Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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view post Posted on 29/8/2013, 19:38

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Prenotazioni per la 34a settimana di Sorrisi per Severus:

Venerdì 30: Ellyson
Sabato 31: Monica (32)
Domenica 1 settembre: Monica (33)
Lunedì 2 Settembre: Leonora
Martedì 3 settembre: Ale


Prenotazioni per la 35a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 settembre: Leonora (35)
Giovedì 5 settembre: Ida (35)
Venerdì 6 settembre: ?????
Sabato 7 settembre: ?????

Domenica 8 settembre: Monica (34)
Lunedì 9 Settembre: Leonora
Martedì 10 settembre: ?????

Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!

 
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view post Posted on 29/8/2013, 20:05

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CITAZIONE (Alaide @ 28/8/2013, 11:50) 

Sinfonie.
10. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Secondo movimento. Una promessa


Uff... mi viene voglia di sbraitare nei confronti di Severus.
Ebbene sì, qui il mago ha fatto un brutto passo indietro, o forse no?
In realtà per me è un "nì", in quanto, se da una parte la sua propensione a punirsi è incredibile, dall'altro c'è quella richiesta a Melusine che è già un piccolo barlume.
Il desiderio che Judith non resti sola e la paura, splendidamente umana, di perderla veramente, quando invece la stessa logica ferrea di Severus è imbavagliata, impossibilitata a dire che no, la bambina ha bisogno di lui e non lo odierà mai.
Lo confesso, fossi in Melusine sarei più impulsiva.
Andrei dal giudice.
Ovvero dal padre.

Ma io per fortunissima non sono Melusine e così la storia può ancora tingersi di quella poeticità che sai perfettamente regalarle.
Complimenti.
 
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view post Posted on 30/8/2013, 08:48
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Ecco qui il sorriso di oggi.

Titolo: L’ultimo canto della Fenice
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Malinconico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Lord Voldemort, Fanny
Pairing: Nessuno
Epoca: Tra il 6 e il 7 Libro
Avvertimenti: Missing Moment
Riassunto:
Severus va da Lord Voldemort dopo aver ucciso Silente.
Parole: 1543

L’ultimo canto della Fenice

Il Signore Oscuro ghigna nella tua direzione.
E' un sorriso compiaciuto, soddisfatto. Ma Lui non sa sorridere e quello che vedono i tuoi occhi è solo un ghigno malefico che ti fa rizzare i peli delle braccia.
Draco trema al tuo fianco. Bella ridacchia come un'invasata. Fenrir si lecca via il sangue dal mento. Gli altri Mangiamorte presenti sulla torre restano in disparte. Nessuno è così pazzo da voler stare davanti all'Oscuro Signore, anche se è allegro.
- Severus... - sibila il tuo nome avvicinandosi. Vorresti arretrare. Voltargli le spalle e scappare. Vorresti gridare, piangere, sbraitare, lanciare incantesimi fino allo sfinimento, ubriacarti fino a morire in una pozza di vomito e lacrime. Ma resti fermo immobile. Resti fermo con la mente sigillata, con il cuore gonfio di odio e disgusto verso di Lui e verso te stesso. Resti fermo mentre quello che chiami Padrone si avvicina con quel ghigno che finge di essere un sorriso. Senti le sue mani scheletriche e gelide sulle spalle, il suo sguardo di freddo ghiaccio rosso sul tuo corpo, l'odore della morte che lo circonda ti invade i polmoni e potresti stare male, ma non lo fai. Tu resti fermo. - Il mio fidato Mangiamorte.
Quella parola ti fa più ribrezzo dell'Oscuro. Questa notte tu sei stato il perfetto Mangiamorte.
Ricevi un freddo abbraccio. Ti senti tremare dentro, la tua anima é già morta, non importa di quello che resterà del tuo cuore nero e corrotto.
- Mio Signore... - sussurri con il solito tono servizievole mentre Lui ti libera dal suo abbraccio che puzza di morte; ti chini e sfiori l'orlo della veste nera con le labbra sottili.
- Verrai ricompensato, caro Severus. - promette l'Oscuro con quel ghigno mascherato da sorriso – Mentre tu, Draco...
Il ragazzo trema e abbassa il capo, in un angolo della sala senti un singhiozzo e sai che è Narcissa che trema terrorizzata per il figlio.
- Sei stato un debole. Come lo è stato tuo padre. - sussurra il mago oscuro – Non hai portato a termine il tuo compito. E' dovuto intervenire Severus. - vedi con la coda dell'occhio la mano scheletrica afferrare la bacchetta – Crucio.
Il ragazzo cade a terra, Narcissa piange e lo supplica, scusandosi per l'inadeguatezza di suo figlio. Finalmente Bellatrix ha smesso di ridere, ci sono volute le grida di dolore del nipote per azzittirla.
Tu non dici nulla, Narcissa ti chiama, invoca il tuo nome, ti supplica come quel pomeriggio piovoso a Spinner's End, ma non cedi. Non abbassi lo sguardo sul ragazzo che ti starà odiando. Non puoi. Non é questo il tuo compito ora. Hai una missione importante, hai un compito e vuoi portarlo a termine fino alla fine.
Sono fortunato, molto fortunato, ad avere te, Severus. *
La punizione di Draco dura troppo per le tue orecchie. Quando l'Oscuro spezza la maledizione e il ragazzo sviene sul tappeto il tuo cuore tira un sospiro di sollievo.
Sei così stanco...
Quanti uomini e donne hai visto morire?*
Il Padrone si volta di nuovo verso di te. Sorride, ancora, ma nei suoi occhi di fuoco brilla ancora il luccichio divertito per aver torturato un povero ragazzo indifeso.
- Chiedimi quello che vuoi, Severus. - sibila con un tono fintamente dolce – Esaudirò qualunque tuo desiderio.
La morte.
Sei tentato di dirglielo, di porre fine a quella inutile vita, ma non hai ancora finito il tuo lavoro.
La tua morte dovrà aspettare.
- Mio Signore, - sussurri con devozione – ora che il vecchio è morto.- dici le ultime parole con tutto l'odio di cui sei capace, tuoi i compagni fanno un lieve gridio di gioia, Bella é tornata a ridere come un'invasata - La scuola potrà essere sotto il nostro controllo.
- Non vorrai chiedermi una cattedra, Professor Piton? - domanda ironico l'Oscuro facendo scatenare l'ilarità dei tuoi fratelli.
Ho la tua parola che farai tutto ciò che è in tuo potere per proteggere gli studenti di Hogwarts? *
- No, mio Signore. Io chiedo la presidenza.
Lui ti guarda perplesso. Potresti chiedere molto in questo momento. Un potere a te sconosciuto. Ricchezze. Donne. Una carica politica.
Ma tu hai un compito ben preciso. Hai un lavoro da portare a termine.
Hai sempre un lavoro da portare a termine.
- Sei sempre lo stesso giovane assetato di conoscenza che si è presentato a me vent'anni fa. - sibila l'Oscuro con quel finto sorriso – Va bene, Severus. Se è questo che desideri sarai accontentato.
- Grazie mio Signore. - baci ancora la sua veste, hai un pessimo sapore in bocca, ti fa venire la nausea, ma resisti. Resisti sempre.
Vuoi la mia parola, Severus, che non rivelerò mai la parte migliore di te?

