Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 25/12/2013, 08:11 by: Alaide
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Autore/data: Alaide - 6 - 10 novembre
Beta reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio Originale
Pairing: Personaggio Originale/Severus Piton
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La stanza era quanto di più banale potesse esserci ed ancora più banale era la porta che si apriva di fronte a loro. Eppure non v'era nulla di banale in quella porta, si disse Melusine, voltandosi per un istante verso Severus.
Note: Il titolo del capitolo si rifà ad una parte della forma-sonata instabile dal punto di vista armonico, quindi piuttosto dissonante, ma di una dissonanza che tende alla consonanza.
È il seguito di Dissonanze
Parole: 1732


Finale in quattro movimenti
3. Transizione



La stanza era quanto di più banale potesse esserci ed ancora più banale era la porta che si apriva di fronte a loro. Eppure non v'era nulla di banale in quella porta, si disse Melusine, voltandosi per un istante verso Severus.
L'arrivo di una convocazione da parte del tribunale dei minori, per quel giorno di gennaio, era arrivata come un fulmine a ciel sereno. La stessa speranza di ricevere notizie circa la domanda di adozione stava scemando lentamente nella donna, i cui sorrisi si erano fatti progressivamente più rari e spenti. Eppure quando era arrivata quella convocazione, Melusine aveva sorriso e nel suo sorriso era ricomparsa la speranza, quella speranza che sembrava essere perduta, nella lunga attesa.
Severus non voleva permettersi di sperare, per quanto vi fossero stati dei momenti, nei tre giorni che avevano seguito l'arrivo della convocazione, in cui si era ritrovato ad essere influenzato dal sorriso della moglie, da quel sorriso colmo di speranza e dell'amore che la donna provava per lui, quell'amore che non riusciva a ricambiare, nonostante vi fossero dei rari momenti in cui gli sembrava di provare, oltre al rispetto e alla stima, un sentimento d'affetto per Melusine. In quei momenti, spesso quando si trovava nella completa solitudine del suo laboratorio, riusciva a pensare alla donna come alla sua sposa.
Durante le prime settimane di matrimonio, era stato difficile non rivolgersi a lei come faceva prima, quando lo visitava in carcere, quando era ancora la signorina Fairchild. C'era voluto tempo perché diventasse Melusine nella sua mente ed ancora di più perché vi fossero quei momenti in cui la considerava realmente sua moglie, la donna che aveva sposato, la donna con la quale aveva giurato di condividere la vita.
«Sono in ritardo.» mormorò nervosamente Melusine, osservando un orologio che ticchettava con fin troppa forza nel silenzio della stanza.
Severus annuì soltanto.
Stava ricominciando l'attesa, per quanto questa sarebbe stata di più breve durata rispetto ai mesi che li separavano dal giorno in cui avevano presentato domanda di adozione.
Sul volto di Melusine era comparso un sorriso incerto, per quanto non privo di speranza, una speranza lieve e appena accennata, ma pur sempre una speranza.
L'uomo avrebbe voluto poter condividere la speranza della moglie, ma non riusciva - e non voleva - farlo. Una disillusione, in quel momento, sarebbe stata terribile, lo avrebbe schiacciato, con peso pari a quello delle sue colpe. Sapeva che era unicamente a causa sua se si ritrovavano in quella situazione.
Era unicamente a causa sua se Judith era ancora in quell'orfanotrofio.
Era unicamente a causa sua se Melusine aveva deciso di sposarlo.
Sapeva che la donna lo amava. Lo leggeva, ora che sapeva dove guardare, nel suo sorriso e nei suoi occhi marroni. Lo vedeva nelle piccole azioni di ogni giorno, nelle minuzie che accompagnavano la loro vita coniugale.
