Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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ellyson
view post Posted on 19/11/2013, 12:30 by: ellyson
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Seguito di "L'inizio"


n. 32

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Bianche parole

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non avrebbe saputo dire se era felice e arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovavo con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.

Parole: 2161

Bianche parole


Giugno 2002
Londra, Spinner's End



Severus appoggiò sul letto la sua borsa di pelle nera con un sospiro.
La scuola era finita da qualche settimana, aveva sistemato gli ultimi lavori, congedato gli insegnanti, inviato le ultime missive al Ministero e dato gli ordini agli elfi domestici per l'estate. Finiti gli ultimi compiti aveva preso i suoi effetti personali ed era tornato a casa.
Aveva sempre considerato Hogwarts la sua vera casa, Spinner's End era solo un luogo dove andare a tentare di rilassarsi e abbassare il suo livello di stress causato dal lavoro. Nonostante odiasse quella casa ci andava ogni anno per un paio di mesi a passare giornate tranquille e del tutto improduttive.
Leggeva molto spesso libri che aveva già letto almeno un paio di volte. Alcune volte andava a Diagon Alley, altre girava per la Londra babbana mimetizzandosi tra la folla di turisti e inglesi ignari del suo nome e di quello che significava.
Gli piaceva girare i musei, freschi e silenziosi. Nel totale anonimato, senza maghi dai finti sorrisi che lo additavano come eroe.
Un tempo andava al vecchio parco giochi, solitamente al crepuscolo, quando era certo di trovarlo deserto. Si fermava vicino all'albero e fissava le altalene; a volte, se si concentrava abbastanza, poteva ancora vederla librarsi in aria con il sottofondo delle grida della sorella.
Un tempo.
Ora gli era stato portato via anche quel ricordo.
E all'immagine della giovane strega dai capelli di fuoco si aggiungeva la giovane strega riccia che gli tendeva la mano con un sorriso.
Sono qui per darle una scelta.
Sei patetico, Severus.

Il mago distese le labbra in un sorriso cinico. Era proprio patetico. Ma era così che doveva andare.
Così che aveva deciso.
Così che aveva scelto.
Senza accorgersene si passò una mano sul collo, nel punto in cui avrebbero dovuto esserci due tonde cicatrici, e si sforzò di non perdersi nei ricordi. O nel pensiero di due occhi color nocciola che lo imploravano.
Che lo amavano.
Ci riuscì per un po'. Distratto da un libro e da un buon liquore invecchiato al punto giusto dimenticò tutto.
Quando si alzò, il giorno dopo, si sentiva rilassato e riposato.
Niente sogni malinconici. Niente dolci labbra da torturare con i suoi denti e niente corpo in cui affondare con il proprio.
Niente risveglio colmo di sofferenza per l'ennesima scelta dolorosa della sua vita.
Scese le scale per andare in cucina, aveva bisogno di un buon caffè e, forse, si sarebbe vestito e avrebbe fatto un giro in qualche museo babbano.
Stranamente non aveva voglia di stare in casa.
Si bloccò davanti alla porta della cucina quando intravide qualcosa davanti alla porta d'entrata. Il postino era arrivato presto quella mattina e aveva lasciato scivolare nella fessura della porta una cartolina.
Il mago si chinò a raccoglierla.
- Parigi. - mormorò osservando la fotografia. Era Notre Dame in bianco e nero; la cattedrale era avvolta da una finta nebbiolina che qualche grafico aveva aggiunto per rendere la cattedrale più sinistra.
Girò la cartolina non sorprendendosi di trovarla bianca se non per l'indirizzo scritto di lato.
Conosceva bene quella grafia, aveva corretto per anni temi sempre troppo lunghi scritti in quel modo tondeggiante ed ordinato.
Osservò ogni carattere scritto con precisione e accuratezza e lo spiazzo lasciato bianco di proposito per permettere di scrivere le solite frasi insignificanti ai parenti costretti a casa.
Vuoto, come il suo cuore.
Forse come il cuore di entrambi.
Ma per lei c'era ancora tempo, ancora speranza. L'aveva già macchiata con la sua anima, con il suo corpo.
Non poteva avere altro da lei.
Non era giusto.
La voltò di nuovo perdendosi nella foto della cattedrale per pochi istanti. Si avvicinò al mobile basso nel corridoio e aprì l'unico stretto cassetto, dove altre due cartoline – una da Praga e una da Amsterdam – anch'esse bianche, erano state ricevute l'estate precedente.
Velocemente, senza perdersi in altri ricordi, infilò la cartolina nel cassetto e lo chiuse con un colpo secco.
Uscì di casa dopo pochi minuti, senza fare colazione e rientrò solo la sera tardi, quando era troppo stanco per cedere alla tentazione di andare da lei.