Sarà una notte di festeggiamenti nel castello dei Malfoy. Un pericoloso nemico è caduto, una tra le più influenti scuole di stregoneria dell’Europa se non del mondo e il Ministero della Magia britannico sono nelle vostre mani. Partecipi con finto entusiasmo, dentro senti che il disgusto aumenta fino a consumare quell'unica parte di cuore che ti é rimasta.
Quando sei rimasto il tempo necessario per non destare troppo sospetti prendi il mantello ed esci dal castello. Nessuno ti ferma, nessuno ha notato la tua assenza. O forse non gliene frega niente a nessuno. Sei appena diventato uno dei pochi, se non l'unico, Mangiamorte nelle grazie dell'Oscuro. In molti avrebbero voluto vedere contorcersi sul pavimento te invece del povero Draco.
E, forse, anche tu l'avresti preferito.
Sai, a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto… *
Non puoi smaterializzarti nella tua casa, è troppo pericoloso. I pochi Auror rimasti non verranno a cercarti, ma i membri dell'Ordine sì.
Ma hai un'alternativa. Hai sempre un'alternativa.
Godric's Hallow ti sembra più squallida e buia del solito. Forse è solo un'illusione.
Attraversi la piazza senza alzare gli occhi sulla statua che la raffigura. Continui a camminare veloce, fino alla villetta di due piani malconcia accanto alla salita che porta alla casa distrutta di Potter. Il cancello si apre silenzioso, quando avverte la tua presenza.
E' stato Albus ad offrirti la sua vecchia casa. Sapeva che avresti avuto bisogno di un posto tutto tuo dove pensare, dove quietare l'urlo di dolore della tua anima.
Hai già portato qualche effetto personale, non ci starai molto in fin dei conti.
Hai lasciato le scolorite assi delle persiane inchiodate, non vuoi che qualcuno intraveda la luce della tua bacchetta.
Ti togli il mantello, lo pieghi con cura e lo abbandoni su una delle sedie della cucina.
Apri l'armadietto sopra il lavello e prendi l'unica bottiglia che vi hai riposto qualche tempo fa.
Guardi l'etichetta e un sorriso ironico incurva le tue labbra. Nell'unico negozio presente a Spinner's End hai trovato quell'unica marca di Scotch, la stessa che beveva tuo padre.
Non te n'eri accordo quando l'hai acquistata.
Lasci perdere quel ricordo insignificante e la stappi lanciando il tappo nel lavello. Non dovrai richiuderla quella bottiglia. Hai solo questa notte.
Vai nel salotto buio e ti siedi sulla poltrona polverosa.
Osservi il collo della bottiglia che ti chiama, come una sirena chiama un marinaio disperso nell'oceano.
Butti giù la prima lunga sorsata. Il liquore ti brucia la gola, lo stomaco e le viscere. Il tuo vecchio si è ammazzato con del pessimo liquore.
Il dolore dura poco, troppo poco. Per quella notte vuoi dimenticare tutto, vuoi che il dolore del liquore cancelli il dolore che senti dentro, la tua anima lacerata, il tuo cuore infranto.
Butti giù un'altra sorsata e chiudi gli occhi, ci vorrà del tempo, il tuo corpo e la tua mente sempre troppo razionale e pronta a tutto hanno la fastidiosa abitudine di reggere fin troppo bene l'alcool.
Bevi ancora, ancora e ancora. Ma la supplica di Silente ti riempie ancora le orecchie.
Apri gli occhi e vedi qualcosa di dorato accanto a te. Per un frangente di secondo pensi che sia Albus, ma poi noti le piume.
Fanny.
Non sai com'è entrata e non ti importa.
La fenice ti guarda, sembra che nel suo sguardo ci sia compassione.
Essere compatito da un uccello ti mancava.
- Non guardarmi così. - le dici con voce stanca, affaticata, addolorata -E' stato lui a volerlo.
Fanny fischia. Un fischio caldo, dolce in grado di scaldarti il corpo molto più del liquore.
Sollevi una mano per accarezzarla, ma la fermi a metà strada. Non si è mai voluta far toccare da te né da nessun altro.
Tranne che da Potter. Certo lui è il Prescelto. Tu solo l'ennesima pedina sacrificabile della scacchiera di un vecchio pazzo.
Tu solo sai se evitare a un vecchio sofferenza e umiliazione sarà un danno per la tua anima.*
I tuoi pensieri vengono interrotti da qualcosa di morbido, Fanny ha annullato la distanza che separava la sua testa dalla tua mano. Fai un mezzo sorriso e le accarezzi le piume della piccola nuca.
Sembra gradire.
Emette un debole canto. Nonostante il suono sia basso lo senti dentro, senti che rimbomba nella tua testa. E' un canto addolorato.
Una lacrima tonda come una perla ti bagna la mano, scende lungo il tuo palmo e viene assorbita dal polsino della camicia candida.
- Lo so Fanny, - le dici continuando ad accarezzarla mentre permetti ad un'unica lacrima solitaria di scalfire la tua guancia pallida – mancherà molto anche a me.


* Frasi di Silente in Harry Potter e i Doni della Morte
 
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view post Posted on 30/8/2013, 09:40
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CITAZIONE (pingui79 @ 29/8/2013, 21:05) 
CITAZIONE (Alaide @ 28/8/2013, 11:50) 

Sinfonie.
10. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Secondo movimento. Una promessa


Uff... mi viene voglia di sbraitare nei confronti di Severus.
Ebbene sì, qui il mago ha fatto un brutto passo indietro, o forse no?
In realtà per me è un "nì", in quanto, se da una parte la sua propensione a punirsi è incredibile, dall'altro c'è quella richiesta a Melusine che è già un piccolo barlume.

Qualche passo indietro - dopo tanti passi avanti - Severus doveva pur farlo (anche se anch'io propendo per il "nì"). D'altronde ho in serbo altri passi avanti nei prossimi capitoli (e forse anche altri passi indeitro. Devo mantenere la mia reputazione :P)

CITAZIONE
Il desiderio che Judith non resti sola e la paura, splendidamente umana, di perderla veramente, quando invece la stessa logica ferrea di Severus è imbavagliata, impossibilitata a dire che no, la bambina ha bisogno di lui e non lo odierà mai.

Tutto il problema - ed i passi indietro - stanno proprio nella logica ferrea di Severus che si muove però da basi che noi sappiamo essere "sbagliate", soprattutto per quel che riguarda Judith. Di qui il contrasto che tu hai colto benissimo (e questo non può che farmi piacere perché vuol dire che sono riuscita a comunicarlo.)
CITAZIONE
Lo confesso, fossi in Melusine sarei più impulsiva.
Andrei dal giudice.
Ovvero dal padre.

Melusine segue una serie di motivazioni per non agire come tu dici. E ti assicuro che, fuori scena, vi ha pensato seriamente.

CITAZIONE
Ma io per fortunissima non sono Melusine e così la storia può ancora tingersi di quella poeticità che sai perfettamente regalarle.
Complimenti.

Grazie mille a te, Kià, per quessto e per il commento al capitolo precedente che purtroppo non sono riuscita a commentare! :wub:
 
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kijoka
view post Posted on 31/8/2013, 20:28




Nr. 32

Autore/data: Kijoka – 26 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton , Albus Silente
Pairing: nessuno
Epoca: Post Malandrini/Post HP7
Avvertimenti: Missing moment
Riassunto: Un sogno attraversa gli anni
Parole/pagine: 1807/4.
Note: In questa storia ho dato una mia personalissima versione di fatti e/o personaggi che non vuole essere verità assoluta, ma solo un'opinione.




