Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Alaide
view post Posted on 30/10/2013, 16:01 by: Alaide
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Autore/data: Alaide – 28 agosto – 3 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Le menzogne sarebbero presto crollate. Di questo Severus era ormai certo.
Dalla lettera della bambina emergeva, accanto al sorriso affettuoso, un sorriso incerto, il bisogno di essere confortata.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a costruire una nuova menzogna.
Nota: La storia è il continuo di Dubbi.
Parole: 1588

Sinfonie.
19. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Terzo movimento. Disvelamento


10 aprile 2004
Caro Severus,
ho un dubbio. La mamma di Mary mi ha detto che potrei venirti a trovare, se fossi accompagnata da un adulto.
Però, forse, il tuo ospedale usa regole diverse.
Oppure è colpa del direttore dell’orfanotrofio? Melusine mi ha sempre detto che lui non avrebbe mai dato il consenso.
Ma non posso dirgli che è veramente molto importante?
Forse capirebbe.
Brian mi ha detto che anche lui vorrebbe incontrarti.
Mi piacerebbe presentarti al mio migliore amico.
Ti voglio tanto bene,
Judith
Le menzogne sarebbero presto crollate. Di questo Severus era ormai certo.
Dalla lettera della bambina emergeva, accanto al sorriso affettuoso, un sorriso incerto, il bisogno di essere confortata.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a costruire una nuova menzogna.
Forse avrebbe dovuto semplicemente rivelare la verità. Dirle ciò che aveva fatto ed il modo in cui l’aveva abbandonata.
Prese in mano un foglio, ma non riuscì a scrivere nemmeno una parola, fatto salva la data.
Le parole della lettera della bambina gli sembravano gridare ciò che sarebbe accaduto. Judith avrebbe finito per odiarlo, perché l’aveva lasciata sola, perché aveva compiuto l’ennesima scelta sbagliata.
Sapeva che la signorina Fairchild sosteneva il contrario, ma non voleva illudersi.
L’aprirsi sferragliante della porta, lo distolse dalla lettera di Judith. Alzò il capo, senza riporre il foglio nel cassetto, incontrando il sorriso dolce e gentile della signorina Fairchild, quel sorriso che conteneva la promessa che la donna gli aveva fatto anni prima, una promessa che poteva infrangersi, quando avrebbe scoperto tutto ciò che lui aveva veramente compiuto. Allora, con ogni probabilità, la signorina Fairchild avrebbe compiuto la scelta ragionevole e sarebbe tornata in seno alla sua famiglia.
Judith capirà tutto fra non molto. Ed allora comprenderà anche che io l’ho abbandonata, l’ho lasciata sola. E mi odierà.
Melusine non rispose subito. Era la prima volta che Severus iniziava una conversazione – fortunatamente per iscritto – e questo le permise di comprendere quanto quell’eventualità preoccupasse l’uomo.
Eppure non aveva scritto nulla circa i genitori della bambina. Melusine voleva credere che l’uomo non si sentisse più responsabile della loro morte, ma temeva che quel senso di colpa fosse stato unicamente sorpassato da quello che emergeva dalla lettera.
Il rimorso per aver lasciata sola la bambina.
«Non l’ha abbandonata, Severus.» disse, poco dopo, osservando l’uomo. «E Judith lo sa. Parla sempre delle lettere che le spedisce, dei consigli che le ha dato. Sono certa che non arriverà mai ad odiarla.»
«Il senso di tradimento porta all’odio, signorina Fairchild. Ho mentito a Judith e l’ho ingannata. Si sentirà tradita e mi odierà.» affermò l’uomo, senza quasi rendersi conto di aver parlato, invece di aver risposto per iscritto, come ormai faceva sempre da diversi mesi.
«Judith le vuole bene come ad un padre, Severus.» disse la donna, con un sorriso dolce e triste allo stesso tempo. «Sono certa che non la odierà mai, così come sono certa che io non smetterò mai di venirla a trovare in questa cella, dove non merita di trovarsi.»
L’uomo non disse, né fece nulla per diverso tempo. Avrebbe voluto credere alle parole della signorina Fairchild, credere nel perdono di Judith.
Eppure non riusciva a farlo.
O forse temeva unicamente che il dolore ed il rimorso, che avrebbero seguito l’illusione, lo avrebbero definitivamente distrutto.
Era ciò che meritava.
Per quello che aveva fatto a Judith, abbandonandola a se stessa.
Per quello che aveva fatto della sua vita, quando aveva scelto di prendere il Marchio Nero.
La bambina non gli avrebbe più sorriso.
Forse anche la signorina Fairchild non gli avrebbe più sorriso.
Avrebbe dovuto scegliere la sua famiglia, signorina Fairchild, quel giorno.
Ed è ancora in tempo di farlo, quando saprà la verità su di me, quando saprà esattamente ciò che ho fatto.
«Sono certa di aver compiuto la scelta giusta, quel giorno.» affermò Melusine, chiedendosi per quale motivo l’uomo avesse portato il discorso da Judith a lei.
Severus si attendeva una risposta del genere, ma sapeva anche che l’opinione della donna sarebbe cambiata, quando avesse saputo.
«Legga.» disse, allungandole un plico di fogli, che aveva estratto dal cassetto del tavolo.
Aveva scritto quelle righe tempo prima, quando aveva iniziato ad accarezzare l’idea di rivelare tutto alla signorina Fairchild. Forse quello era il momento giusto, così prossimo al giorno in cui Judith avrebbe scoperto fino a che punto ne aveva tradito la fiducia.
