Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 4/12/2013, 12:29 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 19 - 21 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: peut-être Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La donna sorrise lievemente a Severus, mentre si sedeva, un sorriso dolce, colmo di incertezza e speranza.
Nota: E’ il seguito di Incertezze e speranze
Dopo Sinfonie anche gli ultimi quattro sorrisi saranno dedicati a questa storia che non si conclude ancora del tutto (il progetto originale di 15 capitoli si è esteso in maniera piuttosto evidente). Finale in quattro movimenti sarà un lungo epilogo alla vicenda.
Parole: 1828

Sinfonie.
24. Sinfonia in si min. op. 2 n°6
Quarto movimento. Verdetto



Melusine entrò da sola, quel giorno di fine gennaio, nella cella di Severus. Judith avrebbe visto l’uomo l’indomani. La ragazzina non sapeva nemmeno che la donna fosse andata al carcere quel giorno, per poter discutere con l’uomo di particolari che Judith doveva ignorare per il momento.
Sarebbe stato inutilmente penoso per la bambina assistere a quella conversazione, considerando che gli elementi di incertezza erano fin troppi. Era già stata snervante l’attesa per la revisione del processo e la successiva attesa per un verdetto che era arrivato durante la metà di dicembre.
La donna sorrise lievemente a Severus, mentre si sedeva, un sorriso dolce, colmo di incertezza e speranza.
«Domani Judith starà a casa da scuola.» esordì Melusine. Non sapeva come iniziare il discorso o, forse, era quello il modo giusto con cui iniziare. «Il direttore dell’orfanotrofio sa tutto e ha dato il suo consenso. Ho dovuto parlargli dopo che è stata pronunciata la sentenza.»
L’uomo annuì unicamente, mentre osservava la donna, che continuava a sorridergli con incertezza e speranza.
Sapeva a cosa fosse dovuta l’incertezza. In quel sorriso incerto era scritto il verdetto pronunciato dal giudice che aveva portato avanti il nuovo processo, nel tribunale di un’altra cittadina.
La speranza gli parve decisamente più fuori luogo. Il verdetto avrebbe pesato su qualsiasi possibilità di poter ottenere, una volta rilasciato, Judith in adozione.
Aveva immaginato che la signorina Fairchild sarebbe andata a trovarlo in cella, prima del giorno del suo rilascio ed aveva anche immaginato cosa poterle dire, come convincerla che era ormai inutile che sacrificasse la sua vita, unendosi a lui, perché nessun giudice dei minori avrebbe preso la decisione di dare Judith in adozione a qualcuno che era stato in carcere, che aveva voluto andare in carcere per potersi punire per un crimine che non aveva del tutto commesso.
«Immagino che abbia detto al direttore dell’orfanotrofio che lei non si sposerà, signorina Fairchild.» disse infine.
Sapeva che avrebbe dovuto scrivere quelle parole, ma quella era una conversazione in cui era necessario parlare, non importava il dolore che provava, nonostante l’antidolorifico fosse più efficace da qualche anno.
«Gli ho solo spiegato quello che è accaduto e di quanto Judith ti sia affezionata.» affermò Melusine, il sorriso improvvisamente più incerto, per quanto sempre dolce e gentile, com’era solito essere. «Ho riflettuto a lungo dal giorno in cui è stata pronunciata la sentenza e sono convinta che si possa proseguire come si era progettato tempo fa.»
«E lei, signorina Fairchild, crede veramente che i giudici dei minori darebbero la bambina in adozione ad un uomo che è stato in carcere? Un uomo che ha scontato la pena per complicità in omicidio, come è stato deciso dopo la revisione del processo? Sarebbero degli inetti se lo facessero e non importa affatto se Judith mi è affezionata.» ribatté l’uomo.
Quelle parole pesavano come un macigno, ma corrispondevano a verità. Era unicamente a causa sua e della sua cecità se si era giunti a quel punto. Alle volte, riguardando indietro, faticava a riconoscere se stesso, quando si era spinto così oltre nella smania di punirsi perché era sopravvissuto, perché aveva causato la morte di troppe persone, perché aveva desiderato l’odio di Judith, quasi che questo fosse la massima punizione possibile.
