Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 12/10/2013, 14:24
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Ok, ecco il mio sorriso che non è venuto come volevo, ma tra influenza e umore di m... che non mi hanno resa particolarmente incline al "sorriso", non sono riuscita a sistemarla come doveva essere, per cui è come l'ho buttato giù quando mi è venuta l'idea, mi spiace perchè ci tenevo, ma pazienza, si può comunque leggere =)


Titolo: Una giornata ideale
Autore/data: Severus_Ikari / 5-6 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: commedia
Personaggi: Severus Snape, Ron Weasley, Hermione Granger, Sorpresa, Minerva McGonagall, Horace Slughorn, Nuovo Personaggio.
Pairing: sorpresa
Epoca: epilogo (alternativo)
Avvertimenti: AU
Riassunto: In una qualsiasi giornata di primavera c’è sempre posto per del sano sport, e per della sana, serena vita.
Parole/pagine: 2679/5



Una giornata ideale


Una qualsiasi giornata primaverile del 2017



La giornata è decisamente splendida e ideale per il volo, anche da quassù non potrei di certo affermare il contrario.
Il sole è meraviglioso e ti scalda la pelle, anche se non tutti amano starsene sotto di esso a cuocersi come se fossero un pollo qualunque, a me, ormai, non fa più effetto, neppure la pioggia mi bagnerebbe.
Soprattutto un uomo non è affatto contento di diventare color caramello, cosa improbabile in ogni caso vista la tonalità della sua pelle, che al massimo diventerebbe della sfumatura di un gambero.
Severus Snape, però ha una buona ragione per stare lì, ad abbrustolire il corpo, la migliore ragione possibile, in effetti, e il pensiero lo fa sorridere; continua a risultarmi strano vedere quel sorriso sulle sue labbra così perennemente abituate ad essere tese, o forse sono solo io che stando così in alto non riesco a vederlo bene. O è la vecchiaia, non lo so bene.
Le gradinate pian piano si stanno riempiendo, la folla sembra un esercito di formiche industriose che diligentemente vanno verso la loro tana, anche se “diligentemente” non è la parola più corretta da utilizzare, sembra più la calata dei barbari dal rumore che fanno, soprattutto gli studenti, e Severus Snape deve essere d’accordo con la mia affermazione, perché emette un lamento di disapprovazione che, dato il frastuono, sente solo lui. Ed io, ovviamente.
Nell’aria iniziano a spiccare i colori caratteristici delle due Case rivali in quella che si preannuncia una finale tutta da vivere fino all’ultimo minuto, stando ben attenti al pragmatico Cercatore Serpeverde e all’imbattibile Portiere Grifondoro.
Il Cercatore Serpeverde è famoso per la sua furbizia e per la sua pazienza, se ne sta lassù – non così in alto come me, ovvio –, immobile a guardare la partita come uno spettatore qualsiasi, e dà sempre l’impressione di non sapere che pesci pigliare, o meglio, che Boccino afferrare. Sembra ogni volta prenderlo per un caso fortuito, nessuno si è mai accorto che in realtà non lo perde mai di vista e attende il momento in cui la squadra avversaria si sente già vincitrice e quindi manca d’attenzione.
Nessuno ha mai capito il suo gioco, anzi, qualcuno c’è – sempre oltre a me che godo di un'ampia visuale su quest'angolo di mondo, e ben pochi mezzi per avvertire i miei Grifondoro, anche se tutti loro rimangono sempre i miei ragazzi – e ogni volta sorride all’orgoglio della sua Casa ed è sicuro che neanche questa volta lo deluda, anche perché il Cercatore è ben consapevole che incorrerebbe nelle ire di Snape, e non è mai un bene farlo arrabbiare.
Vederlo sorridere è strano, parecchio, ma ormai tutti sembrano aver fatto l’abitudine a vedere le sue labbra stirarsi, vedere il volto teso dalla collera, però, è tutt’altra cosa e, anche se è spesso consuetudine, non ci si fa mai l’abitudine.
Ridacchio anch'io al ricordo di quanto sapevano essere di marmo quelle labbra quando qualcosa non andava, spesso le vedevo mentre cercavo di infondergli un po' del mio umorismo.
Il Cercatore di sicuro vorrebbe vederlo ridere per la vittoria ai danni di Grifondoro – ovviamente il mio vecchio cuore Grifondoro desidera che tale vittoria non avvenga mai, ma, ahimè, sono ormai abituato anche a quello dopo tutte le partite cui ho assistito, vivo o spirito che fossi.
«Bene, miei ruggenti Grifondoro e miei sibilanti Serpeverde, siete pronti?» urla lo speaker, uno studente Corvonero dell’ultimo anno, se gli occhi non m’ingannano. «Siete pronti a far brillare i vostri colori sotto questo splendido sole?» Il coro che si leva dagli spalti annuncia che sono tutti pronti e in fibrillazione per vedere la finale, ed io con loro.
Anche la zona occupata dagli insegnanti è ormai riempita, gli ultimi ad arrivare sono Hermione Granger e Ronald Weasley.
«Questi spalti sono riservati al corpo docente,» fa notare un – stranamente – raggiante Snape che non cambia mai, neppure alla soglia dei sessant'anni.
«Io sono un’insegnante,» puntualizza Hermione Granger, meravigliosa donna capace di un qualcosa che non credevo possibile.
«Lui no.»
«Vuole davvero discutere di questo, professore
«No.»
Ron ridacchia spudoratamente del suo ex insegnante che, in cambio, gli regala un’occhiata torva che gli gela il sangue, proprio come quando erano in un’aula divisi soltanto da un calderone fumante.
Sì, è proprio la giornata ideale per del buon Quidditch, e Severus, come me, sorride a ciò che ci aspetta, anche se, di sicuro, non è la stessa cosa.
«Madama Hooch libera la Pluffa e… PARTITI!»
I giocatori cominciano a sfrecciare sulle loro scope, veloci come lampi corrono da una parte all’altra del campo cercando di rubare la Pluffa all’avversario e di schivare i Bolidi che quel giorno sembrano più furiosi che mai.