"I don't see who I'm trying to be instead of me
But the key is a question of control"
da
A pain that I'm used to
Playing the angel - 2005
Depeche Mode

Il dolore cui sono abituato

Ho chiuso gli occhi per un momento e, quando a fatica li ho riaperti, lei non c'era più.
Mi ha sopraffatto una strana delusione...
E' vero: avevo sperato tanto di ritrovarla per far vagare di nuovo lo sguardo su quei tratti sconosciuti e misteriosi, giocando ad immaginare chi fosse e cosa l'avesse portata fino a qui.
Ora però sono ancora stanco e le palpebre, mosse da non so quale volontà, tornano a scivolare sugli occhi che cominciavano a bruciare.
Un gorgo verde riempie la mia testa e mi sembra di sprofondare in un lungo tunnel cosparso di fiori ed erba intrisa di rugiada.
Il profumo fresco ed inebriante mi rapisce e mi ritrovo in un posto diverso. In un tempo diverso.
Quando, ancora ragazzo, sono diventato il più giovane professore di Pozioni.
Ampolle colorate, fragili ed eleganti.
Capaci contenitori di vetro grossolano e trasparente.
Mensole colme di barattoli di tutte le fogge e dimensioni.
Il mio studio di Hogwarts, cupo e freddo, il luogo dove, per tanti anni, ho mescolato ingredienti e pozioni, mi fa sempre sentire vivo e utile.
Qui metto in pratica una scienza esatta, che diventa arte quando le formule si combinano con l'estro.
Qui, solo qui, adesso posso sentire ancora scorrere l'antica magia, quella che ho sempre avuto dentro di me, innata e pura.
Quando sono solo e il liquido nel calderone sobbolle piano, sempre qui, nel silenzio dei sotterranei, posso credere di essere ciò che ho sempre voluto essere: me stesso.
Anche se ogni giorno faccio finta di essere qualcun altro.
All'inizio era per sviare le domande, per evitare gli sguardi, per far dimenticare le prese in giro di ragazzi che potrebbero essermi fratelli, tanti siamo vicini come età.
Nessuno capisce.
Forse perché nessuno sa la verità.
Quella stessa verità che nessuno dovrà mai conoscere o la mia fatica per meritarmi un briciolo di rispetto sarà stata totalmente inutile.
Ormai io sono così: un freddo, distaccato, crudele bastardo.
Solo questo mi pone al di fuori della portata di chiunque, solo questo mio essere previene domande e illazioni.
Devo mantenermi lucido e continuare a recitare la mia parte.
Nessuno saprà.
Ed io, qui dentro, in questo luogo lugubre e spoglio, potrò continuare ad essere me stesso.
D'improvviso il sogno s'interrompe e una strana sensazione di venir rapito verso un'altro momento della mia vita accompagna l'odore pungente del legno lucidato di fresco.
La sedia di legno massiccio è scomoda, ma lo sarebbe anche se fosse foderata del velluto più fine.
- Grazie...
Mi volta le spalle. La lunga veste ondeggia appena mentre versa il becchime nel piccolo vaso del trespolo della Fenice. La voce profonda mi risponde lentamente:
- Cerca di non farmene pentire mai.
Il nodo dentro lo stomaco si stringe un po' di più.
Il silenzio è quasi irreale, soprattutto dopo il vociare e il rimbombo di tanti rumori nei corridoi del Ministero.
Ma dentro quell'aula, severa e sprangata, il rumore del silenzio era tale da stordirmi.
Le sue parole sono state lapidarie e taglienti come spade affilate. Mi ha difeso, mi ha ridato dignità, mi ha regalato credibilità.
Non lo dimenticherò mai.
Non so cos'altro dire. Avrei così tante cose da esternare, ma non so da quale cominciare.
Mi sento in imbarazzo: non ho mai avuto un debito così importante con nessuno.
La gratitudine che sento dentro di me è forse solo pari alla volontà di rendere quell'uomo, che ha preso le mie difese e testimoniato il mio reale pentimento, fiero di ciò che sono e di ciò che voglio essere.
Abbasso gli occhi. Lo sento camminare fin dietro la scrivania e sedersi.
- Ora tocca a te, Severus. Solo tu sai cosa sei disposto a fare per aiutarmi. Non sarà oggi e neanche domani, ma dovremo ritrovarci di fronte a lui, prima o poi. Sia io che te. E tu cosa farai?
Lo fisso nelle iridi chiare, adesso. Non ho distolto lo sguardo. Non faccio fatica a rispondere sinceramente:
- L'ho detto una volta e lo ripeto: qualunque cosa. Il mio impegno è ancora valido e lo metto a sua disposizione, Silente.
Incrocia le dita e vi poggia la fronte, sembra stanco.
- Devi difenderti. Devi imparare a non lasciare entrare più nessuno nei tuoi pensieri. Devi usare il tuo magnifico controllo per proteggerti. Lui tornerà e vorrà delle spiegazioni. - Alza la testa e punta ancora i suoi occhi dentro i miei. - Non sarà uno scherzo. Potresti rimetterci la vita...
Non so come, non so dov'era nascosto quel sorriso che mi nasce sulle labbra, che poi, piano, diventa una vera risata.
Fanny sobbalza sul trespolo quando alzo la voce:
- La vita? Ah... Silente, la mia vita l'ho già persa, e Lei lo sa così bene!
Torno a parlare, come fossi solo con me stesso:
- Niente sarà come prima.
Mi alzo e mi avvicino alla scrivania, senza paura di affrontare lo sguardo del mago davanti a me:
- Potrà fare di me il suo strumento. Voglio essere io a guardare negli occhi il Signore Oscuro senza paura se dovesse tornare! Voglio venderlo, spiarlo, tradirlo, come lui ha fatto con me. Voglio essere sempre un passo avanti a lui, perché ho una mente che mi permetterà di farlo. Voglio avere la mia vendetta, voglio che paghi per il dolore che mi ha inflitto. E se questo significasse perdere la vita che mi è rimasta... beh, che sia.
Abbasso la voce, che anche a me stesso suona come acciaio temprato:
- Devo diventare un'arma mortale. Mi aiuti, Silente. Non la farò mai pentire di averlo fatto...
Il naso mi si riempie di polvere e mentre la mente mi mostra una strada sconnessa e sterrata che corre verso il nulla, il sogno cambia ancora.
- Attento, ragazzo! Se non stai concentrato potrei farti del male!
La voce rimbomba nell'aula vuota.
Gli occhi azzurri, vivaci e colmi di rimprovero, mi folgorano da dietro gli occhialetti calati sul naso adunco.
- Mi scusi...
Silente raddolcisce la voce:
- Cosa ti distrae?
Cosa devo rispondere? Che quando fruga tra i miei ricordi e gli occhi verdi mi rimbalzano nel cuore nulla più vale la pena e vorrei solo morire per raggiungerla?
Con tutto quello che lui ha fatto per me questo suona come un tradimento!
Giro gli occhi intorno con curiosità:
- Questa è l'aula di Difesa contro le Arti Oscure, vero?
- Sì... Qual'è il problema?
La mia voce esce quasi un sussurro:
- Riuscirò mai ad essere così degno di fiducia da potermi affidare questa materia, Silente?
Il viso magro si apre ad un sorriso. Poggia la bacchetta sul banco più vicino, si siede e intreccia le lunghe dita affusolate.
Senza smettere di guardarmi mi risponde pacato:
- Non è una questione di fiducia, quanto di capacità...
- Io sono in grado! So che lo sono!
Mi guarda, senza cambiare espressione del volto:
- Lo sarai. Per il momento è ancora presto. - Un attimo di silenzio che sembra un secolo. - Non solo perché sei stato uno di loro puoi arrivare a comprendere quanto sia importante trasmettere nel modo giusto un messaggio così importante ai maghi di domani...
- Ma proprio perché ne sono consapevole posso farlo! Silente, io non voglio che nessuno, mai più, possa cadere nel tranello dove io sono sprofondato!
Il viso dell'anziano mago non cambia espressione, ma gli occhi sono più dolci.
- Io so che lo posso fare, lo so! - Continuo con testarda convinzione.
Un altro sorriso sereno illumina le brillanti iridi di un azzurro chiaro e profondo:
- Questo è ciò che pensi tu. Ancora non sei pronto, Severus. Devi ancora raggiungere una più alta consapevolezza. Ci arriverai. Hai il carattere per farlo. Sai tenere a bada desideri e pulsioni. Hai dovuto impararlo, senza dubbio, ma ora ne sei in grado. Datti tempo, senza fretta. Adesso che puoi...
Abbasso gli occhi solo un attimo e quando li rialzo lui è di nuovo in piedi davanti a me, con la bacchetta puntata verso la mia fronte:
- Allora, sei pronto? Proteggiti! Legilimens!
Un tondo sole rosso si abbassa all'orizzonte e il sogno mi porta, sulle ali di una superba fenice, verso la fine del mondo.
Il colore carminio ammanta ogni cosa, tanto che sembra tornato il momento del sangue e della paura.
E di nuovo il sogno mi riporta al passato.
Mi ritrovo a fissare un libro aperto su un robusto tavolo di legno.
La biblioteca è vuota.
Mentre tutti sono a cena spesso mi trattengo qui, subito prima che la sala venga chiusa.
Gli immensi scaffali, stracolmi di libri sistemati con finta distrazione, sono i miei unici amici.
Nessuno desidera impegnarsi con me.
Così passo ore chino sulle pagine nuove e ingiallite che istigano in me curiosità e mi portano a voler conoscere sempre di più.
Questi amici sanno come sollecitarmi e, spesso, trovo in essi risposta alle mie domande o idee nuove sulle quali lavorare.
I giorni volano via veloce inseguiti dai mesi che trascinano con loro gli anni.
Io rimango qui.
Dove sono al sicuro, dove tutto è già stato e posso scoprirlo contando solo su di me, senza coinvolgere nessun altro.
I libri rimarranno i miei più cari amici.
Un soffio di vento mi porta con sé e gli occhi si aprono trovando la luce del giorno già limpida e profumata dei primi effluvi del pranzo.
Dunque un'altra notte è passata e scopro di riuscire a svegliarmi anche da solo, ora.
E' così strano stare steso qui a guardare il giorno che si apre, si svolge e muore.
Non sento più nulla.
La mia presunta morte mi ha strappato il cuore.
Non ho percezione del dolore fisico, ma non sento nemmeno più angoscia, non devo più respingere l'ansia, non ho nessun tipo di reazione emotiva.
Mi sento solo.
Non ho più nulla che mi faccia compagnia quando torno coi ricordi ai momenti difficili della mia vita.
Il mio compagno più fedele mi ha abbandonato, ora che potrei provare a combatterlo, a trovare le sue vere radici e provare ad estirparle.
Il mondo d'ora in poi non sarà più lo stesso.
Là fuori l'esistenza che io conoscevo già non esiste più!
Le percezioni saranno cambiate e io dovrò trovare il modo di farne parte, visto che non sono morto!
Ma il dolore, il compagno cui sono abituato, che mi è sempre stato accanto, dov'è?
Mi sento orfano di quella sofferenza cui sono abituato e che mi fa sentire a casa, mi fa sentire sostenuto e compreso, mi fa sentire vivo.
Perché l'amico di una vita non c'è più? Dov'è andato, chi l'ha preso con sé?
In questo modo tutto sembra un sogno e niente è più reale.
In questo modo tutto è vano e vuoto.
Cosa potrà mai colmare questo vuoto che sento?
Chiudo gli occhi e, ancora una volta, seguendo un profumo o un rumore mi faccio rapire dal sogno.

