito si fa presto chiaro, e non si può non sorridere, un muto gesto di ringraziamento verso colei che alla fine salverà Severus, portandolo tra le braccia di chi tra mille incomprensioni cerca il perdono e cerca l'affetto che, secondo me, si era solo nascosto in una parte profonda dell'essere, sradicato da una delusione e dal dolore e riemerso in un abbraccio di conforto, di lacrime, di scuse, una ninna nanna che sa di ritorno alla vita.
Due storie (questa e il racconto precedente) che sono un filo unico, contrapposte per punto di vista, ma che in realtà offrono in modo perfetto e con poche splendide parole una diversa visuale su due diverse sentinelle, accomunate da un dovere, seppur differente, che le porta a fare sempre passi avanti verso quella meta stabilita da tempo, e mai passi indietro. Sanno perfettamente cosa devono fare, lo sanno da tempo, entrambe le sentinelle sul giorno e la notte, che vegliano sugli altri e mai su se stessi, se non altro per il tempo necessario a compiere ciò che devono.
Severus se avesse potuto sarebbe morto già da tempo, ma sa che ha un compito da portare avanti, e allora continua a camminare, fiero (bellissima l'immagine nell'altra storia quando si rialza e si sistema nonostante ciò che prova dentro, nonostante gli occhi arrossati, ma lui sa che deve mantenere quell'integrità che tanto predilige, anche assumendo quell'aspetto freddo e distaccato che lo contraddistingue e che spesso non è lui); allo stesso modo Fanny si nasconde in quel bosco che sa veramente di fiaba perché non può rischiare nulla, e quando viene il momento, vola, vola verso il suo destino che conosce da tempo, vola sorridendo anche se non può farlo, la sua natura la fa piangere, ma le sue sono lacrime di vita, e quella notte le due sentinelle saranno lì tra le lacrime, tra i sorrisi, tra la vita che il pianto di una di loro ha fatto rinascere, rinascere dalle cenere di un uomo che aveva dato tutto se stesso, ma che altro può ancora dare. E ricevere.
Perché hai ridato la vita alla sentinella, e lo hai fatto in un modo veramente molto bello.
Una storia che ho trovato a dir poco stupenda e che mi è piaciuta moltissimo, che ti porta per mano verso la fine, verso la commozione, verso quel sorriso che esce tra gli occhi lucidi, questa è stata la sensazione che ho provato io leggendola, una di quelle storie che andrebbero rilette perché c'è sempre qualcosa da cogliere, un'immagine, un senso, un'emozione.
Ci sono moltissime frasi decisamente stupende che avrei dovuto citare una ad una, ma penso che la cosa migliore che si possa fare è leggere la storia, tutta quanta, anzi, tutte e due, perché per quanto dici che si può leggere senza conoscere la prima, io trovo che ci sia un sottile filo che le leghi, che lega due sentinelle diverse per specie, uguali per dovere, e leggendole tutte e due si assaporano e si apprezzano meglio entrambe, ed io l'ho fatto.
Il massimo poi è stato davvero leggermi Isaia, mi ha fatto entrare nel profondo di tutte e due le storie, respirare un'aria diversa, capirla ancora più a fondo, e devo dire che è stata un'esperienza veramente molto bella, che, visto che è tua materia, se volessi ripetere... :rolleyes:
Bella, molto molto bella, mi è piaciuta veramente tanto, e non ho altro da aggiungere.

 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 28/10/2013, 19:05




Ecco il mio sorriso.
Estratto di A.L.


