Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 22/10/2013, 22:27
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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CITAZIONE (pingui79 @ 22/10/2013, 23:07) 
Sono curiosa anch'io di saperlo, l'ho scritto anche più su: ohi... su 37 storie prima o poi arriva quella no.

La storia è molto bella, come tutte le tue, a dire il vero... però solo per chi riusciva a capire e poteva apprezzarla.
E per questo che mi sono arrabbiata tantissimo quando alla fine ho capito: per tutto quello che mi sono persa e che in nessun modo ora posso più riavere, mannaggia! :angry:


Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:18
 
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view post Posted on 22/10/2013, 22:28
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CITAZIONE (chiara53 @ 19/10/2013, 18:33) 
Viene il mattino e poi la notte di Kià

Esco da questa narrazione con il sole negli occhi, forse è il sole così luminoso a farmi lacrimare o forse è la consapevolezza di avere assistito ad un piccolo miracolo.
Una prosa fluida e descrittiva che prende i sensi e il cuore fa da cornice ai sentimenti e ai pensieri.
Non c’è altro in questo secondo capitolo di un vero gioiello.
Forse hai usato sortilegi stilistici e ritmi di parole scelte con cura, ma sinceramente ho apprezzato l’insieme. In questo brano il livello di emozioni e sensazioni è stato evocato con semplicità, eppure è talmente profondo il tuo pensiero che lascia stupiti ed estasiati.
Sono stata Fanny, Minerva, Harry sono stata parte della vita del bosco e quando la lettura è finita ho avuto bisogno di ripeterla, gustando parola per parola, simbolo per simbolo quello che hai scritto.
Complimenti di cuore e con affetto.
Sei davvero brava.

Riporto qui quello che ho scritto e che penso, alla prima veloce lettura non ho avuto chiaro che fosse Fanny, ma io sono una che legge di corsa e comunque gusto rileggendo, perchè altrimenti mi perderei il meglio. Lo faccio con quasi tutte le storie. Mi sembra sia Hermione che ricevendo un libro da Severus andava subito a leggere la fine, perchè così poteva leggersi il libro con calma e senza l'ansia di vedere come va a finire. :P
Le emozioni delle descrizioni, però, mi hanno colpito subito e lì anche Ida mi pare d'accordo.
 
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arcady
view post Posted on 22/10/2013, 22:35




Ce l'ho fatta, a stento ma ce l'ho fatta. Scusate l'ora ma non ho potuto fare di meglio.
La storia qualcuno la conosce già, la scrissi per un turno di "la poesia ispira la prosa" ma è stata da me stravolta e sistemata in più punti.


Titolo: The mirror of my dark side
Autore/data: Arcady 08/11/2011 (riveduta completamente tra il 10 e il 22 Ottobre 2013)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, romantico
Personaggi: Severus Snape, Personaggio originale
Pairing: Severus Snape - Personaggio originale
Epoca: Post libro 7
Avvertimenti: AU: Severus è sopravvissuto al morso di Nagini
Conteggio parole: 4176
Riassunto: “ Anime vuote, al posto delle quali si estendevano profondi buchi neri. Inutile tentare di risvegliare qualcosa di morto: questo pensavo di me e di te, allora.”

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.














The mirror of my dark side



Ero in cupi sogni,
fissavo la sua immagine,
e il volto amato
prese per incanto a vivere.



“ Ciao, Severus.”
Una donna alta ma piuttosto esile si fece avanti, uscendo dal cono d’ombra della porta semi aperta dell’ufficio del Preside.
Aveva fatto giusto un passo all’interno della stanza ed era rimasta lì, con un sorriso silenzioso sulle labbra, aspettando di vederlo alzare la testa; le mani erano infilate fino in fondo alle tasche della giacca di pelle nera che indossava sopra un morbido maglione di un brillante verde smeraldo, sotto portava un semplice paio di jeans scoloriti infilati dentro pesanti stivali scuri.
Severus Snape alzò gli occhi su di lei, incuriosito da quel saluto così confidenziale, e provò una strana sensazione di deja-vù quando incrociò lo sguardo vivace che lo ricambiava fiero.
Gli bastarono pochi secondi, e alla figura matura che aveva di fronte, si sovrappose il ricordo della ragazza gesticolante e iperattiva che era stata la sua più cara amica, nel periodo in cui aveva frequentato quella stessa scuola.
“Deirdree?.. ” sussurrò, quasi parlasse a se stesso, abbandonandosi allo schienale della poltrona.
Rimase per un lungo momento incredulo e muto di fronte alla donna che aveva preso il posto della ragazza che ricordava, sparita durante il loro ultimo anno ad Hogwarts, poi , rendendosi conto di risultare piuttosto buffo nel suo mutismo, riprese: “Ammetto di essere stupito: non immaginavo di rivederti davvero.”
La guardò ancora per un po’ in silenzio, con un sorriso appena accennato ad increspargli le labbra, poi si riscosse definitivamente ,“e soprattutto non immaginavo di dovermi rivolgere a te con il nome…” Severus spostò l’attenzione sulle pergamene sistemate ordinatamente sulla scrivania di quercia a cui era seduto “vediamo …” scartabellò un po’ poi, quando trovò quello che stava cercando, scorse il documento fino all’ultima riga, dove il mittente si firmava. “Signora Eunice Murray, a quanto pare.”
“Beh, è senz’altro un bel nome, e comunque signorina, grazie.” borbottò sorridendo la donna, e parlando estrasse le mani dalle tasche della giacca per appoggiarle sui fianchi, con sollievo.
“Sieda pure, signorina Murray,” proseguì Severus, con una punta d’ironia.
“Oh, Severus, andiamo: sei ancora così tremendamente permaloso?” scherzò la donna prendendo posto sulla poltrona che le era stata offerta: il suo tono era canzonatorio, ma ad ascoltarla attentamente, si avvertiva il nervosismo e l’aspettativa riposta in quell’incontro.
Il Preside le rivolse un’occhiata pungente, poi appoggiò i gomiti sulla scrivania e intrecciò le dita davanti alle labbra.
“Allora, hai fatto richiesta per la cattedra di Volo recando referenze assolutamente improbabili e, come ho avuto conferma qualche minuto fa vedendoti entrare, anche un nome chiaramente falso: normalmente non mi sarei neanche preso il disturbo di indagare, ma poi ho ricordato.”
Severus fece una pausa per controllare la reazione della donna, che lo scrutava con aria imperturbabile, poi si appoggiò pesantemente allo schienale della poltrona mostrando un divertito ghigno di trionfo e aggiunse, scandendo le parole: “Montrose Magpies *”.
“Te ne sei ricordato! Dovevo immaginarlo … “, Deirdree spalancò la bocca in quel suo modo infantile ed esagerato - questo non era affatto cambiato – poi ridacchiò e appoggiò le spalle allo schienale, incrociando le braccia al petto.
“Come avrei potuto dimenticarmene?” rispose Severus con tono sarcastico. “Con te era sempre un cianciare di quanto fosse imbattibile quella squadra, e quanto fosse stata leggendaria quella Cercatrice”.
“Ma è stata leggendaria!” puntualizzò Deirdree, battendo il dito sul piano della scrivania.
“Ti credo sulla parola,” ammise Severus alzando le mani. “Ma adesso gradirei mi fosse chiarito il motivo per cui hai messo in piedi questa farsa,” aggiunse poi, facendosi più serio.
Deirdree rimase per un po’ in silenzio puntando lo sguardo tra le pergamene ordinate sulla scrivania. “Pensavo non avresti voluto vedermi se mi fossi presentata con il mio nome: in fondo sono sparita da un giorno all’altro, senza darti spiegazioni,” rispose, con un’alzata di spalle.
“Dì pure da un minuto all’altro, è un quadro più realistico”.
“Tu non dimentichi mai nulla, eh?”
“Infatti.” Rispose, asciutto, Severus.
“E comunque so benissimo com’è andata, non c’è bisogno di infierire”.
“Io credo, invece ,che ce ne sia assolutamente bisogno,” puntualizzò Severus. “Ma passiamo oltre, per il momento: se vorrai rimanere in questa scuola, dovrai dirmi la verità, non tollererò altre messinscene né bugie”
“Questo significa che mi permetterai di insegnare?”Il viso di Deirdree si illuminò in un sorriso raggiante.
“Se in questi anni non ti sei arrugginita troppo, non vedo chi meglio di te possa sostituire madama Hooch: ti ricordo come un’ insegnante più che discreta, e un’ottima Cercatrice.”
“Oh, troppo gentile Preside Snape,” asserì Deirdree con un leggero inchino del capo.
Severus alzò un sopracciglio e poi la studiò, dubbioso: non poté fare a meno di notare come, gli occhi naturalmente vitali di Deirdree, erano ora attraversati da un riflesso nuovo, opaco.
“Rispetterò le tue scelte e non indagherò né ti farò domande sul tuo passato e su questi anni in cui sei sparita,” spiegò con calma Severus mentre Deirdree si irrigidiva “ma vorrei almeno conoscere il motivo del tuo ritorno, e soprattutto: perché solo adesso?”
Deirdree riempì d’aria i polmoni poi, espirando, stirò le labbra in un sorriso nervoso.
“Il posto di insegnante di Volo non è la causa principale che mi ha condotta qui, anche se sono più che lieta di poter insegnare e ti ringrazio ancora molto per quest’opportunità,” sottolineò la donna per prendere tempo. “Il vero motivo è un altro”.
Deirdree si interruppe per qualche secondo, lasciando vagare lo sguardo intorno: sui ritratti dei vecchi presidi di Hogwarts, appesi alle pareti grigie- stavano sonnecchiando tutti, al momento - sulle librerie zeppe di volumi fin quasi a piegare le mensole di mogano, e sui vari oggetti strani e d’uso perlopiù sconosciuto che trovavano posto nelle numerose teche sui lati della stanza .
“Sono stata lontana dal nostro mondo per anni: ne ho rifiutato ogni tipo di contatto, anche quello di mia madre; mi sono creata una nuova identità tra i Babbani e ho vissuto in modo accettabile.”
Deirdree parlava adagio, misurando ogni parola.
“Dopo tutti questi anni ho scoperto che quello che si era imposto come braccio destro del più potente Mago Oscuro di tutti i tempi e, come tale, qualcuno da temere e soprattutto da non amare, era ancora un uomo giusto.” Fece ruotare di nuovo lo sguardo sul viso di Severus e proseguì.
“Ti sei dimenticato della tua umanità per anni, per difenderti. L’hai lasciata indietro, agonizzante, tanto eri proteso verso quel potere su cui avevi puntato tutto, ma io non ho scuse per aver creduto al Severus senza cuore, per essermi fatta ingannare da quel maledettissimo Marchio Nero.” Deirdree rimase in silenzio per un po’ad osservarlo, mentre un leggero formicolio all'avambraccio sinistro cominciava a farsi sentire.

