Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Ania DarkRed
view post Posted on 13/12/2013, 22:38 by: Ania DarkRed
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Alcune piccole precisazioni.
Quest'ultimo capitolo - in originale dovevano essere 12 per 12 mesi dell'anno - è un tantino lievitato come la pizza, ma, causa mancanza colossale di tempo, non sono riuscita a finirlo tutto, sistemarlo e passarlo al pc (perchè le storie erano tutte scritte su carta e le digitalizzavo man mano che pubblicavo), così questa è praticamente la prima parte del capitolo (nemmeno definitiva, credo) e il resto lo inserirò quando sarà, non lo so ancora.
Volevo solo dire questo.

Titolo: 12. Dialoghi persi nell'Est
Autore/data: Severus_Ikari / marzo 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Harry Potter
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Snape riprese a guardare il liquore, in silenzio, senza berne alcun sorso, quella visita e quelle poche parole, lo avevano agitato più di quanto stesse dando a vedere."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la dodicesima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Si può perdere di nuovo tutto".
Parole/pagine: 2827/5



Un anno per amare

12 - Dialoghi persi nell'Est



22 dicembre 2005



«Come mi hai trovato?»
«Trovare le persone, è una parte del mio lavoro.»
Il ragazzo si guardò intorno, era un locale alquanto lugubre, che gli dava i brividi, così cupo e nascosto in mezzo a chissà dove, che gli parve di essere stato trasportato in qualche antica leggenda dell’Est Europa.
«Al Ministero hanno abbassato di molto gli standard.»
«Può darsi, ma questo significherebbe che lei è ben peggiore di me se io, così scarso, sono riuscito a trovarla. Oppure deve ammettere che sono maledettamente bravo nel mio lavoro.» “Tipica spavalderia Grifondoro”, pensò Snape che lentamente muoveva il bicchiere tra le dita, osservando con attenzione il liquido ambrato che si agitava al suo interno, come se dentro ci fosse una piccola tempesta che spingeva onde di whisky addosso alle pareti di vetro.
«Se voleva passare inosservato, avrebbe dovuto nascondersi meglio, cambiare nome, modo di vestire e perché no, persino tagliarsi i capelli e tingerli in stile Malfoy.» In un attimo il giovane Potter si figurò il suo ex insegnante di Pozioni in abiti diversi da quelli che era solito portare, con un taglio militare che aveva visto sulla testa di un vicino dello zio Vernon, anni orsono.
Fu un secondo e Harry si ritrovò a ridere spudoratamente di quell’immagine, mentre Snape lo guardava piuttosto accigliato.
Gran parte degli avventori del locale si voltò per osservare quegli strani individui che era evidente non fossero del posto, anche se uno di loro ormai erano settimane che lo vedevano lì, a quello stesso tavolo, che sorseggiava in silenzio.
Snape non riuscì a non farsi contagiare dall’ilarità del ragazzo e stirò entrambi i lati della bocca in un timido sorriso che ormai era da parecchio tempo che non gli capitava di fare.
Harry ad un tratto tornò serio e si sedette accanto al mago che per anni aveva odiato ingiustamente. «Sono qui per un altro motivo.»
«Sarebbe?»
«Per prima cosa volevo dirle che la professoressa McGonagall sta bene. Ed è merito suo.»
«Ho solo dato le istruzioni per una pozione.»
«Se non lo avesse fatto, però, non sarebbe guarita e forse sarebbe…» Harry non riusciva a pronunciare quella parola, aveva creduto che anche lei gli fosse portata via come tanti altri affetti dalla sua vita, e aveva pianto anche per lei. E aveva pianto anche per il mago che gli sedeva di fronte che si era di nuovo arreso alla vita.
“Sono un uomo, ormai, e non devo piangere”, si era ripetuto molte volte; ed era stata l’ostinazione di Hermione a fargli capire che un uomo non smette di essere tale se cede ai propri sentimenti, e allora aveva pianto, a lungo, finché pian piano quelle lacrime non si erano trasformate in sorrisi quando l’anziana strega si era infine svegliata.