«Ehi, Weasley, c’è una ragazza che ti sta sorridendo!»
«Dove?»
«E Serpeverde segna!»
Il Portiere di Grifondoro è praticamente infallibile ed è un’impresa anche solo pensare di fargli gol, ma, purtroppo, ha una grossa, grossissima debolezza: le ragazze.
Basta un nonnulla e si trasforma in un inebetito in trance che perde ogni cognizione di causa ogni qualvolta una persona di sesso femminile entra nel suo raggio d’azione, è considerato alla stregua di un Don Giovanni.
Lo sanno tutti.
E per i Serpeverde è facile approfittare delle debolezze altrui. E scorretto, ma non sono proprio famosi per la loro correttezza: è una di quelle cose che il trascorrere del tempo non ha cambiato.
Severus Snape, seduto comodamente sulla panca di legno, non riesce a smettere di sorridere mentre vicino a lui, Minerva – la mia adorata Minerva – lo guarda piuttosto accigliata. Quante volte ho assistito a questa scena divertendomi come un pazzo: è una mancanza che mi fa dolere di non esserci più.
«Non lo sai che chi segna per primo poi perde?»
«Ah sì? E dove l’hai letta questa sciocchezza?»
«È statistica.»
«Statistica?» Severus la guarda come se fosse non del tutto sana alzando un sopracciglio – un'abitudine che non ha di certo perso –, ma non riesce a smettere di sorridere, soprattutto nel vedere che la sua Casa sta spadroneggiando sul campo.
«Poi, ovviamente, se continuate ad usare questi mezzucci, piuttosto che procedere in un vero incontro…»
«Non è colpa mia se il vostro Portiere perde il poco cervello che ha, appena sente nominare la parola “ragazza”.»
«Ehi!» Ron seduto poco vicino al professor Snape lo guarda indignato: è pur sempre di suo figlio che si parla. «Bada a come parli, quello è mio figlio!»
«Ma va? Non si nota per niente.»
«Non ti stanchi mai di questo teatrino, Severus?» lo rimbecca Hermione seduta accanto a lui.
«No. Se ti stanco, puoi sempre allontanarti,» ma per tutta risposta la donna sospira piuttosto sconsolata. Povera donna, ha una pazienza da far invidia a chiunque.
Severus Snape è sempre il solito Severus, e questo nessuno sguardo di ghiaccio che gli rivolgono Minerva, Hermione, Ron o qualunque altro come loro, potrebbe cambiarlo.
«Non ne manca uno?» chiede beffardo Snape che sorride all’ennesimo gol messo a segno da Serpeverde – maledizione! –, stavolta il Portiere si è perso a litigare col Cacciatore che l’ha distratto.
«Il signor Potter aveva delle cose da sbrigare con il Ministro, mi ha mandato un gufo avvertendomi che non sa se sarebbe arrivato in tempo» spiega Minerva.
«Che peccato, si sta perdendo proprio una bella partita, anche se suo nipote non sta facendo una bella figura,» s’intromette Horace, o meglio, il professor Slughorn per giustezza nei confronti del suo ruolo, che con attenzione scruta ogni giocatore sulle scope e le persone che gli siedono vicino, intrattenute in un’interessante conversazione, a parer suo.
«Ehi, ma la smettete tutti di rompere a mio figlio?» Ron scatta in piedi furibondo, il suo viso assume la tonalità dei suoi capelli e sembra sul punto di esplodere o, addirittura, di Schiantarli uno ad uno, e poco importa se sono tutti suoi vecchi insegnanti.
«Lascia stare, Ron» cerca di calmarlo Hermione tirandolo per la giacca.
«E Grifondoro segna accorciando le distanze!»
Minerva si volta verso Snape ridendo e battendo le mani come una ragazzina, è bello vederla in quel modo, sorridente, serena, ed è altrettanto bello che Grifondoro abbia ottenuto i suoi primi dieci punti. Anche se Severus non la pensa allo stesso mio modo, e neppure Horace.
«Weasley para alla grande quello che sembrava un gol già fatto!»
La tifoseria Grifondoro inizia a farsi sentire, levando un fragoroso coro per il loro Portiere, sembra di essere tornati indietro nel tempo a quando si sentiva urlare “Perché Weasley è il nostro re!”, anche se adesso, ovviamente, è un Weasley diverso quello tra i pali.
«Alla faccia vostra, Serpeverde dei miei stivali!» grida Ron.
Hermione si ferma ad osservare quello che ormai è il suo ex insegnante di Pozioni da anni, si sta mordendo il labbro cercando di trattenere quella risata provocata dal viso contrariato di Snape che si gira a guardarla e, se può, diviene ancor più contrariato.
Alza le spalle per dirgli una sorta di “mi dispiace”, ma la sua espressione ha più il significato di “non mi dispiace affatto, sono pur sempre una Grifondoro e gioisco ogni volta che battiamo voi Serpeverde”.
Irritante agli occhi di Severus.
Adorabile, però, ai miei, di occhi.
«E Grifondoro pareggia! Per la gioia del professor Snape…»
Il professor Snape, però non è per niente felice, per questo tira su elegantemente e molto lentamente una manica della casacca nera e in un attimo la sua mano si ritrova a contatto con il collo del povero studente Corvonero che dalla sua ha la fortuna di possedere una quantità spropositata di capelli che attenuano ogni colpo.
Neppure il professor Slughorn è propriamente felice per quel pareggio.
Minerva McGonagall, invece è piuttosto euforica e non riesce a trattenere tutto il suo entusiasmo, sorridendo, ogni tanto si volta verso Hermione e Ron che saltano e urlano come due scolaretti delle prime classe, in barba ai loro ruoli d’insegnanti e genitori; ogni tanto intercetta lo sguardo di ghiaccio di Snape che da qualche minuto ha smesso di sorridere, furioso per quel calo di attenzione dei suoi studenti.
«Grifondoro passa in vantaggio con una splendida azione congiunta di Baker e Wood! Che partita, ragazzi! Rimarrà sicuramente negli annali della scuola e se ve la siete persa, beh, mi spiace per voi. Ma su con la vita, c’è ancora tanto da giocare, per cui, ritardatari, sbrigatevi e godetevi un meraviglioso Quidditch!»
