Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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kijoka
view post Posted on 16/11/2013, 16:12 by: kijoka




Nr. 43

Autore/data: Kijoka – 20 ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo - romantico
Personaggi: Severus Piton - Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La vita, la voglia di vivere, aveva vinto.
Parole/pagine: 1.202/3.





All'improvviso

L'aveva fissato per qualche momento. Sembrava in attesa.
- No, non mi devi dire nulla... Ti lascio solo...
Da quanto tempo se ne era andata, uscendo in silenzio dalla stanza?
La camera sembrava vuota e senza senso.
Era arrabbiato con se stesso per non avere reagito.
La forza del sentimento che aveva percepito emanare da lei era incredibilmente potente!
Gli aveva impedito di percepire se stesso, non era forse riuscito a provare nulla dopo quelle ultime parole pronunciate con incredibile dolcezza. Era talmente sorpreso che non era riuscito a replicare, in qualche modo.
Era stato tutto troppo veloce? Si era appena svegliato e si era forse sentito aggredito?
No, in fondo lo aveva chiesto, aveva desiderato sapere.
In realtà, molto probabilmente, non aveva realmente intuito cosa avrebbe portato la sua muta richiesta di verità.
Cosa provava, ora che era solo?
S'interrogò a fondo, mettendosi davvero alla prova.
Rincorse i ricordi. Gli occhi neri saettavano veloci tra gli oggetti della stanza, cercando qualcosa di famigliare, qualcosa che potesse accendere l’interruttore di cui aveva quasi paura.
Nulla, niente...
Il vecchio e ingannevole sentimento che temeva, e che era legato ad un passato fin troppo lontano, non c'era più!
Si ritrovò a sorridere lievemente, sentendosi solo e stupido.
Sembrava incredibile, ma la morte sfiorata aveva davvero portato via con sé la vecchia vita.
Comprendendo a fondo quest’ultimo pensiero si sentì un uomo nuovo.
Provò ancora profonda gratitudine, ma anche un estremo sollievo.
Era come se l'anima si fosse alleggerita all'improvviso. Ora avrebbe potuto volare, librarsi in alto verso l'infinito, senza mai più dover tornare indietro.
Eppure non era ciò che desiderava, non voleva che succedesse perché ora c'era qualcosa che lo tratteneva. Un collegamento lieve, quasi fatto d'aria. Una connessione di cristallo. Un legame invisibile, ma tenace, seppur delicato e gioioso.
L'appena accennato sorriso non gli lasciò le labbra, ma si tramutò in qualcosa di diverso, si allargò, portando gioia anche nel suo cuore.
Voleva che tornasse, voleva risentire la sua voce, voleva che gli stringesse le mani...
Quanto avrebbe voluto chiamarla per farla tornare! Ma come?
Era ancora afono e... non sapeva nemmeno il suo nome!
Si rimproverò la mancanza di tempismo: era bastato un momento, si era smarrito, aveva perso l'attimo ed era rimasto solo. Di nuovo solo, come tanto tempo prima. La causa era sempre la sua testardaggine, senza contare l'orgoglio di non mostrarsi mai debole.
Lei l'aveva salvato, curato, aiutato, sostenuto, consolato e ancora gli aveva illuminato la via, gli aveva mostrato i suoi stessi desideri e gli era rimasta accanto mentre percorreva il sentiero del suo passato, indirizzandolo verso il suo stesso futuro.
Davvero c'era qualcos'altro che desiderava perché una persona potesse entrargli nel cuore? Mai nessuno aveva fatto così tanto per lui!
Lily l'aveva abbandonato al suo destino, ma lei, quella sconosciuta che aveva detto di amarlo, aveva fatto un passo inimmaginabile: l'aveva riportato alla vita accompagnandolo per mano.
Aveva fatto ben di più: gli aveva indicato la via per esaudire i suoi desideri, per realizzare i suoi sogni più arditi e gli era stata sempre accanto per aiutarlo.
Nonostante tutto questo non era stato nemmeno in grado di mostrare una reazione alla confessione del sentimento che aveva spontaneamente intuito esistesse.
Tornò a guardarsi intorno.
Non poteva ancora parlare e non c'era nulla che potesse aiutarlo a richiamarla.
