Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Alaide
view post Posted on 14/10/2013, 10:31 by: Alaide
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Autore/data: Alaide 31 luglio - 8 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La ragazza gli sorrise con affetto. Gli occhi ancora umidi di lacrime che sembravano non voler colare lungo il suo volto, sempre pallido, ma più sereno, per quanto rimanesse presente la tensione dell'attesa.
Nota: È il seguito di Attesa
Parole: 2151

Klavierstücke
16. Una decisione



Parigi, 8 - 16 maggio 2000



La notte avvolgeva in una cappa le strade di Parigi, poche pallide stelle illuminavano il cielo velato da nubi. Anne dormiva tranquillamente, ignara dell'incertezza, della tensione e delle speranze che tormentavano la sorella maggiore. La bambina si cullava nella calma che seguiva il lungo tempo in cui la malattia ne aveva minato la salute. La pozione che prendeva ormai una volta alla settimana le permetteva di sentirsi ogni giorno meglio.
Heloïse era sveglia, in preda alla tensione.
Aveva sperato che Severus tornasse quel giorno con la decisione del tribunale dei minori, invece gli avevano solo posto delle domande. La ragazza si sentiva dilaniare. Voleva unicamente che scegliessero alla svelta e che scegliessero bene.
Desiderava unicamente rimanere accanto all'uomo che era giunta ad amare più del suo vero padre. Forse un tempo aveva voluto bene al suo vero padre, come ne voleva a Severus, ma non riusciva più a ricordarselo. Aveva memoria delle volte in cui le aveva spiegato come riconoscere con il tatto e l'odorato alcune piante magiche, ma erano ricordi confusi e persi nel tempo.
Si mise a sedere. Il respiro di Anne era lieve e regolare, il respiro di qualcuno che dorme sereno, tranquillo. Un lieve sorriso si disegnò sulle labbra della ragazza, un sorriso colmo di gratitudine per l'uomo che, con le sue pozioni, aveva salvato la vita a sua sorella.
E aveva ridato a lei la forza di fidarsi ancora di chi la circondava.
Si alzò in piedi e, muovendosi silenziosamente, raggiunse la porta della stanza. Quando si trovò nel corridoio, tese le orecchie, cercando di comprendere se Severus fosse sveglio, al pari di lei, ma non udì alcun rumore. Ricordava di aver lasciato in salotto il libro che, grazie ad un incantesimo, risultava scritto in Braille. Forse leggere le avrebbe permesso di scacciare da sé quella tensione.
Non appena entrò nella stanza, si rese conto di non essere l'unica ad aver avuto quell'idea. Sentì un libro venir posato su un tavolo.
«Dovresti riposare, Heloïse.»
«Lo so, ma non riesco. Avevo sperato che oggi... quest'attesa è terribile.» mormorò la ragazza, raggiungendo una sedia.
Severus, alla luce delle poche candele che illuminavano quella parte della stanza, osservò il volto pallido di Heloïse. Avrebbe voluto poterle dire che tutto sarebbe andato bene, che quell'attesa era dovuta unicamente a dei problemi burocratici, ma sapeva che sarebbe stata una menzogna, che avrebbe potuto distruggere la fiducia della ragazza ed era qualcosa che non poteva permettersi.
«Mi hanno assicurato che la decisione dovrebbe arrivare al massimo tra dieci giorni.» disse soltanto.
Heloïse annuì, cercando di abbozzare un sorriso, che si rivelo teso e colmo di inquietudine.
«Ma non ti hanno detto altro? Lasciato intuire qualcosa?» domandò la ragazza, dicendosi che forse Severus le avrebbe detto che era questione di tempo, prima che venisse presa la decisione che lei sperava.
«No. Mi hanno unicamente posto delle domande.»
«Ma io voglio rimanere qui, con te ed Anne. Voglio poterti chiamare padre... se... se rifiuteranno di farti nostro tutore, cosa ne sarà di me, Severus? So che non mi lasceranno con Anne. Sono una Magonò cieca. Nessuno mi lascerebbe con mia sorella, nemmeno quando sarò maggiorenne.» mormorò Heloïse, gli occhi umidi di lacrime, un sorriso inquieto sulle labbra, il volto pallido.
Severus sapeva che non esisteva alcuna parola rassicurante che potesse dirle. Non poteva immaginare da che ragionamenti si sarebbero fatti guidare i funzionari che avrebbero determinato il destino delle due sorelle. Sperava che, per lo meno, prendessero in considerazione quello che aveva detto ed arrivassero a decidere di non dividere Heloïse ed Anne. Sarebbe stato un duro colpo per entrambe, considerando quanto erano state unite, considerando ciò che la ragazza aveva fatto per la sorella.
E non voleva che gli portassero via Heloïse ed Anne.
Le sue figlie.
Non importava che non avessero alcun legame di sangue. Non aveva mai immaginato di poter diventare padre. Ma in quel momento lo era.
Ed in quel momento si rendeva conto di quanto la presenza di Heloïse ed Anne, pur in modo diverso e per ragioni opposte, avesse cambiato il corso dei suoi pensieri, avesse allontanato in parte e quietato il peso del rimorso, la mole della colpa.
In quel momento si rese pienamente conto che, nei sorrisi tesi di Heloïse, nei sorrisi riconoscenti di Anne, nell'affetto paterno per quelle sorelle, aveva trovato il perdono che aveva creduto irraggiungibile, aveva trovato la pace.
Ed ora non poteva nemmeno immaginare di perderle, di vedersele sottrarre da dei burocrati che avrebbe calpestato i sentimenti di Heloïse ed Anne.
«Anch'io vorrei potervi chiamare figlie.»
Erano parole che avrebbe dovuto dire da tempo. Era forse la prima volta che esprimeva così apertamente i propri sentimenti, ma Heloïse aveva bisogno che lo facesse. Egli stesso ne aveva bisogno.
La ragazza gli sorrise con affetto. Gli occhi ancora umidi di lacrime che sembravano non voler colare lungo il suo volto, sempre pallido, ma più sereno, per quanto rimanesse presente la tensione dell'attesa.