«Dai, ragazzi, legateli stretti alle porte questi serpentelli da strapazzo!» eh sì, Ron adesso è veramente esaltato, per lui tutto va come dovrebbe andare – lo ammetto, anche per me va come dovrebbe andare, in fondo Grifondoro era anche la mia Casa.
«Salazar, la sfilata dell’immaturità» sussurra Severus, anche se il suo intento è proprio quello di essere sentito.
«Merlino, tu non ti senti quando parli, Severus? Anche tu diventi un ragazzino infantile quando si tratta di Quidditch.» Severus sta per ribattere qualcosa, ma il tono minaccioso e il dito puntatogli contro da Hermione lo fanno desistere con la bocca semiaperta. «E non provare a negarlo!»
«Com’è che lo difendi sempre?»
«Non lo sto difendendo, ti ho solo fatto notare che siete del tutto uguale in questi casi.»
«Io non sono uguale a lui.»
«No, ma continuate pure facendo finta che non ci sia, tranquilli» replica Ron alquanto seccato.
«Oh, ma insomma, volete guardare la partita e stare zitti!» riescono a innervosire persino Horace, cosa che non è da tutti.
«Giusto, sono d’accordo con te, Horace» aggiunge Minerva che ha quella caratteristica espressione di chi sta per perdere la pazienza, anche con me lo faceva sempre, la trovavo a dir poco adorabile e più le sorridevo e più s’irritava.
Intanto Grifondoro continua a segnare, così come continua ad allargarsi il sorriso di ogni appartenente alla casa del leone – Minerva su tutti che riesce a fatica a contenere l’eccitazione – mentre Severus diventa sempre più cupo… come i suoi abiti!
«Tutti gli anni sempre questo teatrino dovete fare, l’anno prossimo me ne rimango a casa, tanto Albus finisce i suoi studi ad Hogwarts.»
Oh, sì, non ve l’ho detto che Hermione ha un figlio con il mio nome?
No, vero?
Ahimè, gli acciacchi dell’età si fanno sentire anche quassù, d’altronde non ero proprio un ragazzino quando sono finito tra le nuvole.
Comunque, non divaghiamo su questa triste faccenda, è un capitolo chiuso ormai da tempo, ed io sono felice così, anche se avrei voluto che per qualcuno si fosse chiuso ben prima, ma va bene lo stesso.
Non riesco a non sorridere nel vedere tutto questo, tutta questa vita che ormai scorre tranquilla come se nessuno di loro avesse dei dolori nel petto, eppure eccoli lì, a ridere e punzecchiarsi davvero come ragazzini senza preoccupazione alcuna.
Severus alza gli occhi al cielo, là dove l’orgoglio della sua Casa osserva ogni cosa, mentre il padre, con poco orgoglio e più perplessità si chiede cosa diavolo stia aspettando a muoversi.
Non vi avevo detto neppure che il Cercatore Serpeverde fosse in realtà il figlio di Severus? Mi dispiace, anche da quassù si può essere rimbambiti.
«E tuo figlio invece che se ne sta lassù immobile come una statua?» chiede Ron ad un Severus che, inquieto, ancora guarda suo figlio.
«Sta pazientando?»
«Sì, certo, adesso si dice pazientare quando non si sa che pesci prendere?»
«E tu non dici nulla, è anche di tuo figlio che si parla.»
«E cosa dovrei dire, siete l’antiessenza della maturità fatta persona» concorderei all’istante con Hermione, ma l’aver fatto parte per lungo tempo di quel gruppo d’immaturi mi renderebbe piuttosto ipocrita. È troppo divertente, però, vederli battibeccare, tutto quello mantiene la fiamma ancora viva e luminosa e, anche se sono passati parecchi anni, molti altri ancora li aspettano da vivere insieme.
Tutto questo non può che farmi sorridere.
«Sei mia moglie o la sua?»
«La tua, ovvio.»
«Non si direbbe.»
«ALBUS. RHYS. SNAPE PRENDE IL BOCCINO! E Serpeverde vince la partita! Che gran colpo di scena!»
“Che gran colpo di…” non so se sia un bene o un male ascoltare i pensieri altrui, ma quelli di Ron spesso sono fantastici.
«Vuoi che ti dimostri quanto io sia tua moglie?» sussurra Hermione sorridendogli maliziosamente. Oh, beh, l’avrà anche bisbigliato all’orecchio di Severus, ma essere morti ha i suoi vantaggi e uno di questi è l’osservare ogni cosa come se fosse un film alla televisione, o come si chiamano quei meravigliosi aggeggi Babbani, e a me basta il mio personale telecomando per alzare il volume su qualsiasi cosa io volessi ascoltare.
Hermione afferra il povero Severus del tutto stordito di fronte ad una proposta del genere e lo trascina lontano dalle grida di chi ha vinto e ai musi lunghi di chi ha perso, non prima però di sorridere piuttosto compiaciuto a Ron che è diventato di nuovo del colore dei suoi capelli e Minerva che sicuramente sta già mandando improperi all’indirizzo del suo collega più giovane che dovrà sopportare per i prossimi mesi. Lui e il suo sorriso irritante.
Beh, il resto non posso proprio raccontarvelo, non perché non ne sarei capace, ma quassù ci sono delle regole ben precise e non c’è per nulla concesso guardare certe cose, non è da coloro che vivono in questo posto paradisiaco e poi, se me lo consentite, impiccione nella mia vita lo sono stato – d’accordo, da qui anche nella morte lo sono –, ma una cosa del genere non mi sognerei mai di osservarla come un guardone pervertito. Non è assolutamente da me!
Quello che è da me è sorridere di quella vita che continua a scorrere serena, così come sereni sono tutti coloro che ho lasciato, ma solo con il corpo, perché con l’anima e il cuore sono sempre con me, così come sono sicuro che io sia in loro.
Ed è anche da me sorridere felice all’uomo trascinato chissà dove dalla moglie, l’uomo che dopo anni e anni di negazione ha deciso finalmente di vivere e di essere felice.
E di sorridere alla vita e all’amore aventi il volto della moglie e del figlio.
Sono contento per te, ragazzo mio, sono contento e sorrido per te, Severus come tu sorridi a quest’esistenza finalmente felice..