Edited by Ida59 - 19/8/2015, 14:40
 
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view post Posted on 1/9/2013, 16:16

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CITAZIONE (Ida59 @ 29/8/2013, 10:03) 

Risveglio


Un dolcissimo risveglio, non c'è che dire.
Bello l'inizio con i raggi del sole, come se anche il nuovo giorno che comincia volesse partecipare alla gioia del mago, come se finalmente - e mi sa che è così - la notte fosse terminata una volta per tutte.
Niente più incubi.
Niente più dolore.
Solo pace.
E sorrisi.
Ok, e amore, quasi dimenticavo. :D

Molto bello questo Severus sorridente ed innamorato. Sensuale giusto quel tanto che basta a far sbriluccicare gli occhi. :wub:

CITAZIONE (ellyson @ 30/8/2013, 09:48) 
L’ultimo canto della Fenice

Sigh!
Era un sorriso, ma io ho pianto come una fontana.
Il dolore di Severus è lancinante, incredibili e vivide sono le sue emozioni che traspaiono nette e feriscono chi legge.
Il dialogo con l'Oscuro è incredibilmente realistico, sembra di leggere qualcosa che avviene proprio davanti agli occhi ed il senso di nausea, di rammarico è così penetrante che quando Severus se ne va ho tirato un sospiro di sollievo.
Fanny non me l'aspettavo, è stata una vera sorpresa.
Una graditissima sorpresa.
La sua lacrima è stata anche la mia, il suo dolore è lo stesso che proviamo anche noi.
Ma quello di Severus è sempre di più. :cry:

Complimenti tanti tanti.
 
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kijoka
view post Posted on 1/9/2013, 20:23




Nr. 33

Autore/data: Kijoka – 28 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton , Harry Potter
Pairing: nessuno
Epoca: HP1
Avvertimenti: Missing moment
Riassunto: Un incontro atteso da anni.
Parole/pagine: 560/2.





