Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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kijoka
view post Posted on 24/11/2013, 16:22 by: kijoka




Nr.46

Autore/data: Kijoka – 10 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton - personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Invece Severus Piton era solo un uomo.
Parole/pagine: 1.551/3.




Orizzonti

La finestra era spalancata e Severus stava di nuovo osservando la zona buia della vicina foresta dove Fanny era sparita.
Le mani poggiate sul davanzale, scrutando le linee morbide dell'orizzonte, si stava chiedendo se non avesse sognato.
Di tanto in tanto provava a dire qualcosa a voce alta e rimaneva ancora incredulo che la voce seguisse appieno le sue intenzioni.
Aveva la sensazione che la fenice gli avesse regalato un nuovo inizio, una diversa opportunità.
Oltre la foresta c'era ancora un mondo.
Dove se ne era andata Fanny?
Sarebbe tornata?
Continuando a far scivolare lo sguardo dalle cime appuntite degli alberi della foresta verso le morbide colline, luccicanti alla luce di mezzogiorno, lasciò consapevolmente uno spiraglio nella stretta disciplina dei pensieri.
In quella fessura infinitesimale comparve l'immagine del castello di Hogwarts.
Nei corridoi aveva sentito che ne parlavano con ammirazione, per quanto era stato fatto. Sembrava lo avessero messo in sesto a tempo di record: dicevano che volevano riaprire la scuola al più presto.
Severus ne fu felice.
Un punto fermo, una solida speranza, doveva essere così! La scuola riaperta: Voldemort sarebbe stato nuovamente sconfitto!
Mentre il cuore coccolava la sensazione gioiosa, la mente gli propose una delle immagini favorite del castello: di notte, con il buio, splendente di mille luci brillanti che lo facevano sembrare un raro gioiello. La mole che si specchiava nel lago calmo, con la luna alta sopra l'orizzonte ad illuminarne le torri.
Sorrise con dolcezza.
Casa.
Quante volte lo aveva ammirato da lontano le notti nelle quali tornava tardissimo con la morte nel cuore?
Ora quella visione gli provocava solo una profonda sensazione di appartenenza.
Eppure non osava nemmeno pensare di tornare là, dopo l'ultimo anno trascorso da preside! Solo, ogni tanto, carezzava l'idea di poter rivedere quei muri graffiati dai secoli, camminare nei corridoi dove echeggiavano i passi della storia e respirare di nuovo l'aria fresca che sapeva di casa.
Si rilassò e prese un lungo respiro, seguendo l’aroma del gelsomino sotto la finestra.
Sapeva di essere molto migliorato, ma si chiedeva come mai non avesse visto Joy negli ultimi giorni.
Non da molto avevano preso l’abitudine di stare qualche tempo insieme dopo cena, certo non era un impegno giornaliero, ma gli sembrava comunque strano essere rimasto senza di lei per tutto quel tempo.
Ricordò le ultime settimane di totale dedizione: aveva continuato a stargli vicino, senza chiedere nulla.
Non gli aveva più esternato a parole ciò che provava e non si era più avvalsa del loro speciale legame, ma gli aveva espresso il suo amore con semplicità, senza sbandierarlo, solo glielo aveva dimostrato coi gesti.
Sapeva di aver trascorso molte ore a riflettere e ad interrogarsi.
Queste ore solitarie avevano portato una diversa certezza: non poteva più fare a meno di lei.
Non si trattava di necessità d'aiuto fisico, perché la ferita ormai non esisteva più...
Era che sentiva la sua mancanza come manca l'aria.
Cercò ancora una volta di dire a se stesso che stava esagerando, che non poteva dipendere così totalmente da una persona che conosceva appena.
Il problema era che ad ogni simile affermazione aveva la sensazione di essere ancora più solo e di sprofondare in un gorgo buio.
Lei gli aveva dato la forza di guardarsi dentro l'anima ed era riuscita a mostrargli un altro Severus, forse il suo reale Io. La sensazione era che, senza di lei, non lo avrebbe più trovato.
Eppure doveva alla fine decidersi a valutare quella strana soluzione, quell’incredibile possibilità, quell'inconfessabile segreto che si nascondeva.
Aveva testardamente rincorso l'immagine che per anni gli avevano cucito addosso.
Ognuno aveva visto in lui qualcosa che non rispondeva alla realtà, anche adesso che la sua ultima maschera era quella dell'eroe.
Invece Severus Piton era solo un uomo.
Joy aveva visto chi era.
Joy aveva guardato nei suoi occhi senza pregiudizi.
Joy aveva trovato la verità.
Solo lei sapeva.
Le si era affidato completamente perché percepiva, senza magia alcuna, che poteva fidarsi. Si sentiva compreso e non giudicato.
Questo lo aveva riportato al suo vedere se stesso.
Voleva continuare a recitare una parte? Voleva tornare ad essere ciò che non era mai realmente stato?
Oppure era il momento di fare una scelta differente?
Inspirò di nuovo, ad occhi chiusi, mentre i raggi pungenti dell'ora più calda del giorno gli scaldavano il petto.
C'era qualcos'altro che erompeva dal suo cuore e che gli causava dentro un tepore palpitante ed inconsueto.
Aveva deciso di accettare ciò che, senza il suo permesso, si era infiltrato in lui.
Era successo tutto una notte, scura e silenziosa.
Si era ritrovato ad occhi spalancati nel buio, con il cuore in tumulto. La gola serrata. Ansante.
Dopo un primo attimo di smarrimento aveva capito che non erano stati i soliti, vecchi incubi a riportarlo alla coscienza..
Era un nuovo modo di concepire la vita che lo aveva sconvolto e svegliato. I fatti erano appena accaduti dietro le palpebre e li ricordava in modo perfetto.
Joy era tra le sue braccia e d'un tratto era sparita, proprio prima che potesse parlarle, proprio poco prima che le loro labbra s’incontrassero.
Il senso di angoscia provato lo aveva spaventato e aveva aperto gli occhi.
Dandosi dello stupido aveva cercato di archiviare sogni e sensazioni, tornando a dormire.
Non c'era riuscito. Era stato strano attendere la mattina e il momento in cui lei era entrata dalla porta.
Ora che mancava da qualche giorno quella sensazione aveva preso a torturarlo anche da sveglio.
Sorrise tra sé.
Come poteva ancora negare? Era inutile nascondere a se stesso di aver ceduto ai sentimenti.
L’emozione che provava era desiderio di averla accanto.
Continuava a sentirsene stupito, ma i mille indizi potevano portarlo ad una sola conclusione.
Anche se in fondo non ne era certo, anche senza sapere cosa esattamente significasse quella parola, forse se ne era innamorato.
Al pensiero la mente si svuotò, gli occhi si aprirono senza essere feriti dalla luminosità del paesaggio.
Un totale senso di sollievo lo colmò e fu come se tutti i frammenti di se stesso andassero al posto giusto, ricostruendo un uomo che si era perso.
Che futuro avrebbe potuto avere questo sentimento?
Come pensava di poter gestire la situazione e cosa si aspettava veramente?
Lo sguardo scorse il panorama davanti a lui.
La linea dell'orizzonte era velata dal riverbero del Sole.
Quella era la realtà.
Non poteva capire, non poteva fare scelte ponderate perché l’abituale razionalità era offuscata dalla luce del sentimento che Joy aveva saputo ispirargli.
Era davvero importante trovare adesso tutte le risposte?
Forse no...
Si lasciò di nuovo andare e la prima domanda che la parte logica di sé gli pose fu: come fare a dirlo?
In realtà adesso era tutto più semplice: la soluzione era arrivata il pomeriggio dell'incontro con Fanny!
Ora aveva di nuovo la sua voce e il mezzo più importante per spiegare ogni cosa.
Quanto temeva quel momento!
Eppure non vedeva l'ora...
Il legame creato dall'incantesimo che gli aveva salvato la vita stava venendo meno. La formula non era stata più pronunciata e spesso non riuscivano più a percepire i sentimenti l’uno dell’altra.
Certo parlarle sarebbe stato più complicato, ma non per questo meno stimolante…
Ma Joy, dov’era?