Severus strinse le labbra e incassò senza commentare, e dopo qualche secondo aprì il cassetto alla sua destra ed estrasse una bottiglia di FireWhiskey e due bicchieri bassi e squadrati, appoggiando il tutto sull’angolo sgombro del piano della scrivania.
“Gradisci qualcosa da bere? L’orario è consono e la situazione lo richiede.”
La donna declinò l’offerta e lo osservò mentre si versava un generoso bicchiere di liquore.
“Non speravo di suscitare una reazione diversa da questa, sai?”
“Non ho avuto nessuna reazione,” rispose Severus irritato, agitando leggermente la mano che reggeva il bicchiere.
“Appunto.” Poi Deirdree aggrottò le sopracciglia e aggiunse: “Anche se, se posso permettermi: l’alcool è una reazione”.
“Sai, Deirdree,” replicò Severus con malcelata irritazione. “Io mi vanto di essere un uomo profondamente riflessivo e paziente, ma la tua capacità di innervosirmi è, ancora oggi, incredibile!”
Deirdree allargò le labbra in un sorriso beffardo. “Sei in vena di complimenti?”
Severus sospirò e chiuse gli occhi per un momento rimanendo in silenzio, quindi Deirdree continuò, rifacendosi seria.
“All’epoca non hai mai voluto affrontare l’argomento con me, ma io avevo capito che stavi considerando l’idea di unirti a … a Lui,” poi spostò il busto in avanti e appoggiò le mani sul piano di legno, parlando più piano. “Perché hai scelto di parlarne con lei, e non con me?”
Severus spalancò gli occhi, turbato da quella domanda, poi bevve un sorso di FireWhiskey e appoggiò con calma il bicchiere sul piano di quercia, continuando a tenerlo stretto in mano.
“Non avevo paura della reazione di Lily, sapevo cosa avrebbe detto ancora prima che lo dicesse, era così dannatamente Grifondoro,” fece un sorriso triste, appena accennato. “Per lei i compromessi non esistevano. E come avrebbe potuto essere il contrario? Non aveva mai avuto veramente bisogno di cedervi. Ricordo il giorno in cui le ho parlato delle mie intenzioni: è stato un completo disastro, la linea invisibile che ci separava da tempo ha preso consistenza nelle mie parole, quel giorno, dopodiché è stata una veloce e penosa discesa verso la fine”.
Deirdree ascoltò in silenzio irrigidendosi un poco, poi sfiorò le dita di Severus strette intorno al bicchiere, ma lui ritrasse la mano quasi subito, a disagio, spostandola sul bracciolo della poltrona.
“Non hai risposto alla mia domanda,” sibilò la donna stringendo a pugno la mano, ora vuota. “Lo so che, per quanto abbia tentato, non sono mai riuscita a raggiungerti veramente ,” aggiunse con voce rotta. “Ma io c’ero!” Le labbra tremavano di rabbia e le parole che pronunciò le fecero male quanto i ricordi che evocavano. “Quindi, ora spiegami perché non meritavo di sapere.”
Severus alzò gli occhi su di lei e tentò di apparire freddo, mentre dentro di lui si agitava una moltitudine di emozioni contrastanti, nuovi echi del passato che tornavano a visitarlo.
”Sapevo che Lily avrebbe reagito male e credo di aver deciso istintivamente di poterlo sopportare, ma non sapevo come avresti reagito tu: si, tu c’eri, questo è innegabile, ma avresti capito che nient’altro era più importante per me, se non il regolare i conti con la mia miserabile vita? Avresti capito la mia necessità di buttare fuori tutto il veleno che avevo ingoiato per anni? Non ne ero sicuro.”
Deirdree scosse la testa.“Di certo non avevo il potere di influenzarti.”
“Nessuno avrebbe potuto in quel periodo della mia vita, ma non è questo il punto, Deirdree,” rispose granitico.
“Oh, Merlino! Non tentare di propinarmi la storia del volevo proteggerti!”
Severus abbassò gli occhi sulle mani di lei che stringevano il bordo della scrivania. “Avevo paura. Paura di deluderti. Sei contenta, adesso? E’ questo che volevi sentirti dire? Che avevo paura del tuo giudizio e non di quello di Lily? Tu eri l’unica persona di cui mi importasse che non avevo ancora deluso, speravo di non dovermi rendere conto che le mie intenzioni disgustassero anche te.”
Deirdree trasalì appena, poi fece un sospiro leggero e abbassò le spalle in segno di resa.

“Riguardo a Lily, suppongo fosse più semplice continuare a credere di amarla disperatamente, ” continuò Severus, “ormai sapevo che la mia strada si era inequivocabilmente allontana dalla sua, potevo crogiolarmi nel dolore e sentirmi ancora più in credito di quanto già non mi sentissi nei confronti di non so quale dio.” la guardò e tentò un sorriso appena accennato, “Con te sarebbe stato estremamente complicato.”
Deirdree si riscosse e lo guardò di sottecchi, puntandolo da dietro le lunghe ciglia scure.
“E così ti sei tenuto lontano da ciò che ti toccava più profondamente e che avrebbe potuto ostacolarti.” Sussurrò, senza sorridere.

Rimasero entrambi in silenzio, tentando di ignorare la cortina di gelo che si stava innalzando tra di loro.
Dopo diversi, interminabili istanti, Severus ruppe il silenzio. “E comunque, in tutto questo tu hai pensato bene di sparire, il che ha tristemente semplificato la situazione.”

“Non ci provare, Severus Snape: non tentare di darmi la colpa!” Esclamò la donna, puntandogli l’indice contro.
“Sai meglio di me che non sarebbe cambiato proprio nulla se fossi rimasta.”

“Non era mia intenzione incolparti di qualcosa,” asserì Severus. ”So di essere stato il solo e unico artefice della mia sventura: è la storia della mia vita.”
Tentò di nascondere il tremore che le sue stesse parole gli procurarono, senza riuscirci.

Sulle sue labbra si dischiuse
un mirabile sorriso.
Come per lacrime di nostalgia
brillavano i suoi occhi.



Deirdree sorrise: un sorriso molto triste, che la portò lontano da lì, a molti anni di distanza.
Non avrebbe mai creduto di essere stata una possibilità,nonostante le notti insonni passate a ridere – si, lei riusciva a farlo ridere fino alle lacrime, ed era una visione splendida e commovente - e fingere di studiare per i M.A.G.O imminenti, o quelle in cui si intrufolavano sotto gli spalti del campo da Quidditch a chiacchierare e nascondersi dal mondo: in molte di quelle occasioni lei gli aveva chiesto di fare l’amore con una naturalezza spiazzante, e lui arrossendo un po’, aveva sempre risposto con un mezzo sorriso e un “piantala di fare l’idiota”, guardando dall’altra parte.

Quanto poteva aver sofferto per continuare a non crederle? Quando poteva essere stato danneggiato per non credere che lei era lì, con tutta se stessa?

Poi la donna tornò lentamente al presente.
Forse poteva ancora fare qualcosa per loro due. Rimettere insieme i pezzi, tentare di farlo insieme.
Convincere quel burbero di Severus che avevano ancora una possibilità.
“Sei d’accordo sul fatto che sia giunto il momento di dedicarti alla vita e piantarla con la morte, adesso?” esordì, con un sorriso timido sulle labbra.
Severus alzò lo sguardo che, per tutto quel tempo, era rimasto incollato al bicchiere di Whiskey e al suo colore ambrato, e la fissò interrogativo. “Prego?” chiese gelidamente.
“Hai capito benissimo,” Deirdree non si era mai fatta intimorire dai suoi modi distaccati e altezzosi, perciò proseguì come se nulla fosse. “Hai rischiato di morire innumerevoli volte, hai servito Dumbledore egregiamente e con lealtà. Hai pagato abbastanza, direi.”
“Non credo di aver afferrato il punto del tuo blaterare.” Sibilò il preside.
“Ma insomma!” sbottò Deirdree allargando le braccia. “Anche il veleno di quella bestia immonda non è bastato a ucciderti: questo dovrebbe dirti qualcosa …”.
Poi si riappoggiò allo schienale della poltrona.
“ … qualcosa riguardo al tentare di vivere, senza limitarsi a sopravvivere. Insieme a chi è rimasto.” Aggiunse dopo qualche istante di silenzio.
A stento riuscì a sostenendo lo sguardo grave di Severus che la scrutava immobile.
“È così, Deirdree? Ti accontenteresti di essere chi è rimasto?”
Il tono secco di Severus non le fece perdere la sua sicurezza. “Ma io non lo sono, sei tu che tenti di convincertene. Io sono quanto di più reale tu possa mai aver avuto: sono la persona che ti vuole e che ti ha sempre voluto,” abbassò lo sguardo e lo puntò oltre la sua spalla, verso le fiamme del camino che ardevano in fondo alla stanza.
Severus trasalì.
“Non puoi seriamente pensare di tornare qui, dopo venticinque anni, e pretendere che nulla sia cambiato,” ribatté. ”Ho affrontato l’inferno e ne sono stato parte attiva per due anni della mia vita. E quando, a causa mia, Lily e suo marito sono stati assassinati lasciando un bambino orfano, ho deciso che non avrei più pensato a me stesso. Ed è ancora così: non sarò più pulito, mai più.”

“Ma ad un certo punto è necessario smettere di vedersi soltanto attraverso tutta quella...morte, non credi?” rispose Deirdree con calma, rivolgendosi a Severus, ma parlando anche a se stessa. “Capisco che farlo da soli sia… beh, è semplicemente troppo da affrontare.” Sentenziò alla fine con una serenità disarmante. Lo sapeva bene, Deirdree, quanto la prigionia della solitudine potesse illuderti di essere una liberazione, nel suo non chiedere niente.
Quando hai odiato e ucciso per anni, non vuoi altro che silenzio. Non puoi perdonarti, non puoi amare qualcuno, perché quel qualcuno pretenderà la tua felicità e tu non puoi accontentarlo.

Deirdree si alzò, fece il giro della scrivania e vi si sedette sopra, vicinissima a Severus. Rimase a guardarlo per un po’, in silenzio: la sua gamba sinistra aderiva leggermente a quella di lui.

Ce l’avrebbe fatta a dirglielo?

Nel silenzio più assoluto, alzò la mano e sfiorò impercettibilmente il polso sinistro di Severus, risalendo verso l’incavo del gomito con la punta delle dita.
L’uomo, dopo un momento di esitazione, si ritrasse di colpo, senza però riuscire ad evitare che le dita svelte di Deirdree toccassero, attraverso la manica della veste, i contorni di ciò che restava del Marchio.
Deirdree si lasciò sfuggire un sospiro, come a voler allontanare da sé pensieri e ricordi insopportabili, ma ottenne l’effetto contrario quando incrociò lo sguardo furente di Severus.
Trattenendo il respiro spostò l’attenzione sul suo stesso avambraccio, lo sollevò un poco e lo tenne così, perpendicolare al busto. Il dolore che aveva cercato di far tacere in tutti quegli anni sgorgò con violenza dal suo petto e si riversò nella gola premendo per uscire dalle labbra serrate. Chiuse gli occhi e, senza opporre resistenza a quell’ondata nauseante, lo lasciò uscire.
“Quanti ne hai ammazzati?” chiese in un sussurro, riaprendo gli occhi e mantenendoli fissi sulla sua stessa mano chiusa a pugno. “Ricordi cosa provavi quando si inginocchiavano ai tuoi piedi chiedendo pietà?” continuò, il corpo scosso da un leggero tremore.
“Hai mai risparmiato qualcuno nel delirio di onnipotenza di cui eri preda?” insistette alzando gli occhi verso il viso di Severus, impietrito di fronte a lei. “Che scusa hai usato con te stesso, Severus? Sono sicura che ne hai avuto bisogno: solo gente come Bella poteva agire in quel modo bestiale senza averne.”
“Smettila…” Severus era sgomento: anche da seduto dovette appoggiarsi con entrambe le mani al bordo della scrivania per evitare di crollare di fronte al suo passato, reso così vivido da quelle parole feroci.
“Ecco,” continuò Deirdree distogliendo lo sguardo vuoto e fissandolo sulle linee di fuga delle lastre di marmo del pavimento. “Questo è il tuo inferno e anche il mio: è qui e adesso, non era allora. Quello era l’inferno di qualcun altro. Era l’inferno di chi aveva di fronte il Mangiamorte.”
Severus sperò di non aver inteso ciò che la donna tentava di fargli capire.
Deirdree portò le dita sul polsino sinistro della giacca e cominciò a slacciarlo con una calma esasperante, sostenendo lo sguardo fiammeggiante di Severus, poi alzò lentamente la manica di giacca e maglione, tenendo l’avambraccio nascosto, piegato verso di sé.
Severus non resistette oltre e le afferrò il braccio.
“Merlino, Deirdree, cosa hai fatto?…” La traccia del Marchio Nero sul braccio della donna era scolorita e sfigurata da decine di cicatrici, di diversa lunghezza e consistenza, segno di un disperato e consapevolmente inutile tentativo di cancellarne l’esistenza.

