Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 9/10/2013, 08:51 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 12 - 16 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Aveva scacciato Judith.
Il suo sorriso carico di perdono.
Quel perdono che gli offriva anche la signorina Fairchild durante le sue visite, quando gli sorrideva, ogni volta, con immutata gentilezza e fiducia.
Nota: La storia è il continuo di Voci.
Parole: 1646

Sinfonie.
16. Sinfonia in fa minore op. 2 n°4
Quarto movimento. Lontananza



10 ottobre 2002
Caro Severus,
sono stata terribilmente cattiva oggi. Per causa mia Brian si è fatto male ed è caduto, mentre ci arrampicavamo su un albero nel giardino dell’orfanotrofio.
Ed è colpa mia perché ho avuto io l’idea.
So che non avrei dovuto farlo, ma sembrava divertente.
Credi che Brian vorrà ancora essere mio amico?
Con affetto,
Judith


Lione 14 ottobre 2002
Cara Judith,
sono certo che non hai obbligato il tuo amico ad arrampicarsi su quell’albero.
Non è stata un’idea brillante, ma sono convinto che tu abbia imparato da quest’errore.
Sono anche sicuro che Brian continuerà ad essere tuo amico. Per quanto l’idea sia stata tua, il tuo amico avrebbe potuto dirti che non era d’accordo con te, che non voleva arrampicarsi su quell’albero.
Severus

Judith strinse forte a sé la lettera.
Le parole di Severus erano simili a quelle che le aveva detto Melusine.
Ed anche Brian.
Sorrise sollevata.
Aveva temuto con tutta se stessa che Severus potesse essere deluso da lei, che la rimproverasse. Invece l’aveva rincuorata e confortata.
Era così bello che la lettera fosse arrivata così presto, anche se era qualcosa di strano. Doveva attendere, di solito, molti giorni prima di avere una risposta da Severus.
Ma forse esistevano diversi tipi di posta. Lo avrebbe chiesto a Melusine.


30 novembre 2002
Caro Severus,
spero che in Francia tutto vada bene.
Sono convinta che presto o tardi potrò venire a farti visita. Ho chiesto a Melusine, ma non sa se questo sia possibile.
Sto continuando a scrivere la fiaba di cui ti ho parlato.
La maestra ci fa lavorare alla storia una volta a settimana. Dopo aver presentato il personaggio principale, abbiamo fatto un disegno. E poi abbiamo descritto gli altri personaggi.
Oggi abbiamo iniziato a scrivere la storia vera e propria. Quando l’avrò finita, te ne manderò una copia. Melusine ha detto che se ne occuperà lei.
Per il momento ti mando un disegno che ho fatto due giorni fa.
Ti voglio tanto bene,
Judith
L’uomo lasciò cadere la lettera sul tavolo. Il sorriso di Judith era, come sempre, colmo d’affetto e di speranza.
Una speranza che portava con sé quel perdono in cui non osava credere. Quel perdono di cui parlava, spesso, la signorina Fairchild quando gli andava a fare visita, quella parola che dopo quegli incontri gli rimbombava nella mente.
Severus si sentiva come se la sua anima si stesse lacerando.
Da una parte negava qualsiasi possibilità di speranza, dall’altra avrebbe voluto abbracciarla. Non sapeva più cosa voleva.
Eppure tre anni prima si era sentito così sicuro, così certo che l’unica soluzione possibile fosse denunciarsi.
In quel momento, di fronte a quella lettera, non ne era più così sicuro. Non lo era più da diverso tempo, da quando aveva sentito la voce di Judith in ottobre.
Ed avrebbe voluto udire ancora la voce della bambina, mentre gli raccontava la sua storia. Avrebbe voluto vedere il sorriso colmo di affetto.
Allungò una mano ed afferrò il disegno.
Judith aveva raffigurato se stessa e Severus in un luogo sereno, inondato dalla luce della speranza e dal sorriso della bambina.
Una lacrima, che non si era nemmeno reso di star versando, bagnò un angolo del foglio.
Aveva privato la bambina della possibilità che quel disegno potesse diventare realtà.
Con la sua smania di punirsi, non aveva fatto altro che gettare al vento l’unica possibilità di iniziare una nuova vita al fianco della bambina. Aveva distrutto la possibilità di essere, se non felice, per lo meno in pace.
Aveva scacciato Judith.
Il suo sorriso carico di perdono.
Quel perdono che gli offriva anche la signorina Fairchild durante le sue visite, quando gli sorrideva, ogni volta, con immutata gentilezza e fiducia.
Eppure sapeva che non poteva più sperare di poter abbracciare Judith, come in quel disegno, perché nulla poteva mutare la scelta compiuta nel tardo autunno del 1999.
Invocare una revisione del processo era fuori questione. Avrebbe costretto Judith a rivivere quella notte di agosto, ad essere interrogata.
Ed era qualcosa che non poteva permettere.
Avrebbe unicamente fatto soffrire Judith.


Lione, 15 dicembre 2002
Judith,
ho apprezzato il tuo disegno, che conservo con la massima cura.
Credo, però, che non potrai venire a trovarmi in Francia. L’ospedale non ammette visitatori minorenni.
Severus.