Incontro in Sala Grande

E' tutto così strano.
Come se d'improvviso il tempo avesse preso a fluire all'indietro.
Il ridicolo e inutile uomo con il turbante continua a biascicarmi parole nell'orecchio, ma io non sento più nulla.
Non il rumore delle stoviglie in Sala Grande, non il chiacchiericcio becero degli studenti, non il vento che soffia negli spifferi della stanza, non il crepitare dei camini... più nulla.
Sto rivivendo un sogno, sto guardando nei suoi occhi.
E' tornata!
Un sorriso felice, luminoso e senza fine mi si forma nel cuore, ma non devo lasciarlo uscire, non devo, non...
Quel viso...
Socchiudo gli occhi, finché diventano due sottili lame di luce scura.
E' dunque giunto il momento che io veda ciò per cui sto vivendo, la persona che ha diritto alla mia protezione, chi incarna la mia dannazione.
Il volto è quello di chi ha reso insopportabile la mia adolescenza.
Solo con uno sguardo ogni sopruso mi torna alla mente, insieme all'odio per me stesso che mi procurava.
Quel viso ha particolari che ricordo così bene che potrebbe essere passato solo un giorno da quando li osservavo tutti i giorni, più o meno da vicino.
La gola mi si chiude e il boccone fatica a scendere. Smetto di masticare l'ultima forchettata della cena e respiro.
Il balbettio vicino al mio orecchio si è fermato e il collega si è allontanato, anche se non saprei dire cosa mi abbia comunicato negli ultimi minuti.
Ciò che ricordo è solo il verde.
Il ragazzo che attendevo è dunque arrivato ad Hogwarts.
Insieme a lui è tornato il mio persecutore, ma più di ogni altra cosa è tornata lei.
Il taglio degli occhi, la posizione delle sopracciglia, le lunghe ciglia ricurve, tutto mi parla di lei. Sopra ogni altra cosa quel verde delle iridi... così particolare, così fulgido e così lontano nel tempo, tanto che mi ha dato un tuffo al cuore.
Quante volte ho perso i miei occhi dentro i suoi?
Stavo faticando a ricordare come mi sentissi.
Ora lo so, ora ricordo.
Abbasso lo sguardo.
Il ragazzo si sentirà osservato.
Eppure quasi non riesco a staccare gli occhi dai suoi!
Quanti ricordi...
Silente aveva ragione, nonostante io fossi scettico riguardo al suo punto di vista: non è facile e non lo sarà mai.
Guardare ogni giorno gli amati occhi verdi incastonati nel viso di chi sapeva togliermi l'entusiasmo e la felicità.
Non sarà facile abituarmi, non sarà affatto semplice cercare di restare distaccato e impersonale quando quegli occhi incroceranno i miei.
Ma questo è il mio compito.
So di poterlo svolgere e forse tutti questi anni d'attesa mi hanno insegnato qualcosa. So come fronteggiare le critiche gratuite e le prese in giro, riuscirò ad affrontare anche questa emozione che mi riempie il cuore, pur di portare a termine ciò che mi è stato affidato.
Riuscirò a rimanere vigile e pronto grazie alla rabbia che mi cova dentro.
La voglia di riscattare me stesso, riabilitandomi agli occhi dell'uomo che ha avuto fiducia in me, mi aiuterà a trovare il modo per utilizzare tutte le mie conoscenze per proteggere quel bimbo.
Il frutto dell'amore del mio nemico con la donna che amavo ora mi è affidato definitivamente.
Gli occhi verdi mi guardano, stupiti e curiosi.
Questa volta non sbaglierò!
Questa volta porterò a termine ciò che avevo cominciato.
Lily è tornata e questa volta avrà tutta la mia protezione!

Edited by Ida59 - 19/8/2015, 14:40
 
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view post Posted on 2/9/2013, 09:48
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CITAZIONE (pingui79 @ 1/9/2013, 17:16) 
CITAZIONE (ellyson @ 30/8/2013, 09:48) 
L’ultimo canto della Fenice

Sigh!
Era un sorriso, ma io ho pianto come una fontana.
Il dolore di Severus è lancinante, incredibili e vivide sono le sue emozioni che traspaiono nette e feriscono chi legge.
Il dialogo con l'Oscuro è incredibilmente realistico, sembra di leggere qualcosa che avviene proprio davanti agli occhi ed il senso di nausea, di rammarico è così penetrante che quando Severus se ne va ho tirato un sospiro di sollievo.
Fanny non me l'aspettavo, è stata una vera sorpresa.
Una graditissima sorpresa.
La sua lacrima è stata anche la mia, il suo dolore è lo stesso che proviamo anche noi.
Ma quello di Severus è sempre di più. :cry:

Complimenti tanti tanti.

Grazie anche a te Kià. E' sembre bello ricevere i vostri commenti così sinceri e sentiti!
E mi piace sapere che anche un breve storia vi ha suscitato così tante emozioni!
:wub:
 
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view post Posted on 2/9/2013, 10:35
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Autore/data: Alaide 30 giugno – 4 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Si aggrappò con forza alla fiducia che era riuscita a nascere nuovamente in lei, dopo tanto tempo, a quel sentimento che credeva perduto per sempre. Sulle sue labbra si aprì un lievissimo sorriso, un sorriso che esprimeva unicamente fiducia, una fiducia sofferta, una fiducia ritrovata.
Nota: È il seguito di Sofferenza
Parole: 1457