Il sole filtrava dalle tende, illuminando lievemente la stanza. Heloïse si sentiva colma di tensione ed apprensione, come le accadeva fin troppo spesso in quei giorni. La decisione del tribunale dei minori tardava ad arrivare e, più il tempo passava, più si convinceva che avrebbero mandato lei e sue sorella in un orfanotrofio.
Deglutì a vuoto, cercando di ascoltare quello che Anne stava dicendo a Mademoiselle de la Roche. Severus era nel suo laboratorio, in fondo al corridoio, ma sapere che l’uomo era in casa non riusciva a renderla più fiduciosa circa il loro destino. Anne non sapeva ancora nulla circa la decisione che pendeva sul loro futuro. Non aveva avuto cuore di far preoccupare la sorella. Se le cose fossero andate nel peggiore dei modi, almeno Anne avrebbe potuto vivere serenamente quei giorni.
«Heloïse, non ti senti bene?»
La voce preoccupata della bambina le arrivò come se fosse lontanissima. Non si era resa conto che Anne aveva iniziato a parlare con lei, non si era resa conto di nulla.
«Solo un lieve mal di testa, Anne. Nulla di preoccupante.» disse in un lieve mormorio, abbozzando subito dopo un sorriso.
«Allora devi andare a letto, così poi starai meglio.» affermò sicura la bambina, osservando con attenzione la sorella maggiore.
Non voleva che Heloïse stesse male, perché senza di lei si sentiva persa. Quindi era giusto che la sorella si riposasse, come aveva fatto lei stessa quand’era malata.
Yseult sorrise appena alla bambina, mentre si chiedeva per quale motivo ci stessero mettendo tanto a prendere una decisione. Era tutto così terribilmente chiaro. Era palese che le due sorelle era unite ed era altresì palese che il loro posto fosse lì, in quell’appartamento, sotto la tutela di Monsieur Piton.
Seguì con lo sguardo Heloïse, mentre la ragazza si alzava in piedi e si avvicinava alla porta. Era troppo pallida e, alla giovane, era chiaro che non dormiva bene. Sperò con tutte le sue forze che la decisione arrivasse presto e che fosse la decisione giusta.
Heloïse si chiuse lentamente la porta alle spalle. Si sentiva male. Erano trascorsi troppi giorni da quando aveva parlato di notte, nel salotto, con Severus. E la decisione non era ancora arrivata. Non riuscì a fare un altro passo. Era come immobilizzata dalla paura che arrivasse una comunicazione ufficiale dal tribunale dei minori dove v’era scritto che lei sarebbe stata mandata in un orfanotrofio a migliaia di chilometri di distanza da Parigi, da sua sorella, da Severus.
Senza quasi accorgersene si lasciò scivolare per terra, il corpo scosso dai singhiozzi. La paura del futuro era enorme. Nemmeno quando era scappata dalla Normandia, dopo la morte del padre, si era sentita così. Forse perché allora non aveva speranze, forse perché non aveva incontrato qualcuno che si prendesse cura di lei e di Anne, qualcuno che voleva averla come figlia.
«Heloïse.» la voce di Severus la fece sobbalzare. Non aveva udito i suoi passi nel corridoio. Non si era accorta di nulla, proprio come nel salotto, troppo immersa nelle sue paure per avere coscienza di ciò che la circondava, qualcosa che non avrebbe mai fatto se fosse stata ancora nella casa in Normandia, se suo padre fosse stato ancora vivo. «Vieni.»
La ragazza notò veramente solo allora di essere rannicchiata per terra e notò solo allora che l’uomo le aveva posto una mano sulla spalla. Si asciugò come meglio poteva le lacrime, poi, aiutata da Severus si alzò in piedi.
«Non riesco più a vivere in quest’attesa.» mormorò, quando iniziò a camminare accanto all’uomo.
«Lo so.» commentò unicamente Severus.
L’attesa stava diventando snervante ed aveva immaginato fin troppo bene che Heloïse sarebbe crollata presto o tardi. Aveva comunicato alla Cité de la Magie che, per qualche tempo, avrebbe condotto le sue ricerche unicamente da casa, perché sapeva che un momento del genere sarebbe arrivato. Non poteva però confortare realmente la ragazza, perché non sapeva cosa avrebbe deciso il tribunale dei minori. L’unica cosa che era in suo potere fare era tentare di alleviare la disperazione in cui stava precipitando Heloïse.
