Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Ania DarkRed
view post Posted on 9/11/2013, 15:23 by: Ania DarkRed
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Dalle nebbie della Valacchia

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Titolo: 7. Così, all'improvviso
Autore/data: Severus_Ikari / febbraio 2013 (rivista in corso di pubblicazione)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Commedia, Introspettivo
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Harry Potter e Ron Weasley (fugaci apparizioni)
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Con lei non poteva più fingere, non poteva più mentire come aveva fatto per tanti anni, lo aveva visto vulnerabile ai sentimenti, vulnerabile alla vita, e lui si riteneva ancora indegno all’amore."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la settima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Una coppia di vecchi sposi".
Parole/pagine: 2921/5



Un anno per amare

7 - Così, all'improvviso



15 luglio 2005



Come aveva potuto permettere che si avvicinasse tanto, per giunta con Minerva presente?
Erano passate settimane, eppure il senso di smarrimento che lo attanagliava da quel giorno di fine giugno, non riusciva a scrollarselo di dosso, gli si era attaccato alla pelle e ad ogni ora penetrava la sua carne sempre più a fondo, e non ne capiva il motivo, e questo lo spaventava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ciò che non comprendeva lo rendeva terribilmente irrequieto e timoroso, perché non sapeva assolutamente come comportarsi.
Sei sicuro che non conosci il motivo di tale turbamento?
Quel senso di ansietà non lo abbandonò neppure mentre si dirigeva verso casa, in passi che si facevano più pesanti ad ogni metro che si avvicinava. Amava e odiava quella casa, per tutte le urla e i sorrisi che vi erano sepolti e ogni tanto riaffioravano nei ricordi che custodiva come fossero tesori, nonostante il dolore che gli procuravano ogni volta che sbocciavano nella sua mente.
Era la sua casa, e in essa c’era ancora la sua vita, e adesso c’era anche lei.
Nel sentire quella parola – che sapeva benissimo a chi fosse riferita – la sua coscienza iniziò a ridere piuttosto indegnamente, provocando in Snape un moto di frustrazione che si tradusse in una velocizzazione della sua andatura. Se avesse potuto esiliare la sua coscienza, lo avrebbe fatto all’istante.
«Dove diavolo sei stato?» un urlo s’infranse sul suo viso non appena varcò la porta d’ingresso.
«Mi scusi, Sua Eccellenza, non volevo di certo mancarle di rispetto nell’uscire a prendere un po’ d’aria. Vostra Grazia vorrà perdonarmi.» Snape si piegò in un inchino che fece imbestialire Hermione e divertire il giovane Weasley e il giovane Potter.
«Il tuo sarcasmo non attacca, Severus!»
«Sono uscito a fare un po’ di spesa. Se non inizio a cucinarmi da solo rischio di morire di fame o peggio, avvelenato.»
La frecciatina che Snape mandò alla giovane strega la colpì in pieno volto – in realtà sembrava più uno incantesimo potente da quanto divenne rossa e irritata – e le sue labbra si stirarono in una smorfia di disappunto che fece sorridere il mago: adorava terribilmente essere un bastardo, era un aspetto di se stesso che gli era mancato enormemente.
I due giovani maghi riuscirono a stento a trattenere una risata, sapevano che se c’era una cosa in cui la loro amica era proprio negata, era la cucina, ancora ricordavano il sapore del cibo durante la ricerca degli Horcrux e, peggio ancora, quando alcune sere invitava tutti a cena.
Sapevano anche che quando Hermione era di pessimo umore, la cosa migliore era girarle alla larga.
«Bene, tutto si è risolto per il meglio, quindi togliamo il disturbo» disse un Harry ancora sorridente mentre si alzava dal divano consunto che aveva accolto il suo insegnante per anni – aveva ancora i brividi al ricordo delle battute che aveva fatto Ron su tutto ciò che aveva visto e sentito quel divano nel corso degli anni.