Klavierstücke
10. Fiducia



Parigi, 7 aprile 2000


Heloïse trattenne un tremito, mentre si sedeva su una poltrona di fronte a Monsieur Piton. Dopo le parole impulsive in cui aveva espresso il desiderio di chiamarlo padre, l’uomo era rimasto in silenzio a lungo, prima di dirle di seguirlo fino a due poltrone che si trovavano in un angolo del soggiorno.
In quel momento si sentiva assolutamente incerta sul da farsi.
Voleva dire tutto a Monsieur Piton, ma non sapeva da dove cominciare.
Avrebbe potuto andare subito al punto, senza troppi giri di parole, ma desiderava che l’uomo comprendesse tutto quello che era accaduto, che sapesse tutto.
Avrebbe potuto iniziare dal principio ed andare con ordine, ma non sapeva cosa dire.
L’unica che riuscì a fare fu esibire un sorriso incerto, per quanto fiducioso.
Heloïse desiderava con tutta se stessa fidarsi di Monsieur. Si fidava di lui, si ripeté come una specie di cantilena, prima di aprire bocca.
«Mi faccia delle domande, Monsieur. Voglio dirle tutto, ogni cosa, il peso… mi fido di lei, davvero, ma non so come…» mormorò infine la ragazza, il sorriso incerto sulle labbra.
«C’è una domanda a cui non hai mai risposto.» disse soltanto l’uomo, anche se poteva intuire la risposta.
Una risposta che sapeva sarebbe stata difficile per Heloïse, una risposta che forse avrebbe rievocato l’incubo che l’aveva tormentata quella notte, che l’aveva fatta urlare nel sonno, per quanto Severus fosse certo che vi fossero altre ragioni per quella sofferenza, ragioni che poteva intuire, ma non afferrare del tutto, per quanto fosse certo che avessero a che fare con il padre della ragazza.
«Nella nostra casa… nostro padre non ha mai avuto la volontà di curare Anne.» disse Heloïse, tormentando il tessuto della camicia da notte nervosamente.
Deglutì a vuoto. Si aggrappò con forza alla fiducia che era riuscita a nascere nuovamente in lei, dopo tanto tempo, a quel sentimento che credeva perduto per sempre. Sulle sue labbra si aprì un lievissimo sorriso, un sorriso che esprimeva unicamente fiducia, una fiducia sofferta, una fiducia ritrovata.
Una fiducia che Severus sapeva di non dover mai tradire perché così faticosamente conquistata, perché se fosse stata nuovamente spazzata via, Heloïse sarebbe precipitata nello stesso abisso in cui era precipitato lui, scegliendo di prendere il Marchio Nero, ed era quella una cosa che voleva impedire ad ogni costo.
Per quel sorriso.
Perché la ragazza voleva chiamarlo padre.
Perché Severus voleva chiamarla figlia.
«Papà sapeva di quale malattia soffrisse Anne. Era la stessa che aveva portato via la mamma.» la ragazza si interruppe un istante, il sorriso non più presente sulle sue labbra. «Non ha mai chiamato un Guaritore. Nemmeno una volta, nemmeno quando Anne ha avuto una delle crisi peggiori. A mia sorella ho sempre detto che non potevamo permettercelo, che vivevamo isolati ed un Guaritore avrebbe preteso molti soldi per venire a curarla, che potevo farlo io, che non aveva nulla di grave.
«Ma erano tutte menzogne.» Heloïse sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma si fece forza per non piangere. Si ripeté, prima di proseguire, che si fidava di Monsieur Piton, per trovare il coraggio per andare avanti. «Avevo visto diversi Guaritori intorno a mamma, quand’ero piccola. Avevo quattro anni e mezzo quando si è ammalata e papà ha mandato a chiamare più di un Guaritore, alcuni persino da Parigi. Invece per Anne non chiamò nessuno. Sapeva che era malata. So che lo sapeva, ma non ha fatto nulla, nemmeno quando l’ho supplicato, nemmeno quando gli ho detto che avrei fatto qualsiasi cosa pur di dare a mia sorella una pozione che la facesse stare meglio.»
La voce di Heloïse si spezzò, rotta dalle lacrime che non riusciva più a trattenere. Nel parlare si era rannicchiata sulla poltrona, come una bambina spaventata.
Ed era, in effetti, poco più di una bambina, si disse Severus.
Ed era poco più di una bambina, quando la sorella si era ammalata, quando si era resa conto che suo padre non l’avrebbe curata con la stessa dedizione con cui aveva curato la moglie.
Poteva immaginarla mentre chiedeva al padre di alleviare in qualche modo il dolore di Anne. La vedeva come quella prima notte in cui aveva parlato con Heloïse. Rivide la ragazza con il suo sorriso disperato, con la sua paura, con la sua totale mancanza di fiducia.
«Avrei dovuto fare quello che nostro padre non ha fatto.» mormorò improvvisamente la ragazza, la voce incerta, fioca, rotta dai singhiozzi. «Non sono stata una buona sorella, Monsieur.» la disperazione nella voce di Heloïse era tremenda, così come lo era quella convinzione. Tutto dimostrava che era stata una splendida sorella per Anne, si disse Severus, ma era così spezzata, così piagata da non rendersene conto. «Invece avevo paura che mi scoprisse, paura che… avevo paura. Temevo che potesse fare del male ad Anne, che non potessi più impedirglielo… odiava così tanto mia sorella. Diceva che aveva ucciso la mamma, ma la mamma è stata uccisa dalla malattia. Per questo non l’ha curata, perché l’odiava, ma io avrei potuto fare qualcosa, fare quello che lui non voleva fare. Eppure avevo paura, Monsieur. Non c’era nessuno di cui potessi fidarmi. Nessuno.»
«Tua sorella ha nominato un Elfo Domestico.» interloquì Severus, osservando Heloïse, il suo volto pallido, la paura e la solitudine evocate dalle sue parole, presenti sul suo volto, nel suo sorriso.
«Hirter è morto nel novantasette. Era l’Elfo Domestico di mamma. Ma anche se fosse stato ancora vivo, non avrebbe potuto fare nulla. Per quanto fosse leale ad Anne, non sarebbe riuscito, vecchio e malandato com’era, a portare ogni giorno la pozione a mia sorella.» Heloïse si interruppe un attimo, le mani tremanti, mentre si rannicchiava sempre di più nella poltrona. «Io però avrei potuto.»
«E come? Tua sorella mi ha detto che abitavate isolate. Dov’erano lo speziale o il pozionista più vicini?» la incalzò l’uomo. Forse avrebbe dovuto usare parole diverse, più consolatorie, ma non era certo che era quello che servisse ad Heloïse in quel momento.
«A Dieppe.» mormorò la ragazza.
Sul suo volto apparve un sorriso colmo di sollievo.
Un sorriso riconoscente.
Un sorriso fiducioso.
Le parole dell’uomo le levavano dalle spalle un peso terribile.
Almeno quel peso, si disse Heloïse, riuscendo a rilassarsi leggermente, riuscendo a rimettersi seduta.
Ma quando riprese a parlare, il sorriso si spezzò e le mani ripresero a tremare.
«Avrei voluto poter fare di più per Anne, poterla realmente aiutare durante le sue crisi. Invece non potevo far nulla, se non stringerla forte e dirle che tutto sarebbe andato bene, che non le sarebbe mai accaduto nulla di male. Le ho mentito. Non potevo far altro che mentirle, che dirle che non aveva nulla di grave, che era colpa del vento che spazza sempre la falesia. E per fortuna papà non le ha mai detto la verità, per quanto odiasse mia sorella. Forse credeva che già lo sapesse. Forse gli bastava quello…» la voce le si spezzò, mentre le lacrime cominciavano nuovamente a scendere lungo le gote.
Non riusciva ad andare avanti, per quanto lo volesse, per quanto si fidasse di Monsieur Piton, per quanto lo desiderasse come padre.
Nella sua mente risuonava unicamente la voce del padre che le diceva che non avrebbe mai curato Anne, che le diceva che sperava che Anna morisse presto, perché allora avrebbero potuto essere nuovamente felici, come quando c’erano unicamente lui, Heloïse e la mamma.
Ma era una menzogna, la ragazza l’aveva sempre saputo, ogni volta che il padre glielo aveva ripetuto.
Scosse con violenza il capo, per scacciare quella voce.
Sentiva che Monsieur Piton stava dicendo qualcosa, ma non riusciva ad afferrarlo.
La voce dell’uomo le giungeva ovattata, come se fosse lontano, irraggiungibile.
Ma lei sapeva che l’uomo era lì.
Sapeva che si fidava di lui.
Sapeva che voleva sentire unicamente quella voce, la voce dell’uomo che desiderava chiamare padre.
Era certa che se ci fosse stato lui al posto del suo vero padre, Anne sarebbe stata curata e non lasciata a soffrire.
«Heloïse, tua sorella sa perfettamente che hai fatto tutto quello che era in tuo potere fare. Lo sa e te n’è riconoscente.»
La voce di Monsieur Piton le giunse finalmente chiara. Era vicino a lei, ben più vicino di prima, accanto a lei, che doveva essersi alzata in piedi senza rendersene quasi conto.
Tentò di sorridergli fiduciosa, ma il sorriso era unicamente tremante ed incerto.
Eppure si fidava dell’uomo, come, forse, non s’era mai fidata del suo vero padre, quando ancora si fidava di lui, prima che tutto cambiasse.
E quando Severus l’abbracciò, come un padre abbraccia la figlia, sentì quella fiducia farsi più forte, sentì di poter continuare a parlare, si sentì più tranquilla.
Ed quel sorriso che prima non era riuscito a farsi strada sul suo volto, quel sorriso fiducioso comparve sulle sue labbra.
 