Aveva sbagliato, ancora una volta, e ne stava pagando giustamente le conseguenze.
La sentenza che era emersa dalla revisione del processo era l’unica sentenza veramente possibile. Per quanto Judith avesse testimoniato a suo favore, nulla poteva cancellare quello che aveva detto egli stesso durante il primo processo. Non era riuscito a ribaltare totalmente la situazione, quando gli era stato chiesto come mai avesse taciuto degli altri due uomini e del fatto che avesse salvato la vita alla bambina. Aveva imbastito una nuova menzogna che si avvicinasse, questa volta, il più vicino possibile alla realtà e la sentenza che era stata pronunciata era giusta. Era complice in omicidio e la pena gli era stata considerevolmente attenuata, proprio in considerazione della testimonianza di Judith.
La ragazzina era apparsa felice del verdetto, quando l’aveva intravista, mentre veniva ricondotto in carcere per scontare l’ultimo mese di pena.
E gli aveva sorriso felice quando lo era andato a trovare in carcere, poco dopo Natale. Per Judith ciò che importava in quel momento era che lui uscisse dalla prigione. Lo aveva ripetuto più volte, quel giorno e, quando l’ora di visita era quasi giunta al termine, l’aveva abbracciato con affetto. Ed egli avrebbe voluto allora chiamarla figlia, dirle che una volta uscito dal carcere sarebbe andata a vivere con lui. Ma non poteva farlo.
Con ogni probabilità non avrebbe mai potuto farlo.
«Non è detto che andrà come dici tu, Severus.» disse Melusine, dopo aver riflettuto a lungo. Sapeva che nelle parole dell’uomo v’era più verità di quanto volesse ammettere con se stessa, ma lei voleva continuare a sperare e quella speranza era apparsa nuovamente nel suo sorriso. «Se il giudice dei minori parlerà con Judith, potrebbe basare la sua sentenza su quello che gli dirà la bambina. In linea teorica in questi casi al centro dovrebbe essere messo sempre il benessere del minore. Ma anche se non accadesse così, anche se il giudice dei minori non capisse che Judith ti ama come una figlia, proseguire come si era convenuto potrebbe permettere a Judith di poter venire a trovarti con regolarità, senza che il direttore dell’orfanotrofio abbia nulla da ridire, anche qualora la bambina si assentasse per qualche giorno, soprattutto durante le vacanze.»
«Eppure lei, signorina Fairchild, potrebbe evitare di rovinarsi la vita.» ribatté l’uomo, osservando il sorriso della donna, il sorriso dolce e gentile che spesso gli rivolgeva, il sorriso in cui, la pari che in quello di Judith, aveva imparato a leggere il perdono, un sorriso simile a quello della bambina, quando, nell’attesa del processo, le aveva rivelato di essere un Mago e la verità circa la morte dei suoi genitori ed il suo coinvolgimento. «Si potrebbe trovare un’altra soluzione, per permettere che Judith continui a vedermi. Gliel’ho già detto, la prima volta che abbiamo ne abbiamo parlato. Trovi una brava persona da sposare, signorina Fairchild. Adotti con questa brava persona Judith. A quel punto, lei sarà la madre della bambina e potrà portarla da me, quando lo riterrà opportuno.»
«Tu sei una brava persona, Severus.» affermò la donna, osservando negli occhi l’uomo. «E so che non mi rovinerò la vita. Quello che mi sta a cuore è la felicità di Judith. E la tua. Se voi sarete felici, anch’io sarò felice.
«L’unico modo perché questo avvenga è fare quanto avevamo già deciso.» aggiunse, dopo essersi umettata appena le labbra.
Avrebbe voluto far comprendere nel migliore dei modi che, per quanto la riguardava, non stava gettando via la sua vita ed il suo futuro. Sapeva che Severus non l’avrebbe mai amata. Le sarebbe bastato, però, vivere con lui e vederlo se non felice, per lo meno in pace, accanto a Judith. E non c’era veramente altra soluzione. Anche se avesse seguito il consiglio di Severus, anche se fosse riuscita a sposare un uomo che non fosse lui, non avrebbe mai avuto la certezza che questi accettasse di far vedere la figlia adottiva ad un uomo che era stato in carcere, condannato per complicità in omicidio.