Sì, è stata decisamente una giornata ideale per del buon Quidditch.
E per della buona vita.
 
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view post Posted on 12/10/2013, 14:33
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Severus Ikari @ 12/10/2013, 15:24) 
Ok, ecco il mio sorriso che non è venuto come volevo, ma tra influenza e umore di m... che non mi hanno resa particolarmente incline al "sorriso", non sono riuscita a sistemarla come doveva essere, per cui è come l'ho buttato giù quando mi è venuta l'idea, mi spiace perchè ci tenevo, ma pazienza, si può comunque leggere =)

Per ora leggo così (lunedì), ma se desideri puoi sempre modificarlo e sostituirlo quando vuoi.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 22:51
 
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view post Posted on 12/10/2013, 14:41
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CITAZIONE (Ida59 @ 12/10/2013, 15:33) 
Per ora leggo così (lunedì), ma se desideri puoi sempre modificarlo e sostituirlo quando vuoi.

No, non fa niente, ormai è così e così rimane ;)

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 22:52
 
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view post Posted on 12/10/2013, 14:55

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Anastasia, ma modificare che?
Oddio... ho riso dall'inizio alla fine, sobbalzando sulla sedia ogni volta che davi nuovi particolari alla storia, facendola diventare ricca di colpi di scena.
Bella, carinissima, con un POV decisamente originale e divertente.
Un tocco di leggerezza.
:applauso:
E credo che anche Severus approvi.
 
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view post Posted on 12/10/2013, 15:00
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Grazie mille, Kià, sono contenta che ti sia piaciuta e ti abbia divertito, nonostante la mia sconclusione settimanale, dovevo pur farmi perdonare dei sorrisi che avevo scritto non proprio allegri :D
Grazie di nuovo :wub:
 
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view post Posted on 13/10/2013, 14:06
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Bellissima allegra e perfetta. Non c'è da cambiare niente.
Se sono tutte così le tue storie non vedo l'ora di leggerti.
p.s. Che era Albus dall'alto l'avevo capito. Ma è stato bello ugualmente ascoltare i dialoghi dei vivi e i pensieri degli Angeli.
Carinissima!
 
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view post Posted on 13/10/2013, 15:38
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Una giornata ideale


Originale, spumeggiante, carinissima! Che bella sorpresa che hai fatto Aniuccia con questa fic davvero gustosa e gradevolmente fuori dagli schemi, complimenti, l'ho letta molto volentieri! ^_^ Fino all'ultimo sei riuscita a tenermi in sospeso con il dubbio di come fossero distribuite le coppie e di chi fossero i figli :lol:
Confesso infatti di aver, inizialmente, pensato al pairing canonico Hermione/Ron (lo so, è mostruosamente banale: perdonami per aver sottovalutato la tua bellissima creatività :P ) ma poi, il delizioso finale quasi a sorpresa mi ha letteralmente sciolto.
E l'idea di assegnare ad Albus un posto di osservazione così privilegiato è assolutamente indovinata: una lettura davvero piacevole che, attraverso le adorabili schermaglie dei protagonisti, regala qualche minuto di spensieratezza, che di questi tempi ci vuole proprio.
 
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kijoka
view post Posted on 13/10/2013, 16:15




nr.38
Autore/data: Kijoka – 28 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il dolore di un ricordo diventa splendida realtà.
Parole/pagine: 1.121/2.



Il solo


…Silente scagliato in aria: per un istante parve restare sospeso sotto il teschio lucente, e poi cadde lentamente all’indietro, oltre le merlature, come un’enorme bambola di pezza e scomparve.

Come hai potuto? Sapendo cosa significasse, sapendo cosa perdevi, sapendo cosa avresti provato, come hai potuto ucciderlo?
Era la promessa. Avevo preso un impegno, gli avevo dato la certezza che tutto sarebbe finito come lui desiderava. Non ho fatto altro che accontentarlo, come sempre…
No! Tu l’hai fatto perché altrimenti saresti morto al suo posto. Il Voto Infrangibile ti legava e tu non hai fatto altro che seguire il tuo istinto di sopravvivenza!
Non è vero, sarei morto per lui! Era il solo amico che la vita mi aveva regalato. Era la sola persona che credeva in me, la sola creatura al mondo che mi volesse bene, il solo padre che ho mai davvero conosciuto! Come poteva importarmi di me stesso quando uccidendolo avrei perso tutto questo? Non è forse come morire? Tanto valeva farlo!
E che ne sai che la tua mente diabolica non ti abbia indicato le mille e una scusa proprio per aiutarti a farlo, per evitare davvero di morire?
Non lo so. Me lo dice il mio cuore. Lo sento nel profondo che ciò che ho fatto è stato solo per aiutarlo, per assecondarlo, ancora una volta.
Albus me lo aveva detto:
- Tu solo sai se evitare a un vecchio sofferenza e umiliazione sarà un danno per la tua anima.
Era vero, io solo potevo saperlo.
Nonostante tutto per lui l’avrei comunque fatto, solo per lui, solo perché me lo aveva chiesto. Eppure doveva sapere quanto fosse importante per me, quanto la sua assenza avrebbe pesato sulla mia vita e, sopra ogni cosa, come non fossi pronto a vederlo partire per sempre...
Ho rischiato allora, come Albus mi aveva chiesto, per far si che Draco si salvasse da una fine che sarebbe stata senza dubbio atroce e non ho permesso che rischiasse la sua di anima: ho messo in pericolo la mia.
Il ragazzo non poteva farcela a portare a termine un compito così gravoso. Solo perché non è di quella pasta, nonostante tutto, e ne sono incredibilmente felice!
Draco è diverso da me: non sbaglierà più.