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view post Posted on 2/9/2013, 21:40

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Prenotazioni per la 34a settimana di Sorrisi per Severus:

Martedì 3 settembre: Ale


Prenotazioni per la 35a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 4 settembre: Leonora (35)
Giovedì 5 settembre: Ida (35)
Venerdì 6 settembre: ?????
Sabato 7 settembre: ???

Domenica 8 settembre: Monica (34)
Lunedì 9 Settembre: Leonora
Martedì 10 settembre: kià

(Nota per la 36a settimana: Monica non potrà inserire nulla domenica 15)


Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 2/9/2013, 23:01
 
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view post Posted on 3/9/2013, 06:15




Altro estratto di A.L. ;D


Gli sfiorò il muso, con le dita. La sentì risalire dalla base del collo, dietro la nuca, sfiorando le orecchie rotonde. Era una sensazione inspiegabile, piacevole, elettrica. Ogni particella del suo essere reagiva a quel contatto, stimolata da quella presenza umana . Da stimoli che il suo lato umano aveva nascosto nel profondo.
“Ti prego.” Lo implorò, stringendogli il collo, nascondendo il viso nella pelliccia scura “Severus...”
Era stremato da quella giornata tremenda, ma il braccio della ragazza attorno al collo e il lieve movimento delle dita ad accarezzargli il manto scuro e lucente, era una ricompensa che lo ripagava di ogni sforzo, anche se non gliel’avrebbe mai detto.
Ed essere un Animagus per stare assieme a lei, gli permetteva di non parlare, di non discutere, di non rischiare di raggiungere nuovamente un limite che non si poteva più infrangere.
Solo così era accettato. Nella sua forma più bassa, nella sua forma paradossalmente più istintuale e al contempo più controllata, nel silenzioso essere un animale.
Ma in quel momento Alex aveva bisogno dell’uomo non della compagnia di un felino.
La pantera la sospinse via, con un colpo delicato del muso e la fissò coi suoi grandi occhi gialli.
Si allontanò, sapendo che era la cosa giusta da fare e sparì nell’ombra di un silenzio immutato.
Alex rimase ferma, inebetita, incredula, con gli occhi lucidi, attoniti e sconfitti.
Allora il grande felino scuro avanzò, muovendosi elegantemente nell’oscurità, sollevandosi da terra per mutarsi in uomo, un essere dal fascino tormentato, dai lineamenti pallidi e dai movimenti sinuosi, mentre le ultime volute di fumo gli lambivano il corpo per dissiparsi nell’ombra.
“Eccomi, Alexandra.” Rispose, porgendole la mano, muovendo appena le dita esili “Risponderò ai tuoi quesiti, ma, per favore.” le sfiorò il viso, facendole sollevare il mento in modo tale che i loro occhi si incontrassero “Non mi pregare più.”
Per un momento rimase a guardarla, accarezzandole la linea del mento col movimento del pollice, mentre su quelle labbra amate riaffiorava la parvenza di un sorriso.
Allontanò la mano, in una lieve carezza: “Sai che non posso tollerarlo.”
La giovane donna aprì la bocca per parlare, la richiuse, non disse nulla.
Alzò una mano, la ritrasse.
Severus rimase immobile a guardarla.
“Puoi farlo, Alexandra.” le disse a bassa voce dopo un attimo, guardandola e provando un moto di affetto per lei che gli fece quasi male “Dopo starai meglio. E’ l’unica strada che puoi percorrere per stare meglio.”
E mentre la ragazza si abbandonava a un pianto silenzioso, il mago chiuse gli occhi e la tenne vicina.
 
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view post Posted on 3/9/2013, 09:58
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Io ho inviato un lungo sorriso a MS. Quando verrà inserito mi prendo il primo giorno disponibile.
 
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view post Posted on 3/9/2013, 17:39

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CITAZIONE (ellyson @ 3/9/2013, 10:58) 
Io ho inviato un lungo sorriso a MS. Quando verrà inserito mi prendo il primo giorno disponibile.

Ok, appena lo vedo su MSS, ti inserisco subitissimo. :)
 
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view post Posted on 4/9/2013, 09:53
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Autore/data: Alaide – 15 - 17 luglio 2013
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Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il volto di Melusine era pallido ed un sorriso sofferente si era fatto strada sul suo volto, quasi quell’immagine fosse per lei fonte di dolore. Era un sorriso pericoloso, si disse l’uomo. Un sorriso che non sarebbe mai dovuto apparire sul volto di sua figlia.
Nota: La storia è il continuo di Una promessa
Parole: 1342

Sinfonie.
11. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Terzo movimento. Confronto