«Rifletta con attenzione, signorina Fairchild, prima di prendere una decisione del genere. Non esiste la certezza che Judith ci venga data in adozione, né che il direttore del suo orfanotrofio, alla fine, decida di permettere che la bambina possa assentarsi per qualche tempo dall’orfanotrofio, per poter andare a casa di un uomo giudicato colpevole di complicità in omicidio.» disse l’uomo. Sulle labbra della donna ancora aleggiava il sorriso che aveva notato poco prima, quel sorriso colmo di perdono, quel sorriso così simile, eppure leggermente diverso, da quello di Judith. «Un giorno potrebbe trovare qualcuno di cui innamorarsi, Melusine, una brava persona che non ha mai assassinato nessuno, qualcuno le cui mani non sono ricoperte di sangue. Ed allora non avrebbe nessuna via di fuga, da un’unione priva d’affetto.»
«Quel giorno è già giunto, Severus. Tu sei quella brava persona di cui parli.» mormorò in un soffio la donna. «Conosco le tue scelte, conosco i sacrifici che hai compiuto per poter espiare i tuoi errori e so che meriti il perdono e l’affetto di Judith. Ed il mio amore. Non chiedo nulla in cambio, non pretendo che tu mi possa amare. Sono abbastanza realistica da capire che non è possibile. Desidero unicamente che tu e Judith possiate essere felici. Mi basterà per essere felice a mia volta.»
La donna gli sorrise nuovamente, lievemente.
Un sorriso colmo di perdono.
Un sorriso colmo di un amore che non era mai riuscito a leggere veramente fino a quel momento, fino a quando Melusine non gli aveva confessato i suoi sentimenti.
Per un istante che la donna stesse gettando ancora di più al vento la propria vita e la propria felicità. Sapeva cosa volesse dire amare senza essere amato. Ma egli aveva meritato che Lily non giungesse mai ad amarlo, come avrebbe voluto, perché aveva distrutto inesorabilmente la loro amicizia. La signorina Fairchild non meritava nulla del genere. Avrebbe meritato di vivere felice, accanto a qualcuno che non era lui, accanto ad una brava persona che potesse amarla e rispettarla.
Eppure sapeva anche che non poteva trovare altre motivazioni per rifiutare la proposta della donna. Era certo che avrebbe ribattuto incessantemente alle sue obiezioni. Era certo che gli avrebbe ripetuto che non stava gettando al vento la sua vita, che quella decisione era quanto di meglio per Judith.
Ed era effettivamente così, se vi ragionava con freddezza. Forse poteva esistere una possibilità che dessero loro la bambina in adozione, perché il direttore dell’orfanotrofio avrebbe anche potuto mettere una buona parola circa Melusine con il tribunale dei minori. E se Judith non fosse stata loro in adozione, la donna poteva portarla da lui tutte le volte che voleva, perché lei si occupava all’orfanotrofio della bambina ed il direttore dell’istituto le avrebbe dato il permesso.
In fondo, la donna gli aveva detto che quell’uomo sapeva tutto ed aveva dato il consenso affinché Judith stesse a casa da scuola il giorno dopo, quando sarebbe stato rilasciato.
«Forse è veramente l’unica scelta possibile, signorina Fairchild.» disse infine, senza aggiungere altro.
La donna gli sorrise nuovamente con amore, un amore che sapeva di non poter mai ricambiare.
La foto di Lily giaceva ancora nel cassetto, per quanto sommersa dalle lettere di Judith. Ma v’erano giorni in cui cercava ancora quel sorriso, per quanto sapesse che, al contrario di quello della bambina e di quello della donna che gli stava davanti, non era rivolto a lui.
Mentre la donna si avvicinava alla porta della cella, quando l’ora di visita giunse al termine, gli sorrise un’ultima volta.
E quel sorriso aleggiò per un istante nella cella.
Un sorriso che Severus sapeva di non poter mai giungere a ricambiare.
Però, forse, sarebbe giunto a rispettare la donna.
O forse la rispettava già in quel momento, mentre il suo sorriso pareva illuminare ancora lievemente la cella.
 
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