Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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chiara53
view post Posted on 5/10/2013, 10:40 by: chiara53
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Ciao Severus, eccoti la mia storia dedicata a te ed a tutto il forum :lovelove:


Autore/data: chiara53 – settembre 2013
Beta-reader: pingui79
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: generale, romantico.
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus, Hermione.
Epoca: Post settimo anno.
Avvertimenti: AU
Riassunto: Perché si sta così bene insieme? Per amore, solo per amore.
Parole/pagine: 2515/5

Il nome per un bambino



Ancora tre giri in senso orario, poi altri tre in senso antiorario.
Il preparato nel calderone ribolle tranquillo, appunto lo sguardo sulla sua superficie scintillante.
Distillare le pozioni mi rilassa, mi occupa, mi conforta; sento la sicurezza impadronirsi di me e le mani corrono da sole verso gli ingredienti necessari: artemisia, ruta, zenzero.
Con il coltello d’argento faccio fette sottili e di dimensioni minuscole, impeccabili.
I passaggi successivi richiedono alcuni minuti di attesa, ne approfitto per asciugare una goccia di sudore che scende sulla tempia.
La pozione sarà perfetta, come al solito.
La pendola batte l’una di notte.
Non ho sonno, ed ho troppo tempo a disposizione, tolgo e accantono gli ingredienti che non mi servono più, con attenzione ripulisco il coltello d’argento e lo ripongo: non sopporto il disordine. I vapori trasparenti del distillato si alzano in volute di fumo impalpabile, per la centesima o forse millesima volta guardo attraverso di essi, verso le scale che portano al piano di sopra.
Penso che potrei anche permettermi di bere un caffè durante questa pausa, ne ho il tempo, e soprattutto ne ho voglia.
Salgo in soggiorno e quando lo raggiungo mi guardo intorno: non posso fare a meno di pensare che a Spinner’s End tutto è cambiato.
I muri bianchi di calce accentuano la cupa tonalità della libreria. La vecchia poltrona e i divani di mia madre sono ancora qui. Hermione non ha voluto cambiare quasi nulla dell’arredamento, ma ora il suo tocco è dovunque.
Questo è “il nostro nido”, dice.
Questa casa è perfetta, per me che lascio Hogwarts per il fine settimana e per lei a cui piace raggiungerla con mezzi Babbani.
E’ vero, tutto è uguale, ma tutto è diverso.
Anch’io sono così, penso, mentre mi preparo il caffè: uguale, eppure profondamente diverso nel modo di accostarmi agli altri, di guardare la vita e di sperare nel domani.
Stasera, però, la sto aspettando da molto tempo.
Da troppo tempo.
Mi sono quasi rassegnato ai sabati quando Hermione è di turno al San Mungo. Finisce quasi sempre per trattenersi fino a tardi per controllare lo stato dei “suoi” pazienti e a confortarli – se necessario - così i suoi pomeriggi sforano inevitabilmente in serate e torna a casa sempre in ritardo.
La caffettiera sobbolle, la metto in stasi con un cenno della bacchetta e decido di andare a dare un’occhiata alla pozione che ho lasciato in attesa.
Mentre sto per scendere di nuovo nel laboratorio per controllare il preparato, il focolare si accende di luce verde e lei finalmente compare.
- Severus… sei ancora in piedi. - Prende fiato e sospira, mentre mi sorride.
Sapeva benissimo di trovarmi qui, sveglio, ma non sa e non dovrà sapere per quanto l’ho aspettata, la pozione era una buona scusa. Rimango qualche istante in silenzio e guardo le sue labbra tese dalla stanchezza nel tentativo di sorridere per apparirmi tranquilla.