“Battiti, donnicciola.”
Severus si ritrovò a fissare Alex con le sopracciglia così sollevate che se non ci fosse stato un limite per sollevarle, sarebbero arrivate fino al cielo.
“Tanto non vali niente, lo sappiamo entrambi.”
Rimase assolutamente in silenzio. Al momento non sapeva se dalle sue labbra sarebbe uscito solo un ammonimento o direttamente un incantesimo letale.
Cercò di valutare la situazione. Cosa diavolo le prendeva? Al momento stava ghignando, una mano sul fianco in atteggiamento provocante mentre con l’altra stringeva in pugno la bacchetta, senza puntargliela contro.
Per il momento.
“Cosa stai facendo?” chiese, circospetto, voltandosi verso di lei.
Vedendolo, il sorriso di Alex si allargò in reazione e Severus capì che stava cercando di attrarre la sua attenzione.
Ma dopo quell’iniziale sorriso i suoi occhi sembrarono accendersi di una rabbia improvvisa: “Cosa sto facendo?!” gridò mentre la sua espressione diventava rabbia allo stato puro. Inspirò a fondo, sollevando il petto, stringendo i pugni, e assestando la sua posizione sulle gambe sembrò prendere tutto il coraggio e concentrarlo in un’unica frase:
“Ti sto sfidando, idiota! E proprio per…”
Ci fu un lampo improvviso. Fu un istante. Non ebbe neanche il tempo di realizzarlo, e in un attimo la giovane donna perse completamente stabilità sulle gambe, i suoi piedi persero la presa al terreno, la schiena si piegò all’indietro mentre negli occhi comparve per un fuggevole istante lo stupore più totale, prima che li chiudesse per quell’impatto fortissimo.
L’incantesimo del mago la proiettò all’indietro con una tale violenza da farle perdere di mano persino la bacchetta.
Cadde all’indietro, dopo un breve volo.
E quando fu a terra, Severus si ritrovò col braccio ancora steso in avanti, la lieve percezione del mantello che gli ricadeva sulle spalle, la bacchetta che smetteva in quell’istante di vibrargli nella mano.
Non appena abbassò il braccio e tornò nella posizione iniziale, rimase immobile, come paralizzato, gli occhi fissi a guardare un punto impreciso davanti a sé.
-Merlino…- pensò impietrito – Che cos’ho fatto…-
In quello stesso attimo qualcosa scattò nella sua mente e avanzò, mentre un unico pensiero muoveva ogni suo passo: “Alex!” mormorò quasi senza voce camminando velocemente verso la persona che ancora era stesa a terra, apparentemente priva di sensi “Alexandra!” chiamò a voce più alta, sentendo le proprie pulsazioni aumentare incontrollatamente.
E in un istante le fu di fianco, in ginocchio. Aveva gli occhi chiusi, e un rivolo di sangue le usciva dal naso, il punto in cui aveva ricevuto il colpo.
Dopo alcuni attimi, aprì faticosamente gli occhi.
“… chissà che facevi… se ti lanciavo un sasso…” mormorò puntellandosi su un gomito cercando di alzarsi con la solita, sconsiderata ostinazione.
Severus l’avrebbe presa tra le braccia in quel momento, o più probabilmente uccisa, ma aiutandola a mettersi seduta l’unica cosa che le disse fu: “Sei una stupida.” Con una voce così bassa e fredda da strappare un brivido alla ragazza.
“Lo so.” Rispose passandosi una mano sotto il naso per pulire il sangue “Ah… è come se mi avesse investito un camion…”
“E’ rotto?”
“No, no...” Rispose, accettando il fazzoletto che lui le porse per asciugare il sangue, mentre Severus la teneva per il polso.
“Perché?” chiese arrabbiato oltre ogni considerevole limite a cui l’aveva mai portato.
“Che cosa ti è saltato in mente?” sibilò e dicendolo le strinse il polso così forte che l’espressione di lei rivelò una traccia di paura molto più visibile del sangue che le stava uscendo dal naso.
Allontanò il fazzoletto e lo guardò con rassegnazione.
Dopo qualche istante parlò: “Per farti vedere quanto siamo simili e incontrollabili. Quanto c’è di animale anche in te.”
Severus la guardava, l'oscurità dei suoi occhi trafiggeva il verde di quelli di Alex come se avesse voluto scavarvi un solco profondo, un abisso in cui sprofondare per sempre.
“Guarda i tuoi limiti, Severus.” Disse mentre il mago la fissava con uno stupore che continuò a nascondere dietro la maschera inflessibile del volto pallido. “Guardali e cerca di superarli. Per il bene di tutti.”
Come se fosse stato sconveniente toccarla, le lasciò andare subito il polso e, senza dire una parola, si ritrasse. In pochi istanti si alzò, continuando a fissare quei maledetti occhi verdi.
"Nessun animale, Alex." rispose scandendo bene ogni parola "Solo una punizione esemplare per chi si comporta come tale."
Mentre sentiva delle voci alle sue spalle e rumore di passi di corsa, prima che Alex avesse il tempo di uscire dallo sbigottimento e ribattere, le voltò le spalle e se ne andò.
 