“Tu non ti eri fidato di me, non volevi parlarmi delle tue intenzioni, ma non ti eri reso conto che io volevo intraprendere la stessa strada, non eri l'unico a desiderare di eccellere in qualcosa.”
“Si, ma per quanto ne so, ti eri limitata al Quidditch …”
“Non mi hai mai presa sul serio, vero Severus?” rispose Deirdree amareggiata. “Credevi che io fossi imperturbabile e serena, solo perché la tua rabbia e la tua conseguente ambizione bastavano, da sole, a coprire il fabbisogno di tutta la nostra casa. E’ di questo che parlo: tu non vedevi me o Lily o chiunque altro, tu vedevi tutti noi in funzione della tua ambizione. E sei riuscito a rovinare la tua amicizia con lei e a tenere lontana me perché non eri in grado di vedere oltre te stesso.”

“Abbiamo già appurato quali siano state le mie colpe e le mie mancanze, ma mi rifiuto di credere che la Deirdree che conoscevo ambisse ad un posto in prima fila tra i Mangiamorte.” Severus la guardava senza sapere cosa aspettarsi, era smarrito.
“Invece ci avevo pensato a lungo, in fondo mio padre era uno di loro.”
Severus era sbigottito. Aveva ragione lei: all’epoca era così pieno di se che non sapeva neanche che il padre della sua più cara amica portasse il Marchio.
“ Già,” soggiunse lei con un sorriso triste. “Non sapevi granché di me fuori dalle mura di Hogwarts. Mio padre aveva abbracciato la causa di Voldemort ed io ero confusa sulle mie opinioni. Sapevo soltanto che non volevo deluderlo. Lo amavo moltissimo e questo mi portò a chiudere gli occhi di fronte a molte delle nefandezze di cui si è macchiato.” Un’ombra scura le attraversò lo sguardo, ormai lucido di lacrime.
“Quando sono sparita è stato a causa della sua morte. Morì per mano di un Babbano e, che Merlino mi perdoni, allora ho creduto che quella della vendetta sarebbe stata la strada giusta da seguire.“
Severus strinse gli occhi e si sentì pervadere da una sensazione fin troppo familiare e spiacevole, ma rimase in silenzio.
“Non fui mai più tanto lontana dalla verità.”

Severus fece per avvicinarsi ma si bloccò, cosciente del fatto che non poteva nulla contro quel tipo di dolore. Il suo stesso dolore.
“Anime vuote…” riprese Deirdree, .“ Anime vuote… al posto delle quali si estendevano profondi buchi neri: inutile tentare di risvegliare qualcosa di morto, questo pensavo di me e di te, allora.”

Severus sperimentò, come fosse suo, il rimpianto di un’assassina ravveduta. Una colpevole. Un’imperfetta. Una come lui.

Passarono minuti o forse ore, nella stanza si sentiva ormai solo il crepitare del fuoco nel camino e i loro respiri, sempre più lenti.

“In tutto questo tempo, ho cercato di mantenere le distanze da te e da tutto il Mondo Magico, e mi sono rifugiata nel mondo dei Babbani." Deirdree ruppe il silenzio, desiderando dirgli tutto e chiudere con quel passato. "Poi una mattina di tre mesi fa, ho incrociato il tuo sguardo che mi fissava dalla prima pagina della Gazzetta del Profeta, e sono stata risucchiata indietro di almeno due decenni. E’ tornato tutto a galla, agguantandomi alla gola: la paura strisciante, il dolore e il senso di colpa, gli ideali assurdi per cui mi illudevo di voler lottare, fatti a brandelli dalla mia stessa coscienza, quando ho capito di essermi prestata come strumento di morte nelle mani di un pazzo.”
“Come hai fatto ad avere una copia della Gazzetta del Profeta se ti trovavi tra i Babbani?” domandò Severus.
“Mia madre.” Rispose Deirdree con un sospiro, poi proseguì. “Quando abbandonai il nostro mondo, un giorno di metà Febbraio del 1979, andai da lei e le consegnai la mia bacchetta. Non volevo sapere cosa ne avrebbe fatto, volevo soltanto disfarmene e togliermi di dosso il ricordo di ciò che aveva compiuto tra le mie mani.” Deirdree infilò le dita nella massa di capelli scuri e chiuse gli occhi. “Lei ha cercato di convincermi a restare e nascondermi, ma sapeva che non avrei avuto chance di sopravvivere se non avessi lasciato il Mondo Magico, per cui accettò a malincuore la mia decisione e mi coprì come potè. Tre mesi fa tornò a cercarmi e io mi feci trovare.”
“Ti ha cercata per dirti che finalmente era finita …” sussurrò Severus, guardandosi le mani.
“Si e no,” rispose Deirdree con un sospiro. “Lei sapeva cosa significavi per me, sapeva che mi sono sentita perduta quando mi sono resa conto dell’orrore a cui avevo preso parte, non solo perché tutto questo aveva chiarito la posizione di mio padre, ma anche perché significava che eri sbagliato anche tu. Per questo voleva che sapessi che ti eri salvato e che eri dalla parte dei buoni. “ Aggiunse con un sorriso triste.
“Quando ho visto quell’immagine di te, oh Merlino, eri così diverso ma così assolutamente ancora tu! Ho realizzato con orrore che il sorriso di quell’ultima mattina ad Hogwarts, quello prima che io me ne andassi, era stato l’ultimo. Dovevo tornare. Dovevo tentare di regalarci la nostra parte di serenità.“
Un largo sorriso spinse indietro le lacrime e le illuminò il viso. “E poi il broncio che hai sfoggiato per anni non ti dona.”
Severus spalancò gli occhi incredulo e, dopo averla fissata per un lungo momento, non potè fare a meno di scoppiare a ridere.
Eccola lì,la piccola Deirdree: la sola e unica che poteva farlo, c’era riuscita un’altra volta. Lo aveva fatto ridere, e della loro tragica vita, per giunta!
“Una risata? Vacci piano o rischi di slogarti qualche muscolo visto che sospetto tu non ne faccia dai tempi della scuola!” commentò Deirdree ridendo sotto i baffi.
“Lo sai che questo tuo ridacchiare non è consono ad una persona della tua età, vero?” scherzò Severus, rilassandosi come solo in presenza di Deirdree era sempre riuscito a fare.
Per tutta risposta lei ridacchiò ancora più forte e gli appoggiò una mano sulla spalla, stringendo appena.
Era questo che era mancato a tutti e due per venticinque anni: la familiarità, la sicurezza di poter essere davvero se stessi l’uno con l’altro. Stare vicini, anche in silenzio, senza bisogno di aggiungere altro.
“Eccoci qua” disse Deirdree abbassando la voce,” non è cambiato granché,no?”
Severus si fece serio,“Ti sbagli, è tutto maledettamente diverso da allora.”
Deirdree lo sapeva, ma aveva deciso di abbandonare il lutto per se stessa e guardare avanti.
“ Sei sempre lo stesso, Severus Snape,” Sussurrò, vicinissima al suo orecchio. “Ti ho dovuto costringere ad essere felice allora, e devo costringerti anche adesso.”
Severus si voltò verso di lei e sorrise, con le labbra e con gli occhi di fronte a quella donna incredibile. Era lei, era sempre stata lei. Loro due insieme: un incastro perfetto. Quello che li univa non si era curato del tempo passato e della vita che avevano vissuto. “E io non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo”.
Deirdree sorrise a sua volta, “Beh, tu provaci”.




* Eunice Murray fu una storica Cercatrice della squadra di Quidditch delle Montrose Magpies, squadra di cui Deirdree è una fan sfegatata.

Edited by arcady - 22/10/2013, 23:58
 
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view post Posted on 22/10/2013, 22:39

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CITAZIONE (chiara53 @ 22/10/2013, 23:28) 
Riporto qui quello che ho scritto e che penso, alla prima veloce lettura non ho avuto chiaro che fosse Fanny.

Ok, buonissimo a sapersi. :)
Ora ho fatte le dovute modifiche, quindi per chi ha già letto la storia non vale, però mi piacerebbe sapere se, con le sistemazioni, ora è più chiara la cosa.

Orrorone a parte di quel post-hp7... -_- imperdonabile davvero. (ma non c'è una faccina che si piglia a sberle? Ah no, c'è quella della capocciata però: :bonk: )

CITAZIONE (Ida59 @ 22/10/2013, 23:27) 
CITAZIONE (pingui79 @ 22/10/2013, 23:07) 
Sono curiosa anch'io di saperlo, l'ho scritto anche più su: ohi... su 37 storie prima o poi arriva quella no.

La storia è molto bella, come tutte le te, a dire il vero... però solo per chi riusciva a capire e poteva apprezzarla.
E per questo che mi sono arrabbiata tantissimo quando alla fine ho capito: per tutto quello che mi sono persa e che in nessun modo ora posso più riavere, mannaggia! :angry:

Non è un problema di bellezza o meno... è che se toppi nel dare gli indizi hai toppato e basta! :D Il lettore non deve essere nella mia testa, sono io che devo renderlo capace... e se non lo sono, allora la storia è una storia no. :)
Sbagliando s'impara, per fortuna. :D

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:19
 
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CITAZIONE (pingui79 @ 22/10/2013, 23:39) 
Non è un problema di bellezza o meno... è che se toppi nel dare gli indizi hai toppato e basta! :D Il lettore non deve essere nella mia testa, sono io che devo renderlo capace... e se non lo sono, allora la storia è una storia no. :)

Per me non è questione di storia sì o no: per me è una storia bella e per sistemarla basta solo rendere esplicito il personaggio Sorpresa e mettere l'epoca corretta (HP7 e non POST HP7) senza cambiare una sola virgola della storia stessa.

Rimandami il file per MSS


Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:19
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 22/10/2013, 23:48) 
CITAZIONE (pingui79 @ 22/10/2013, 23:39) 
Non è un problema di bellezza o meno... è che se toppi nel dare gli indizi hai toppato e basta! :D Il lettore non deve essere nella mia testa, sono io che devo renderlo capace... e se non lo sono, allora la storia è una storia no. :)

Per me non è questione di storia sì o no: per me è una storia bella e per sistemarla basta solo rendere esplicito il personaggio Sorpresa e mettere l'epoca corretta (HP7 e non POST HP7) senza cambiare una sola virgola della storia stessa.