E’ esausta e non dovrebbe essere felice come vuole apparire, non credo che lo sia.
Anzi, so bene che non lo è, infatti mi abbraccia e sento che soffoca singhiozzi silenziosi sulla mia spalla.
Sorride per me.
Anche lei ha imparato a nascondere i sentimenti quando la agitano, quando emergono più forti le emozioni, ma io ormai conosco il dolore che c’è dietro il suo sorriso.
Passo la mia mano tra quei suoi capelli disordinati.
Lei è la mia piccola bambina, il mio tesoro, la mia luce.
Anche a lei ho fatto male.
Perfino a lei.
- Che c’è? Che succede? - Chiedo, ma so benissimo cosa le passa per la mente.
Medimaga non è un mestiere facile, e lei ha scelto una specializzazione particolare, prima di sapere, ma anche dopo aver saputo che non potrà mai avere bambini.
Dolohov quella notte al Ministero le ha lasciato un regalo avvelenato.
Lui, il Mangiamorte assassino di Lupin, le ha donato la sterilità.
La magia oscura ferisce e uccide dentro, ma allora l’importante era sopravvivere e lei l’ha fatto, tuttavia qualcosa è morto dentro di lei senza che lo sapesse.
- Niente, cosa vuoi che succeda. – Sussurra, asciugandosi gli occhi. – Sono felice.
E mi sorride, ancora, spezzandomi il cuore, incendiando la mia rabbia dietro cui nascondo l’amore e i miei fottuti, inutili rimorsi.
Non ci sono spade magiche che escono da un cappello sgualcito per risolvere tutti i problemi del mondo.
Non ho lanciato io l’incantesimo, allora, ma non nemmeno ho impedito che succedesse.
Io ricordo.
Finirò mai di ricordare?
- E’ nato il bimbo di Ginny. - Dice con voce che si sforza di rendere allegra.
- Lo so, lo sapevo che avresti raccolto tu il mocciosetto. I Potter si moltiplicano, piccoli Potter crescono, e questo dopo neanche un anno dall’altro. - Mi permetto uno dei miei sorrisi storti. - Sarà divertente averli in classe.
Cosa sto provando?
Invidia? Frustrazione? Rabbia? Tristezza?
Io non ho mai sperato in un figlio mio, non l’ho mai desiderato, in fondo, ho sempre pensato che fosse una seccatura. E poi che razza di padre sarei stato?
Con il tempo, accanto alla donna che amo, la mente si è soffermata a volte sul pensiero di crescerlo, abbracciarlo, amarlo, aspettare che compaia la prima magia, sentirmi chiamare papà, accompagnarlo al treno per Hogwarts… illusioni, false e stupide illusioni.
Non succederà.
Non lo meritavo.
Io non lo merito, ma lei?
Lei che c’entra?
- Severus, piantala! Non mi piace vederti imbronciato e con lo sguardo perso nel nulla. Sono così stanca e non mi sento pronta per una sessione del tuo sarcasmo condito da ironia. - Poi si distende più comoda sul divano vecchio e logoro che ho imparato ad amare per merito suo.
- Stavo facendo un caffè. – Mi volto per nascondere quello che provo e che solo lei saprebbe leggere sul mio viso. - Ne vuoi?
Si toglie le scarpe e si accomoda meglio.
- Magari, ma poi andiamo a dormire.
Mentre preparo il caffè penso che la mia pozione sarà andata in malora.
- Aspetta un momento. - Le dico e scendo velocemente a ripulire in cantina. Bastano un paio di incantesimi e tutto è a posto.
Vorrei che bastassero quelli per far scomparire anche tutto il resto: il male, il dolore, la rabbia e i rimpianti.
Il caffè intanto è pronto.
Mentre le porgo la tazza non posso fare a meno di informarmi, so che le fa piacere.
- Rosso di capelli e maschio? – Chiedo.
Mi guarda stupita poi ride, una risata fresca e argentina, finalmente.
- No, no, bruno e con gli occhi verdi, per quello che si può capire appena nato. - Beve un sorso e prosegue. – Harry ha detto che ha i suoi occhi, gli occhi di Lily… - Lo dice quasi distrattamente.