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view post Posted on 29/10/2013, 08:24
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Quand'è che ti decidi a pubblicarlo?????
Questi brani solo solo uno zuccherino che lascia insoddisfatti, perchè io ogni volta mi chedo cosa viene dopo e cosa c'era prima?
Alex dice una frase che mi ha colpito
CITAZIONE
Guarda i tuoi limiti, Severus.” Disse mentre il mago la fissava con uno stupore che continuò a nascondere dietro la maschera inflessibile del volto pallido. “Guardali e cerca di superarli. Per il bene di tutti.”

tu sai quanto mi piace l'umanità imperfetta di Severus, vero?
p.s. Magari a capitoli, così non ci sono 800 pagine insieme da leggere... :P
 
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n. 26

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Limbo di cartone

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'incantesimo aveva funzionato.
Ora era in quel limbo e doveva solo dargli una possibilità.
Parole: 1.013

Limbo di cartone

Maggio 1998
Luogo sconosciuto




La collina era silenziosa, deserta, quasi spettrale.
La strega si guardava attorno stupita, curiosa e spaventata allo stesso tempo.
Conosceva quel posto, l'aveva visto nel pensatoio appartenuto a Silente solo qualche minuto prima. O forse erano passate ore, era difficile scandire il tempo in quel luogo lontano dalla vita, ma anche dalla morte.
Fece qualche passo sulla strana erba verde priva di ogni profumo, non era morbida e fresca come si poteva immaginare. Sembrava dura, come se quel posto fosse stato disegnato; un bel disegno, ma irreale.
Il sole stava tramontando, avvolgendo tutto con la sua luce arancione; una luce spenta, fredda nonostante il colore, quasi malinconica. Le ricordò le foto ingiallite della sua bisnonna.
Non era esattamente questo quello che si era immaginata.
Non c'erano luci calde accecanti. Niente coro angelico. Niente volti sorridenti.
Non era esattamente l'inferno, ma neppure il paradiso.
La donna percorse il piccolo viale di terra battuta che conduceva al parco giochi nascosto dietro gli alberi dalle statiche chiome di un verde spento. Si bloccò a metà strada vedendo una figura vestita di nero seduta su una delle piccole altalene.
Le si mozzò il respiro in gola.
Era lui.
L'aveva trovato.
Camminò più veloce, raggiungendolo in pochi passi.
Il mago che era andata a cercare, in quel limbo tra il paradiso e l'inferno, sedeva con lo sguardo basso, i lunghi capelli neri a coprirgli il volto come una maschera.
Deglutì rumorosamente, non sapendo bene cosa aspettarsi o cosa dirgli.
- Professore... - lo chiamò timidamente facendo un passo avanti.
Nessuna risposta dall’uomo, neppure un cenno. Era come se non l’avesse né vista né sentita.
- Professore... - alzò la voce e fece un ulteriore passo – professore, mi sente?
L'altro rimase fermo nella sua posizione, dava l'impressione di essere una bambola di pezza abbandonata su quell'altalena da qualche incauta bambina.
- Professor Piton... - la strega strinse i pugni, non si sarebbe arresa così facilmente, era arrivata fin lì, doveva tentare per tutto il tempo che le restava in quel mondo tra i mondi, deglutì di nuovo – Severus...
Al suono del suo nome il mago alzò la testa di scatto.
La strega aprì la bocca per dire qualcosa, ma di fronte a quello sguardo speranzoso rimase senza parole.
- Lily...
Le si strinse il cuore nel sentire quell'unico nome sibilato con passione e disperazione.
Aspettava la madre di Harry.
Era logico in fin dei conti.
- No... professore non sono Lily. Mi dispiace.
E c’era vero dispiacere in quelle parole, avrebbe voluto essere lei. Dargli quella gioia, perché lui lo meritava. Aveva attraversato l’inferno per lei. Ed ora era lì. Disperato su quell’altalena, in un mondo immobile tra la vita e la morte. In un mondo finto avvolto da una tenue, fredda luce.
Solo. Come sempre.
Per tutto questo tempo, Severus?
Sempre.

