Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 23/10/2013, 09:13 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 23 - 27 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: V’era la speranza che Judith nutriva con tutta se stessa di poterlo un giorno rivedere e stare sempre con lui.
Era la speranza nascosta nel sorriso della bambina.
Una speranza che sarebbe stata delusa.
Unicamente a causa sua e della sua cecità.
Nota: La storia è il continuo di Sorrisi.
Parole: 1905

Sinfonie.
18. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Secondo movimento. Dubbi



Melusine sedeva allo scrittoio della sua stanza nell’orfanotrofio, quello stesso scrittoio dove smistava le lettere e dove distruggeva le buste, con il timbro del carcere.
In quel momento non aveva però alcuna lettera davanti.
Era notte inoltrata e la giovane donna non riusciva a dormire.
Aveva ricevuto, quella sera, poco dopo essere rientrata dal carcere, una telefonata da parte di sua madre che la pregava di tornare sulle sue decisioni e la invitava a non recarsi più a rendere visita a Severus.
Immaginava perfettamente che il padre fosse rincasato, appena uscito dalla cella, e avesse parlato con la moglie. La sorprendeva che a telefonarle non fosse stata la sorella, la quale avrebbe visto nel suo comportamento un ostacolo alla carriera di giudice.
Melusine sapeva di aver perso la sua famiglia, che l’orfanotrofio sarebbe stato la sua unica casa.
In quel momento, nel cuore della notte, quel pensiero la sovrastava come un macigno che fosse sul punto di crollare rovinosamente al suolo.
Aveva scelto Severus e non si pentiva affatto della scelta.
Avrebbe unicamente voluto che la sua famiglia si fidasse di lei, che suo padre non le desse della sgualdrina. Comprendeva le ragioni che potevano spingere il genitore a tentare di farla desistere. Egli non conosceva la verità, non sapeva ciò che sapeva lei. Ma, forse, anche se avesse potuto dire come stavano le cose, nulla sarebbe cambiato. Forse la sua famiglia non vi avrebbe creduto, oppure l’avrebbe giudicata una sciocca.
Le avrebbe detto che nessuno si sarebbe mai autodenunciato per un crimine che non aveva commesso. Forse le avrebbe dato nuovamente della sgualdrina.
V’era stato un tempo in cui aveva avuto un bel rapporto con suo padre. Era stato lui a consigliarle di fare il conservatorio, per quanto avesse sognato di vederla seguire le sue tracce e diventare a sua volta giudice, come già aveva deciso di fare la sorella. Poi quel rapporto si era spezzato, quando lei aveva scelto l’orfanotrofio.
Ed in quel momento, tutto era precipitato.
Aveva persona la sua famiglia per sempre.
E per quanto doloroso fosse quel pensiero, nonostante le lacrime che le rigavano il volto, sapeva di aver compiuto la scelta giusta.
L’unica scelta possibile.
Tra le lacrime spuntò un lieve sorriso, simile a quello che aveva rivolto a Severus, quel giorno, nella sua cella, un sorriso in cui pareva risiedere la fermezza della sua decisione, un sorriso che, per quanto Melusine non se ne rendesse conto, era rivolto all’uomo.
Non avrebbe mai potuto voltare le spalle a Severus, all’uomo che rispettava, che amava.