- L’ho tenuto in braccio, Severus, era così tenero e profumato, i bambini profumano sai? L’ho cullato per un po’ e stretto a me, appena nato. L’ho raccolto io dal grembo di Ginny e ti affezioni ai bambini che fai nascere, me lo dicono tutte le altre Medimaghe. - Sospira e prosegue - Harry era impazzito di gioia. “Questo giovanotto ti chiamerà zia, come James.” - mi ha detto…
Posa la tazza e io mi siedo accanto a lei per farle appoggiare il capo sulle mie ginocchia.
L’accarezzo piano tra i capelli e Hermione socchiude gli occhi facendo le fusa.
- Potter è sempre stato maledettamente fortunato. - Sussurro.
Spalanca gli occhi, mi guarda e ci leggo dentro i suoi pensieri. Il dolore che quel bambino non sia suo, che lei non l’avrà una gioia così, né ora né mai. Che starà lì a guardare ogni volta l’infinito miracolo di una vita che nasce senza poter mai goderne per sé.
Come si può consolare l’inconsolabile?
Io non so farlo, non ha mai consolato nessuno nella mia vita di prima, la consolazione è un sentimento che ho rifuggito.
Non ho armi, ho solo l’amore.
Così uso quello che ho.
- Ti amo Hermione, ma ti basta? Ti basterà? Ti basterò io? - Sento l’ansia nella mia voce, ho paura che mi risponda di no, che dica che voleva un figlio e che la guerra e i Mangiamorte come me glielo hanno impedito.
L’amore capisce anche le ragioni dei silenzi ed in silenzio aspetto una risposta.
Non è una lunga attesa.
- Fino alla fine dei tempi, Severus. Mi basterà fino alla fine dei tempi.- Risponde e mi guarda da sotto in su. Ed io le sorrido perché il mondo, il cielo e il futuro esistono solo se lei resta accanto a me.
- Sai come hanno deciso di chiamarlo? - Mi dice, mentre sono ancora perduto nei miei pensieri.
- Veramente non è argomento che mi avvinca particolarmente. - Rispondo con il tono infastidito di quando voglio che lei sorrida. – Trattandosi di Potter non oso fare supposizioni in proposito.
- Dovresti. – Dice e il sorriso stavolta scopre i denti: è malizioso e furbo, e lei sbatte le palpebre, un altro segno di stanchezza.
Sollevo un sopracciglio, ma ormai a che mi serve con lei?
- Lo chiamerà Albus Severus. Un bel nome no? - Esclama soddisfatta.
Resto basito e non è facile lasciarmi di stucco.
- Ma come? Come gli viene in mente? - Pronuncio tutto d’un fiato – E’ completamente impazzito?
- No era tutto felice, invece, quando me lo detto. Mi sono permessa di accettare per te di fargli da padrino e io sarò la madrina, ovviamente. -
Devo essere sbiancato, perché mi guarda con un po’ di preoccupazione, poi si alza dal divano e mi abbraccia.
- Che c’è, non sei contento? - E stavolta ride, con le lacrime agli angoli degli occhi, la sciagurata.
L’abbraccio anch’io, mentre cerco di fare la faccia più accigliata e furibonda che mi riesce.
Padrino, io, ma Potter mi sentirà e non creda che sarò più gentile, quando suo figlio verrà a scuola, solo perché quel moccioso sarà mio figlioccio.
Canaglia di un Potter, lui per Hermione è un vero amico, è privo di logica come tutti i Grifondoro, ma con un grande cuore e un intuito pari solo alla sua ignoranza.
La guardo con finta severità.
- Contento? Come una pasqua, non si vede? - Le sibilo, ma poi la stringo più forte che posso.
Questa volta non ce la faccio a fare il duro, a scherzarci sopra. Piango per lei e per me, per quello che non avremo mai e per l’amore che ci unisce. Le prendo il viso tra le mani e lascio che veda scorrere le mie lacrime mentre le sorrido.

Edited by chiara53 - 8/10/2013, 16:17
 
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