Le parole di Silente avevano preso tutto un altro senso.
Il mago la fissò intensamente, ma sembrò non riconoscerla.
- No, non sei Lily. - era come un pensiero detto ad alta voce, si mise le mani tra i capelli e chinò il capo tristemente – Non verrà... ha scelto... di nuovo... e io che la sto aspettando da così tanto...
La strega avrebbe voluto piangere, sentiva la disperazione nella sua voce, aveva visto la delusione spegnere la fiamma della speranza nei suoi occhi neri, sentiva il suo dolore. Più era forte, più il mondo attorno a loro sembrava morire e spegnersi.
La donna sentì l'erba sotto i piedi sgretolarsi come se fosse di cenere.
- … così tanto... - singhiozzò Piton sull'altalena scuotendo il capo.
La fioca luce fredda del finto sole sembrò diventare ancora più informe.
- Professor Piton, la prego, deve ascoltarmi.
Il mago sollevò di nuovo la testa, lo sguardo velato dalla disperazione della consapevolezza di essere abbandonato nella morte, come nella vita.
- Professore?
- Lei é il Preside di Hogwarts. Se lo ricorda?
- Io... - si afferrò di nuovo la testa con le mani come se avesse una forte emicrania, ma non era certa che in quel luogo si potesse provare dolore. Non fisico almeno.
- Sa chi sono io? - insistette cercando di attirare la sua completa attenzione.
Il mago sollevò lo sguardo incrociando quello della strega.
- No. - disse con un soffio.
- Mi chiamo Hermione, Signore. – rispose portandosi una mano sul cuore - Hermione Granger.
Severus sembrò valutare le parole.
- Hermione... Granger... - ripeté lentamente.
Continuò a fissarla mentre lei si avvicinava fino a quando non gli fu davanti; le sottili labbra del mago continuavano a sillabare il suo nome, come se cercasse di afferrare un ricordo lontano.
Si chinò leggermente.
- Se preferisce insopportabile SoTutto, Signore.
Il mago sgranò gli occhi.
Hermione sorrise vedendo la scintilla della consapevolezza illuminare i suoi occhi di ossidiana.
Per un secondo pensò che erano belli. Che non erano per nulla simili a quelli che ricordava.
- Granger! – gridò, scattando in piedi e costringendola a fare un passo indietro. L'altalena dondolò alle sue spalle. Si guardò attorno disorientato. Lo vide passarsi una mano sulla gola e poi la guardò di nuovo – Sono morto.
Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto.
Hermione fu stupita dal tono di voce del mago, non c’era stupore, non c’era disperazione, ma solo la triste consapevolezza della realtà.
Era morto.
- Sì - confermò – lei è morto.
Severus Piton sollevò un sopracciglio fine, aveva la stessa espressione anche in classe quando le risposte degli studenti non erano complete o approfondite nel modo giusto. O nel modo che lui riteneva giusto.
- Io no. - continuò lei sostenendo il suo sguardo.
Fu solo allora che l’attenzione del mago fu totalmente su di lei.
Hermione, per la prima volta da quando aveva messo in pratica il suo folle piano, arrossì. Mai nessuno l’aveva guardata con così tanta intensità.
- Che cosa hai fatto, Hermione?
Anche il suo nome, detto con quella voce, lo trovò bello. Lei che aveva sempre trovato il suo nome troppo complicato.
La strega sorrise di nuovo e si avvicinò a lui.
- Sono qui per darle una scelta.
 
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view post Posted on 29/10/2013, 12:19
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The mirror of my dark side di Sara



