Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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kijoka
view post Posted on 23/11/2013, 00:06 by: kijoka




Scusate se posto molto presto, ma oggi (sabato 23.11) avrò una giornata piuttosto impegnata...
K.

Nr.45

Autore/data: Kijoka – 05 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia:
​One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: ​Severus Piton - Fanny
Pairing: nessuno
Epoca: P ​ost HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Aveva semplicemente deciso di vivere.
Parole/pagine: ​ 1.790​/ ​3​.




Rinascita

I raggi di sole scaldavano dolcemente le spalle, inondando il corpo di un tepore avvolgente.
Dopo tanto tempo trascorso sdraiato in quel letto, era piacevole assaporare la ruvida resistenza solida della panchina sulla quale era seduto.
Ad occhi chiusi si lasciava trasportare dai profumi che, di volta in volta, gli solleticavano le narici.
Erba.
Verde, morbida, carezzata dalla lieve brezza, appena bagnata dalla rugiada mattutina.
Terra.
Calda e umida. Acre odore della polvere della strada d'ingresso, e il dolce profumo madido delle aiuole innaffiate di fresco.
Ogni alito di vento gli portava odori e sensazioni.
Li assaporava con calma, prendendosi tutto il tempo, godendo di ogni singolo attimo che la vita gli stava donando.
Sensazione nuova ed appagante che aveva scoperto solo pochi giorni prima quando, dopo molti tentativi, era finalmente riuscito a raggiungere quel posto privilegiato sul grande terrazzo sotto il pergolato.
Restava ore da solo. Aveva bisogno di pensare e tutti rispettavano quella sua richiesta inespressa, ma chiaramente dimostrata dal suo atteggiamento.
In quei momenti solitari cercava di parlare, ma la voce non andava per nulla bene. Il suono che percepiva era sempre e solo ruvido, sgraziato, oltre a questo, il parlare gli provocava comunque ancora dolore. Aveva sperato che, col tempo, la situazione sarebbe migliorata, ma forse era stato fin troppo ottimista...
Riaprì gli occhi.
Le colline erano sempre lì. Morbide e ricoperte di fitta erba verdissima che, muovendosi sotto la carezza del lieve vento, sembrava velluto cangiante. Il sole le lambiva e ne scaldava i contorni, rendendo le più vicine più scure e le lontane più chiare, quasi confuse con il termine dell'orizzonte stesso.
La foresta, poco lontana, mandava i suoi selvaggi richiami, mentre le fronde verdeggianti cantavano la canzone delle cicale.
Il cuore del mago era completamente libero. Batteva nel petto, ma era come fosse perso tra i rami nel bosco, tra i fili d'erba appena nata e inseguendo i voli delle farfalle.
Non ricordava quando era stato così in sintonia con il mondo che lo circondava, forse mai nella sua vita.
Il silenzio, interrotto solo dai rumori della Natura che lo circondava, dava sollievo alla sua anima come il sole riusciva a darlo alla sua salute, in veloce ripresa.
Si sentiva ogni giorno più forte e ogni volta riusciva a percorrere una distanza più lunga. Presto avrebbe potuto farlo in modo anche più spedito e sicuro.
Senza controllo la mano poggiò sul legno liscio dello schienale della seduta, e la mente volò via.
Gli ultimi giorni erano stati una rivoluzione completa.
Con convinzione aveva fatto cadere ogni sua resistenza e aveva vissuto.
Aveva dormito, mangiato, osservato. Ogni cosa sembrava nuova e mai sperimentata prima.
C'era stato un tempo in cui tutto questo non aveva alcuna importanza. Era riuscito a ritrovare se stesso. Quel bimbo prima, e poi quel ragazzo che si era perso.
Era riuscito a guardarsi allo specchio e a non vedere solo un assassino.
Era riuscito ad abbassare lo sguardo sulle sue mani e a non trovarle rosse del sangue delle vittime che aveva mietuto.
Era riuscito a pensare a Lily e a provare una dolce nostalgia per i giorni lontani dell'adolescenza.
Non aveva dimenticato.
Ogni situazione, ogni ricordo, ogni emozione dimoravano ancora profondamente in lui.