Rimandami il file per MSS

Ok, allora è nì.
:lol:

Rimando il file, ovvio.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:19
 
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Autore/data: Alaide – 23 - 27 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: V’era la speranza che Judith nutriva con tutta se stessa di poterlo un giorno rivedere e stare sempre con lui.
Era la speranza nascosta nel sorriso della bambina.
Una speranza che sarebbe stata delusa.
Unicamente a causa sua e della sua cecità.
Nota: La storia è il continuo di Sorrisi.
Parole: 1905

Sinfonie.
18. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Secondo movimento. Dubbi



Melusine sedeva allo scrittoio della sua stanza nell’orfanotrofio, quello stesso scrittoio dove smistava le lettere e dove distruggeva le buste, con il timbro del carcere.
In quel momento non aveva però alcuna lettera davanti.
Era notte inoltrata e la giovane donna non riusciva a dormire.
Aveva ricevuto, quella sera, poco dopo essere rientrata dal carcere, una telefonata da parte di sua madre che la pregava di tornare sulle sue decisioni e la invitava a non recarsi più a rendere visita a Severus.
Immaginava perfettamente che il padre fosse rincasato, appena uscito dalla cella, e avesse parlato con la moglie. La sorprendeva che a telefonarle non fosse stata la sorella, la quale avrebbe visto nel suo comportamento un ostacolo alla carriera di giudice.
Melusine sapeva di aver perso la sua famiglia, che l’orfanotrofio sarebbe stato la sua unica casa.
In quel momento, nel cuore della notte, quel pensiero la sovrastava come un macigno che fosse sul punto di crollare rovinosamente al suolo.
Aveva scelto Severus e non si pentiva affatto della scelta.
Avrebbe unicamente voluto che la sua famiglia si fidasse di lei, che suo padre non le desse della sgualdrina. Comprendeva le ragioni che potevano spingere il genitore a tentare di farla desistere. Egli non conosceva la verità, non sapeva ciò che sapeva lei. Ma, forse, anche se avesse potuto dire come stavano le cose, nulla sarebbe cambiato. Forse la sua famiglia non vi avrebbe creduto, oppure l’avrebbe giudicata una sciocca.
Le avrebbe detto che nessuno si sarebbe mai autodenunciato per un crimine che non aveva commesso. Forse le avrebbe dato nuovamente della sgualdrina.
V’era stato un tempo in cui aveva avuto un bel rapporto con suo padre. Era stato lui a consigliarle di fare il conservatorio, per quanto avesse sognato di vederla seguire le sue tracce e diventare a sua volta giudice, come già aveva deciso di fare la sorella. Poi quel rapporto si era spezzato, quando lei aveva scelto l’orfanotrofio.
Ed in quel momento, tutto era precipitato.
Aveva persona la sua famiglia per sempre.
E per quanto doloroso fosse quel pensiero, nonostante le lacrime che le rigavano il volto, sapeva di aver compiuto la scelta giusta.
L’unica scelta possibile.
Tra le lacrime spuntò un lieve sorriso, simile a quello che aveva rivolto a Severus, quel giorno, nella sua cella, un sorriso in cui pareva risiedere la fermezza della sua decisione, un sorriso che, per quanto Melusine non se ne rendesse conto, era rivolto all’uomo.
Non avrebbe mai potuto voltare le spalle a Severus, all’uomo che rispettava, che amava.


Le ultime parole del racconto di Judith vorticavano davanti agli occhi di Severus.
Era notte fonda ed aveva trascorso il tempo, dopo cena, a leggere la fiaba della bambina, quella fiaba che aveva celato agli occhi del giudice Fairchild, così come aveva fatto in modo che non vedesse quanto aveva scritto in risposta alla signorina Fairchild.
In quel momento, le parole del racconto di Judith parlavano del sorriso di una figlia, del sorriso della speranza.
Il sorriso della bambina.
All’interno della fiaba, compariva anche la signorina Fairchild, sotto forma di fata – il che era piuttosto interessante, considerando l’esistenza della leggenda della Fata Melusine – che aiutava l’eroe e sua figlia.
Era una storia semplice.
La storia di un uomo e di sua figlia, di come l’uomo avesse salvato la vita della bambina, della loro vita, dopo quell’evento, fino a quando una maledizione li costringeva a stare lontani, fino a che non riuscivano, grazie all’aiuto della fata, a riunirsi e a vivere insieme per sempre.
Era la storia di quanto era accaduto quella notte di agosto e di quello che egli aveva fatto in modo accadesse, quando aveva scelto di autodenunciarsi.
V’era la speranza che Judith nutriva con tutta se stessa di poterlo un giorno rivedere e stare sempre con lui.
Era la speranza nascosta nel sorriso della bambina.
Una speranza che sarebbe stata delusa.
Unicamente a causa sua e della sua cecità.
Aveva scacciato Judith, il suo sorriso colmo della pace che avrebbe potuto finalmente assaporare, colmo dell’affetto di una figlia.
Aveva distrutto la famiglia della signorina Fairchild.
Aveva influito su troppe vite, prendendo quella decisione, che, all’epoca, gli sembrava l’unica possibile.
Quel pomeriggio, la signorina Fairchild aveva perso la sua famiglia, aveva scelto lui, una scelta che non avrebbe dovuto compiere, se egli non si fosse autodenunciato.
La giovane non si sarebbe mai ritrovata in quella situazione, non avrebbe mai udito le parole del padre che l’aveva trattata con durezza, giungendo ad insultarla.
Sapeva di aver tentato più volte di scacciare Melusine, scontrandosi con la fiducia che la giovane gli dimostrava, nonostante ciò che le aveva fatto comprendere di sé.
Le aveva detto che aveva torturato e lei gli aveva detto che vedeva il suo pentimento.
Le aveva detto che aveva ucciso innumerevoli volte e lei gli aveva promesso di non voltargli le spalle.
Le erano state mostrate le foto dei genitori di Judith e lei gli aveva offerto, in un sorriso, il perdono.
Ed aveva scelto lui.
Forse avrebbe dovuto dirle ciò che aveva realmente fatto della sua vita. Avrebbe dovuto dirle del Mondo Magico, del Marchio Nero, di Lily, delle sue vittime e dell’uccisione di Silente, del suo anno come Preside di Hogwarts.
Forse, in quel modo, l’avrebbe allontanata da sé e sarebbe tornata dalla sua famiglia, com’era giusto che fosse, perché non valeva la pena che la signorina Fairchild scegliesse lui.
Forse avrebbe rivisto lo stesso sorriso di poche ore prima, quel sorriso che prometteva perdono.


Lione, 1 luglio 2003
Cara Judith,
ho letto la tua storia.
È una storia interessante e spero che la tua maestra sia abbastanza intelligente da riconoscerlo.
Con affetto,
Severus
«Ha letto la fiaba e gli è piaciuta.» disse la bambina con un sorriso felice sulle labbra. «Sei proprio sicura, Melusine, che quest’estate non potrò andare in Francia? Ho dieci anni ormai, quindi sono grande.»
«Il direttore dell’orfanotrofio non lo permetterà. E sai che nell’ospedale dove si trova Severus non ti faranno entrare perché non sei maggiorenne.» rispose Melusine, sperando che Judith non ponesse altre domande, domande a cui non avrebbe saputo trovare una risposta.
Sorrise mestamente, quando le diede per un attimo le spalle.
Severus le aveva detto di avvertirlo quando le sue risposte non sarebbero più state sufficienti e sperava che quel momento non giungesse mai.
Sapeva che Judith non avrebbe mai odiato Severus, ma era certa che non sarebbe riuscita ad andarlo a visitare perché il direttore del carcere non avrebbe dato il permesso, quando avesse saputo il cognome della bambina.
O forse, più semplicemente, l’avrebbe fermata perché era una minorenne.
Era una situazione difficile, da cui esisteva un’unica via d’uscita, ma era certa che Severus non l’avrebbe mai presa in considerazione.
Sarebbe stato necessario rivedere il processo, dire la verità. A quel punto, l’uomo sarebbe stato scagionato e scarcerato.
Ma Severus aveva scelto il carcere perché si sentiva responsabile della morte dei genitori di Judith e Melusine dubitava comunque che l’uomo avrebbe accettato di sottoporre la bambina ad un interrogatorio.


10 novembre 2003
Caro Severus,
oggi è arrivato un nuovo bambino all’orfanotrofio. Era molto tempo che non accadeva e speravo che non accadesse più. Beth ha la sua stesse età ed ho notato che, alle volte, riescono a giocare insieme, per quanto lui sia sempre molto triste, com’è giusto che sia.
Alle volte mi dico che sarebbe bello, se anche gli altri bambini potessero avere qualcuno come te.
Anche se sei lontano so che posso sempre scriverti, so che mi darai dei buoni consigli, so che mi vuoi bene.
Però sono così preoccupata per te.
In classe c’è una bambina di nome Mary che, quest’anno, è mia compagna di banco (la maestra ha voluto mescolarci, quindi Brian non è di fianco a me) e forse stiamo diventando amiche. Anche a Brian sta simpatica.
Qualche giorno fa sono stata invitata, insieme a Brian, a casa sua. La mamma di Mary fa il medico. È una donna molto gentile, come la mamma di Brian e come Melusine. Le ho chiesto se è normale che tu stia in quell’ospedale a Lione da così tanto tempo e lei mi ha detto che deve essere qualcosa di molto complicato quello che hai alle corde vocali.
Non ha detto altro, ma adesso ho paura che le cure non riescano a guarirti. Però stai migliorando, vero? Prima o poi uscirai da quell’ospedale?
Ti voglio tanto bene,
Judith
Le menzogne che erano state raccontate alla bambina, sarebbero presto cadute. Severus sapeva che era inevitabile. Judith avrebbe potuto chiedere alla mamma della sua nuova amica se era vero che esistevano ospedali dove fossero proibite le visite dei minorenni e la donna le avrebbe detto la verità, considerando che non aveva alcuna ragione per mentirle.
La bambina si sarebbe sentita tradita e lo avrebbe odiato.
Avrebbe dovuto però spiegarle che era stato lui a costringere la signorina Fairchild a mentirle. Era necessario che Judith avesse qualcuno di cui si potesse fidare, qualcuno con cui confidarsi, se le sue paure fossero diventate realtà.
Temeva che il sorriso di Judith potesse spegnersi, che le sue lettere non lasciassero più emergere quel sorriso affettuoso, quel sorriso colmo di pace e di speranza.
Il sorriso della bambina che considerava come una figlia.
Il sorriso della bambina che si preoccupava così tanto per lui.
Judith aveva capito che c’era qualcosa di insolito nella menzogna che aveva costruito, che non era nella norma un ricovero così lungo e, quando aveva trovato qualcuno di esperto che potesse rincuorarla, aveva iniziato a porre delle domande.
La rete di menzogne sarebbe caduta e Judith avrebbe saputo la verità.
Avrebbe saputo che egli l’aveva abbandonata, che aveva scelto di autodenunciarsi perché la sua mente era annebbiata dal peso delle sue innumerevoli colpe, che lo sovrastavano e lo schiacciavano anche in quel momento, e dal desiderio di pagare per questo, di punirsi.
Ed in quel momento la sua fiducia, quella fiducia che riluceva nelle sue lettere, nel suo sorriso, si sarebbe infranta.
Severus avrebbe voluto sperare che la signorina Fairchild avesse ragione. Gli aveva detto, in più di un’occasione, che Judith non l’avrebbe mai odiato, ma non riusciva a impedirsi di temere che invece questo accadesse.
Ed allora avrebbe perso Judith ed il suo sorriso.
Forse la signorina Fairchild avrebbe continuato a fargli visita, come aveva promesso, e gli avrebbe parlato di Judith, ma questo non avrebbe cambiato la verità.


16 novembre 2003
Cara Judith,
ho avuto un incidente, che mi ha lasciato in condizioni piuttosto complicate, proprio come dice la mamma della tua amica.
Non devi però preoccuparti, però. Le cure stanno facendo il loro corso, con lentezza, è vero, ma il medico che mi ha in cura dice che il mio è un caso raro, forse unico.
Per questo motivo è da tanto tempo che mi trovo a Lione, ma non corro alcun pericolo, se è questo che temi.
Con affetto,
Severus
Judith sorrise sollevata, quando lesse la lettera.
Avrebbe voluto che il medico di Lione trovasse una cura velocemente, ma l’importante era che non vi fosse nulla di pericoloso nelle condizioni di Severus.
Desiderava, però, vederlo.
Poterlo chiamare padre. V’era stata una volta in cui aveva pensato di iniziare la lettera, scrivendo, al posto di Severus, papà, ma aveva pensato che forse era meglio prima chiedere a Severus se poteva farlo.
Voleva essere accanto all’uomo e poter vivere con lui.
Per sempre.
E sorridergli come stava facendo in quel momento, così Severus avrebbe saputo quanto gli voleva bene, quanto lo amasse.
 
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view post Posted on 24/10/2013, 08:24
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Rispondo alle recensioni di Ida inerenti a Klavierstücke.