Quello che mi colpisce sempre delle tue storie è la naturalezza con cui narri un avvenimento, con cui delinei i vari personaggi, originali e non, che non mi sembra affatto una fan fiction, un qualcosa di slegato dalla storia originale frutto solamente della fantasia di una fanwriter, ma mi da proprio l'impressione di essere una parte integrante del libro stesso, e io lo trovo stupefacente, ed è una cosa che ogni volta mi lascia un incredibile sapore sulle labbra.
Inoltre inserisci Deirdree, il tuo personaggio originale, che ad ogni storia mi piace sempre più, e ad ogni storia ho sempre l'impressione che non sia affatto un personaggio originale, ma può tranquillamente essere inserito nel contesto originale di Hogwarts, una personale reale nella vita di Severus, una vera amica che gli è sempre rimasta accanto e che ha continuato ad amarlo giorno dopo giorno, ed è talmente scritto bene in ogni suo punto (introspezione, dialoghi, gesti, emozioni), che da veramente il sentore di continuare a leggere il libro, ed è, ovviamente, una di quelle cose che chiunque avrebbe voluto leggere, altro che Stamberga :cry:
in questa storia consegni a Severus l'inizio di una nuova vita, la possibilità di essere di nuovo – o meglio, finalmente – felice, perché quando si ha accanto una persona che ci è simile per certi aspetti, che ci completa, che riesce a farci sorridere e ridere, non c'è lontananza che tenga, non ci sono anni di separazione che valgano, perché l'affetto che ognuno di noi si porta dentro per qualcun altro, se è realmente sincero e profondo, niente e nessuno potrà mai riuscire a cancellarlo dal nostro cuore e dalla nostra anima.
E Deirdree e Severus sono due galassie simili che si sono allontanate, ma la forza che sempre li ha uniti non gli ha permesso di allontanarsi troppo e perdersi, perché sono ancora lì, nonostante il tempo, il dolore e le avversità, adulti e maturi, ma in realtà come se ancora fossero due ragazzi che si chiudevano in biblioteca a studiare o si libravano alti nel cielo sulle loro scope, spensierati e felici nella loro giovinezza, in quel tempo in cui il buio non era ancora ben radicato in nessuno dei due.
Ed è come se fossero tornati lì, a quel periodo, ma la sofferenza che si portano addosso è qualcosa di difficile da combattere nella solitudine, quell'anima squarciata è più facile da rimarginarsi se qualcuno ci è balsamo per le nostre ferite.
E lo fai, ripeto, con una naturalezza disarmante.
Entrando nel profondo di entrambe, facendo entrare chi legge nel profondo di entrambi, percepire i loro pensieri, sentire i loro tormenti e ridere quando loro ridono, ed è terribile quando Severus le afferra il braccio e le vede il Marchio e le cicatrici, mi sono bloccata, ho sgranato gli occhi è sofferto con lei, ho sofferto con Severus, con tutti e due e ho sentito le loro anime che di nuovo stavano cadendo in un baratro sempre più profondo, ed ho sentito la mia fare lo stesso, per Severus e per Deirdree.
Ma è forte Deirdree, ed è forte anche Severus, solo che lui deve conoscere a fondo i veri sentimenti, e lei sarà lì per insegnargli ad amare ed essere amato, ad essere felice, a rendere felice qualcuno, a sorridere e a far sorridere, a lasciarsi il passato alle spalle, portarlo sempre con sé come un tesoro da custodire, perché il passato non si dimentica, ma ci si convive e si va avanti.
Lei sarà lì, ed anche Severus, ed io con loro, perché la loro storia sono convinta che abbia ancora molto da dire e da dare, a loro e a chi legge.
Ed io starò qui nell'attesa che una certa autrice voglia ancora narrarmi le gesta di Deirdree e Severus, passate, presenti e future :D (lo sai che sono scassaballe e ogni tanto ti punzecchio :P :P :P)
Avrei altre mille cose da dire su questa storia, frasi da citare e quant'altro, ma, anche in questo caso, credo che la cosa migliore che si possa fare è leggere la storia, leggerla a fondo, e viverla, perché questa non è solo una fan fiction e Deirdree non è solo un personaggio originale.
Veramente, veramente molto bella, ma d'altronde, Sara, tu non mi deludi mai ^_^
 
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view post Posted on 29/10/2013, 15:49
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CITAZIONE (chiara53 @ 29/10/2013, 08:24) 
Quand'è che ti decidi a pubblicarlo?????
Questi brani solo solo uno zuccherino che lascia insoddisfatti, perchè io ogni volta mi chedo cosa viene dopo e cosa c'era prima?