* * * *


Ottobre 1998
Hogwarts, Ufficio del Preside



La piuma d'aquila scivolò dalla mano della strega.
- Severus!
Minerva scattò in piedi incredula.
- Ti hanno già dimesso? Perché non mi hanno informato?
- Non preoccupati, Minerva. - fece il mago appoggiando la borsa a terra – Sono stato io a chiedere di non dire nulla.
La donna si avvicinò preoccupata e gli posò una mano sulla guancia.
- Sei pallido. - disse in tono materno.
- Io sono sempre pallido. - rispose ironicamente lui.
- Perché ti hanno dimesso?
- Perché un'occhiataccia fatta bene vale più di mille maledizioni.
La professoressa sgranò gli occhi.
- Severus! Tu dovresti stare ancora in ospedale.
Il mago scosse il capo.
- Ho solo bisogno di riposo e di una serie di pozioni che posso distillarmi da solo. Posso farlo anche qui, sempre che tu acconsenta, Minerva.
- Ma certo Severus! Perché dovrei darti io il permesso?
Il mago arricciò leggermente le labbra sottili.
- Sei la Preside.
Fu il turno della strega di scuotere il capo.
- No, Severus. Sei tu il Preside. Io sono solo una vecchia strega che fa le tue veci.
- Minerva…
- Hogwarts é la tua casa, Severus. E le sue porte saranno sempre aperte per te. Albus sarebbe d'accordo.
Severus lanciò un'occhiata alle spalle della strega. Il ritratto di Silente era vuoto.
- Sei la seconda persona a cui lo dico quest'anno. - sorrise la donna.
Piton distolse lo sguardo dalla tela e fissò la strega, sollevò un sopracciglio in una muta domanda.
- Hermione. - rispose – Ha chiesto di riprendere gli studi.
- Da quello che so al famoso trio di eroi - a Minerva non sfuggì la sfumatura sarcastica della sua voce – é stata concessa l'opportunità di intraprendere la carriera che vogliono senza sottoporsi ai M.A.G.O..
- Sì, é vero. Potter e Weasley hanno, ovviamente, accettato con entusiasmo l'offerta. Conosci la signorina Granger, Severus. Non l'avrebbe mai trovato corretto nei confronti degli altri.
Minerva lo accompagnò fino alle sue stanze. Avevano parlato della sistemazione della scuola e dell'assunzione dei nuovi insegnanti.
Chiese a Minerva di occuparsi della scuola per quell'anno. Si sentiva ancora troppo debole per quell'incarico e le pozioni che doveva distillare per il sua totale guarigione erano lunghe e complesse.
La vecchia strega aveva acconsentito, ma l'aveva avvertito che per qualunque decisione importante riguardante la scuola avrebbe richiesto il suo parere.
Rimasto solo nella sua vecchia stanza, Severus sprofondò sulla poltrona davanti al camino spento, come aveva fatto ogni volta che tornava da una delle sue missioni per l'Ordine.
Solitamente, con una precisione che andava ben oltre la coincidenza, dopo pochi istanti entrava Silente per sapere l'esito della missione, chiedendo ogni informazione che ritenesse utile per i suoi scopi. Poi si preoccupava della sua salute.
Ma Silente non avrebbe varcato mai più quella porta.
Già perché tu l'hai ucciso.
Il mago si abbandonò contro lo schienale della poltrona.
Dal suo risveglio erano passate poche settimane. Stava incredibilmente bene. Era vivo. Sano e del suo passato era rimasta solo una cicatrice sul braccio e gli incubi di anni di orrori.
Minerva era corsa da lui non appena l'avevano avvertita del suo risveglio. Aveva pianto sul suo letto implorando perdono per quelle parole dettate solo dalla rabbia.
Anche lui le aveva chiesto perdono per tutto quello che aveva fatto, per le punizioni agli studenti più dure del necessario, per le sue occhiate di sfida, per aver ucciso Silente senza trovare una soluzione alterativa.
Era stato un incontro toccante e che avrebbe definito imbarazzante se qualcuno avesse assistito alla scena.
Quando le frasi sdolcinate furono finite Minerva entrò in un argomento più delicato.
- Qual'è il tuo ultimo ricordo, Severus?
- Potter... - aveva risposto appoggiando la testa sul morbido cuscino candido come la prima neve – Potter che non sa farsi i fatti suoi.
La vecchia amica aveva stretto le labbra trattenendo un sorriso.
- Come... - iniziò – chi... perché non sono morto, Minerva?
C'era stato un buon minuto di silenzio durante il quale la vecchia amica l'aveva studiato con attenzione, come se non volesse parlargli.
Come se nascondesse qualcosa.
- E' stata Fanny. - aveva così iniziato a raccontargli di come Fanny l'avesse salvato in quella casa e come fu ritrovato – E' stata la signorina Granger a trovarti ancora vivo. - gli disse – Quando é riuscita a portarti in Sala Grande non volevo crederci.