CITAZIONE
1 Un incontro

Una nuova storia, e ancora ritroviamo delle bimbe che interagiscono con Severus, per fortuna un Severus parecchio diverso da quello di Tetralogia, e la cosa è in sé rincuorante. Un Severus attento a capire e intuire le cose. Un Severus che pensa molto e ricorda il passato, ma che non ne è prigioniero.
L’ambiente è sempre Parigi e devo dire che il tuo stage là deve averti davvero colpito molto a fondo.
Sorriso e fiducia, questi sono i temi trainanti di questo primo capitolo, oltre alla disponibilità di Severus di aiutare le due sorelline.

Parigi è stata scelta perché è una città che conosco decisamente bene ed ero certa di riuscire a rendere l'atmosfera.
Il Severus di Tetralogia non poteva essere ripetuto - nemmeno io sono così sadica -, anche perché volevo declinare la tematica padre-figlia (prima o poi dovrò metterci un bimbo ad interagire con Severus) in un'altra maniera.


CITAZIONE
2 Conversazioni notturne

La domanda iniziale di Heloise fa quasi paura. Del resto, è evidente che è disperata e che ha perso la fiducia nel mondo. Per fortuna so chi è Severus e che non vorrà nulla in cambio che la ragazzina non voglia dare. Però il mago continua ad osservare tutto con molta attenzione e tramite i suoi occhi riceviamo molte informazioni. Anche se, in qualche modo, il povero Severus riesce sempre a soffrire, quasi riconoscendo nella disperazione che vede sul volto della sorella più grande e nella malattia della piccola ed innocente Anna, un monito per le sue vecchie colpe. E già si sente colpevole se con le sue pozioni non riuscirà a salvarla, giusto per non farsi mancare nulla.
Riuscirà a trovare la cura e salvarla? Sarebbe uno splendido “lieto fine”. Ma se anche solo cerca di salvarla, sarà sempre una storia dolce e piena d’amore, a vedere da come è iniziata.

Ho "giocato" (termine orrendo, ma non sapevo quale altro usare) volutamente sul contrasto tra Heloïse ed il lettore che sa che Severus non le chiederà mai nulla che le possa nuocere. Ma la ragazza non sa nulla di lui (non ha certo avuto in mente, né la possibilità, negli anni precedenti, di leggere i giornali francesi), l'unica cosa di cui è certa è che non può fidarsi di nessuno.
Aggiungo che forse Heloïse è uno dei personaggi originali di cui mi è piaciuto di più scrivere.

CITAZIONE
3 Mattina

Sorriso, innocenza e fiducia per Anne. Mistero e paura per Heloise. Le due sorelle non potrebbero essere più diverse.
Severus fa ricerche proprio su quella malattia. E non esclude di poterla salvare. Però, vista la conclusione di Tetralogia e come è iniziata Sinfonie, non oso neppure cominciare ad illudermi, figurarsi sperare…

Quanta mancanza di fiducia nella povera fanwriter :P
Ti assicuro che, scrivendo questa storia, non ho sentito unicamente Jonas.

CITAZIONE
4 Domande

Sempre terribili i pensieri di Heloise quasi quindicenne sul prezzo che Piton potrebbe pretende dav lei. Io so che non lo pretenderà, ma la ragazzina sembra davvero spaventata.
O mamma mia… è cieca! No, non lo avevo capito, anche se, rileggendo, è vero, gli indizi c’erano.
Non avevo minimamente immaginato nulla, così sono rimasta tutto il tempo con gli occhi fissi sul foglio a divorare le parole piena di curiosità. Ed anche una magonò… ecco cosa capita ai personaggi che finiscono nelle grinfie di una sadicissima Fanwriter!
Ed ora è così terrorizzata che sembra disposta a qualsiasi cosa e per Severus è facile lasciarsi andare a tristi pensieri che gli ricordano i suoi errori.
Paura, addirittura terrore (che rinnova terribili ricordi per Piton), e una completa mancanza di fiducia. Cosa le è successo di così terribile per togliere la fiducia nelle persone?

La disabilità di Heloïse (per il mondo magico, una disabilità doppia, considerando che è una Magonò) si inserisce in un altro filone che sto esplorando - è presente anche in Tetralogia e Sinfonie, considerando le motivazioni per cui Severus è stato abbandonato come uno straccio vecchio in un ospedale/ospizio babbano -, ovvero del rapporto tra il Mondo Magico e la disabilità non curabile con la magia. Poi nel creare il personaggio, l'ho immaginata fin da subito cieca, forse perché stavo ascoltando Yolantha, un'opera di Tcaikovskij la cui protagonista è cieca.


CITAZIONE
5 Sollievo

Severus che già si sente colpevole per la morte di Anne non depone molto a favore del mio “personale” sollievo. No, proprio no.
Heloise continua ad aver paura che Piton pretenda il suo prezzo e non riesce a credere che voglia solo risposte alle sue domande. Che già quelle sembrano comunque molto difficili da dare…
Il sorriso disperato di Heloise ancora una volta innesca terribili ricordi in Severus, povero amore mio…
Però, forse, Heloise sta cominciando a pensare che di Piton può fidarsi, perché lui non le mente… e lui capisce bene la sua sofferenza, fin troppo bene.
Fiducia e protezione che per un attimo scacciano la paura.

Ammetto di aver rivisto più volte il modo con cui inizia a farsi strada lentamente la fiducia in Heloïse, considerando che il primo passo era il più difficile da descrivere. La scaletta l'avrò riscritta non so quante volte, fino ad arrivare a questa soluzione.
Ammetto anche che certe parti della storia non sono state facili da scrivere, a livello puramente emozionale. La disperazione di Heloïse e, più avanti, la spiegazione di quello che le è successo, nonché i ricordi che la situazione della ragazza innescano in Seveus sono decisamente alcune di quelle parti.

CITAZIONE
6 Conforto

La fiducia di Heloise in Piton cresce, nella speranza che trovi una cura per la sorella. E lui non dorme la notte per riuscire a farlo. Però non illude la ragazza, non le mente, anche se sarebbe così facile farlo…
Già, che cosa differenzia cosa tanto le due sorelle?
E, incredibile ma vero, il fatto che Piton non le dia risposte rassicuranti… rassicura Heloise, proprio perché in tal modo lei comprende che lui non le mente, non le ha mai mentito.
Ed ecco di nuovo quel senso di protezione, da tanto tempo perduto, che induce al sorriso… e alle lacrime. Non ha mai pianto, prima, Heloise, e credo che questo sia importante.
Sì, ora Heloise vuole potersi fidare di Piton e lui desidera conquistarsi quella fiducia, anche se il fatto che sia concessa ad un uomo con il suo passato alle spalle gli sembra una tremenda ironia. Eppure sa che è importante per Heloise, per non cadere negli errori in cui lui è incorso…

Il fatto che Heloïse pianga, in questo capitolo, per la prima volta, è decisamente importante. In fondo c'è una spiegazione alla sua assenza di lacrime, che avverrà tra qualche capitolo, per quanto non sia detta esplicitamente (avrei divagato troppo).
Il fatto che Severus non dia risposte rassicuranti e che questo porti Heloïse a volersi fidare di lui è sempre stato uno dei punti fissi della storia.

CITAZIONE
7 Un barlume

Severus comincia sospettare cosa possa essere accaduto a Heloise, che non è successo alla sorella. Io ho un dubbio tremendo e spero che non sia quella la sua esperienza.
È sempre terribile conoscere quali ricordi vorticano nella mente di Piton, mentre vede il terrore di Heloise, quasi si stesse apprestando a torturarla per ottenere le sue risposte. Povero amore mio…
E la ragazza vuole disperatamente fidarsi di lui, che non le ha mai mentito, ma ancora non riesce a farlo. E lui attende, paziente.
Da 8 anni che non legge più in Braille. Quiandi è da molto tempo che le cose sono cambiate in peggio: più o meno l’età di Anne…
Il rapporto col padre. Già, a quanto pare siamo arrivati al punto dolente.
Severus è davvero molto bravo a capire la psicologia di Heloise, molto attento e sensibile. E in lei la fiducia nascente comincia ad accompagnarsi alla speranza. Però ci sono cose che non tornano, come si dice anche Severus, che ora alla fiducia di Heloise comincia a tenerci anche per se stesso, come se potesse in qualche modo rappresentare un perdono per le proprie colpe. E per poterla aiutare, per evitare che possa cadere nel baratro in cui lui, invece, è caduto… E perché si è ormai affezionato a Heloise, già al punto da ammettere che vorrebbe fosse sua figlia.
Trovo questa cosa assolutamente stupenda e straziante, soprattutto dopo che lui ha appena pensato che una figlia Magonò e cieca doveva essere stata una tremenda delusione per suo padre…
Davvero commovente.
E dolcissimo a darle il libro in Braille.

Il padre di Heloïse è una figura decisamene ispirata - e temo d'aver fatto un mix letale - dai peggiori padri verdiani e wagneriani e forse operistici in genere (i padri nell'opera sono spesso terribili, per quanto in questo capitolo non dica ancora perché il rapporto con il padre sia il punto dolente).
Il momento del libro in Braille è stato uno dei brani che mi è piaciuto di più scrivere. Non so perché. Forse per l'implicita dolcezza della scena (anche la scrittrice sadica ha un cuore ;) ).
Sono, poi, decisamente felice - e questo vale anche per i capitoli precedenti - di essere riuscita a far passare i sentimenti sei personaggi e soprattutto il modo in cui procede la volontà di fidarsi di heloïse e la volontà di ricevere quella fiducia da parte di Severus.

CITAZIONE
8 Voci

Gli incubi di Heloise continuano anche da sveglia, con Anne che sta male. Ma c’è Piton con lei, a proteggerla. Io, però, comincio a temere per la vita di Anne. No, non addossare a Piton la responsabilità di un’altra persona che non è riuscito a salvare, non la sorellina di Heloise!
Crudeltà dietro a una voce gentile, come nell’incubo: chi ricorda Heloise?
Speriamo che sia la volta buona e che Heloise riesca infine a confidarsi con Piton.
Un’altra notte insonne, però Severus ha scoperto il proprio errore. Ma, forse, non è stato davvero un suo errore: lui è convinto che la bimba non avrebbe dovuto stare male. Non capisco. Però intanto Severus se ne sente colpevole.
Qualcosa di eclatante è accaduto, legato alla voce gentile e crudele… ma per fortuna la voce di Piton è diversa e strappa Heloise ai suoi tremendi ricordi.
Aah, ecco, Severus ha capito: non è stato suo l’errore, ma del Guaritore che ha somministrato la pozione alla mamma di Anne.
Severus ha un disperato bisogno di sapere, per aiutare Heloise, eppure la vede così terrorizzata che non insiste e in modo stupendo riesce ancora a confortarla dicendo che non vuole assolutamente obbligarla a parlare se lei non si sente. E lei non ci riesce, non ci riesce proprio però… di lui si fida e, incredibilmente, lo abbraccia!!!
Lui rimane a immobile, ma insieme alle lacrime di Heloise sente la sua fiducia, così ricambia l’abbraccio e la stringe a sé come farebbe un padre, e da quell’abbraccio paterno nasce un bellissimo sorriso di Heloise, forse il suo primo sorriso tranquillo.
Davvero molto, molto tenera e dolce questa storia. Delicatissima.