Non una bacchetta… nulla.
Quanto desiderava che tornasse!
Ora sapeva come reagire: voleva chiederle scusa, voleva dirle mille cose, voleva rivelarle che qualcosa in lui era cambiato.
La vita, la voglia di vivere, aveva vinto.
Ora poteva davvero capire.
Doveva dirlo, doveva dimostrarle che nulla sarebbe stato più lo stesso.
Voleva farle sentire il cuore che batteva impazzito non appena la mente si era facciata all'altra realtà...
Si sarebbe alzato. Sentiva di averne la forza e la porta non era lontana. Quanto poi a camminare per metri senza sapere dove andare... beh, a quello avrebbe pensato dopo.
Si mosse con una lentezza infinita.
Scostò la coperta leggera e, con movimenti mirati e senza fretta, spostò un piede verso l'esterno del letto.
Poi fece la stessa cosa con l'altro. Una cosa alla volta, con calma. Una cosa alla volta...
Ora, seduto sul margine del materasso, doveva solo appoggiare i piedi ed alzarsi.
La cosa più difficile che avesse mai fatto.
Ansimava e la stanza cominciò a vorticare dolorosamente.
La testa pesava come un macigno e si sentì sicuro che sarebbe esplosa di lì a poco dal dolore acutissimo che provava.
Sembrava anche che la ferita fosse colma di spine acuminatissime e il fiato si bloccò in gola.
Doveva farcela, lo doveva a lei, a se stesso e alla sua voglia di vivere.
Cercò di scivolare piano e, poggiando maldestramente i piedi a terra, fece forza sulle gambe e si alzò.
La luminosa giornata virò in una notte buia. Annaspò, succhiando l'aria nei polmoni e...
Le sue mani prima, e il suo profumo poi, lo avvolsero in un attimo.
L'abbraccio nel quale si era trovato gli permise di avere un saldo punto d'appoggio e quindi di non cadere.
Un corpo morbido e caldo, un tocco gentile e fermo.
La luce tornò negli occhi neri spalancati.
Era bastato un attimo e l'abbraccio era terminato.
Lei l'aveva aiutato a sedersi di nuovo sul letto.
Gli occhi d'oceano erano ad un soffio dai suoi e guardarli gli fece dimenticare di essere stato imprudente.
Senza una parola lo fece sdraiare e gli passò un panno umido sulla fronte, tergendo il sudore freddo che l'aveva imperlato.
Si sentiva estremamente stupido. Tremava come una foglia ed era aggrappato alle lenzuola. Chiuse gli occhi per nascondersi.
La voce lo apostrofò con dolcezza:
- Non devi alzarti. Non sei ancora abbastanza in forze per farlo. Devi darti ancora qualche giorno, Severus.
Il mago si passò la lingua sulle labbra secche e riaprì gli occhi: non doveva nascondersi, non da lei.
Si era spostata poco lontano: stava sistemando qualcosa sulla sedia appena dietro al letto. Riprese a parlare:
- Ho sentito che avevi bisogno di me, ma mi è sembrato diverso rispetto alle altre volte...
Gli tornò vicina.
Se il tremito era scomparso, il cuore cominciò a battere così forte che lei lo avrebbe senz'altro sentito!
Continuava a guardarla, senza sapere cosa fare, cosa provare. Non conosceva quelle strane reazioni, doveva essere ancora il veleno del serpente.
- Stai meglio?
Senza pensare si ritrovò ad annuire appena.
Lei sorrise, rassicurante.
Era quello il momento. Sì, lo era.
Radunò ogni briciolo di volontà, spremendo tutta l'energia rimasta nel suo corpo provato e la fissò negli occhi.
Aprì le labbra e inspirò appena.
La voce che gracchiò, raschiando la gola, era totalmente diversa da quella cui si era abituato per tutta la vita e cui si era affezionato.
Era roca, ruvida e impersonale. Sembrava senza alcuna intonazione né sentimento in essa:
- Dimmi... il tuo nome...
- Non devi parlare, le tue corde vocali hanno bisogno di assoluto riposo...
Poi le labbra rosee e delicate di lei si aprirono in un luminoso sorriso.
Lentamente gli si avvicinò fino a sfiorargli la guancia con il respiro.
Sentì il bacio, lieve come ali di farfalla, sul viso.
Poi, con una carezza dolcissima, si allontanò e fissandolo a fondo negli occhi sussurrò appena:
- Mi chiamo Joy...

Edited by Ida59 - 21/8/2015, 21:29
 
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