«Sì, sì, meglio se togliamo il disturbo, prima di finire all’altro mondo» replicò il giovane Weasley.
«Hermione, dopo facci sapere se è tutto a posto.»
«Perché? Pensate che io possa farle del male?»
«Veramente, al momento, riteniamo che sia Hermione a poterle fare del male, professore.»
«Aspettate, vengo anch’io con voi» e senza aggiungere altro, Hermione seguì i suoi due amici verso la porta; era stanca, nervosa, in quelle ore aveva temuto il peggio per lui, era migliorato nettamente, ma il suo fisico ancora non aveva la resistenza di un tempo, e saperlo solo da qualche parte, per giunta senza bacchetta, l’aveva resa ansiosa e pazza di paura, e lui si permetteva di fare del sarcasmo come se nulla fosse.
«No.» Una mano pallida le si strinse intorno al polso che vibrava di rabbia, «tu no» e la spinse verso di sé, fermo sulla soglia di casa, con uno sguardo difficile da decifrare, ma dentro poteva sentire mille emozioni agitarsi furiosamente.
Cosa sono tutte queste sensazioni, Severus?
Ancora non trovava risposte a quella domanda che continuava a porgli la sua coscienza e, sapeva benissimo, che era un quesito che anche lui stesso si stava facendo, da giorni e giorni ormai.
«Noi dobbiamo parlare.»
Lo sguardo perplesso di Hermione fece sparire i due ragazzi all’istante, di certo non volevano assistere a strane o imbarazzanti discussioni tra i due – avevano notato che c’era qualcosa tra di loro e poi la professoressa McGonagall li guardava in un modo piuttosto ambiguo che non erano riusciti ancora a decifrare.
Severus lasciò il polso di Hermione e si diresse alla finestra, in quello che era ormai diventato per lui un angolo in cui lasciar fluire ogni suo pensiero, Minerva gli aveva detto che adesso non poteva più nascondersi, aveva mostrato i suoi sentimenti persino a lei, e continuava a ripetergli che era stato un bene che lei fosse stata presente in quel momento.
«Se non ci fossi stata io, avresti fatto finta di niente come sempre, avresti gettato via ogni sentimento o l’avresti relegato in qualche parte di te perché ancora non pensi di meritare una qualche felicità, perché se nessuno sente un albero cadere, significa che non fa rumore, vero, Severus?» Le parole di Minerva ancora gli ronzavano in testa ed era difficile mandarle via, ogni giorno s’insinuavano in lui sempre più in profondità, come se fossero una lama che penetrava nella carne, ed era doloroso.
Doloroso perché sapeva che le parole della strega erano così vere da fargli paura.
Ancora quella paura, Severus?
Se ci fosse stata soltanto Hermione, avrebbe negato qualsiasi cosa fino allo stremo, incolpando la sua giovane età e la sua inesperienza della vita, se avesse avuto la sua bacchetta, avrebbe persino azzardato un Oblivion nei confronti della ragazza, ma con Minerva presente era tutto diverso e complicato.
Con lei non poteva più fingere, non poteva più mentire come aveva fatto per tanti anni, lo aveva visto vulnerabile ai sentimenti, vulnerabile alla vita, e lui si riteneva ancora indegno all’amore.
E adesso cosa sarebbe successo?
«Di cosa dobbiamo parlare?» chiese Hermione ridestandolo dai suoi pensieri, si voltò appena per osservare il suo volto, quegli’occhi che quella sera di fine giugno avevano fissato i suoi e condotto una carezza sul suo pallido viso, e aveva sentito calore, un tepore sciogliergli quel gelo che aveva dentro da tanto tempo.
Tornò ad osservare il mondo fuori da quella finestra, in quel modo sarebbe stato più facile parlare.
«Cosa stiamo facendo io e te?»
«Non lo so, parlando, forse?»
«Non intendevo questo? Sai benissimo a cosa mi riferisco.»