Per tutta la parte medica (dove ho bellamente evitato di nominare il benché minimo ingrediente, per non scrivere cose che non stavano né in cielo, né in terra), ho cercato di ispirarmi alla realtà (per quanto le mie conoscenze in materia siano piuttosto scarse), mescolandola con la magia. Di qui l'errore del Guaritore, nato dalla consapevolezza che Severus non somministrerebbe mai una pozione, non accuratamente sperimentata, alla bambina (di qui, anche le nottate passate in bianco... ma a dire in questa storia dormono tutti decisamente poco).
Il momento dell'abbraccio l'avrò riscritto mille volte, prima del risultato finale - avevo paura di risultare stucchevole - e sono felicissima che ti sia piaciuta!
CITAZIONE
9 Sofferenza

Dolce, dolcissima. Di una sofferenza tremenda, come il titolo annuncia, ma non potrebbe essere più dolce il tenero sentimento che sta nascendo tra loro. Tra un uomo che capisce gli incubi della ragazza, per averli fin troppo spesso provati lui stesso sulla sua pelle.
Sì, qualcosa è accaduto nella casa in Normandia, ma solo a Heloise. Dopo la morte della madre. E non trovo altro colpevole che il padre, come penso ormai da tempo. Heloise è riuscita a proteggere la sorellina piccola, appena nata… c’è qualcosa che mi sfugge. Davvero un padre assente e la grande si è occupata della piccola?
Anne, per fortuna, sta meglio. Ed Heloise mente ad Anna, ma Severus capisce tutto, invece.
Dopo la nascita di Anne suo padre non l’ha più abbracciata. Questa è un’informazione importante, perché prima lo faceva, invece. Ma non stava nemmeno con anne, visto che ha fatto tutto Heloise per lei. Cosa mi sfugge?
Forse Heloise questa volta racconterà tutto…
“Dimenticare è impossibile”. Già, Severus lo sa fin troppo bene, e a Heloise lui non mente, mai.
“Perché non è lei mio padre, Monsieur?”. Tremendo, da nodo alla gola.
È il padre che non ha voluto curare Anne: forse perché la madre è morta a causa sua? Ha cominciato ad odiare le figlie?
“ E vorrei poterla chiamare padre”. Davvero da brividi.
Severus tace, non si sente un buon padre e neppure un uomo buono, anche se ovviamente è entrambi. Ma anche lui ha bisogno di tempo per accettarlo. Si sente addirittura peggiore del vero padre di Heloise, ma ne dubito alquanto: un padre che non cura la figlia… Anche Severus ha bisogno di fiducia in se stesso… e di sperare nel futuro. E di avere il coraggio di chiamarla figlia.

Questo capitolo, insieme all'undicesimo, è stato difficilissimo da scrivere. La sofferenza di Heloïse - ma anche quella di Severus, per quanto diversa da quella di Tetralogia/Sinfonie - è qualcosa di terribilmente complesso da scrivere, perché, purtroppo, è una sofferenza che esiste nella realtà e purtroppo bambini e ragazzi che hanno subito drammi simili al suo non incontrano un Severus sul loro cammino, ma il più delle volte silenzio ed indifferenza.
Sono ovviamente felice che ogni minimo particolare del capitolo, emerga nelle tue parole. I parallelismi tra Severus ed Heloïse (qui identificati dagli incubi, per quanto siano incubi diversi), la fiducia per gli altri ed in se stessi, ciò che inizia ad emerger del comportamento del padre delle due bambine.
Grazie mille, Ida!!
 
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view post Posted on 24/10/2013, 09:04
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CITAZIONE (pingui79 @ 21/10/2013, 13:37) 
CITAZIONE (Alaide @ 21/10/2013, 10:37) 

Klavierstücke
17. Epilogo


Uno spettacolo di epilogo, non c'è che dire!
Bellissima la descrizione iniziale, così normale, così incredibilmente normale che sembra quasi un sogno ed invece è realtà, una realtà meravigliosa e vera più che mai.
Severus a passeggio per Parigi mi fa uno strano effetto, ma la città magica che ho tanto amato in Erasmus effettivamente si addice alla perfezione al quadretto famigliare.
Grazie anche per averci permesso di cogliere un fugace sguardo di una Babbana, che per un istante incrocia tre vite che la sorte ha deciso di unire e rendere finalmente felici.
Che dire?
Che è una storia splendida.
E soprattutto... finisce bene, cosa volere di più?
Complimentissimi.

Place de Vosges è una delle mie piazze preferite, quindi dovevo farla rientrare in un qualche modo nella storia. Ed è un luogo in cui vanno le famiglie parigine, quindi adatto a Severus, Heloïse ed Anne, in un momento come questo.
Felice che ti sia piaciuto lo sguardo fugace della donna Babbana!
Grazie mille, Kià, per questa e per tutte le altre recensioni che hanno accompagnato questa storia :wub:
 
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CITAZIONE (Alaide @ 24/10/2013, 09:24) 
Poi nel creare il personaggio, l'ho immaginata fin da subito cieca, forse perché stavo ascoltando Yolantha, un'opera di Tcaikovskij la cui protagonista è cieca.

A te bisognerebbe proibire di scrivere ascoltando musica. O, meglio, si dovrebbe fare una cernita molto precisa e farti ascoltare solo quella! ;) :P :D

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:20
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 24/10/2013, 13:29) 
CITAZIONE (Alaide @ 24/10/2013, 09:24) 
Poi nel creare il personaggio, l'ho immaginata fin da subito cieca, forse perché stavo ascoltando Yolantha, un'opera di Tcaikovskij la cui protagonista è cieca.

A te bisognerebbe proibire di scrivere ascoltando musica. O, meglio, si dovrebbe fare una cernita molto precisa e farti ascoltare solo quella! ;) :P :D

Concordo, ma la cernita deve essere molto, molto accurata! :lol: :lol:

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:20
 
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CITAZIONE (chiara53 @ 24/10/2013, 14:01) 
CITAZIONE (Ida59 @ 24/10/2013, 13:29) 
A te bisognerebbe proibire di scrivere ascoltando musica. O, meglio, si dovrebbe fare una cernita molto precisa e farti ascoltare solo quella! ;) :P :D

Concordo, ma la cernita deve essere molto, molto accurata! :lol: :lol:

L'importante è che non mi facciate ascoltare Cavalleria Rusticana e Pagliacci, altrimenti potrei scrivere delle storie molto, ma molto cattive :lol: :P
Se invece doveste costringermi ad ascoltare solo JDF, allora potrei essere molto meno sadica :D :lol:

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:20
 
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N. 42

Titolo: Tempo di ricordi
Autore/data: Ida59 – 14 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, drammatico, romantico
Personaggi: Severus, Silente (il suo ritratto), Harry, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Era nervoso perché attendeva Potter. No, non Potter. Era il figlio di Lily che tra poco sarebbe entrato da quella porta. È il seguito di “Ritorno al passato”.
Parole/pagine: 1649/4



Tempo di ricordi



Severus era nervoso, irragionevolmente nervoso, forse nervoso quanto mai era stato.
Camminava a lunghi passi irrequieti nella grande sala circolare della presidenza, i ritratti che seguivano quasi divertiti il suo ansioso andirivieni, scambiandosi occhiate d’intesa.
- Avanti, calmati Severus! – sbottò infine Silente dalla sua cornice riccamente lavorata. – Fermati o mi farai venire il torcicollo!
Il mago gli lanciò un’occhiataccia:
- Sei un ritratto, Albus: puoi anche girare la testa di trecentosessanta gradi e non si sviterebbe! – rispose con lingua tagliente.
Silente ridacchiò nel suo ritratto:
- Non mi dirai che hai paura di lui?
Severus s’irrigidì, fermandosi proprio davanti al ritratto:
- Caso mai l’avessi dimenticato, ti ricordo che non ho mai avuto paura, neppure davanti all’Oscuro! – rispose secco, infastidito dall’insinuazione che, invece, l’aveva colpito nel profondo.
- Non dimentico, Severus, lo sai bene, - sorrise il vecchio mago, - dico solo che, forse, ti era più facile affrontare quegli occhi di rubino che frugavano nella tua mente…
Piton lo fulminò con un’altra occhiataccia, che si rivelò però del tutto inefficace perché Silente proseguì imperterrito il suo affondo:
- … piuttosto che occhi di smeraldo che raggiungono il tuo cuore!
Severus tremò impercettibilmente, quindi sospirò piano, abbassò lo sguardo e si tormentò nervoso il labbro inferiore.
Come sempre, Silente aveva ragione.
Era nervoso perché attendeva Potter.
No, non Potter. Era il figlio di Lily che tra poco sarebbe entrato da quella porta.
Il mago sospirò di nuovo, scuotendo piano la testa, rassegnato alla realtà.
No, non era più “Potter”, come sempre l’aveva nominato nei propri pensieri per cercare di odiarlo, senza mai riuscirci veramente, a discapito di ogni suo più strenuo sforzo. Ma non era neppure più il figlio di Lily. Harry si era infine guadagnato la propria individualità, il diritto ad essere chiamato con il proprio nome, anche se aveva avuto la pessima idea di andare a spifferare a tutto il mondo magico il suo doloroso segreto. Già, il ragazzo l’aveva creduto morto, ma Severus era certo che neppure nella tomba sarebbe stato contento che tutti fossero a conoscenza della “parte migliore di te” [1] come diceva sempre Albus.
Sollevò lo sguardo e con un sospiro preoccupato tornò a guardare il ritratto. L’ultima volta che aveva visto Harry, gli aveva rivelato il suo imperituro amore per la madre. Ed ora… Un sospiro lieve aleggiò ancora sulle labbra sottili, appena dischiuse. Ora era un’altra la donna che amava, la donna che regnava sul suo cuore e riempiva la sua mente. Il ragazzo come avrebbe potuto capire, e, quindi, credergli?
Silente gli sorrise dal ritratto, comprensivo, gli occhi azzurri colmi del paterno affetto che tanto gli mancava, adesso che avrebbe finalmente saputo accettare anche un suo abbraccio:
- Non temere, Severus: Minerva ed Elyn gli hanno parlato a lungo spiegandogli ogni cosa. – disse cercando di tranquillizzarlo. - Il ragazzo ha capito. Tutto.
Il mago si lasciò sfuggire un nuovo sospiro, la tensione ad incupirgli il volto rendendo più profonda la ruga alla radice del naso e intensamente neri gli occhi. Sì, Harry era davvero cresciuto nella notte della battaglia di Hogwarts, quando aveva avuto la maturità ed il supremo coraggio di scegliere di andare a morire. Proprio come lui stesso aveva scelto di morire, in silenzio, per salvare il ragazzo.
Severus raddrizzò le spalle e scrollò il capo, riprendendo di nuovo il pieno controllo di sé.
Sì, Harry aveva compreso ogni cosa, come Elyn gli aveva più volte ripetuto con insistenza, però aveva anche espresso il desiderio, pur tra mille timori, che il Professore gli parlasse di sua madre. E il mago in un istante di follia aveva acconsentito, complice l’incoraggiante sorriso di Elyn cui non sapeva negare nulla. E lei ne approfittava, eccome se ne approfittava!
Così ora lo stava aspettando in presidenza, terreno certamente più neutro del suo oscuro sotterraneo, teatro di tanti scontri fra loro, sicuramente mai dimenticati da entrambi.
Tra pochi istanti sarebbe comparso in cima alle scale mobili, Harry, il salvatore del mondo magico, il ragazzo della profezia, il ragazzo rimasto orfano per colpa sua.
Eppure, come Elyn più volte aveva insistito a ripetere, se il giovane Mangiamorte smanioso di fare carriera non avesse rivelato al suo padrone la prima parte della profezia e, al contempo, non avesse disperatamente amato Lily fino al punto d’implorare l’Oscuro Signore di salvarle la vita - dandole così modo di scegliere di morire per il figlio - la profezia non si sarebbe mai avverata e sarebbe rimasta ad impolverarsi inutilmente su qualche scaffale nell’Ufficio Misteri del Ministero della Magia. E, forse, Voldemort non sarebbe mai stato sconfitto…
Suonavano bene, nella sua mente, le parole di Elyn, ma nel profondo del suo cuore non riuscivano a togliergli il rimorso per la morte di Lily. L’oscurità della sua anima aveva gettato Lily tra le spire fatali del serpente, ma la luce d’amore del suo cuore disperato aveva salvato suo figlio. La sua scelta sbagliata e tutti i suoi errori avevano ucciso Lily, ma la forza dell’amore, il suo verso Lily e quello di una madre per il figlio, aveva salvato il mondo magico. Grazie all’insensato coraggio Grifondoro di Harry che si era sacrificato. Proprio come il suo coraggio Serpeverde. Severus, però, ancora si chiedeva se l’avesse egoisticamente fatto solo per il ragazzo - da vero Serpeverde - per dargli la possibilità di salvarsi, o se era perché sapeva - sperandolo con tutte le sue forze - che Harry sarebbe riuscito a sconfiggere Voldemort, proprio come Albus aveva pianificato. Era stata una sua egoistica scelta, quella di morire, o il compimento del suo ultimo dovere?
- Te l’ho già detto una volta, Severus!
Le parole di Silente, che gli sorrideva paterno dal ritratto, spezzarono di colpo i suoi pensieri:
- A volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto... [2]
Anche il mago sorrise annuendo: sì, Albus glielo aveva già detto. Ma lui era un vero Serpeverde, e aveva calcolato bene la propria morte. Il sorriso di Severus si aprì all’improvviso, malizioso e impertinente: già, l’aveva calcolata bene anche Silente, però, la propria morte, da vero Serpeverde. E prima o poi glielo avrebbe detto, per zittire quel ritratto impudente!
Un leggero tocco di avvertimento all’ingresso interruppe nuovamente i pensieri del mago mettendolo sul chi vive, quindi la porta si aprì ed il ragazzo apparve, titubante, Elyn alle sue spalle a sospingerlo gentile:
- Entra, Harry, ti assicuro che il preside non ti mangerà. – affermò sorridendo.
- E nemmeno ti schianterà, me lo ha promesso. – ridacchiò Silente dal ritratto a rincarare la dose dello scherzo.
Severus sbuffò: quei due impertinenti non si rendevano conto di quanto quel momento fosse difficile! Avevano un’intera vita davanti, questa volta, lui e Harry, non solo pochi istanti frenetici in cui tutto doveva essere rivelato per compiere un difficile dovere in cui l’essere creduto – proprio lui, l’uomo che con la maschera della menzogna aveva nascosto per tanti anni il suo vero volto! – era essenziale. Per questo non aveva avuto altra scelta che rivelargli la sua più intima e preziosa verità, la parte migliore di sé che sempre gli aveva nascosto.
Il lampo incerto di un sorriso illuminò il volto del ragazzo e gli occhi verdi di Lily per un istante ripresero vita riflettendosi nelle profonde iridi nere del mago.
I suoi occhi, quel verde infinito in cui il suo cuore di bimbo s’era perduto fin dalla prima volta che l’aveva vista. Gli occhi della bambina che l’aveva conquistato, gli occhi della ragazza che aveva amato con tutto se stesso senza mai avere il coraggio di rivelarle il suo sentimento. Gli occhi perduti della donna che aveva creduto di amare per tutta la vita, spinto da un atroce rimorso che aveva trasformato in crudele tormento il ricordo di un amore mai nato. Gli occhi di Lily, la cara amica che mai l’aveva amato.
Il mago distolse lo sguardo con un lieve sospiro e si rivolse ad Elyn, ai suoi occhi nocciola screziati d’ambra dalla luce del sole che entrava dalle ampie finestre. Gli occhi che gli avevano sorriso, che l’avevano perdonato. Che l’avevano amato pur conoscendo ogni sua più tremenda colpa.
- Vi lascio soli. – sussurrò discreta Elyn posando la mano sulla maniglia.
Severus la fissò con intensità, le labbra appena dischiuse come se volesse richiamarla, come se avesse all’improvviso cambiato idea.
- È tempo di ricordi, adesso… - sussurrò piano Elyn, sorridendo dolcemente.
Il mago rispose con amore al suo sorriso: sì, ora che la sua realtà si era trasformata in un sogno meraviglioso, ora forse poteva anche ricordare senza più soffrire.
E regalare infine quei ricordi di Lily, adesso che non aveva più bisogno di aggrapparsi a loro per sopravvivere, dobarli a chi non li aveva mai avuti, anche a causa sua.
La porta si chiuse piano alle spalle di Elyn e Severus sorrise al figlio di Lily.
Sorrise a Harry.