Posso dire di essere assolutamente d'accordo con quanto detto da Chiara? :woot: :D :P
 
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Solo per memoria ripropongo il calendario. Severus ha diritto ogni giorno al suo sorriso :lovelove: :lovelove: :lovelove: Guai a dimenticarsene! :D



Prenotazioni per la 43a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 30: Ida/Leonora (43)
Giovedì 31: Ida/Leonora (43)
Venerdì 1 Novembre: Anastasia (4 di 12)
Sabato 2 Novembre: Anastasia (5 di 12)
Domenica 3 Novembre: Monica (41)
Lunedì 4: Elly (2 di 16)
Martedì 5: Elly (3 di 16)



Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 6: Ida/Leonora (44)
Giovedì 7: Ida/Leonora (44)
Venerdì 8: Anastasia (7 di 13)
Sabato 9: Anastasia (8 di 13)
Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (4 di 16)
Martedì 12: Elly (5 di 16)



Prenotazioni per la 45a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 6: Leonora (45)
Giovedì 7: Ida (45)
Venerdì 8: Anastasia (9 di 13)
Sabato 9: Monica (43)
Domenica 10: Monica (44)
Lunedì 11: Elly (6 di 16)
Martedì 12: Elly (7 di 16)




Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Lista d'attesa

Monica, da inserire nel primo sabato libero.
Angela/Yana96
pingui79



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:24
 
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view post Posted on 30/10/2013, 16:01
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Autore/data: Alaide – 28 agosto – 3 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Le menzogne sarebbero presto crollate. Di questo Severus era ormai certo.
Dalla lettera della bambina emergeva, accanto al sorriso affettuoso, un sorriso incerto, il bisogno di essere confortata.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a costruire una nuova menzogna.
Nota: La storia è il continuo di Dubbi.
Parole: 1588

Sinfonie.
19. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Terzo movimento. Disvelamento