La mia ragione e il mio cuore si combattono dentro di me ogni volta che il sonno mi rapisce.
Si contendono la mia anima immortale che non alberga più nel mio corpo, o almeno non più come quando ero un bimbo innocente.
L’ho insudiciata, derisa, abbandonata, lacerata e infine dimenticata tra le pieghe dell’essere spregevole che sono diventato.
Il solo che mi dava conforto e sembrava comprendermi ora giace in una tomba bianca, vicino a quel luogo che continuo a ritenere casa.
E io sono qui, vivo.
Apro gli occhi.
La stanza è inondata dalla limpida luce solare, le tende si muovono appena e la lieve brezza profumata mi accarezza la pelle.
Sono solo.
E' una sensazione magnifica sapere di riuscire a svegliarsi quando si vuole farlo, senza essere trascinati nel gorgo buio dell'incoscienza.
Mi sembra di essere tornato parzialmente padrone di me stesso.
E' ancora molto strano credere di non essere morto, anche se ne ero così sicuro!
Eppure, tra tutti i sentimenti che mi si agitano dentro, non posso negare di rintracciare anche una piccola parte di conforto che questo non sia accaduto.
La stanza è grande e silenziosa.
Apprezzo la quiete che mi offre questo posto, ma è strano: lei non è qui.
Dentro di me sento una strana sensazione, conosciuta: mi manca.
Ero così abituato ad aprire gli occhi e a trovarla accanto a me che, ora, non averla qui mi fa sembrare la stanza completamente vuota.
Sorrido piano.
Certo che comprendere me stesso resta la cosa più difficile che io possa aver mai fatto nella mia vita!
Richiudo gli occhi e, come per magia, ricado in un ovattato mondo parallelo.
Mura merlate, notte fonda, una veste che scende fluttuando nel vuoto.
Silente muore, di nuovo.
Nei miei incubi ricorrenti mi precipito al parapetto e, con la magia più straordinaria che conosco, aiuto il corpo del mio solo amico, di colui che mi ha fatto da padre, ad adagiarsi dolcemente sul prato sottostante la torre.
Nella realtà non è successo e, come nell’incubo mi lascio andare al dolore che provo, nella realtà ho dovuto mascherare tutte le mie vere emozioni per molto tempo.
Il corpo di Silente ha continuato, e continuerà, a cadere da quella torre, ogni notte, per mano mia.
In modi diversi, sempre terribili.
Una notte è un attimo che si ripete, innumerevoli volte.
Un’altra è tutto rallentato, come sia fatto per permettermi di guardare l'uomo, cui sono legato in modo indissolubile, morire al rallentatore, fermando ogni espressione del suo volto in ogni secondo, mentre precipita verso il basso.
Ora la mente mi presenta, più e più volte, solo la mia stessa voce che pronuncia l’Avada.
E Silente muore, in ogni istante, attimo dopo attimo.
La colpa mi sta logorando, il dolore è così forte che sento un macigno sul petto e l’ossigeno lascia i miei polmoni senza farvi ritorno.
La ferita al collo è un cappio che mi stringe e mi soffoca.
Annaspo per ritrovare l'aria, senza riuscirci.
Sto urlando, ma la voce non esce dalla mia gola e la bocca resta spalancata nel nulla.
Notte, la radura, e io in ginocchio, che lascio sfogo al dolore della perdita del solo che poteva aiutarmi a vivere. Il solo che ha creduto in me e ha fatto crescere la mia autostima fino a permettermi di aiutarlo nell'immane compito di combattere il Male.
Le lacrime, trattenute da troppo tempo, sgorgano copiose dai miei occhi chiusi.
Il silenzio non è disturbato da nulla: il mio dolore senza voce non fa rumore.
Un tocco.
Una mano, fresca e delicata, mi accarezza il volto. Sta asciugando le mie lacrime?
D'improvviso apro gli occhi, spazzando via l'immagine sconvolgente del mio solo amico che muore.
Davanti a me, soffuso ed immerso nella chiara luce argentea della Luna piena, il viso della donna che mi tiene in vita.
Sorride.
Un'espressione angelica che spazza via in un momento le terribili immagini che affollavano la mia mente fino a poco prima.
Una pace crescente riempie il mio cuore.
La voce bassa è così impalpabile che sembra quasi non spezzare il silenzio che ci avvolge:
- Riposa. Qui è tutto tranquillo: niente ti minaccia. Io veglio su di te...
Come può donarmi pace un volto, un gesto, una voce?
Come posso sentirmi al sicuro, protetto solo da un sorriso?
Le palpebre calano lentamente, mentre mi sento cullato da un sentimento che non è mio.
La mente vaga in un prato infinito pieno di fiori multicolori che si muovono lentamente alla carezza di un vento profumato...

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 22:52
 
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view post Posted on 13/10/2013, 17:00
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Il Solo

Come sai far volare tu, Monica, l'immaginazione a sondare i recessi dell'animo, pochi riescono. Anche questa volta mi hai preso per mano e accompagnato, come per magia, in quello tormentato e complesso di Severus che, ripercorrendo un incubo sempre ricorrente, svela l'esigenza di aver compiuto un gesto tanto atroce quanto dettato da motivi che vanno oltre qualsiasi giustificazione o spiegazione stia tentando di darsi Severus.
Il livello di introspezione raggiunto in questo brano è profondo e giunge a scandagliare il suo inconscio in modo quasi inquietante, offrendoci la magnifica opportunità di rielaborare e accettare, assieme a lui, le ragioni d una scelta obbligata sulle quali, inizialmente, anche egli stesso non riesce a fare completamente luce.
Ma i motivi della sua scelta sono inoppugnabili ed ecco il raggio luminoso di un sorriso amato che viene a illuminare il giorno e a scacciare l'oscurità del suo ingiusto tormento, permettendo che, meravigliosamente, possa rinascere la speranza!
Come di consueto, Monica, la tua altissima capacità descrittiva mi ha coinvolto e commosso, e posso dire di essere felice di aver potuto finalmente leggere con la dovuta attenzione questo brano ma, soprattutto, di averlo potuto apprezzare e commentare così come merita.
 