E il sorriso poi si era fatto preoccupazione quando la sua amica aveva iniziato a scivolare velocemente verso un oblio dal quale sarebbe stato difficile tirarla fuori.
Quello era uno dei motivi che l’aveva condotto lì, ma ce n’era anche un altro.
«Ci sarebbero arrivati lo stesso» puntualizzò Severus che per un attimo alzò lo sguardo verso il ragazzo, verso quegli occhi che celavano Lily, ma non erano più i suoi, erano il verde di Harry. Solo di Harry, e questo lo fece, stranamente, sorridere.
«Sì, probabile, ma nel frattempo avrebbe potuto…» stavolta si fece coraggio, perché sapeva che adesso la donna stava bene, «morire» disse infine.
Snape riprese a guardare il liquore, in silenzio, senza berne alcun sorso, quella visita e quelle poche parole, lo avevano agitato più di quanto stesse dando a vedere. Aveva creduto che la sua strada potesse finalmente condurlo lontano, dividerlo per sempre da ciò che aveva lasciato al di là del mare, e invece…
«Comunque,» Harry spostò nuovamente gli occhi intorno al tavolo in cui sedeva con Snape; quando gli avevano riferito dove avevano trovato il soggetto della sua ricerca, non era riuscito a crederci, e invece si trovava proprio in uno strano e tetro locale nascosto in una zona oscura della Romania.
Era partito non appena gli avevano riferito l’esatta ubicazione di quel particolare soggetto.
Pensare a Snape come ad un “soggetto”, era strano, ma il pensiero lo fece sorridere.
«Abbiamo scoperto che cosa ha avvelenato la professoressa McGonagall.»
Severus rimase in silenzio a fissare il giovane mago, sapeva benissimo che era stato un veleno a ridurre Minerva in quello stato e conosceva esattamente quale fosse il veleno da esperto Pozionista qual era, ciò che non sapeva era come fosse venuta in contatto con tale tossina, era così rara che era del tutto impossibile che una persona ne venisse a contatto in maniera casuale.
Piegò appena il volto mentre un sopracciglio si alzava, in quel modo cercò di spronare il giovane Potter a continuare a parlare.
«Quella mattina mentre conversava con la professoressa Sprout, le è stato recapitato un pacco regalo che non conteneva assolutamente nulla.» Severus non capiva.
«Come ha fatto ad avvelenarsi se non conteneva nulla? E poi una strega esperta come lei di certo si sarebbe accorta della presenza della Mortis Viridis all'interno della confezione o quello che era.»
«È proprio questo il problema. L'essenza mortifera della pianta era nel nastro che chiudeva il pacco. Nessuno fa mai caso al nastro o alla carta intorno, e questo è stato fatale, anzi, fortunatamente non è stato fatale. Grazie a lei.»
Snape grugnì malamente, quello che proprio non voleva, era essere ringraziato ogni pochi minuti, desiderava soltanto essere lasciato da solo, stare lontano da tutti loro perché ne aveva abbastanza di far del male alle persone.
La felicità non era per lui, ormai gli era chiaro, era stato uno stupido a credere che fosse stato possibile per lui vivere finalmente una vita degna di essere chiamata tale, con accanto persone che gli volevano bene e persino con qualcuno da amare.
Harry si era accorto dello strano disagio del suo vecchio professore quando lo ringraziava, e questo lo fece sorridere, anche se dentro di sé gli faceva male vederlo di nuovo così solitario, estraneo al mondo come lo era stato per lungo tempo.
Aveva davvero creduto possibile che potesse essere felice, insieme con tutti loro e con Hermione.
Doveva ammettere che, dopo un iniziale scetticismo, quei due erano fatti veramente l'uno per l'altro e si ritrovò di nuovo a sorridere, mentre Severus faceva vagare lo sguardo nel locale, soffermandosi su ogni persona seduta ai tavoli.