10 aprile 2004
Caro Severus,
ho un dubbio. La mamma di Mary mi ha detto che potrei venirti a trovare, se fossi accompagnata da un adulto.
Però, forse, il tuo ospedale usa regole diverse.
Oppure è colpa del direttore dell’orfanotrofio? Melusine mi ha sempre detto che lui non avrebbe mai dato il consenso.
Ma non posso dirgli che è veramente molto importante?
Forse capirebbe.
Brian mi ha detto che anche lui vorrebbe incontrarti.
Mi piacerebbe presentarti al mio migliore amico.
Ti voglio tanto bene,
Judith
Le menzogne sarebbero presto crollate. Di questo Severus era ormai certo.
Dalla lettera della bambina emergeva, accanto al sorriso affettuoso, un sorriso incerto, il bisogno di essere confortata.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a costruire una nuova menzogna.
Forse avrebbe dovuto semplicemente rivelare la verità. Dirle ciò che aveva fatto ed il modo in cui l’aveva abbandonata.
Prese in mano un foglio, ma non riuscì a scrivere nemmeno una parola, fatto salva la data.
Le parole della lettera della bambina gli sembravano gridare ciò che sarebbe accaduto. Judith avrebbe finito per odiarlo, perché l’aveva lasciata sola, perché aveva compiuto l’ennesima scelta sbagliata.
Sapeva che la signorina Fairchild sosteneva il contrario, ma non voleva illudersi.
L’aprirsi sferragliante della porta, lo distolse dalla lettera di Judith. Alzò il capo, senza riporre il foglio nel cassetto, incontrando il sorriso dolce e gentile della signorina Fairchild, quel sorriso che conteneva la promessa che la donna gli aveva fatto anni prima, una promessa che poteva infrangersi, quando avrebbe scoperto tutto ciò che lui aveva veramente compiuto. Allora, con ogni probabilità, la signorina Fairchild avrebbe compiuto la scelta ragionevole e sarebbe tornata in seno alla sua famiglia.
Judith capirà tutto fra non molto. Ed allora comprenderà anche che io l’ho abbandonata, l’ho lasciata sola. E mi odierà.
Melusine non rispose subito. Era la prima volta che Severus iniziava una conversazione – fortunatamente per iscritto – e questo le permise di comprendere quanto quell’eventualità preoccupasse l’uomo.
Eppure non aveva scritto nulla circa i genitori della bambina. Melusine voleva credere che l’uomo non si sentisse più responsabile della loro morte, ma temeva che quel senso di colpa fosse stato unicamente sorpassato da quello che emergeva dalla lettera.
Il rimorso per aver lasciata sola la bambina.
«Non l’ha abbandonata, Severus.» disse, poco dopo, osservando l’uomo. «E Judith lo sa. Parla sempre delle lettere che le spedisce, dei consigli che le ha dato. Sono certa che non arriverà mai ad odiarla.»
«Il senso di tradimento porta all’odio, signorina Fairchild. Ho mentito a Judith e l’ho ingannata. Si sentirà tradita e mi odierà.» affermò l’uomo, senza quasi rendersi conto di aver parlato, invece di aver risposto per iscritto, come ormai faceva sempre da diversi mesi.
«Judith le vuole bene come ad un padre, Severus.» disse la donna, con un sorriso dolce e triste allo stesso tempo. «Sono certa che non la odierà mai, così come sono certa che io non smetterò mai di venirla a trovare in questa cella, dove non merita di trovarsi.»
L’uomo non disse, né fece nulla per diverso tempo. Avrebbe voluto credere alle parole della signorina Fairchild, credere nel perdono di Judith.
Eppure non riusciva a farlo.
O forse temeva unicamente che il dolore ed il rimorso, che avrebbero seguito l’illusione, lo avrebbero definitivamente distrutto.
Era ciò che meritava.
Per quello che aveva fatto a Judith, abbandonandola a se stessa.
Per quello che aveva fatto della sua vita, quando aveva scelto di prendere il Marchio Nero.
La bambina non gli avrebbe più sorriso.
Forse anche la signorina Fairchild non gli avrebbe più sorriso.
Avrebbe dovuto scegliere la sua famiglia, signorina Fairchild, quel giorno.
Ed è ancora in tempo di farlo, quando saprà la verità su di me, quando saprà esattamente ciò che ho fatto.
«Sono certa di aver compiuto la scelta giusta, quel giorno.» affermò Melusine, chiedendosi per quale motivo l’uomo avesse portato il discorso da Judith a lei.
Severus si attendeva una risposta del genere, ma sapeva anche che l’opinione della donna sarebbe cambiata, quando avesse saputo.
«Legga.» disse, allungandole un plico di fogli, che aveva estratto dal cassetto del tavolo.
Aveva scritto quelle righe tempo prima, quando aveva iniziato ad accarezzare l’idea di rivelare tutto alla signorina Fairchild. Forse quello era il momento giusto, così prossimo al giorno in cui Judith avrebbe scoperto fino a che punto ne aveva tradito la fiducia.
Non sapeva quale reazione aspettarsi dalla donna. L’aveva sentita più volte dirgli che non gli avrebbe voltato le spalle, l’aveva vista sorridergli colma di perdono il giorno in cui il giudice le aveva mostrato le foto dei genitori di Judith.
Non era affatto certo che le sue certezze sarebbero sopravvissute alla rivelazione delle sue terribili colpe.