Poggiò la mano sulla maniglia e ce la lasciò.
L'attenzione era stata attirata dal capannello di guaritori che, guardandola, parlottavano in fondo al corridoio.
Ormai lo sapevano tutti.
Il responsabile del reparto le aveva intimato di andarsene. Il suo compito era finito: Piton stava meglio.
Ora doveva lasciare che il mago riprendesse le forze e tornasse alla sua vita.
Doveva permettere che il mago, che era riuscito ad ingannare Voldemort, potesse tornare alla vita pubblica così che il suo ruolo fosse finalmente riconosciuto e gli fossero tributati i giusti onori.
Joy tornò a fissare la mano appoggiata alla maniglia d’ottone.
Quella stessa mano aveva stretto i lembi della ferita sanguinante, li aveva saldati insieme con la magia, mentre il sangue di Severus le correva a rivoli verso il polso e s'infilava tra le dita.
Pensavano davvero che lei non volesse che il mago fosse riconosciuto per quel che era: l'eroe della guerra?
Cercò di calmare la rabbia che la faceva tremare.
Lui non doveva capire nulla, non doveva saperlo. Aveva bisogno di tranquillità e di essere lasciato in pace senza alcuna preoccupazione.
Ne aveva parlato, non più tardi del pomeriggio precedente, con il Ministro e la Preside MacGranitt.
Aveva ribadito che era troppo presto perché il mago potesse prendere sulle spalle la conduzione della Scuola di Magia di Hogwarts, o anche ciò che avevano definito “solo un incarico al Ministero”.
Aveva acconsentito solo all’incontro di Severus con Harry Potter e la MacGranitt, perché aveva percepito quanto il mago ne avesse realmente bisogno.
Ora doveva informarlo, avvisarlo che le due visite che temeva di più non potevano essere rimandate.
Solo una cosa la pacificava con se stessa: quei due incontri avrebbero risolto molti nodi stretti, molti sentimenti sospesi.
Poi non ci sarebbe stato più nulla a legarlo al passato.
Era già molto migliorato e in poco tempo avrebbe potuto lasciare quel luogo per sempre e decidere della sua vita.
Prese un profondo respiro e abbassò la maniglia, dopo aver bussato.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:32
 
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