Vide una coppia di anziani che sorrideva con i pochi denti che le erano rimasti e brindava al tempo che le rimaneva da vivere insieme, poco o molto che fosse, non importava.
«Queste cose avresti potuto scrivermele in una lettera, perché sei qui?» Severus tornò a guardare Harry, inclinando appena la testa, lo osservò con curiosità, come se fosse un piccolo gufo in attesa della sua ricompensa dopo una nottata di volo.
«Perché sappiamo chi è stato. E...»
«Chi è stato?»
Harry rimase in silenzio, serrando le labbra per non dover pronunciare quel nome che sapeva benissimo quale reazione avrebbe causato, l'aveva già vista sul volto di altri ed era rimasto immobile mentre la rabbia montava dentro ognuno di loro.
Il suo lavoro gli aveva insegnato ad essere più riflessivo, a non agire d'impulso, ma quel giorno aveva dovuto frenarsi con tutte le sue forze per non esplodere e far saltare in aria chi si era macchiato del peccato di tentato omicidio.
«Dimmi chi è stato» ma il giovane mago rimase muto, anche se sapeva perfettamente che con Snape sarebbe stato del tutto inutile.
Severus si alzò di scatto, stringendo con forza il bicchiere prima di gettarlo sul pavimento; fissò quel liquido ambrato farsi strada tra la moltitudine di frammenti di vetro, come un fiume che poco a poco lambiva le rocce posate sul suo letto.
«Che cosa sei venuto a fare esattamente, qui?» la voce di Snape era pacata, troppo quieta, e questo spaventò il giovane Potter che ormai conosceva perfettamente il suo ex insegnante e sapeva che bisognava temere di più la sua finta quiete, piuttosto che le urla che, in ogni caso, si concedeva raramente.
«Io...»
«Io cosa? Mi hai riempito la testa di chiacchiere per tutto questo tempo, quindi se non hai intenzione di dirmi nient'altro, puoi benissimo tornare da dove sei venuto e assicurarti di non tornare mai più, né tu né chiunque altro.» Senza degnarlo di uno sguardo, prese la bacchetta e in un attimo eliminò ogni traccia del suo whisky da terra, mentre molti dei presenti li guardavano piuttosto incuriositi, chiedendosi il perché di tutto quel concitare.
«Deve aiutare Hermione» dichiarò infine Harry, puntando i suoi occhi verdi su quelli neri di Snape che era tornato ad osservarlo, forse per quel nome o forse per qualcos'altro, ma il giovane mago sapeva perfettamente che qualcosa lo aveva colpito da dentro.
«Che significa? È stata Hermione?» chiese incredulo Severus.
«No, Merlino, certo che no! Ma potrebbe comunque commettere una sciocchezza.» Snape si gettò nuovamente sul piccolo divanetto nascosto dalla penombra, con pesantezza, come se tutto quello lo affaticasse, e il non capire lo rendeva irrequieto.
«Una volta andavi dritto al punto senza farti il minimo problema, quindi vedi di parlare chiaro o ci metto un istante ad entrare nella tua testa!»
«D'accordo. Le dirò tutto, ma deve promettermi che starà calmo e mi aiuterà in questa situazione e soprattutto a salvare Hermione da se stessa,» ma il mago per tutta risposta grugnì non molto d'accordo. «Me lo prometta!»
«Va bene, te lo prometto.» Harry sorrise, sapeva che Snape era un uomo di parola e non sarebbe mai venuto meno ad essa, era un aspetto del mago che lo confortava sempre.