Sapeva anche che sarebbe giunto il giorno in cui sarebbe riuscito a ferirla. Forse lo aveva già fatto il giorno in cui Melusine aveva, nel riordinare la camera, trovato la foto di Lily. Forse lo aveva già fatto quella notte in cui l'aveva resa sua moglie. L'attesa logorante lo aveva spinto a cercare conforto tra le sue braccia e, dopo, gli era sembrato unicamente di averla utilizzata, come se avesse pagato una prostituta. Da quella notte, non l'aveva più sfiorata, anche se non era stato in grado di scacciarla, quando, durante il sonno, gli si accoccolava contro. Forse l'aveva già ferita quella notte, quando ne aveva usato il corpo. Forse l'aveva ferita durante le lunghe notti successive, quando si era trattenuto dallo sfiorarla, dal cercare di fermare il logorio dell'attesa con il conforto che poteva dare il contatto fisico.
E se non l'aveva ferita in quelle occasioni lo avrebbe fatto, presto o tardi.
Melusine avrebbe meritato di sposare qualcuno che la amasse come meritava, qualcuno che ne osservasse il sorriso e riuscisse a ricambiarlo, qualcuno che non fosse così ancorato al passato da non riuscire a lasciar andare una donna morta da decenni.
Un uomo che non aveva un passato colmo di colpe, un uomo che non era lui, che non meritava tanto amore e tanta silenziosa dedizione.
La porta si aprì con cigolio che parve riempire il corridoio immerso in un silenzio interrotto unicamente dal ticchettare dell'orologio.
Melusine alzò lo sguardo, aspettandosi di vedere uscire una segretaria che li invitasse ad entrare. Quelli che incontrò furono due occhi colmi di disprezzo.
Gli occhi di suo padre.
Il lieve sorriso che, fino ad allora, era apparso sulle sue labbra, si spense di colpo. Sentì il timore farsi strada dentro di sé.
Suo padre, che si era fermato davanti a lei e a Severus, la stava fissando come si fissa il peggiore dei criminali. E, per quanto, fossero anni che non parlava con lui, sentì le lacrime pungerle gli occhi. Forse aveva stupidamente creduto che un giorno potesse riallacciare i rapporti con la sua famiglia, ma quello sguardo le gelava il sangue nelle vene.
«Vi stanno aspettando e spero che avrete entrambi quello che meritate.» disse il giudice, continuando a fissare la figlia.
Melusine divenne di un pallore quasi spettrale. Riusciva ad immaginare perfettamente cosa volesse dire il padre. Era quello che temeva potesse accadere, per quanto quella convocazione l'avesse riempita di speranza. Il ritardo e l'attesa in quel momento avevano un volto. Quello dell'uomo che le aveva insegnato ad andare in bicicletta, che, un tempo, era stato orgoglioso di lei, quando prendeva un bel voto in una verifica.
Il volto di suo padre.
E sapeva anche che l'uomo avrebbe voluto - e sperava che così accadesse - che a Severus venisse proibito di vedere Judith.
«Nessuno ha chiesto la sua opinione, giudice.»
Melusine sobbalzò quasi sentendo la voce del marito. E se quelle parole fossero state rivolte a lei, avrebbe tremato, tanto veleno contenevano nella freddezza con cui erano state pronunciate. Sembrava quasi che la qualifica di suo padre fosse divenuta un insulto.
E forse il giudice Fairchild stava tremando interiormente, perché, dopo averle lanciato un ultimo terribile sguardo se ne andò senza aggiungere una parola.
Il silenzio cadde nuovamente sulla stanza. A Melusine parve che Severus le stesse dando il tempo di ricomporsi e, dopo qualche lungo istante scandito dal ticchettio dell'orologio, gli rivolse un sorriso lieve, colmo di riconoscenza per il modo con cui era riuscito ad allontanate il giudice, colmo dell'infinito amore che provava per lui.
Una altra manciata di ticchettii e si alzarono in piedi. La porta si aprì, dopo che ebbero bussato e, pochi istanti dopo, si ritrovarono davanti alla scrivania dell'addetta del tribunale dei minori che aveva preso in carico la loro domanda di adozione.