«La magia…» mormorò Melusine, alzando il capo dai fogli che le aveva dato Severus. «… è quello che è accaduto quando era qui mio padre? Le parole che lei aveva scritto, mentre ero presente, erano scomparse.»
«Esattamente, signorina Fairchild.»
«Mi sembra difficile immaginare l’esistenza di un mondo che esiste, ma di cui ignoriamo completamente l’esistenza.» aggiunse la donna, facendo scivolare carta e penna verso l’uomo, sperando che tornasse a scrivere com’era avvenuto all’inizio dell’ora. «Eppure non posso pensare che lei stia mentendo su qualcosa del genere. Forse, però…»
Quella era una reazione che aveva previsto, si disse l’uomo. Era certo che la signorina Fairchild gli avrebbe chiesto di dimostrare l’esistenza della magia. Era qualcosa di assolutamente comprensibile e sensato.
Ne osservò il volto, mentre eseguiva un semplice incantesimo, per quanto abbastanza vistoso per convincere la donna che il Mondo Magico esisteva veramente.
Melusine annuì soltanto, cercando di non pensare troppo a ciò che aveva visto, alla verità che aveva scoperto.
Per quello ci sarebbe stato tempo dopo.
Ciò che le premeva in quel momento era poter ribadire la sua promessa a Severus, qualsiasi cosa avesse letto in quelle pagine.
Proseguì nella lettura, notando quanto l’uomo fosse stato spietato con se stesso, quasi volesse porre in risalto qualsiasi colpa commessa, centuplicarla, quasi.
Parola dopo parola, pagina dopo pagina, sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma tentò di non versarle, fino a quando una prima stilla non le colò lungo la guancia, andandosi a depositare sul foglio che teneva in mano in quel momento.
«Ha rischiato enormemente salvando la vita di Judith.» mormorò improvvisamente Melusine, distogliendo gli occhi dalla scrittura dell’uomo, gli occhi lucidi di pianto. «Se ti avessero scoperto…» la voce le morì in un bisbiglio.
Severus la stava fissando immobile, silenzioso.
Aveva notato lo stupore iniziale, lo stupore della scoperta dell’esistenza della magia, aveva notato la concentrazione con cui la donna leggeva, aveva notato gli occhi che si inumidivano, aveva notato le lacrime, aveva udito quelle poche parole.
Aveva scritto tutto.
Forse aveva rivelato più alla signorina Fairchild che non a Potter, quando gli aveva donato i suoi ricordi.
Le aveva detto ogni cosa ed era stato spietato nel farlo.
Si era fatto a brandelli, aveva riversato in quelle righe il peso insopportabile delle sue colpe.
La signorina Fairchild avrebbe dovuto andarsene già da tempo.
Invece stava continuando a leggere, le gote rigate di lacrime che cadevano sulla narrazione delle terribili azioni che egli aveva commesso.
E per un attimo gli sembro che quelle lacrime, bagnando l’inchiostro, lavassero in qualche modo il sangue che gli macchiava le mani.
«Come potrei pentirmi di averti scelto, Severus, quel giorno in cui mio padre è entrato nella tua cella?» mormorò Melusine, posando, con mani tremanti i fogli sul tavolo scheggiato che li divideva. «Ho letto ogni singola parola. Ho letto dei tuoi errori, ho letto del tuo rimorso, ho letto del tuo coraggio, ho letto di ciò che sei stato disposto a fare, nonostante il prezzo che questo richiedeva. Ho letto ogni singola parola e sono ancora più convinta che la mia scelta sia quella giusta.»
E gli sorrise,
Un sorriso che, come le lacrime che ancora le rigavano le gote, sembrava voler lavare il sangue che gli macchiava le mani, le colpe che gli laceravano l’anima.
Un sorriso colmo di perdono, così simile a quello che era apparso sulle labbra della signorina Fairchild il giorno in cui il giudice le aveva mostrato le foto dei genitori di Judith.
E, per un attimo, gli parve di essere sfiorato da quel perdono che gli era sempre sembrato precluso.
E, per un attimo, assaporò la pace che aveva gettato al vento, quando aveva deciso di denunciarsi per l’omicidio dei genitori di Judith.
E, per un attimo, gli sembrò di vedere qualcosa di molto simile all’affetto nel sorriso di Melusine.
Il sorriso colmo di perdono della donna parve aleggiare per diverso tempo nell’angusta cella, anche dopo che la donna se ne fu andata.
Forse anche Judith avrebbe potuto perdonarlo, forse anche Judith gli avrebbe sorriso ancora, dopo che avesse saputo.
Per un breve istante gli sembro che non tutto era perduto, che, in un qualche modo, sarebbe riuscito a riconquistare la possibilità di una vita pacificata.
Forse poteva sperare.
Il sorriso della signorina Fairchild gli era parso quanto mai simile al sorriso di Judith, quel sorriso che gli aveva rivolto fin dalla prima volta in cui l’aveva visto, quando egli non l’aveva ancora riconosciuta.
Eppure era anche sottilmente diverso, per quanto gli sfuggissero le motivazioni di quella sensazione.
Nel sorriso della signorina Fairchild aveva letto il perdono, aveva letto la sua promessa.
E quel perdono avrebbe voluto leggerlo in Judith, in una sua lettera o, se mai fosse stato possibile, in un suo sguardo.
Ed in quel momento seppe cosa avrebbe dovuto scrivere a Judith.
 
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