«Deve sapere che in questi ultimi sette anni lei ha accumulato una nutrita schiera di fan,» non era facile dirgli quelle cose, sapeva che Snape a sentire quelle inutili chiacchiere lo avrebbe volentieri Schiantato per non ascoltare altro e, in una situazione diversa, sarebbe stato il primo a ridere dell'orda adorante di donne che desideravano anche solo un centimetro del mantello del suo ex insegnante. «Le devo dire tutto, quindi non inizi ad agitarsi prima che abbia finito, lo so che sono cose che non le interessano, ma è stato lei a dire che voleva sapere ogni cosa» spiegò Harry che si era accorto del nervosismo crescente di Snape.
«Alcune di loro rasentavano i limiti della follia; se vogliamo, sono i rischi del mestiere» sorrise, ma Severus non era dello stesso avviso.
«Vai al punto, se non ti è di troppo disturbo, grazie.»
«Ok. Quello che voglio dirle è che una di loro aveva una vera e propria ossessione, era innamorata di lei e andava dicendo che presto vi sareste sposati e cose del genere, ma non pensavamo fosse pericolosa.»
Quella volta, quando Hermione stava leggendo qualcosa...
Severus sgranò gli occhi, incredulo perché non credeva possibile che ci fossero persone che potessero essere ossessionate da uno come lui, la cosa lo disturbò parecchio, ma soprattutto non capiva cosa c'entrasse Minerva in tutto quello.
«Quando si è svegliato, quella donna si trovava al San Mungo, ma è stata cacciata da Hermione e dalla professoressa McGonagall che l'ha addirittura minacciata di spedirla al Polo quando ha offeso Hermione e quando non voleva lasciarla in pace.» Nella mente di Severus si formò l'immagine di Minerva che con tutta la sua forza e pacatezza, parlava a quella donna, come una madre stava di nuovo proteggendo tutti loro, senza alcun pensiero o dubbio, e questo lo fece sorridere, un sorriso spontaneo e ampio che per un attimo lo riportò a pochi mesi prima, a quando si era concesso di essere finalmente felice.
E invece hai di nuovo abbandonato tutti, hai abbandonato tutti loro, Minerva che ti ha sempre protetto e voluto bene come un figlio, hai lasciato Hermione che ami e che ti ama.
Svegliati da questo tuo nuovo torpore, Severus, ti prego...

Per un attimo gli parve di sentire la voce di Dumbledore nella testa, e questo gli fece male, come se qualcuno lo avesse colpito forte.
«Perché non se l'è presa anche con Hermione?»
«Perché per lei non era una minaccia, non aveva alcuna idea che voi avevate una relazione.» Era disappunto quello che scorse nel tono di Harry? Sì, decisamente, e anche nei suoi occhi poteva vedere la tristezza per quel “tempo passato” che aveva dovuto usare.
«Quando siamo andati a casa della donna, abbiamo trovato le pareti letteralmente tappezzate da sue foto, era abbastanza raccapricciante. Non le sue foto lo erano, lei era... cioè, io...»
«Non preoccuparti, ho capito perfettamente,» e gli venne quasi da ridere nel vedere l'espressione imbarazzata di Harry che faceva fatica a sostenere il suo sguardo.
«La donna non c'era, è sparita e non sappiamo dove sia, setacceremo ogni angolo d'Europa o del Mondo se fosse necessario. Ma è sparita anche Hermione, ha sentito per caso il nome di quella donna ed è scomparsa. Non so come sia potuto accadere, io... deve aiutarmi, so quali sono le sue intenzioni, ho visto la sua rabbia e il suo dolore, potrebbe fare qualcosa di stupido, dobbiamo trovarla prima che faccia qualcosa dalla quale non potrà più tornare indietro.»
«Dimmi quel nome.»
«No.»
«Dimmelo.»
«No! Ha promesso!»
«Allora non posso fare niente per te.»
«Dannato testardo che non è altro, pensa che io non voglia farla pagare a quella donna per ciò che ha fatto? Siamo in parecchi a volerlo! Ma non siamo più ragazzini sciocchi ed io la getterò nella cella più profonda di Azkaban, ne stia pur certo, ma non permetterò che nessuno si sporchi le mani di sangue, per quanto lo voglia anch’io! Né lei né Hermione! Ma Hermione in questo momento è debole per colpa sua e non ragiona lucidamente!»