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view post Posted on 13/10/2013, 18:59
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I ♥ Severus


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Kià, kijoka si scrive con due K: quando ti capita, nell'indice è scritto spesso sbagliato.

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 22:52
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 13/10/2013, 19:59) 
Kià, kijoka si scrive con due K: quando ti capita, nell'indice è scritto spesso sbagliato.

Aaaaaaaahhhhh!
Scrivo kijoka e penso a Monica, quindi mi esce un mix. :lol:
Correggo immediatamente e chiedo scusa. :totheboss:

Edited by Ida59 - 20/8/2015, 22:53
 
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view post Posted on 14/10/2013, 10:31
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Autore/data: Alaide 31 luglio - 8 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La ragazza gli sorrise con affetto. Gli occhi ancora umidi di lacrime che sembravano non voler colare lungo il suo volto, sempre pallido, ma più sereno, per quanto rimanesse presente la tensione dell'attesa.
Nota: È il seguito di Attesa
Parole: 2151

Klavierstücke
16. Una decisione



Parigi, 8 - 16 maggio 2000



La notte avvolgeva in una cappa le strade di Parigi, poche pallide stelle illuminavano il cielo velato da nubi. Anne dormiva tranquillamente, ignara dell'incertezza, della tensione e delle speranze che tormentavano la sorella maggiore. La bambina si cullava nella calma che seguiva il lungo tempo in cui la malattia ne aveva minato la salute. La pozione che prendeva ormai una volta alla settimana le permetteva di sentirsi ogni giorno meglio.
Heloïse era sveglia, in preda alla tensione.
Aveva sperato che Severus tornasse quel giorno con la decisione del tribunale dei minori, invece gli avevano solo posto delle domande. La ragazza si sentiva dilaniare. Voleva unicamente che scegliessero alla svelta e che scegliessero bene.
Desiderava unicamente rimanere accanto all'uomo che era giunta ad amare più del suo vero padre. Forse un tempo aveva voluto bene al suo vero padre, come ne voleva a Severus, ma non riusciva più a ricordarselo. Aveva memoria delle volte in cui le aveva spiegato come riconoscere con il tatto e l'odorato alcune piante magiche, ma erano ricordi confusi e persi nel tempo.
Si mise a sedere. Il respiro di Anne era lieve e regolare, il respiro di qualcuno che dorme sereno, tranquillo. Un lieve sorriso si disegnò sulle labbra della ragazza, un sorriso colmo di gratitudine per l'uomo che, con le sue pozioni, aveva salvato la vita a sua sorella.
E aveva ridato a lei la forza di fidarsi ancora di chi la circondava.
Si alzò in piedi e, muovendosi silenziosamente, raggiunse la porta della stanza. Quando si trovò nel corridoio, tese le orecchie, cercando di comprendere se Severus fosse sveglio, al pari di lei, ma non udì alcun rumore. Ricordava di aver lasciato in salotto il libro che, grazie ad un incantesimo, risultava scritto in Braille. Forse leggere le avrebbe permesso di scacciare da sé quella tensione.
Non appena entrò nella stanza, si rese conto di non essere l'unica ad aver avuto quell'idea. Sentì un libro venir posato su un tavolo.
«Dovresti riposare, Heloïse.»
«Lo so, ma non riesco. Avevo sperato che oggi... quest'attesa è terribile.» mormorò la ragazza, raggiungendo una sedia.
Severus, alla luce delle poche candele che illuminavano quella parte della stanza, osservò il volto pallido di Heloïse. Avrebbe voluto poterle dire che tutto sarebbe andato bene, che quell'attesa era dovuta unicamente a dei problemi burocratici, ma sapeva che sarebbe stata una menzogna, che avrebbe potuto distruggere la fiducia della ragazza ed era qualcosa che non poteva permettersi.
«Mi hanno assicurato che la decisione dovrebbe arrivare al massimo tra dieci giorni.» disse soltanto.
Heloïse annuì, cercando di abbozzare un sorriso, che si rivelo teso e colmo di inquietudine.
«Ma non ti hanno detto altro? Lasciato intuire qualcosa?» domandò la ragazza, dicendosi che forse Severus le avrebbe detto che era questione di tempo, prima che venisse presa la decisione che lei sperava.
«No. Mi hanno unicamente posto delle domande.»
«Ma io voglio rimanere qui, con te ed Anne. Voglio poterti chiamare padre... se... se rifiuteranno di farti nostro tutore, cosa ne sarà di me, Severus? So che non mi lasceranno con Anne. Sono una Magonò cieca. Nessuno mi lascerebbe con mia sorella, nemmeno quando sarò maggiorenne.» mormorò Heloïse, gli occhi umidi di lacrime, un sorriso inquieto sulle labbra, il volto pallido.
Severus sapeva che non esisteva alcuna parola rassicurante che potesse dirle. Non poteva immaginare da che ragionamenti si sarebbero fatti guidare i funzionari che avrebbero determinato il destino delle due sorelle. Sperava che, per lo meno, prendessero in considerazione quello che aveva detto ed arrivassero a decidere di non dividere Heloïse ed Anne. Sarebbe stato un duro colpo per entrambe, considerando quanto erano state unite, considerando ciò che la ragazza aveva fatto per la sorella.
E non voleva che gli portassero via Heloïse ed Anne.
Le sue figlie.
Non importava che non avessero alcun legame di sangue. Non aveva mai immaginato di poter diventare padre. Ma in quel momento lo era.
Ed in quel momento si rendeva conto di quanto la presenza di Heloïse ed Anne, pur in modo diverso e per ragioni opposte, avesse cambiato il corso dei suoi pensieri, avesse allontanato in parte e quietato il peso del rimorso, la mole della colpa.
In quel momento si rese pienamente conto che, nei sorrisi tesi di Heloïse, nei sorrisi riconoscenti di Anne, nell'affetto paterno per quelle sorelle, aveva trovato il perdono che aveva creduto irraggiungibile, aveva trovato la pace.
Ed ora non poteva nemmeno immaginare di perderle, di vedersele sottrarre da dei burocrati che avrebbe calpestato i sentimenti di Heloïse ed Anne.
«Anch'io vorrei potervi chiamare figlie.»
Erano parole che avrebbe dovuto dire da tempo. Era forse la prima volta che esprimeva così apertamente i propri sentimenti, ma Heloïse aveva bisogno che lo facesse. Egli stesso ne aveva bisogno.
La ragazza gli sorrise con affetto. Gli occhi ancora umidi di lacrime che sembravano non voler colare lungo il suo volto, sempre pallido, ma più sereno, per quanto rimanesse presente la tensione dell'attesa.