«Veramente non ho capito a cosa ti riferisci, Severus.»
«Pensavo che avessi un po’ più di cervello, ma sei sempre una Grifondoro, quindi che mi aspetto.»
Hermione si ritrovò a sospirare più profondamente di quanto avesse mai fatto, ebbe la sensazione che il suo corpo si fosse svuotato di ogni briciolo di aria che aveva dentro, «ancora con queste idiozie sulle Case? Hai undici anni, forse? Detto da te non ha nessuna valenza, sai? Sei il Serpeverde con il più smisurato coraggio Grifondoro, il più intelligente Corvonero e il più paziente Tassorosso che io abbia conosciuto.»
«E tu saresti stata una perfetta Serpeverde.» Hermione si ritrovò stranamente a sorridere, un sorriso ampio che un tempo, dopo un’affermazione del genere, non avrebbe di certo piegato le sue labbra. «E non cambiare argomento.»
«Veramente sei tu che fatichi sempre ad andare al punto, soprattutto in certi punti.» Stavolta fu il turno di Snape di emettere un profondo sospiro di disapprovazione, anche se la sua coscienza gli ricordò che c’era poco da disapprovare, la giovane strega aveva perfettamente ragione.
«Ti ho sentita.»
«Mi hai sentita? Pensavi di essere diventato sordo?»
Severus sorrise a quello strano rapporto che si era creato tra di loro, e sorrise al pensiero che quando erano ancora tra le mura di Hogwarts quella ragazza non avrebbe mai avuto il coraggio neppure di respirargli vicino.
In quei sette lunghi anni erano cambiate molte cose, e forse era cambiato anche lui e faceva fatica ad ammetterlo, anche a se stesso.
«Cos’è che hai sentito?»
«Lascia stare, è meglio se vado a prepararmi qualcosa», ancora quella paura di proseguire oltre, di lasciarsi andare, ancora il timore di essere completamente sincero dopo anni e anni passati a dover mentire, era da vili, lo sapeva, ma lui era fatto così, non c’era spazio per l’amore o per qualsiasi altro sentimento. Aveva ragione Hermione: in quello era veramente un codardo.
«Vieni con me.»
«Non credo sia il caso che io metta di nuovo piede in cucina. Sei stato piuttosto chiaro in questo.»
«Non preoccuparti, mentre io preparo del cibo commestibile, tu farai una cosa per me.»
«Cosa?»
«Fidati di me.»
«Io mi fido di te, Severus, sei tu che non ti fidi di te stesso né degli altri.» Snape le sorrise, incapace di rispondere a parole, fece l’unica cosa che ormai gli riusciva bene e sembrava quietarla o rassicurarla in qualsiasi occasione.
Un tempo sarebbe stato così raro vederlo sorridere, eppure, adesso, aveva imparato a farlo, a ridere con una spontaneità che era sconosciuta per lui, come se per lungo tempo aveva perso una parte importante del suo essere e d’improvviso l'avesse ritrovata.
Tutto grazie a quella giovane strega che gli era davanti.
«Va bene, andiamo.»
Hermione seguì i passi lenti del mago, fermandosi per un istante a guardare il suo incedere fiero, ormai scevro da qualsiasi titubanza o dolore, e le parve che le spalle erano ormai dritte senza più quei pesi che doveva costantemente portare su di sé, anche se riusciva ancora a sentire diverse inquietudini gravargli sul petto.
Il suo desiderio era vederlo finalmente felice e del tutto libero, ed era un desiderio che aveva da molto tempo ormai.
Snape si era seduto elegantemente sulla sedia, le lunghe gambe accavallate, e osservava Hermione che ad intervalli volgeva lo sguardo ad una lavagna fatta comparire poco prima – non voleva rischiare di perdere alcun passaggio –, il banco di lavoro improvvisato e i suoi occhi che cercava di tenere i più neutrali possibili.