«Dannato stupido Grifondoro, se non mi dici quel nome come pretendi che possa aiutarti a trovare quella donna ed Hermione? Inizio una caccia a tentativi descrittivi?»
Nonostante la situazione fosse delle più serie, Harry scoppiò in una sonora risata che echeggiò per tutto il locale, ma stavolta nessuno dei presenti si voltò verso di loro, si erano ormai abituati a quei due strani maghi seduti al tavolo più isolato del locale.
Snape lo guardò piuttosto contrariato, anzi, sembrava stesse scrutando un pazzo che poco prima era serio e un istante dopo iniziava a ridere, in sette lunghi anni di coma si era perso molte cose.
«Ha ragione, mi scusi. La donna si chiama Bo Batter, 40 anni, nata a Hogsmeade ma residente a Londra da una decina di anni, dove lavora come farmacista, per questo era un'esperta nel preparare veleni. È alta pressappoco 1,57 metri, corporatura normale, carnagione chiara, occhi grigi e capelli biondi. Ovviamente è una strega e quindi potrebbe con facilità cambiare connotati.»
«Potevi darmi una foto, avresti fatto prima.» Harry gli sorrise, sembrava così calmo e freddo, come se niente gli importasse, ma in tutti quegli anni aveva imparato molte cose sul conto di Snape, e una delle quali era che fosse molto bravo a mascherare le sue vere emozioni, maledettamente bravo. D'altronde si era preso gioco di moltissime persone in tutti quegli anni, ormai la sua era una tecnica affinata nel tempo, ed Harry si chiese se in realtà stesse soffrendo anche per la separazione da tutti loro e soprattutto da Hermione, a maggior ragione adesso che era sparita e in pericolo.
“Certo che sta soffrendo, stupido! Quei due sono innamorati, è così evidente”, gli aveva detto una sera Ginny mentre insieme guardavano il loro bambino dormire.
Sì, adesso sapeva con certezza che il cuore di Snape era dilaniato dal dolore, di nuovo, e questo lo faceva infuriare dopo tutta la fatica che aveva fatto per liberarsi da quei pesi sull'anima, l'avrebbe preso volentieri a schiaffi se fosse servito, anche se gli era ben chiaro che non sarebbe riuscito nemmeno ad avvicinare le mani.
Quel pensiero gli tese le labbra.
«Hai finito o c'è altro?»
«Finito.»
«Bene.»
«Ah, aspetti, dimenticavo una cosa.» Severus alzò un sopracciglio, in quel cenno che ormai era sinonimo di “prosegui”. «Se dovesse trovare la donna ed io non ci sono, per favore, non l'ammazzi. La prenda, ma non l'ammazzi, e mi aspetti.»
Severus Snape si alzò dal piccolo divano marrone che lo aveva ospitato in quelle ultime settimane, lanciò alcune monete sul bancone e si fermò alcuni istanti a guardare Harry, quel piccolo petulante Potter che era diventato uomo e molto più saggio di quanto si fosse aspettato, anche se ancora poteva vedere alcuni aspetti dell'irritante moccioso che ogni tanto emergevano con prepotenza.
Sul suo volto passò una strana ombra che per un attimo gli illuminò gli occhi per poi rigettarli in un buio ancora più denso, le sue labbra si mossero non per parlare, la sua bocca sorrise, un sorriso disteso, spontaneo, ma che aveva in sé una traccia d'inquietudine e un piccolo bagliore oscuro che fece tremare il giovane uomo: non sapeva come interpretare quell'espressione.
I due maghi uscirono da lì, inspirando il freddo della Romania a pieni polmoni, riempiendosene prima di sparire lasciando la neve a vorticare in un punto in cui non c'era più nessuno.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 22:07
 
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