*


La porta si richiuse alle spalle di Harry e Severus sorrise in silenzio, commosso.
Sorrise a se stesso.
Gli occhi di Lily, nel volto aperto di Harry, gli avevano finalmente sorriso ed anche in loro, oltre a quelli di Elyn, il mago avevo visto brillare il perdono. Un sorriso diverso ed un perdono diverso…
Aveva promesso al ragazzo che gli avrebbe donato altri ricordi di Lily. Sarebbe stato ancora un po’ doloroso farlo, ma ora sapeva che Harry lo meritava.
Nonostante la grande somiglianza fisica con James, nel ragazzo viveva l’essenza di Lily, proprio come Albus aveva sempre affermato. Ma il mago non aveva mai potuto accettarlo, perché il suo tormento sarebbe stato insopportabile. Adesso, però, che c’era Elyn nella sua vita, adesso poteva accettare anche quella verità da cui era sempre rifuggito.
Così Severus sorrise incontrando il sorriso ammiccante e paterno del ritratto del vecchio preside.

[1] Parole di Silente dai ricordi di Piton: Capitolo 33 – La storia del principe, “Harry Potter e i doni della morte”.
[2] Parole di Silente dai ricordi di Piton: Capitolo 33 – La storia del principe, “Harry Potter e i doni della morte”.

Nota finale.
Se qualcuno si attendeva la descrizione dell’incontro con Harry e, non avendola trovata, è rimasto deluso, mi dispiace molto, ma non è cosa che si può raccontare in una breve one-shot. Ci vogliono molte, davvero molte più pagine per trattare bene un tema così complesso come l’incontro tra Severus e Harry. Come consolazione vi posso offrire di leggere “Le stesse lacrime”, storia di tre capitoli in cui descrivo il loro incontro, ovviamente dopo che Severus non è morto.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:21
 
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Non mi sono dimenticata, eh... ok, lo ammetto, mi ero dimenticata :woot: ma tra dolci, mille cose da fare e altri pensieri, la mia testa è andata altrove :sick:
Vado col sorriso :D

Titolo: È così sbagliato amarlo?
Autore/data: Severus_Ikari / gennaio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo, Commedia
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Ginny Weasley
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “La rosa che gli aveva portato più di un mese fa era ancora lì, fresca e profumata come se fosse stata appena colta, vegliava il corpo di Severus giorno dopo giorno, notte dopo notte a guardare quel volto finalmente rilassato che sembrava sorridere.”
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la seconda storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Soltanto un augurio".
Parole/pagine: 2288/4.



2 – È così sbagliato amarlo?