Non li avrebbe mai rinnegati. Non avrebbe mai dimenticato.
Aveva semplicemente deciso di vivere.
La realtà era che Joy l'aveva cambiato.
La vicinanza con l'affidabile serenità della donna l'aveva in qualche modo pacificato.
Le era sempre vicina, senza essergli accanto.
Non aveva bisogno di saperla al suo fianco per essere sicuro che lo fosse.
La sensazione sconosciuta che gli era nata nel cuore aveva preso corpo e poi ne aveva preso completo possesso.
Non avevano modo di comunicare direttamente, fino a che la sua voce non fosse tornata, ma Joy sembrava comprendere un momento prima di lui i suoi stessi desideri.
Non sarebbe mai riuscito a spiegarle quanto fosse importante ed insostituibile!
Per tutta la vita non aveva mai chiesto nulla per sé, pensava di non saperlo più fare e di non poterlo più nemmeno imparare. Lei gli aveva mostrato un'altra via.
Ora era in grado di dare un nome a ciò che lei non definiva mai: amore.
Se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe saputo dire come e quando il vero senso di questa parola era entrato a far parte del suo linguaggio, ma ora c'era e vi dimorava comodamente, senza alcun contrasto con tutto ciò che Severus era stato in tutta la sua vita.
Questo lei gli aveva insegnato: il suo passato non gli avrebbe impedito di vivere.
Non avrebbe mai saputo chiedere a qualcun'altro ciò che sapeva di necessitare, ma lei sembrava riuscire ad intuire i suoi bisogni primari. Non voleva pensare ad altro, in quella fase.
Doveva rimettersi in forze, capire quale strada percorrere, fare ancora delle scelte e poi avrebbe potuto comprendere cosa davvero desiderasse da quel rapporto appena nato.
Ora non voleva illudere nessuno, né lei e nemmeno se stesso.
Doveva aspettare, doveva fare ciò che non aveva mai fatto: darsi tempo.
Parte del suo cuore aveva effettuato quella scelta nel momento in cui aveva visto spegnersi la luce, con gli occhi verdi di Potter fissi nei suoi.
Parte della sua anima aveva reagito combattendo strenuamente la morte.
La realtà era che, al termine di tutto, essere lì, su quella panchina, al sole estivo, lo riconciliava con il ricordo di Albus.
Aveva dato la vita per vederlo vivere e con quale altra cosa avrebbe potuto ripagare quel sacrificio se non portando a compimento la sua stessa vita?
Ogni respiro, in quei giorni, era dedicato ad Albus e ora, quando pensava a quella notte sulla Torre, il dolore graffiante si affievoliva.
C'erano alcuni giorni nei quali la rabbia che, aveva sempre covato in lui, si tramutava in composta commozione. C'erano ore in cui riusciva persino a vedere il volto del perduto amico illuminato da un ampio sorriso felice.
Ma più di ogni altra cosa ora riusciva a ripensare al vecchio mago senza tristezza, solo in un alone di smorzata gioia.
Immaginazione?
Di certo sapeva che l'essere andato così vicino alla morte gli aveva dato la forza per continuare a vivere!
Questo aveva reso ancora più semplice comprendere le frasi che sempre Silente gli aveva indirizzato. Ora sarebbe stato in grado di rispondere al vecchio amico che aveva capito e che lo ringraziava per l’opportunità che gli aveva dato.
Non lo avrebbe mai dimenticato.
Seppur consapevole del fatto che Albus Silente era stato un gran orditore di trame, era anche in grado di comprendere quali importanti opportunità gli avesse regalato.
Non avrebbe mai scordato.
Ora gli era più grato che mai. Adesso che la sua vita stava prendendo una piega importante, colma di significato.
Un lieve frullo d’ali interruppe la quiete e le riflessioni.
Fu quasi un lampo dorato screziato di scarlatto e l’uccello si posò sullo schienale della panchina con un'ampia ed elegante voluta.
Severus restò senza fiato.
Era sempre stato crudelmente convinto che non avrebbe mai più visto quella creatura in tutta la sua vita!
Non riuscì ad impedirsi di pronunciarne il nome, nonostante non avesse l’ausilio della voce.