Le ultime parole del racconto di Judith vorticavano davanti agli occhi di Severus.
Era notte fonda ed aveva trascorso il tempo, dopo cena, a leggere la fiaba della bambina, quella fiaba che aveva celato agli occhi del giudice Fairchild, così come aveva fatto in modo che non vedesse quanto aveva scritto in risposta alla signorina Fairchild.
In quel momento, le parole del racconto di Judith parlavano del sorriso di una figlia, del sorriso della speranza.
Il sorriso della bambina.
All’interno della fiaba, compariva anche la signorina Fairchild, sotto forma di fata – il che era piuttosto interessante, considerando l’esistenza della leggenda della Fata Melusine – che aiutava l’eroe e sua figlia.
Era una storia semplice.
La storia di un uomo e di sua figlia, di come l’uomo avesse salvato la vita della bambina, della loro vita, dopo quell’evento, fino a quando una maledizione li costringeva a stare lontani, fino a che non riuscivano, grazie all’aiuto della fata, a riunirsi e a vivere insieme per sempre.
Era la storia di quanto era accaduto quella notte di agosto e di quello che egli aveva fatto in modo accadesse, quando aveva scelto di autodenunciarsi.
V’era la speranza che Judith nutriva con tutta se stessa di poterlo un giorno rivedere e stare sempre con lui.
Era la speranza nascosta nel sorriso della bambina.
Una speranza che sarebbe stata delusa.
Unicamente a causa sua e della sua cecità.
Aveva scacciato Judith, il suo sorriso colmo della pace che avrebbe potuto finalmente assaporare, colmo dell’affetto di una figlia.
Aveva distrutto la famiglia della signorina Fairchild.
Aveva influito su troppe vite, prendendo quella decisione, che, all’epoca, gli sembrava l’unica possibile.
Quel pomeriggio, la signorina Fairchild aveva perso la sua famiglia, aveva scelto lui, una scelta che non avrebbe dovuto compiere, se egli non si fosse autodenunciato.
La giovane non si sarebbe mai ritrovata in quella situazione, non avrebbe mai udito le parole del padre che l’aveva trattata con durezza, giungendo ad insultarla.
Sapeva di aver tentato più volte di scacciare Melusine, scontrandosi con la fiducia che la giovane gli dimostrava, nonostante ciò che le aveva fatto comprendere di sé.
Le aveva detto che aveva torturato e lei gli aveva detto che vedeva il suo pentimento.
Le aveva detto che aveva ucciso innumerevoli volte e lei gli aveva promesso di non voltargli le spalle.
Le erano state mostrate le foto dei genitori di Judith e lei gli aveva offerto, in un sorriso, il perdono.
Ed aveva scelto lui.
Forse avrebbe dovuto dirle ciò che aveva realmente fatto della sua vita. Avrebbe dovuto dirle del Mondo Magico, del Marchio Nero, di Lily, delle sue vittime e dell’uccisione di Silente, del suo anno come Preside di Hogwarts.
Forse, in quel modo, l’avrebbe allontanata da sé e sarebbe tornata dalla sua famiglia, com’era giusto che fosse, perché non valeva la pena che la signorina Fairchild scegliesse lui.
Forse avrebbe rivisto lo stesso sorriso di poche ore prima, quel sorriso che prometteva perdono.


Lione, 1 luglio 2003
Cara Judith,
ho letto la tua storia.
È una storia interessante e spero che la tua maestra sia abbastanza intelligente da riconoscerlo.
Con affetto,
Severus
«Ha letto la fiaba e gli è piaciuta.» disse la bambina con un sorriso felice sulle labbra. «Sei proprio sicura, Melusine, che quest’estate non potrò andare in Francia? Ho dieci anni ormai, quindi sono grande.»
«Il direttore dell’orfanotrofio non lo permetterà. E sai che nell’ospedale dove si trova Severus non ti faranno entrare perché non sei maggiorenne.» rispose Melusine, sperando che Judith non ponesse altre domande, domande a cui non avrebbe saputo trovare una risposta.
Sorrise mestamente, quando le diede per un attimo le spalle.
Severus le aveva detto di avvertirlo quando le sue risposte non sarebbero più state sufficienti e sperava che quel momento non giungesse mai.
Sapeva che Judith non avrebbe mai odiato Severus, ma era certa che non sarebbe riuscita ad andarlo a visitare perché il direttore del carcere non avrebbe dato il permesso, quando avesse saputo il cognome della bambina.
O forse, più semplicemente, l’avrebbe fermata perché era una minorenne.
Era una situazione difficile, da cui esisteva un’unica via d’uscita, ma era certa che Severus non l’avrebbe mai presa in considerazione.
Sarebbe stato necessario rivedere il processo, dire la verità. A quel punto, l’uomo sarebbe stato scagionato e scarcerato.
Ma Severus aveva scelto il carcere perché si sentiva responsabile della morte dei genitori di Judith e Melusine dubitava comunque che l’uomo avrebbe accettato di sottoporre la bambina ad un interrogatorio.