Il corridoio, che portava dalla stanza dove aveva appena incontrato il signor Piton fino all’ingresso della prigione, sembrava stagliarsi cupo agli occhi di Melusine che si fermò dopo aver percorso qualche passo. Avrebbe voluto tornare indietro e aggiungere le parole che avrebbe desiderato, spiegarsi meglio, dire nuovamente che non avrebbe infranto la promessa di andare sempre in carcere, anche se Judith avesse dovuto scegliere di odiare l’uomo che le aveva salvato la vita. Era qualcosa di cui dubitava fortemente perché la bambina amava il signor Piton e sapeva perfettamente cosa era accaduto quella notte.
Ma Melusine sapeva che non poteva tornare indietro, che con ogni probabilità avevano già riportato l’uomo nella sua cella.
«Ti stavo aspettando, Melusine.»
Una voce la colse all’improvviso.
La voce di suo padre.
Non si era accorta della sua presenza, forse perché era troppo concentrata nei suoi pensieri.
«Papà.» disse soltanto.
Sapeva perfettamente cosa sarebbe venuto e sapeva che doveva armarsi di tutta la forza d’animo che possedeva, se non voleva tradire la fiducia del signor Piton. Per quanto fosse convinta che il suo posto non fosse quella prigione, non avrebbe mai potuto rivelare la verità che l’uomo voleva celare.
Non importava quanto lo desiderasse.
Farlo sarebbe equivalso a tradirlo.
«Non puoi nemmeno immaginare la mia sorpresa quando mi è stato detto che eri qui, in visita ad un assassino.» la voce del giudice Fairchild era dura, quasi stesse giudicando la figlia per un delitto punibile con il carcere. «Credevo di averti educata meglio di così, Melusine. Invece pare che tu abbia simpatia per un criminale della peggior specie.»
«Ho compiuto la scelta che era giusto compiere.» ribatté Melusine con tutta la calma di cui era capace.
Avrebbe voluto urlare al padre la verità, ma non lo fece.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Le parole del padre facevano male, soprattutto in quel momento in cui aveva appena visto l’uomo nella sua solitudine, nella sua sofferenza.
«Giusto, Melusine? È giusto, per te, venire a trovare così di frequente un uomo condannato per duplice omicidio? L’uomo che ha reso orfana una bambina che tu conosci?»
Melusine deglutì a vuoto, trattenendo a forza le lacrime, ma non poté evitarsi un sorriso triste per quell’uomo che stava pagando per una colpa che non aveva commesso, ma di cui si riteneva responsabile.
«Nel momento in cui il signor Piton è sinceramente pentito è più che giusto fargli visita.» affermò la giovane, cercando di trovare le parole giuste, parole che non svelassero una verità che premeva sulle sue labbra per essere rivelata.
Ma non spettava a lei quella scelta, si disse, il sorriso impotente, triste, il sorriso che avrebbe rivolto a Severus se lui fosse stato lì.
«Lo conoscevi da prima, Melusine? Eri forse legata sentimentalmente a quell’uomo?» la incalzò il padre, fissandola con attenzione.
«No. Semplicemente…»
La voce della giovane si spezzò, quando udì aprirsi la porta della stanza da cui era uscita.
«Semplicemente cosa, Melusine?» domandò il giudice, osservando i movimenti della figlia che si era voltata, nel momento in cui Severus Piton usciva dalla stanza, scortato da due guardie penitenziarie. Il volto di Melusine era pallido ed un sorriso sofferente si era fatto strada sul suo volto, quasi quell’immagine fosse per lei fonte di dolore. Era un sorriso pericoloso, si disse l’uomo. Un sorriso che non sarebbe mai dovuto apparire sul volto di sua figlia. «Mi hai tenuto nascosto questi incontri. Eppure ti ho più volte ripetuto che di un criminale non puoi fidarti. Mai. Invece sei qui. Perché?»
La giovane incontrò per un attimo gli occhi del signor Piton, quegli occhi neri che le parvero, mai come in quel momento, essere specchio della scelta che l’uomo aveva compiuto autoaccusandosi. Si accorse che camminava a fatica e che nessuno aiutava. Il sorriso sulle labbra si fece ancor più sofferente.
«Allora, Melusine, sto aspettando una risposta.»
La voce del padre le rimbombò nelle orecchie. Il signor Piton e le due guardie li avevano superati di un passo. L’uomo si voltò per un istante ad osservarla.
Severus sapeva che, in quel momento la signorina Fairchild poteva dire quello che lei credeva essere la verità al giudice, riaprire il processo, portare Judith a testimoniare.
Ed era qualcosa che non poteva accadere.
Notò, in quel breve attimo, il pallore sul volto della giovane ed il suo sorriso sofferente, triste, una tristezza ed una sofferenza causati, si rese conto, da lui, dalla sua condizione, una sofferenza ed una tristezza che non avrebbero dovuto esistere.
«La prima volta sono venuta per vedere in faccia l’uomo che ha reso orfana Judith.» ogni parola usciva quasi dolorosamente dalle labbra di Melusine. In quel momento avrebbe voluto dar libero sfogo alle sue lacrime e correre dal signor Piton che continuava a procedere lento lungo il corridoio, a pochi passi da loro, per supplicarlo di dire la verità. Ma sapeva già che avrebbe rifiutato. «Però, quando me lo sono trovato davanti, ho visto il suo pentimento ed ho deciso…»
«Sei un’ingenua, Melusine, nient’altro che un’ingenua.»
La giovane non stava quasi ascoltando le parole piene di disapprovazione del padre. La sua attenzione era fissa sul signor Piton che si era fermato davanti ad una porta ad una decina di passi da loro.
L’uomo si voltò verso di lei.
La menzogna della signorina Fairchild era piuttosto convincente. Sicuramente aveva convinto il giudice. Severus vide le labbra della giovane stendersi in un sorriso incerto, quasi volesse chiedergli la sua approvazione.
Mentre entrava nella stanza, che il medico del carcere usava come studio, annuì brevemente.
Il sorriso di Melusine si fece per un istante dolce, ma si spense poco dopo, quando le parole del padre tornarono a rimbombarle nelle orecchie, nel momento in cui la porta si chiuse alle spalle del Signor Piton.
«Non devi più venire.»
«Non sono più una bambina, papà, ed ho il diritto di fare le mie scelte che tu le approvi o no.» ribatté la giovane, rimettendosi a camminare, notando solo in quel momento che la guardia, che di solito l’accompagnava, s’era dileguata. «E non hai il potere di vietarmi di venire.»
«Non ti riconosco più, Melusine.» sibilò il giudice, afferrando per un polso la figlia, fermandola, davanti alla porta del medico. «Mi stai deludendo, mi hai deluso da quando ti sei rinchiusa in quell’orfanotrofio…»
«I bambini…»
«Non interrompermi.» disse con forza l’uomo. La voce arrivò chiaramente oltre la porta dell’ufficio del medico. «Potevi andare a Londra e perfezionarti come direttrice di coro, invece ti sei rinchiusa in quell’istituto e non ne sei uscita, nemmeno dopo aver preso il diploma al conservatorio. E adesso questo. Venire a visitare un assassino.»
La voce dell’uomo si spense. Severus non colse la risposta della signorina Fairchild, ma notò che il medico, un uomo fin troppo gentile per quel posto, stava scuotendo tristemente il capo.
«Voglio che tu non venga più, Melusine.» affermò il giudice, la voce colma di rabbia e delusione represse.
Una delle due guardie si avvicinò alla porta, aprendola.
«Invece io continuerò a venire, ogni volta che ne avrò la possibilità, fino a quando non avrà scontato la sua pena.»
La voce della signorina Fairchild era decisa e Severus si accorse che in lei vibrava la promessa che gli aveva fatto poco tempo prima.
«L’accompagno all’uscita, signorina.» disse la guardia, quando ebbe aperto del tutto la porta.
Melusine voltò il capo verso la stanza e vide il signor Piton seduto su una sedia ed un medico, dietro di lui, intento a rovistare in un armadietto.
Sorrise a Severus.
Un sorriso deciso, fermo, con quella nota di gentilezza che sempre avevano i sorrisi della signorina Fairchild.
Il sorriso di chi ha compiuto una scelta in cui crede fermamente.
Una scelta di cui si è disposti a pagare il prezzo.
Ed era un prezzo che la giovane non avrebbe dovuto pagare.
Non per lui, che non meritava di essere anteposto al padre.
Sentì l’amarezza della colpa montargli in gola.
La signorina Fairchild aveva scelto la disapprovazione del genitore per continuare a fargli visita, fedele alla promessa che gli aveva fatto quel giorno stesso.
Ed egli non lo meritava.
Non lui.
Non l’assassino.
 
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view post Posted on 4/9/2013, 19:53

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CITAZIONE (Alaide @ 4/9/2013, 10:53) 

Sinfonie.
11. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Terzo movimento. Confronto


Eh, ma tu sei cattiva!
Vuoi proprio farcelo odiare, questo padre.
E pensare che a mente fredda il suo è un ragionamento giusto e protettivo nei confronti della figlia, ma il lettore, sapendo tutto di Severus così come lo sa Melusine, non riesce a non arrabbiarsi intimamente.
Melusine è dolcissima, soprattutto in quei sorrisi che vorrebbero donare sicurezza a Severus.
Leonora, mi piacciono molto i tuoi personaggi, a tutto tondo, che sanno essere protagonisti ed al tempo stesso lasciare che Severus giganteggi. :)

CITAZIONE (Alaide @ 2/9/2013, 11:35) 

Klavierstücke
10. Fiducia


E parte del mistero è stato svelato.
Ammetto di aver pensato ad altro di ben più tragico, ma ho la vaga sensazione che manchino ancora dei tasselli alla ricostruzione della vicenda, quindi me ne rimango in curiosa attesa.
Questo Severus continua a piacermi molto di più rispetto l'altra storia, sicuramente perchè si crogiola molto meno nel proprio dolore ed è più portato ad esprimere pensieri d'affatto per queste due povere protagoniste.

Diversamente da lui, però, mi lancio senza indugio in un abbraccio virtuale alla povera Heloise.
 
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