Sussurrò, senza emettere alcun suono, ma col viso chiaramente atteggiato ad un’espressione di accorato stupore:
- Fanny?
Poteva essere davvero la fenice fedele ad Albus?
Possibile che fosse davvero tornata?
Perché? Perché adesso, perché qui?
Gli occhi scuri e brillanti dell’animale lo osservavano, mentre il capino si muoveva a scatti, studiandolo.
Quasi rispondendo alle sue domande l’animale si mosse e, con leggiadra leggerezza, gli si avvicinò.
Emise un sommesso e soave verso tremulo.
Severus restò immobile a guardarla.
Le piume di colore brillante sembravano gemme preziose alla luce radente del sole pomeridiano.
Forse erano stati i suoi pensieri rivolti ad Albus per giorni a farla tornare?
Nel suo cuore si riaccese la tristezza per non poterlo chiedere a lui, per non poter essere aiutato dalla voce amichevole a comprendere i veri motivi di quell’insperato ritorno. Solo Albus conosceva così bene Fanny!
L'anziano mago gli mancava davvero moltissimo! Aveva nostalgia delle sue battute pungenti ed improvvise, degli occhi azzurri e ironici che facevano capolino dagli occhiali a mezzaluna…
Sentiva la mancanza del suo comprenderlo all’istante, quasi gli avesse letto nella mente e nel cuore.
La nostalgia portò con sé di nuovo il rimorso. Ne fu invaso in un attimo. Gli sembrava che l’anima, dopo tanti giorni, avesse ricominciato a sanguinare.
Fanny emise un suono attutito, accostandoglisi ancora di più.
Gli intelligenti occhietti scuri lo scrutavano, sembravano cercare la verità.
Il mago si lasciò attraversare da quello sguardo e Fanny prese a cantare, sommessamente, solo per lui.
Severus si sentì trasportato di nuovo in una nuova vita, lontano dai rimorsi e lontano dal dolore.
Che la fenice volesse esattamente questo?
Voleva esprimere la domanda, ma non ne aveva la possibilità. Senza parole non era sicuro che l’animale potesse comprenderlo.
Poi tornò a ragionare.
Fanny era una creatura magica. Forse aveva già compreso ogni cosa. Forse era tornata proprio per manifestargli la vicinanza. Severus sapeva di essere stato fedele a Silente fino in fondo, fino a morirne…
La fenice si avvicinò ancora. Lentamente abbassò il capo verso il viso del mago.
Erano così vicini che Severus poté specchiarsi nel nero degli occhi vispi.
D’improvviso piccole lacrime sgorgarono dagli occhi di Fanny, scivolarono sulle guance del mago e raggiunsero la cicatrice sul collo, là dove il serpente aveva maggiormente infierito.
Una vampata di calore gli arse la gola in un momento.
Severus si portò le mani al collo con il timore di sentire la pelle aprirsi sotto le sue dita, ma non trovò nulla. Né sangue, né dolore e neanche la cicatrice che era abituato a sentire come una frastagliata riga in rilievo sotto le dita.
Senza pensare si ritrasse di scatto, ma la fenice restò immobile a guardarlo emettendo un altro armonioso suono sommesso.
- Fanny, cosa…
Aveva parlato!
La voce profonda e vibrante cui era abituato aveva espresso i suoi sentimenti.
Restò stupito e incredulo.
La fenice gli aveva regalato la normalità, la possibilità di tornare a vivere, questa volta davvero come se stesso.
Allungò la mano e carezzò il dorso dell’animale, morbido, caldo e liscio.
Sul volto piano si fece strada un vero sorriso, spontaneo, aperto e colmo di gratitudine:
- Grazie! – Poteva tornare a modulare i toni e il volume, poteva padroneggiare la dolcezza, era tornato a poter esprimere ciò che aveva nel cuore. – Grazie Fanny!
L’animale si allontanò appena, arruffando le piume, quasi rispondendo al ringraziamento che proveniva dall'anima stessa del mago.
Lo fissò ancora per qualche momento. Poi chinò il capino e lo nascose sotto l’ala, quasi volesse dormire, ormai pacificata con se stessa.
Severus voltò lo sguardo verso l’orizzonte.
Il sole stava rapidamente calando e le bianche e rade nuvole estive riflessero il colore delle piume della fenice.

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:32
 
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