A dire il vero la storia che Minerva gli aveva raccontato era alquanto bizzarra, non credeva che Fanny l'avesse salvato, ma non aveva altre spiegazioni per la sua improvvisa e completa guarigione.
Decise che non avrebbe passato tutto il suo tempo a porsi domande di cui, probabilmente, non avrebbe mai avuto risposta.
Non al momento almeno, era troppo debole, troppo dipendente da quelle pozioni. Quando la situazione si fosse stabilizzata avrebbe preteso delle risposte. Vere risposte.
Si era alzato dalla poltrona ed era andato in laboratorio per prendere gli ingredienti della prima pozione che voleva distillare.
La scuola non era cambiata in quei mesi, ogni oggetto era dove lo ricordava, era come se non fosse mai stata combattuta alcuna battaglia tra quelle mura.
Era rassicurante e spaventoso nello stesso momento. Era come se la scuola volesse cancellare ogni traccia della guerra, lasciando solo le cicatrici sui corpi di chi aveva combattuto.
Lasciando solo le sue cicatrici.
Non avrebbe saputo dire se fosse felice o arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovava con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.
Dovresti vivere, Severus.
Si bloccò di colpo nel corridoio, quella voce nella sua testa la conosceva. Era la voce di quel sogno.
Era la voce che lo aveva convinto a non lasciarsi andare.
Perché la sentiva adesso?
Te l'ho già detto. Io non ti lascio solo.
Scosse il capo e riprese a camminare arrivando in fretta al laboratorio.
Si accorse subito che l'aula non era vuota come desiderava. Riconobbe la schiena curva di Hermione Granger, intenta a scrivere su una pergamena. Il resto del tavolo era ingombro di tomi aperti e appunti.
- Si studia in biblioteca, Granger. - sbottò facendola sussultare sulla sedia, la mano che teneva la piuma urtò il calamaio versando inchiostro sul compito che aveva quasi finito.
- Merda... - imprecò la strega osservando la macchia di inchiostro che si allargava sul foglio – il mio compito. - con uno sbuffo prese la bacchetta e la picchiettò sulla pergamena.
La punta della bacchetta risucchiò l'inchiostro in eccesso.
Piton raggiunse la scrivania e si voltò a guardarla.
La giovane strega aveva gli occhi rossi come se avesse pianto o studiato troppo Piton non poteva e non voleva saperlo.
Incrociò le braccia al petto ed era tutto così semplice e normale da farlo imbestialire.
Come si fa a cancellare una lunga e sanguinosa guerra con un semplice colpo di bacchetta?
- Ha capito, signorina Granger? - domandò improvvisamente arrabbiato con il mondo per aver dimenticato così in fretta cosa fosse successo e arrabbiato con lei per aver invaso il suo spazio vitale.
Hermione lo fissava, sembrava incredula di vederlo.
- E' stato dimesso. - mormorò con la bacchetta ancora stretta in mano.
Non si lasciò ingannare dal tono sottomesso della giovane, restò nella sua rigida posizione.
Poi, in un istante, con un semplice movimento di alcuni muscoli, lo spiazzò. Sorrise. Un sorriso luminoso e sincero.
- Ben tornato, Preside Piton. - continuò lei – Sono felice che stia meglio.
- Non cambi argomento, Granger. Le ho detto che si studia in biblioteca, non nei sotterranei.
La vide abbassare il capo imbarazzata, intimorita, forse solo stanca, ma senza mai abbandonare quel sorriso.
- Sono un incidente stradale.
Il professore sollevò un sopracciglio nero in attesa di spiegazioni.
Hermione sospirò appoggiando la piuma d'oca sul tavolo.
- Nel mondo Babbano quando c'é un incidente la gente rallenta per vedere cos'è successo. E' una cosa macabra e raccapricciante, ma è quello che succede. La gente spera di vedere qualcosa di brutto per poi sospirare di gratitudine per non essere stata coinvolta nell'incidente. E' quello che succede a me. La gente mi fissa, si ferma per guardarmi, mi indica sperando che non li veda e sussurrano alle mie spalle. - riprese la piuma e una nuova pergamena – Sono l'incidente stradale di Hogwarts.
Severus sapeva bene cosa si provava. Era stato uno dei motivi che l'aveva spinto ad andarsene dal San Mungo. Ogni volta che provava ad uscire dalla sua stanza, tutti spostavano i loro sguardi curiosi su di lui e su ogni suo movimento. Era snervante.
Senza contare il medimago che l'aveva in cura che non osava guardarlo negl'occhi e che lo faceva infuriare.
- Devo lavorare. - disse duramente – Stia in silenzio.
Hermione sollevò la testa gli sorrise grata.
E' un bel sorriso, Severus.
Questa volta era stata Lily a parlare.
 
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