Non sapeva quale reazione aspettarsi dalla donna. L’aveva sentita più volte dirgli che non gli avrebbe voltato le spalle, l’aveva vista sorridergli colma di perdono il giorno in cui il giudice le aveva mostrato le foto dei genitori di Judith.
Non era affatto certo che le sue certezze sarebbero sopravvissute alla rivelazione delle sue terribili colpe.
«La magia…» mormorò Melusine, alzando il capo dai fogli che le aveva dato Severus. «… è quello che è accaduto quando era qui mio padre? Le parole che lei aveva scritto, mentre ero presente, erano scomparse.»
«Esattamente, signorina Fairchild.»
«Mi sembra difficile immaginare l’esistenza di un mondo che esiste, ma di cui ignoriamo completamente l’esistenza.» aggiunse la donna, facendo scivolare carta e penna verso l’uomo, sperando che tornasse a scrivere com’era avvenuto all’inizio dell’ora. «Eppure non posso pensare che lei stia mentendo su qualcosa del genere. Forse, però…»
Quella era una reazione che aveva previsto, si disse l’uomo. Era certo che la signorina Fairchild gli avrebbe chiesto di dimostrare l’esistenza della magia. Era qualcosa di assolutamente comprensibile e sensato.
Ne osservò il volto, mentre eseguiva un semplice incantesimo, per quanto abbastanza vistoso per convincere la donna che il Mondo Magico esisteva veramente.
Melusine annuì soltanto, cercando di non pensare troppo a ciò che aveva visto, alla verità che aveva scoperto.
Per quello ci sarebbe stato tempo dopo.
Ciò che le premeva in quel momento era poter ribadire la sua promessa a Severus, qualsiasi cosa avesse letto in quelle pagine.
Proseguì nella lettura, notando quanto l’uomo fosse stato spietato con se stesso, quasi volesse porre in risalto qualsiasi colpa commessa, centuplicarla, quasi.
Parola dopo parola, pagina dopo pagina, sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma tentò di non versarle, fino a quando una prima stilla non le colò lungo la guancia, andandosi a depositare sul foglio che teneva in mano in quel momento.
«Ha rischiato enormemente salvando la vita di Judith.» mormorò improvvisamente Melusine, distogliendo gli occhi dalla scrittura dell’uomo, gli occhi lucidi di pianto. «Se ti avessero scoperto…» la voce le morì in un bisbiglio.
Severus la stava fissando immobile, silenzioso.
Aveva notato lo stupore iniziale, lo stupore della scoperta dell’esistenza della magia, aveva notato la concentrazione con cui la donna leggeva, aveva notato gli occhi che si inumidivano, aveva notato le lacrime, aveva udito quelle poche parole.
Aveva scritto tutto.
Forse aveva rivelato più alla signorina Fairchild che non a Potter, quando gli aveva donato i suoi ricordi.
Le aveva detto ogni cosa ed era stato spietato nel farlo.
Si era fatto a brandelli, aveva riversato in quelle righe il peso insopportabile delle sue colpe.
La signorina Fairchild avrebbe dovuto andarsene già da tempo.
Invece stava continuando a leggere, le gote rigate di lacrime che cadevano sulla narrazione delle terribili azioni che egli aveva commesso.
E per un attimo gli sembro che quelle lacrime, bagnando l’inchiostro, lavassero in qualche modo il sangue che gli macchiava le mani.
«Come potrei pentirmi di averti scelto, Severus, quel giorno in cui mio padre è entrato nella tua cella?» mormorò Melusine, posando, con mani tremanti i fogli sul tavolo scheggiato che li divideva. «Ho letto ogni singola parola. Ho letto dei tuoi errori, ho letto del tuo rimorso, ho letto del tuo coraggio, ho letto di ciò che sei stato disposto a fare, nonostante il prezzo che questo richiedeva. Ho letto ogni singola parola e sono ancora più convinta che la mia scelta sia quella giusta.»
E gli sorrise,
Un sorriso che, come le lacrime che ancora le rigavano le gote, sembrava voler lavare il sangue che gli macchiava le mani, le colpe che gli laceravano l’anima.
Un sorriso colmo di perdono, così simile a quello che era apparso sulle labbra della signorina Fairchild il giorno in cui il giudice le aveva mostrato le foto dei genitori di Judith.
E, per un attimo, gli parve di essere sfiorato da quel perdono che gli era sempre sembrato precluso.
E, per un attimo, assaporò la pace che aveva gettato al vento, quando aveva deciso di denunciarsi per l’omicidio dei genitori di Judith.
E, per un attimo, gli sembrò di vedere qualcosa di molto simile all’affetto nel sorriso di Melusine.
Il sorriso colmo di perdono della donna parve aleggiare per diverso tempo nell’angusta cella, anche dopo che la donna se ne fu andata.
Forse anche Judith avrebbe potuto perdonarlo, forse anche Judith gli avrebbe sorriso ancora, dopo che avesse saputo.
Per un breve istante gli sembro che non tutto era perduto, che, in un qualche modo, sarebbe riuscito a riconquistare la possibilità di una vita pacificata.
Forse poteva sperare.
Il sorriso della signorina Fairchild gli era parso quanto mai simile al sorriso di Judith, quel sorriso che gli aveva rivolto fin dalla prima volta in cui l’aveva visto, quando egli non l’aveva ancora riconosciuta.
Eppure era anche sottilmente diverso, per quanto gli sfuggissero le motivazioni di quella sensazione.
Nel sorriso della signorina Fairchild aveva letto il perdono, aveva letto la sua promessa.
E quel perdono avrebbe voluto leggerlo in Judith, in una sua lettera o, se mai fosse stato possibile, in un suo sguardo.
Ed in quel momento seppe cosa avrebbe dovuto scrivere a Judith.
 
Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27942 views
  Share