Aprì lentamente la porta del suo laboratorio. Aveva meditato sulla questione a lungo, ricordando che la ragazza gli aveva raccontato che il padre, prima della morte della moglie, le aveva insegnato a riconoscere alcune piante magiche. Non sapeva se sarebbe servito veramente a qualcosa insegnare ad Heloïse a riconoscere gli ingredienti per le pozioni che preparava, ma voleva sperare che la tensione si sarebbe in parte affievolita.
«Siamo nel tuo laboratorio?» domandò la ragazza, quando l’uomo ebbe chiuso la porta alle loro spalle.
Non era mai stata in quella stanza ed in quel momento era sopraffatta dagli odori diversi e contrastanti che sentiva, senza riuscire a distinguere l’uno dall’altro.
Ed era sopraffatta dall’affetto per l’uomo che era diventato suo padre, perché l’aveva fatta entrare, in qualche modo, nel suo mondo. Gli sorrise lievemente, affettuosa, per quanto il sorriso fosse offuscato dalla tensione che continuava ad attraversala, seppure in maniera meno intensa prima.
«Mi hai detto che avevi imparato a riconoscere alcune erbe magiche.» disse l’uomo, osservando con attenzione Heloïse ed il suo sorriso affettuoso, un sorriso affettuoso che ricambiò senza accorgersene. «Vieni.»
La condusse, tenendo una mano sulla sua spalla, perché la ragazza non urtasse nulla di potenzialmente pericoloso in una stanza che non conosceva, verso uno scaffale, da cui prese alcune erbe essiccate, qualcosa che Heloïse poteva riconoscere al tatto ed all’odorato, ingredienti che non avrebbero sortito nessun danno prendendoli nelle mani nude.
Iniziò a presentarne uno per uno alla ragazza, spiegandole a cosa servissero, lasciandole il tempo di prenderli in mano, di annusarli. Di tanto in tanto le chiedeva di riconoscerne qualcuno di quelli di cui avevano già parlato ed Heloïse gli sorrideva ogni volta. Sembrava quasi serena in quel momento, quasi dimentica della decisione che incombeva sul loro futuro.
Fu così che li trovò Yseult, quando andò a cercarli poco dopo, con una lettera in mano, una lettera ufficiale del tribunale dei minori. Aveva bussato tre volte, prima di decidersi ad entrare. Era rimasta per qualche istante immobile, con un sorriso sulle labbra, osservando Monsieur Piton ed Heloïse, chini su una pianta essiccata. Temeva quasi di disturbarli, di rompere quella calma, ma sapeva che doveva farlo, perché in quella lettera era scritto il loro futuro, era scritto se avrebbe potuto continuare ad essere padre e figlia, per quanto, per la legge, Monsieur Piton avrebbe potuto essere unicamente il tutore delle due sorelle.
«È arrivata la lettera.» disse unicamente, senza sentire il bisogno di aggiungere altro.
Sentì lo sguardo di Monsieur Piton su di lei e sentì la tensione farsi improvvisamente forte nella stanza. Si avvicinò lentamente a loro e consegnò la busta sigillata con la ceralacca.
Heloïse sentì il rumore di una busta che veniva aperta, sentì la pergamena che veniva spiegata, poi sentì Severus mormorare qualcosa, senza che riuscisse a coglierne veramente le parole. La calma provata mentre prendeva in mano gli ingredienti, mentre l’uomo condivideva con lei parte della sua immensa conoscenza, era svanita in un attimo. Ed in quel momento provava unicamente la più grande e terribile tensione.
L’uomo le mise la lettera tra le mani. Heloïse deglutì a vuoto, prima di posarla sul tavolo, dove ancora stavano gli ingredienti di cui Severus le aveva parlato. Con dito tremante seguì le scritte in Braille. Quando arrivò alla fine della lettera piangeva.
E tra le lacrime spuntò un sorriso.
Un sorriso felice.
Non avrebbe più dovuto temere del futuro, perché Severus era diventato il suo tutore, perché poteva rimanere con sua sorella e con l’uomo che avrebbe potuto chiamare padre.
Lo abbracciò, il sorriso felice sempre sulle labbra.
E Severus sentì l’affetto di Heloïse, sentì l’affetto di sua figlia e sentì che davanti a sé aveva una nuova vita da vivere, accanto alle due orfane che aveva accolto in casa un giorno di marzo.
Una nuova vita accanto alle sue figlie.
Ed un sorriso, appena abbozzato, un sorriso che era specchio di quello di Heloïse, gli comparve sulle labbra.
 
Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27942 views
  Share