Era strano guardarla in quel modo, era come essere tornati indietro a quando ancora si trovavano tra le mura di Hogwarts, eppure era tutto diverso, Hermione non era più la timida ragazzina di allora, era una donna forte e tenace – innamorata, e lui lo sapeva –, persino lui era cambiato, la guerra aveva cambiato anche uno come lui.
«Non mi sembra tu stia preparando qualcosa.» Stavolta non alzò neppure lo sguardo verso di lui, troppo concentrata a sminuzzare alcuni ingredienti con assoluta precisione.
Severus le sorrise e non appena le sue labbra si piegarono, Hermione alzò gli occhi, come se sapesse che in quel preciso momento avrebbe guardato la bocca di Snape in quell’espressione che un tempo si concedeva così raramente, e che ora, invece, molto spesso gli vedeva dipinta sul suo volto.
Ed era bello vederlo sorridere così serenamente, lui era bello, si ritrovò a pensare la giovane strega, e un lieve rossore le sfumò le guance e per l’imbarazzo abbassò di nuovo lo sguardo su quegli ingredienti che non riusciva a tagliare al meglio.
«Dannati cosi!»
Snape si alzò dalla sedia e si portò alle spalle della ragazza, poteva sentire il suo respiro caldo muoverle appena i capelli, percepiva la presenza del suo corpo e questo le fece vibrare ogni brandello di carne, il cuore le accelerò quando le mani del mago si posarono delicate sulle sue e con forza le strinsero.
Hermione, però, poté facilmente affermare che quello fosse il tocco più delicato che un uomo le avesse mai fatto, sentiva brividi correrle lungo tutta la schiena.
«Devi accompagnare la lama con il polso e sentire la consistenza scivolarle addosso, non è un pestello, devi essere delicata, tagliare con rispetto.»
Come poteva quella semplice osservazione risultare così tremendamente sexy? Si chiese un’Hermione che in quel preciso momento faceva fatica persino a reggerlo quel dannato coltello.
Doveva essere particolarmente stanca se la sua mente formulava simili pensieri, di sicuro era quella la spiegazione migliore che riuscì a formulare, aveva davvero bisogno di staccare la spina e di dormire per giorni e giorni senza più la costante visione di quell’uomo che le era entrato nell'anima da anni e anni ormai.
Da quando si era risvegliato, non faceva altro che sognarlo, costantemente, e quando non era con lui, i pensieri andavano sempre e comunque verso i suoi occhi, le sue labbra, il suo viso, quella sua voce che sapeva essere così dura e dolce al contempo, maledettamente affascinante.
Ormai si era ristabilito e poteva andare avanti da solo in quei pochi semplici esercizi che ancora avrebbe dovuto fare per un po’, poteva staccarsi da lui, tornare alla sua vita, alla sua casa, ma sarebbe riuscita a non pensare costantemente a lui?
Hermione sospirò mentre eseguiva i movimenti guidata da Severus che non si era mosso, poteva sentire il petto spingersi e rilassarsi sulla sua schiena: era una sensazione di assoluto benessere che non avrebbe voluto finisse mai, avrebbe voluto congelare il tempo in quell’istante, immortalarlo in una fotografia da portarsi dietro tramonto dopo tramonto, da mostrare un giorno ai propri figli, oppure da rivedere nella solitudine di una vecchia casa, seduti alla finestra a guardare la pioggia che lenta scendeva lungo il vetro, goccia su goccia.
«Sono stata in pensiero per te, oggi.»
«Per me?»
«Sì, per te. È vietato essere in pensiero per Severus Snape?»
«No, non è questo.»
«Allora che domanda è: certo che ero in pensiero per te. Sei sparito all’improvviso, va bene che ormai sei guarito e non hai più bisogno di nessuno, ma eri senza bacchetta, non sei ancora il Severus Snape di una volta, non…»
«Non voglio essere il Severus Snape di una volta!» Così dicendo si staccò all’improvviso da Hermione che per un attimo perse l’equilibrio e dovette spostare una gamba per non cadere all’indietro.