Il sole filtrava dalle tende, illuminando lievemente la stanza. Heloïse si sentiva colma di tensione ed apprensione, come le accadeva fin troppo spesso in quei giorni. La decisione del tribunale dei minori tardava ad arrivare e, più il tempo passava, più si convinceva che avrebbero mandato lei e sue sorella in un orfanotrofio.
Deglutì a vuoto, cercando di ascoltare quello che Anne stava dicendo a Mademoiselle de la Roche. Severus era nel suo laboratorio, in fondo al corridoio, ma sapere che l’uomo era in casa non riusciva a renderla più fiduciosa circa il loro destino. Anne non sapeva ancora nulla circa la decisione che pendeva sul loro futuro. Non aveva avuto cuore di far preoccupare la sorella. Se le cose fossero andate nel peggiore dei modi, almeno Anne avrebbe potuto vivere serenamente quei giorni.
«Heloïse, non ti senti bene?»
La voce preoccupata della bambina le arrivò come se fosse lontanissima. Non si era resa conto che Anne aveva iniziato a parlare con lei, non si era resa conto di nulla.
«Solo un lieve mal di testa, Anne. Nulla di preoccupante.» disse in un lieve mormorio, abbozzando subito dopo un sorriso.
«Allora devi andare a letto, così poi starai meglio.» affermò sicura la bambina, osservando con attenzione la sorella maggiore.
Non voleva che Heloïse stesse male, perché senza di lei si sentiva persa. Quindi era giusto che la sorella si riposasse, come aveva fatto lei stessa quand’era malata.
Yseult sorrise appena alla bambina, mentre si chiedeva per quale motivo ci stessero mettendo tanto a prendere una decisione. Era tutto così terribilmente chiaro. Era palese che le due sorelle era unite ed era altresì palese che il loro posto fosse lì, in quell’appartamento, sotto la tutela di Monsieur Piton.
Seguì con lo sguardo Heloïse, mentre la ragazza si alzava in piedi e si avvicinava alla porta. Era troppo pallida e, alla giovane, era chiaro che non dormiva bene. Sperò con tutte le sue forze che la decisione arrivasse presto e che fosse la decisione giusta.
Heloïse si chiuse lentamente la porta alle spalle. Si sentiva male. Erano trascorsi troppi giorni da quando aveva parlato di notte, nel salotto, con Severus. E la decisione non era ancora arrivata. Non riuscì a fare un altro passo. Era come immobilizzata dalla paura che arrivasse una comunicazione ufficiale dal tribunale dei minori dove v’era scritto che lei sarebbe stata mandata in un orfanotrofio a migliaia di chilometri di distanza da Parigi, da sua sorella, da Severus.
Senza quasi accorgersene si lasciò scivolare per terra, il corpo scosso dai singhiozzi. La paura del futuro era enorme. Nemmeno quando era scappata dalla Normandia, dopo la morte del padre, si era sentita così. Forse perché allora non aveva speranze, forse perché non aveva incontrato qualcuno che si prendesse cura di lei e di Anne, qualcuno che voleva averla come figlia.
«Heloïse.» la voce di Severus la fece sobbalzare. Non aveva udito i suoi passi nel corridoio. Non si era accorta di nulla, proprio come nel salotto, troppo immersa nelle sue paure per avere coscienza di ciò che la circondava, qualcosa che non avrebbe mai fatto se fosse stata ancora nella casa in Normandia, se suo padre fosse stato ancora vivo. «Vieni.»
La ragazza notò veramente solo allora di essere rannicchiata per terra e notò solo allora che l’uomo le aveva posto una mano sulla spalla. Si asciugò come meglio poteva le lacrime, poi, aiutata da Severus si alzò in piedi.
«Non riesco più a vivere in quest’attesa.» mormorò, quando iniziò a camminare accanto all’uomo.
«Lo so.» commentò unicamente Severus.
L’attesa stava diventando snervante ed aveva immaginato fin troppo bene che Heloïse sarebbe crollata presto o tardi. Aveva comunicato alla Cité de la Magie che, per qualche tempo, avrebbe condotto le sue ricerche unicamente da casa, perché sapeva che un momento del genere sarebbe arrivato. Non poteva però confortare realmente la ragazza, perché non sapeva cosa avrebbe deciso il tribunale dei minori. L’unica cosa che era in suo potere fare era tentare di alleviare la disperazione in cui stava precipitando Heloïse.
Aprì lentamente la porta del suo laboratorio. Aveva meditato sulla questione a lungo, ricordando che la ragazza gli aveva raccontato che il padre, prima della morte della moglie, le aveva insegnato a riconoscere alcune piante magiche. Non sapeva se sarebbe servito veramente a qualcosa insegnare ad Heloïse a riconoscere gli ingredienti per le pozioni che preparava, ma voleva sperare che la tensione si sarebbe in parte affievolita.
«Siamo nel tuo laboratorio?» domandò la ragazza, quando l’uomo ebbe chiuso la porta alle loro spalle.
Non era mai stata in quella stanza ed in quel momento era sopraffatta dagli odori diversi e contrastanti che sentiva, senza riuscire a distinguere l’uno dall’altro.
Ed era sopraffatta dall’affetto per l’uomo che era diventato suo padre, perché l’aveva fatta entrare, in qualche modo, nel suo mondo. Gli sorrise lievemente, affettuosa, per quanto il sorriso fosse offuscato dalla tensione che continuava ad attraversala, seppure in maniera meno intensa prima.
«Mi hai detto che avevi imparato a riconoscere alcune erbe magiche.» disse l’uomo, osservando con attenzione Heloïse ed il suo sorriso affettuoso, un sorriso affettuoso che ricambiò senza accorgersene. «Vieni.»
La condusse, tenendo una mano sulla sua spalla, perché la ragazza non urtasse nulla di potenzialmente pericoloso in una stanza che non conosceva, verso uno scaffale, da cui prese alcune erbe essiccate, qualcosa che Heloïse poteva riconoscere al tatto ed all’odorato, ingredienti che non avrebbero sortito nessun danno prendendoli nelle mani nude.
Iniziò a presentarne uno per uno alla ragazza, spiegandole a cosa servissero, lasciandole il tempo di prenderli in mano, di annusarli. Di tanto in tanto le chiedeva di riconoscerne qualcuno di quelli di cui avevano già parlato ed Heloïse gli sorrideva ogni volta. Sembrava quasi serena in quel momento, quasi dimentica della decisione che incombeva sul loro futuro.
Fu così che li trovò Yseult, quando andò a cercarli poco dopo, con una lettera in mano, una lettera ufficiale del tribunale dei minori. Aveva bussato tre volte, prima di decidersi ad entrare. Era rimasta per qualche istante immobile, con un sorriso sulle labbra, osservando Monsieur Piton ed Heloïse, chini su una pianta essiccata. Temeva quasi di disturbarli, di rompere quella calma, ma sapeva che doveva farlo, perché in quella lettera era scritto il loro futuro, era scritto se avrebbe potuto continuare ad essere padre e figlia, per quanto, per la legge, Monsieur Piton avrebbe potuto essere unicamente il tutore delle due sorelle.
«È arrivata la lettera.» disse unicamente, senza sentire il bisogno di aggiungere altro.
Sentì lo sguardo di Monsieur Piton su di lei e sentì la tensione farsi improvvisamente forte nella stanza. Si avvicinò lentamente a loro e consegnò la busta sigillata con la ceralacca.
Heloïse sentì il rumore di una busta che veniva aperta, sentì la pergamena che veniva spiegata, poi sentì Severus mormorare qualcosa, senza che riuscisse a coglierne veramente le parole. La calma provata mentre prendeva in mano gli ingredienti, mentre l’uomo condivideva con lei parte della sua immensa conoscenza, era svanita in un attimo. Ed in quel momento provava unicamente la più grande e terribile tensione.
L’uomo le mise la lettera tra le mani. Heloïse deglutì a vuoto, prima di posarla sul tavolo, dove ancora stavano gli ingredienti di cui Severus le aveva parlato. Con dito tremante seguì le scritte in Braille. Quando arrivò alla fine della lettera piangeva.
E tra le lacrime spuntò un sorriso.
Un sorriso felice.
Non avrebbe più dovuto temere del futuro, perché Severus era diventato il suo tutore, perché poteva rimanere con sua sorella e con l’uomo che avrebbe potuto chiamare padre.
Lo abbracciò, il sorriso felice sempre sulle labbra.
E Severus sentì l’affetto di Heloïse, sentì l’affetto di sua figlia e sentì che davanti a sé aveva una nuova vita da vivere, accanto alle due orfane che aveva accolto in casa un giorno di marzo.
Una nuova vita accanto alle sue figlie.
Ed un sorriso, appena abbozzato, un sorriso che era specchio di quello di Heloïse, gli comparve sulle labbra.
 