10 novembre 2003
Caro Severus,
oggi è arrivato un nuovo bambino all’orfanotrofio. Era molto tempo che non accadeva e speravo che non accadesse più. Beth ha la sua stesse età ed ho notato che, alle volte, riescono a giocare insieme, per quanto lui sia sempre molto triste, com’è giusto che sia.
Alle volte mi dico che sarebbe bello, se anche gli altri bambini potessero avere qualcuno come te.
Anche se sei lontano so che posso sempre scriverti, so che mi darai dei buoni consigli, so che mi vuoi bene.
Però sono così preoccupata per te.
In classe c’è una bambina di nome Mary che, quest’anno, è mia compagna di banco (la maestra ha voluto mescolarci, quindi Brian non è di fianco a me) e forse stiamo diventando amiche. Anche a Brian sta simpatica.
Qualche giorno fa sono stata invitata, insieme a Brian, a casa sua. La mamma di Mary fa il medico. È una donna molto gentile, come la mamma di Brian e come Melusine. Le ho chiesto se è normale che tu stia in quell’ospedale a Lione da così tanto tempo e lei mi ha detto che deve essere qualcosa di molto complicato quello che hai alle corde vocali.
Non ha detto altro, ma adesso ho paura che le cure non riescano a guarirti. Però stai migliorando, vero? Prima o poi uscirai da quell’ospedale?
Ti voglio tanto bene,
Judith
Le menzogne che erano state raccontate alla bambina, sarebbero presto cadute. Severus sapeva che era inevitabile. Judith avrebbe potuto chiedere alla mamma della sua nuova amica se era vero che esistevano ospedali dove fossero proibite le visite dei minorenni e la donna le avrebbe detto la verità, considerando che non aveva alcuna ragione per mentirle.
La bambina si sarebbe sentita tradita e lo avrebbe odiato.
Avrebbe dovuto però spiegarle che era stato lui a costringere la signorina Fairchild a mentirle. Era necessario che Judith avesse qualcuno di cui si potesse fidare, qualcuno con cui confidarsi, se le sue paure fossero diventate realtà.
Temeva che il sorriso di Judith potesse spegnersi, che le sue lettere non lasciassero più emergere quel sorriso affettuoso, quel sorriso colmo di pace e di speranza.
Il sorriso della bambina che considerava come una figlia.
Il sorriso della bambina che si preoccupava così tanto per lui.
Judith aveva capito che c’era qualcosa di insolito nella menzogna che aveva costruito, che non era nella norma un ricovero così lungo e, quando aveva trovato qualcuno di esperto che potesse rincuorarla, aveva iniziato a porre delle domande.
La rete di menzogne sarebbe caduta e Judith avrebbe saputo la verità.
Avrebbe saputo che egli l’aveva abbandonata, che aveva scelto di autodenunciarsi perché la sua mente era annebbiata dal peso delle sue innumerevoli colpe, che lo sovrastavano e lo schiacciavano anche in quel momento, e dal desiderio di pagare per questo, di punirsi.
Ed in quel momento la sua fiducia, quella fiducia che riluceva nelle sue lettere, nel suo sorriso, si sarebbe infranta.
Severus avrebbe voluto sperare che la signorina Fairchild avesse ragione. Gli aveva detto, in più di un’occasione, che Judith non l’avrebbe mai odiato, ma non riusciva a impedirsi di temere che invece questo accadesse.
Ed allora avrebbe perso Judith ed il suo sorriso.
Forse la signorina Fairchild avrebbe continuato a fargli visita, come aveva promesso, e gli avrebbe parlato di Judith, ma questo non avrebbe cambiato la verità.


16 novembre 2003
Cara Judith,
ho avuto un incidente, che mi ha lasciato in condizioni piuttosto complicate, proprio come dice la mamma della tua amica.
Non devi però preoccuparti, però. Le cure stanno facendo il loro corso, con lentezza, è vero, ma il medico che mi ha in cura dice che il mio è un caso raro, forse unico.
Per questo motivo è da tanto tempo che mi trovo a Lione, ma non corro alcun pericolo, se è questo che temi.
Con affetto,
Severus
Judith sorrise sollevata, quando lesse la lettera.
Avrebbe voluto che il medico di Lione trovasse una cura velocemente, ma l’importante era che non vi fosse nulla di pericoloso nelle condizioni di Severus.
Desiderava, però, vederlo.
Poterlo chiamare padre. V’era stata una volta in cui aveva pensato di iniziare la lettera, scrivendo, al posto di Severus, papà, ma aveva pensato che forse era meglio prima chiedere a Severus se poteva farlo.
Voleva essere accanto all’uomo e poter vivere con lui.
Per sempre.
E sorridergli come stava facendo in quel momento, così Severus avrebbe saputo quanto gli voleva bene, quanto lo amasse.
 
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