La giovane strega posò il coltello sul tavolo dopo aver gettato gli ingredienti sminuzzati nel calderone e seguì il mago che si era nuovamente seduto sulla sedia, stavolta poteva scorgere tensione nei suoi lineamenti e se ne doleva ogni volta che lo vedeva in quel modo, e ogni volta si sentiva inutile perché non sapeva cosa fare per aiutarlo, per tirare fuori quel bellissimo sorriso troppo a lungo celato da quelle labbra.
Si avvicinò e si abbassò fino a riuscire a fissare gli occhi di Severus con i suoi, e fece l’unica cosa che in quel momento le venne in mente.
L’unico stupido gesto che non avrebbe dovuto fare, ma che desiderava compiere da tantissimo tempo.
Hermione Granger afferrò il volto di Severus Snape e lo baciò, così, all’improvviso, e fu il momento più bello della sua vita, quell’attimo che una persona si porta dietro per sempre, come un amico o un fratello da non abbandonare mai.
«Non devi cancellare tutto il bello che sei stato e tutto ciò che di buono hai fatto,» Hermione interruppe quell’interminabile attimo in cui si era sentita prigioniera di un sogno e finalmente libera, in un posto lontano dove c’era spazio soltanto per loro e per quella felicità così a lungo agognata, come l’acqua in mezzo al deserto. «Sei stato un fantastico Severus Snape con le sue molte ombre e le sue molteplici luci, e non devi voler cancellare ciò che ti rende l’uomo meraviglioso che sei diventato. Devi solo trovare finalmente la tua strada ed essere felice come mai sei stato, devi essere un nuovo Severus che continua a camminare con la parte migliore del suo passato, perché anche quello sei tu, non dimenticarti quello che sei stato e quanto di bello puoi ancora fare.»
«Hermione, non dovremmo…»
«Lo so, non avrei dovuto dirti queste cose, non avrei dovuto baciarti, mi dispiace, ma è una cosa che volevo fare e di cui ritenevo tu avessi bisogno per sentire tutto il bello che c’è in te e che io vedo, e non sono l’unica a vederlo.»
«Hermione…»
«Sei guarito, Severus, ed io sono una persona di parola,» la giovane strega si allontanò un istante per andare a prendere la borsa che era rimasta sul divano di pelle nera, quando ritornò, aveva una bacchetta stretta in una mano, la sua bacchetta. «Questa è tua. Il mio compito qui è finito, adesso ti lascerò in pace,» gli sorrise, il suo, però, era un sorriso spento, visibilmente forzato, ma non voleva mostrare la tristezza che si stava impadronendo di lei, non a lui e non in quel momento.
Aveva capito che oltre quel poco tempo, non c’era alcuno spazio per lei nella vita di Severus, lo aveva capito e doveva farsene una ragione.
Lui non sarebbe mai stato l'uomo che si sarebbe lasciato amare da lei, forse non era davvero fatto per l'amore, soprattutto non se nella sua vita vi sarebbe stata per sempre Lily e lei soltanto.
Era frustrante, ma avrebbe dovuto saperlo che la vita, a loro, non avrebbe potuto riservare nulla, non esisteva neppure un "loro".
Eppure non poteva non pensare a ciò che avrebbe voluto dirle e che invece si era tenuto dentro, perché le sue parole e i suoi gesti nascondevano qualcosa, ma chi era lei per forzarlo a fare qualcosa che in realtà non aveva nessuna intenzione di fare?
Severus la guardò camminare verso l'uscita, la guardò allontanarsi da lui e non fece nulla, non sapeva come comportarsi, rimase immobile con mille pensieri nella testa e un senso d'inquietudine ad opprimerlo.
Io ti avevo avvisato che non sarebbe stata una buona idea, Severus.
Così, all’improvviso, Hermione Granger uscì da quella porta e dalla vita di Severus, così, come, all’improvviso vi era entrata.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 21:59
 
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