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view post Posted on 14/10/2013, 11:44

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CITAZIONE (Alaide @ 14/10/2013, 11:31) 

Klavierstücke
16. Una decisione


Leonora, questo è l'ultimo capitolo della storia, vero?
Non ci sono epiloghi... o altre sorprese che spuntano inaspettate, vero, vero, veroooo? :P

Domani nevica, prepariamoci! :lol:

Torno seria.
Al momento dell'arrivo della lettera sono sobbalzata sulla sedia, nervosa anch'io come la povera Heloise... le ultime righe credo di averle lette di corsissima, e poi lette ancora e poi rilette, per essere certa che non mi stavo sbagliando e che non era un sogno.
Il sorriso di Heloise è anche il mio, sappilo. :wub:
 
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view post Posted on 14/10/2013, 12:00
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CITAZIONE (pingui79 @ 14/10/2013, 12:44) 

Klavierstücke
16. Una decisione


Leonora, questo è l'ultimo capitolo della storia, vero?
Non ci sono epiloghi... o altre sorprese che spuntano inaspettate, vero, vero, veroooo?

Ci sarà un epilogo, ma non preoccuparti in proposito. È la naturale continuazione di quello che ho scritto in questo capitolo.

CITAZIONE
Domani nevica, prepariamoci

Io speravo in un sole splendente :D

CITAZIONE
Torno seria.
Al momento dell'arrivo della lettera sono sobbalzata sulla sedia, nervosa anch'io come la povera Heloise... le ultime righe credo di averle lette di corsissima, e poi lette ancora e poi rilette, per essere certa che non mi stavo sbagliando e che non era un sogno.
Il sorriso di Heloise è anche il mio, sappilo.

Alla fine, anch'io so scrivere un sorriso felice - faccio penare lo so -, ma alla fine ci arrivo!
Le ultime righe le ho scritte con gioia. Non ho mai avuto l'idea di togliere Heloïse e Anne a Severus.
Grazie mille per le tue parole, Kià :wub:
 
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view post Posted on 14/10/2013, 14:41
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Klavierstücke
16. Una decisione



Mamma mia quanto mi hai fatto penare. La ceralacca, il fruscio della carta...
Ma ne è valsa la pena. Una storia bellissima a cui una recensione globale sarebbe e sarà dovuta.
Grande Leonora.
Ora aspettiamoci trenta gradi a Natale :lol:
 
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