9 gennaio 2003
Caro Severus,
spero che tu non ti sia sentito troppo solo a Natale. L’ospedale in cui ti trovi deve essere veramente triste.
Quando sarò maggiorenne verrò a trovarti, sempre che tu non sia guarito per allora.
Ti mando un piccolo brano della fiaba, come regalo di Natale.
“C’era una volta un uomo molto coraggioso. Il suo nome era Severus. Non era un cavaliere o un re. Viveva in una piccola città, vicino ad un bosco magico.
Tutti sapevano che era coraggioso perché aveva salvato sua figlia.
Una notte due uomini avevano tentato di fare del male alla bambina, ma non erano risuciti nel loro intento. Severus aveva nascosto la figlia e l’aveva tenuta al sicuro. Poi aveva consegnato i due uomini alle guardie del re.
Ed allora Severus e sua figlia vivevano felici nella casa vicino al bosco. Ma un giorno giunse in visita nella piccola città un uomo importante.”
Spero che ti piaccia.
Con affetto,
Judith

Le parole di quella storia si stagliavano dalla lettera della bambina.
V’era affetto in loro.
V’era il sorriso affettuoso della bambina.
V’era la narrazione di quella notte d’agosto del 1997, quando aveva salvato la vita a Judith.
Severus avrebbe voluto che il nuovo antidolorifico non fosse così efficace, avrebbe voluto sentire tutto il terribile dolore di prima.
Era stato uno stolto.
Si rese conto di ciò che aveva tentato di negare con tutte le sue forze, quella verità che sapeva esistere, ma che era stato bravo a celare persino a se stesso.
Quella notte d’agosto aveva salvato la vita di Judith.
E la bambina gli era riconoscente perché lei non aveva travisato la realtà, non si era lasciata annebbiare la mente dal peso della colpa, non aveva voluto annegare il proprio buon sento.
Come aveva fatto lui.
Aveva volutamente travisato la realtà. Aveva volutamente scacciato Judith, la sua piccola Judith che gli continuava a voler bene, nonostante la lontananza.
Aveva tentato di scacciare anche la signorina Fairchild che, nonostante tutto, continuava a venire a trovarlo in carcere, fedele alla sua promessa.
Un sorriso amaro si disegnò sulle sue labbra.
Il sorriso dell’amara consapevolezza di aver sbagliato irrimediabilmente ancora una volta.


Lione, 30 gennaio 2003
Cara Judith,
la tua storia è preziosa e sono certo che continuerà nel migliore dei modi.
Mi dispiace di non essere lì con te.
Ma sappi che, qualsiasi cosa accada, sarò sempre al tuo fianco, seppur da lontano.
Con affetto,
Severus

Un sorriso felice si disegnò sulle labbra di Judith. Severus le diceva che le voleva bene e nient’altro importava. Sperò unicamente che quel sorriso felice arrivasse fino a lui e gli dicesse che lei sapeva perfettamente che lui sarebbe sempre stato al suo fianco.
Così come lei gli avrebbe sempre voluto bene.


Lione, 1 marzo 2003
Cara Judith,
ho letto con attenzione come stai sviluppando la tua storia.
La tua storia è preziosa.
Buon compleanno, se la lettera ti arriverà il nove.
Severus
«Come ha fatto a sapere che sono nata oggi, Melusine?» domandò la bambina, con un sorriso sulle labbra, un sorriso per Severus.
«Ti ho già detto che anch’io gli scrivo.» mormorò la giovane.
Quando aveva fornito l’informazione all’uomo non aveva nemmeno immaginato che potesse palesare, in quel modo, il suo affetto per Judith.
Quell’affetto che aveva sempre fatto capolino tra le righe, delle lettere che Judith le aveva fatto leggere.
«Melusine, come mai le sue lettere mi arrivano sempre senza busta?» domandò improvvisamente Judith, mentre rileggeva le poche parole.
Melusine aveva temuto quella domanda. Aveva preso l’incarico di ritirare la posta da quando era iniziata quella corrispondenza, in modo tale da distruggere le buste con sopra il timbro del carcere.
«È la prassi dell’orfanotrofio. Non chiedermi perché, ma è così.» riuscì a dire, per quanto sapesse che quella menzogna non sarebbe durata a lungo.


15 giugno 2003
Caro Severus,
io e Brian suoniamo spesso insieme. Ci basta trovare un violinista e poi faremo un trio. O almeno così dice Melusine.
E quando saremo famosi, verremo a Lione e ci faranno entrare nell’ospedale dove la musica che suoneremo ti piacerà tantissimo.
Però, può essere che tu tornerai prima.
Comunque sia, ti vorrò sempre tanto bene,
Judith

L’affetto di quella lettere stordì Severus, quasi.
Era un affetto che non meritava affatto perché con il suo egoismo aveva allontano da sé Judith.
L’unica possibilità di perdono che aveva.
Aveva allontanato il suo sorriso riconoscente.
Quel sorriso che fin da subito avrebbe dovuto dirgli che egli le aveva effettivamente salvato la vita, quella notte d’agosto.
Invece aveva posto la sua attenzione unicamente sul senso di colpa.
Aveva allontanato il suo sorriso affettuoso.
Quel sorriso che lo chiamava padre, quella paternità che aveva disconosciuto in nome dell’espiazione. Quel sorriso in cui avrebbe potuto trovare la pace.
Una pace che era stata così vicina e che lui aveva gettato al vento.
Aprì il cassetto ed estrasse il disegno di Judith e lo stese davanti a sé, sul tavolo.
Quello era l’unico modo in cui poteva ancora vedere la bambina.
Erano servite decine di lettere per comprendere il suo errore nell’autodenunciarsi, un errore a cui, come gli altri che avevano costellato la sua vita, non poteva porre rimedio.
C’erano volute le parole che la signorina Fairchild gli ripeteva ogni volta, quelle parole sul bisogno che Judith aveva di lui, quelle parole che contenevano sempre una promessa di perdono, per fargli comprendere quel nuovo errore.
Ma non poteva porvi rimedio.
Non poteva annunciare al magistrato che aveva mentito al processo perché questo sarebbe equivalso a torturare Judith.
Poteva solo sperare che quel sorriso non si spegnesse mai.
E che la bambina potesse perdonarlo, un giorno, quando avrebbe saputo che l’aveva abbandonata.
 
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