«Signori Piton, credo che sia mio dovere porgervi le scuse per la vostra lunga attesa.» disse la donna che si trovava dall'altra parte della scrivania sulla quale troneggiava una pratica battezzata Judith Dyer. «Il caso che mi si è prospettato non è di certo dei più usuali e questo non ha di certo facilitato il mio compito.»
La donna fece una pausa, che parve unicamente prolungare l'attesa. A Severus parve quasi che l'addetta del tribunale dei minori volesse unicamente rigirare il coltello nella piaga di una decisione già presa con il beneplacito del giudice Fairchild. Al sul fianco, Melusine era di nuovo pallidissima e sulle sue labbra era apparso in sorriso nervoso ed incerto, privo della speranza che era comparsa nei brevi giorni precedenti e nella stanza dove avevano atteso, fino a quando il padre non era uscito dalla porta da cui loro erano entrati.
«Non è stato facile giungere ad una conclusione, ancor meno considerando le pressioni che sono state fatte su questo ufficio.» riprese a dire la donna. «Il suo passato di carcerato, signor Piton, mi ha portata a contattare i giudici che hanno presieduto i due processi che l'hanno coinvolta. Il giudice Fairchild ha esercitato una notevole pressione affinché non considerassi con il dovuto interesse il processo di revisione. Mi ha suggerito più e più volte di interdirle di vedere la bambina.»
Le mani di Melusine tremarono leggermente. Accanto a lei, Severus ostentava una calma perfetta, granitica.
«Credo che il giudice Fairchild rimarrà deluso dalla decisione presa.» affermò la donna, aprendo la pratica che le stava davanti. «È stata la testimonianza della bambina a farmi propendere per ignorare le parole del giudice, signori Piton. Mi è apparso chiaro, ed il nostro psicologo è d'accordo con me, che Judith desidera realmente poter vivere con voi. Quello che mi è risultato difficile fare è stato trovare una soluzione che potesse portare la bambina a vivere sotto il tetto di un pregiudicato.»
Melusine si voltò verso Severus e gli sorrise, un sorriso colmo di sollievo, perché nelle parole della donna v'era la possibilità tangibile, finalmente a portata di mano di poter avere Judith con loro.
«Ho dovuto cercare un precedente e, solo dopo infinite ricerche, sono riuscita a mettere le mani su quello che cercavo. Com'è avvenuto nell'Essex nel lontano 1932, la ragazzina verrà data in affidamento a lei, signora Piton, per il numero d'anni che separano Judith dalla maggiore età. Il minore dovrà risiedere con lei, ma non assumerà il suo cognome. L'affidamento sarà valido dal primo di febbraio di quest'anno.» la donna si interruppe per un istante, notando il sorriso sul volto della donna, un sorriso colmo di sollievo e di una certezza ritrovata. Notò anche che il volto dell'uomo si era lievemente disteso, per quanto non lo avrebbe mai potuto definire rilassato, ma anni di esperienza l'avevano abituata alle reazioni più disparate. «Nei prossimi giorni, vi convocherò ancora per firmare le ultime carte e per affidarvi i documenti che fanno di lei il genitore affidatario di Judith. Credetemi quando vi dico che avrei voluto poter concedervi Judith in adozione, ma non mi sarebbe stato possibile.»
Le parole della donna discesero come un balsamo nel cuore di Severus, ma soltanto quando fu tornato a casa, si concesse di sorridere per un lieve attimo, di mostrare per un breve istante il sollievo di un padre che ritroverà la figlia, per quanto in maniera traversa ed indiretta. Quello che importava era che Judith sarebbe andata a vivere stabilmente sotto il loro tetto, che avrebbe potuto, anche se così non era per la legge, pensare a lei come ad una figlia.
A Melusine non sfuggì quell'accenno di sorriso ed, in quel momento, seppe che quanto aveva più desiderato al mondo stava per diventare realtà. Avrebbe visto Severus e Judith felici.
Ed anche lei avrebbe gioito di quella felicità.
 
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