14 febbraio 2005



Hermione Granger da qualche anno odiava San Valentino, forse perché la persona con la quale avrebbe voluto festeggiarlo giaceva inerme in un letto di ospedale, ma forse, e soprattutto, perché con gli anni aveva capito che l’amore andava festeggiato ogni giorno della vita, le bastava guardare Harry e Ginny per comprenderlo.
Ovviamente sarebbe stata un’ipocrita se non avesse ammesso di desiderare in cuor suo una normale giornata di San Valentino passata come una normale coppia.
Era ben consapevole però che questo non sarebbe mai successo, e accettare gli inviti dei suoi corteggiatori era come ingannare il suo cuore, e questo non lo avrebbe mai permesso, cosciente che il suo amore non sarebbe mai potuto sbocciare, ma non avrebbe mai tradito i suoi sentimenti, per quanto complicati fossero.
Rassegnata, camminava lungo il corridoio che la separava da quella stanza, incurante degli strani sguardi che da un po’ di tempo riceveva e di quelle lettere che stringeva tra le dita, non sapendo bene per quale motivo non le avesse ancora buttate, forse perché erano piuttosto divertenti e una, addirittura, l’aveva colpita dritta al cuore: era la dichiarazione d’amore di un bambino che aveva medicato mesi fa.
Quel giorno aveva deciso di nascondersi nell’unico luogo in cui quella stupida festa non sarebbe mai potuta entrare, ma non appena aprì la porta, non poté fare a meno di spalancare la bocca e gli occhi.
«Cos’è questa roba?» chiese alla prima infermiera che passò, con un tono abbastanza duro.
«Oh, io la trovo così deliziosa, signorina Granger.»
«Quello che lei trova delizioso è a dir poco patetico, ed è pregata di far togliere ogni cosa immediatamente!» Hermione non faceva un lungo sonno da tempo e la stanchezza la rendeva piuttosto suscettibile e incline a scatti d’ira – e del tutto simile all’uomo che giaceva inerme su quel letto –, e vedere tutti quei palloncini a forma di cuore, scatole di cioccolatini che di certo avrebbero mangiato gli infermieri – o Ron se fosse passato di lì – e cumuli di lettere cosparsi dai più improbabili profumi, non l’aiutava di certo.
«A me hanno detto solo di metterla nella stanza.»
«E chi gliel’avrebbe detto di fare una cosa così idiota? Sicuramente qualcuno che non ha nessuna idea di chi fosse Severus Snape! Faccia togliere tutto prima che getti ogni cosa dalla finestra, compresi lei e chi le ha dato il permesso!» in quel frangente le urla si potevano sentire da parecchie miglia di distanza, sicuramente furono avvertite in ogni piano del San Mungo.
«Va bene, ho capito, manderò qualcuno a togliere tutto» l’infermiera era visibilmente turbata, nonostante lei, come tutto il personale medico, fossero ormai abituati ai suoi scatti di rabbia che in quei giorni stavano raggiungendo il picco.
Severus Snape riposava ancora immobile su quel letto dalle lenzuola candide e sempre pulite, la sua condizione era immutata da tempo, semplicemente non voleva svegliarsi. Lo avrebbe preso a pugni se fosse stato cosciente, ogni volta che lo guardava, le si stringeva il cuore e si sentiva completamente impotente, svegliarsi sarebbe stato soltanto un suo volere, e lui non voleva.
Lo aspettavano tutti, lo avrebbero abbracciato tutti quelli che gli volevano bene, e a lui semplicemente non importava, se ne stava lì, fermo nel suo letto, accompagnato dal rumore del respiratore, da quel ticchettio che segnalava la vita che ancora batteva in lui e quelle gocce che scendevano lente, una dopo l’altra. Tutto questo la faceva arrabbiare.
«Mi dispiace, professore, se lo avessi saputo, avrei proibito a chiunque di portare questa roba. Sa, noi donne amiamo gli eroi, ma lei non ama tutto questo» indicò tutti quei regali con le mani, come se lui potesse vederli e scrutarli irritato uno a uno con i suoi meravigliosi occhi. Probabilmente avrebbe fatto saltare tutto in aria. «La capisco, sembra l’ufficio di Dolores Umbridge.»
«Dovrebbe esistere una legge che vieti questo slancio patetico di sentimenti. Se non c’è, dovrebbero farla!»
«So che lei odia San Valentino, e so anche il perché. Non la biasimo, in fondo è lo stesso motivo per cui lo odio anch’io. È piuttosto avvilente guardare tutte quelle coppiette felici, quando il nostro amore è del tutto irraggiungibile.»
«No, per pietà, un discorso sull’amore, proprio no, e poi tu che ne sai, ragazzina, di quello che si prova, e soprattutto, come fai a sapere il motivo che mi fa odiare questa stupida festa?»
«Deve essere stata dura amare Lily fino alla fine, difficile amare qualcuno che non ricambia i tuoi sentimenti prima, e un fantasma poi. Il mio non è ancora diventato un fantasma, ma non ho comunque speranza alcuna.»
«Fantastico! Quando andrò nell’aldilà, dovrò ricordarmi di infastidire il signor Potter e la sua lingua lunga. Perfetto, adesso la mia vita è di dominio pubblico» e come avresti sospirato decisamente seccato.
La rosa che gli aveva portato più di un mese fa era ancora lì, fresca e profumata come se fosse stata appena colta, vegliava il corpo di Severus giorno dopo giorno, notte dopo notte a guardare quel volto finalmente rilassato che sembrava sorridere.
«Purtroppo durante il processo non siamo riusciti a tenere fuori questioni private, abbiamo usato qualsiasi mezzo per farla scagionare, ma è stato tutto inutile visto che lei è ancora lì e non si decide a svegliarsi. È una condizione stupida la sua, se avesse voluto farla finita, avrebbe dovuto pensarci anni fa, lasciarsi semplicemente andare, non farne passare sette, non è giusto nei confronti di nessuno. Lei è uno che non si arrende mai, che lotta sempre, ma, per Merlino, sette dannatissimi anni!» Hermione sbatté con forza le lettere che ancora teneva in mano sul tavolo sotto la finestra, facendo cadere alcune scatole di cioccolatini, ne prese una e la scaraventò con rabbia addosso alla parete.
Si sentiva stanca, arrabbiata e frustrata, sarebbe voluta andare lontano, in un posto solitario, sotto una cascata che avrebbe voluto lavasse via i suoi pensieri, che togliesse quel dannato viso dalla testa.
Era consapevole, però, che nessuna magia avrebbe potuto estirpare quei sentimenti dal suo cuore, o forse sì? Sarebbe bastato un Oblivion?
Scacciò con prepotenza quelle riflessioni, per nessun motivo al mondo avrebbe eliminato il suo amore per Severus Snape, nonostante sapesse benissimo che ne avrebbe soltanto sofferto.
La giovane strega prese una di quelle lettere sparse sul letto e l’aprì, era curiosa di sapere cosa mai avessero potuto scrivergli, avrebbe pagato oro per vedere Severus tra tutta quella roba così rosa da dare sui nervi persino a lei. E in quel periodo non era di certo un bene aumentare il suo nervosismo.
«“Forse lei non si ricorda neppure di me, ma io sì, ogni centimetro di lei è ben impresso nella mia mente, ricordo ogni singolo fremito che mi procurava ogni volta che passava davanti ai miei occhi”» Hermione non riuscì a trattenere una risata, forte e profonda, come se non ridesse da secoli.
«Mrs. Irrequietezza, non ci trovo nulla da ridere. Piuttosto da piangere. E oltretutto esiste anche una legge che proibisce di violare l’altrui privacy. Prima o poi dovranno arrestarla per tutte queste infrazioni.»
La strega continuava a ridere, non sapeva esattamente il motivo, forse perché s’immaginava questa donna che sospirava seduta al tavolo di un locale di Diagon Alley, mentre Severus Snape passava, nero come la notte, incurante del mondo che lo circondava.
«Non posso avere delle ammiratrici?»
La risata di Hermione echeggiava per tutta la stanza, e continuava a fantasticare possibili scene tra Severus e una sua personalissima versione di Lavander Brown, forse gli avrebbe persino trovato un soprannome, “Sevvy-Sevvy” sembrava adatto. E rise ancora più forte.
«“Vorrei tanto venirti a trovare,”» continuò la strega «“ma quell’irascibile, scorbutica della tua guardia del corpo non ti molla un minuto”… COSA?»
Questa volta è il tuo turno di ridere, trattenendo a stento le lacrime.
«Irascibile e scorbutica, io? Come si permette! Chi è questa zotica che le faccio vedere io!»
Dai, Severus, continua a ridere, chissà che quest’allegria riesca finalmente a svegliarti da questo torpore.
Gli occhi neri di Severus Snape erano ancora chiusi e il suo corpo immobile, come se fosse stato congelato da un incantesimo che lo rendeva immutabile nel tempo, come se in quella stanza non ci fosse nient’altro che lui. C’erano dei momenti in cui Hermione aveva la sensazione che tutto intorno a lei sparisse, lasciandola sola con Severus in un luogo senza pareti che si espandeva all’infinito, di un bianco che accecava la vista, un bianco che metteva in risalto quelle iridi così profonde. Sarebbe voluta rimanere in quel posto per sempre, con il suo viso e i suoi occhi luminosi, con il suo sorriso che sarebbe stato soltanto per lei.
Hermione accartocciò con rabbia la lettera e la gettò a terra poco lontano, se l’autrice di quelle parole si fosse presentata davanti, l’avrebbe di certo incenerita, e le sarebbe bastato lo sguardo.
«Hermione, quand’è che ti riposi un po’?»
Ginny era in piedi sulla porta, poggiata allo stipite a osservare la sua amica intenta a maltrattare della carta, per un attimo il suo sguardo si fermò sul corpo immobile di quello che era stato per anni il suo insegnante di Pozioni.
I suoi sentimenti verso quell’uomo erano contrastanti, sapeva tutto ciò che aveva fatto per Harry e per tutti loro, e sapeva quanto suo marito lo stimasse, ma vedere la sua amica in quello stato da anni, la faceva infuriare, e ultimamente andava peggiorando, le sue urla le aveva sentite dal cortile dell’ospedale e le sue occhiaie, unite all’umore, erano l’inequivocabile segno che aveva bisogno di riposo, di staccarsi da tutto quello, altrimenti sarebbe crollata.
Di questo passo l’avrebbe vista distesa su un letto, inerte, la copia di Severus Snape.
Forse era proprio quello che voleva, si chiese.
«Hermione dovresti dormire. Staccare un po’ la spina. Non credo che Snape vada da qualche parte.»
«Cos’è che fa credere a tutti che io abbia bisogno di riposo? Sono riposata! Sto bene!»
«Ti senti quando parli? Questa non è la Hermione che sta bene. È tutta colpa sua!» e indicò il corpo steso sul letto.
Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa di quell’esclamazione di cui non capiva bene il significato.
«Cosa c’entra Severus?»
«Sì, appunto, cosa c’entro io. Anche da semi-morto devo prendermi le colpe di tutti? E poi, tra l’altro, chi è che le ha concesso il permesso di chiamarmi per nome?»
«Severus? Lo chiami Severus adesso?
«È il suo nome, come dovrei chiamarlo? Harry non lo chiami di certo signor Potter.»
«Harry è mio marito, Hermione.»
«Beh, Severus era il nostro insegnante, ha salvato Harry, ha salvato tutti noi, ed è…»
«È cosa, Hermione?»
La giovane Granger rimase in silenzio a osservare l’amica, non sapendo cosa risponderle, in fondo cos’era per lei Severus Snape? Sapeva di esserne innamorata, di questo era assolutamente certa, ma per lei in quel momento era soltanto un corpo immobile in un letto da sette anni, amava il ricordo del mago che era stato e che ormai non c’era più.
Era inutile prendersi in giro: non si sarebbe svegliato mai più.
«Dai, Hermione, dillo che sei innamorata di lui e lo sei da tempo. Ammettilo!»
«Qualcuno mi risparmi le confessioni lacrimevoli di due giovani donne. Spero che questa stanza non diventi un ritrovo dove rifarsi le unghie.»
Forse potresti prendere in considerazione l’idea di svegliarti e andartene da qui.
«Aspetta un momento, di chi è innamorata?»
Di te, babbeo!
«Non azzardarti a chiamarmi babbeo!»
Altrimenti che fai? Mi uccidi? Notizia dell’ultima ora: sono già quasi morto su questo letto e immobile, per giunta.

«È così sbagliato amarlo?» In un attimo si accasciò sulle ginocchia, tra le lacrime, coprendosi il viso con entrambe le mani. Sentiva il fardello di tutta quella situazione stringerle il petto, aveva cercato di far finta di niente per tutto quel tempo provando a relegare ogni sentimento nel suo cuore che iniziava a scricchiolare sotto il peso di quell’amore che non sarebbe mai potuto sorgere.
«È in coma da sette anni, certo che è sbagliato amarlo. È sbagliato per te. Non puoi amare l’ombra di un uomo che non c’è più. Tralasciando tutto quello che è stato nel bene e nel male, hai visto con attenzione in che condizioni si trova? Stai amando un fantasma, e ti sta distruggendo così com’è stato distrutto lui.»
«Il suo amore per Lily lo ha salvato!»
«Tu, però, non puoi salvare lui. E di certo lui non salverà te. Se desiderava farsi salvare si sarebbe svegliato da tempo.»
«Forse deve solo capire che c’è ancora posto per lui, che può ancora amare ed essere amato.»
«Merlino, Hermione, sette anni. Sono passati sette anni, e molti di più quand’era in vita, avrebbe dovuto capirlo da tempo.»
«Maledizione, Ginny, adesso sei tu quella che dovrebbe sentirsi parlare. Dovresti conoscere la sua storia, quello che ha passato, lo abbiamo scostato e odiato tutti, come puoi pretendere che lo capisse, in coma poi. Non si può scegliere chi amare, succede e basta, e se a te o a chiunque la cosa non fosse gradita, sono problemi vostri, non miei!»
La stanza era sempre avvolta da quei suoni che le erano così familiari, ma quella volta non riuscirono ad acquietare il suo spirito, accrebbero soltanto la sua inquietudine perché sapeva che nulla sarebbe cambiato e il suo amore era soltanto pazzia.
Sapeva che la sua amica era solamente preoccupata, ma nemmeno lei aveva il diritto di giudicare i suoi sentimenti; furiosa, uscì da quella stanza lasciando sola Ginny.
«Era difficile amarla da vivo, figuriamoci da morto, o quasi. A volte penso che se fosse morto quel giorno alla Stamberga sarebbe stato meglio per tutti. Anche così continua a far soffrire le persone» sospirando, mentre un sorriso amaro le piegò le labbra, si gettò sulla sedia accanto al letto, dove Severus Snape giaceva da sette lunghi anni.
 
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The mirror of my dark side, di Arcady

Un AU davvero strano, in cui il rapporto con Dreidree trova il suo posto perfetto all’interno del canone, come se avesse potuto trovarsi anche lei nel passato di Severus. E questo, ovvio, vuole essere un grande complimento per la naturalezza con cui hai saputo inserire il personaggio originale.
Un ottimo inizio e una bella presentazione di lei, per una bella storia, ben scritta e ben gestita nel suo lento sviluppo che va a toccare tutti gli argomenti e le corde necessarie, fornendo ogni risposta ai dubbi del lettore e rendendo il rapporto tra i due personaggi, non solo del tutto credibile, ma proprio come se fosse realmente esistito nel canone. E per ottenere questo ci vuole attenzione e perizia. Davvero brava.
CITAZIONE
Quando hai odiato e ucciso per anni, non vuoi altro che silenzio. Non puoi perdonarti, non puoi amare qualcuno, perché quel qualcuno pretenderà la tua felicità e tu non puoi accontentarlo.

Davvero una frase stupenda, potente nella sua straziante intensità.
CITAZIONE
“Questo è il tuo inferno e anche il mio: è qui e adesso, non era allora. Quello era l’inferno di qualcun altro. Era l’inferno di chi aveva di fronte il Mangiamorte.”

Un’altra frase stupenda, da leggere in contrapposizione a quella pronunciata da Severus quando parlando del suo passato dice d’aver affrontato l’inferno e esserne stato parte attiva. E ha ragione Deirdree. L’inferno è questo, adesso, con la coscienza di oggi e tutti i relativi rimorsi. Allora l’inferno era di altri. Davvero da brividi!
Durante la lettura ho avuto un crescendo di coinvolgimento emotivo e di immedesimazione, così, mentre Severus condivide il suo tremendo passato con Dreidree, io lettore mi compenetravo in loro e, proprio come Severus, riconosco bene le cicatrici di chi ha vanamente cercato in ogni modo di strapparsi via il marchio della propria colpa.

Un dubbio. Se lei era a scuola con Severus, l’ultimo anno è finito nell’estate del 1978, quindi il febbraio 1979 mi sembra un po’ troppo presto per essere entrata nei Mangiamorte e poi averli già lasciati. A meno che lei abbia abbandonato la scuola prima della fine (forse lo hai scritto in altre storie con lei ma non lo ricordo).


Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:21
 
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