Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 25/9/2013, 10:35 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 5 - 8 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La luce pareva irradiarsi dal foglio di carta, la luce dell’affetto della bambina, la luce del suo sorriso, la luce della speranza.
Nota: La storia è il continuo di Angoscia.
Questo capitolo sarà essenzialmente epistolare e non sempre le lettere saranno seguite da pensieri e riflessioni di Judith o Severus. Naturalmente, considerando che coprirò un arco temporale piuttosto lungo, non saranno riportate tutte le lettere. Per ogni lettera, anche quando fosse omessa, c’è una risposta.
Aggiungo un’annotazione sulla datazione delle lettere. Quelle di Judith portano la data effettiva in cui sono state scritte. Quelle di Severus seguono un calcolo complesso, ovvero Severus calcola il tempo che la lettera di Judith impiegherebbe qualora lui si trovasse effettivamente a Lione e non già a poco più di un miglio dall’orfanotrofio per arrivare. A quel punto pone una data fittizia, poi la spedisce qualche tempo dopo, in modo da simulare il tempo che la lettera impiegherebbe ad arrivare da Lione all’orfanotrofio. Quindi prestate attenzione alle date delle lettere di Severus, perché potrebbero esservi volte in cui non compie tutto il complicato calcolo.
Parole: 2008

Sinfonie.
14. Sinfonia in fa minore op. 2 n°4
Secondo movimento. Spiragli di luce


13 febbraio 2002
Caro Severus,
spero che tutto vada bene in Francia.
A scuola quest’anno le cose vanno decisamente meglio. Sono quasi del tutto certa di essermi fatta un amico. Ti avevo parlato di un bambino nuovo. Ecco con Brian parlo e senza che sia lui ad iniziare la conversazione. Parlo proprio come ho sempre fatto con te.
Quindi deve essere un buon segno, giusto?
Ti voglio tanto bene,
Judith


Lione, 22 febbraio 2002
Judith,
la tua intuizione è corretta. È un buon segno.
La Francia è sempre accettabile.

La bambina sorrise leggermente leggendo la lettera dell’uomo. Era sollevata nel sapere che le cose in Francia andavano bene e che anche Severus credeva che lei e Brian stessero diventando amici.
Avrebbe però voluto poter parlare personalmente con l’uomo, spiegargli cosa faceva a scuola e poi potergli chiedere consiglio. Sapeva che poteva farlo in ogni momento via lettera, ma non era la stessa cosa, come guardare l’uomo in volto.
E potergli sorridere.


1 marzo 2002
Caro Severus,
forse avrei dovuto parlartene prima, ma non volevo farti preoccupare.
Ti ho detto, nella scorsa lettera, che a scuole le cose vanno decisamente meglio. Questo è vero per le mie paure che riesco a tenere bene sotto controllo. E perché ho fatto amicizia con Brian. Trovo strano però che non sia mai riuscita a fare amicizia all’orfanotrofio. Forse era perché anche lì avevo troppa paura.
Però non tutto va per il verso giusto da dopo le vacanze di Natale.
L’anno scorso mi guardavano tutti in maniera strana. Quest’anno non come l’anno scorso però ci sono dei bambini che dicono che non ho genitori perché non mi volevano quindi hanno preferito morire. E dicono che nemmeno i genitori di Brian lo vogliono. Questo perché sono spesso via di casa, quindi stanno poco con lui. Il papà di Brian lavora sugli aerei e la mamma fa i turni.
Non riesco nemmeno a capire perché quei bambini dicono queste cose.
Però dicono che è tutta colpa nostra.
Ma non la è, vero?
Mamma e papà sono morti per colpa dei due uomini cattivi. Me l’ha detto Melusine una volta, prima che ti conoscessi, perché all’epoca anch’io credevo che avessero ucciso mamma e papà perché io ero una bambina cattiva.
Però tu mi hai salvato la vita e se ero uno bambina cattiva, non l’avresti di certo fatto, perché tu sei buono.
Vorrei tanto che tu fossi qui,
Judith
La grafia della bambina era più volte incerta, quasi stesse cercando di trovare le parole giuste.
Era strano che la prima cosa che aveva colto della lettera, fosse qualcosa di così poco conto. Ne era perfettamente cosciente da solo.
L’uomo rilesse tutto dall’inizio alla fine e, quando ebbe terminato, lasciò cadere la lettera sul tavolo scheggiato della sua cella.
In quel momento avrebbe voluto essere realmente accanto alla bambina, per poterle parlare e darle dei consigli, per quanto non sapesse se fosse la persona più adatta. O forse voleva unicamente rassicurarsi che quei bambini non fossero andati troppo oltre.
Dalla lettera sembrava che si fossero fermati alle parole, ma egli sapeva perfettamente come fosse facile passare dalle parole ai fatti. E, per nessuna ragione al mondo, doveva accadere qualcosa del genere a Judith.
La bambina aveva già sofferto troppo, a causa sua. E le ultime parole lo gridavano con forza, così come gridavano l’affetto che Judith riponeva in lui, quell’affetto che le faceva credere che lui fosse una brava persona.
Ma in quel momento la sua attenzione non era focalizzata su quelle parole che, in altre occasioni, l’avrebbero fatto precipitare in pensieri fin troppo noti, ma su quello che la bambina scriveva prima, sulla consapevolezza che non poteva permettere che Judith soffrisse ancora.
Era già un miracolo che fosse riuscita a sorridere ancora dopo quello che era accaduto quella notte d’agosto. In quel momento non era nemmeno importante che fosse riuscita a sorridere a lui. La mente di Severus era unicamente concentrata sul timore che Judith non riuscisse a sorridere più a causa di quei compagni di classe.
Era suo dovere, si disse, preservare l’innocenza di Judith, il suo equilibrio ed il suo sorriso.
Quel sorriso che, nonostante tutto, continuava a trasparire dalla sua lettera.


Lione, 13 marzo 2002
Judith,
naturalmente non è colpa vostra.
Immagino che i genitori del tuo amico non abbiano molte altre alternative se non lavorare.
Immagino anche tu abbia capito che ci sono persone che non trovano di meglio da fare che prendersela con gli altri. È il caso di questi tuoi compagni di scuola.
Voglio che tu mi scriva una lettera più precisa circa quello che fanno. Studia il tono in cui dicono le loro parole e tenta di memorizzare quello che dicono, in modo tale che tu possa riferirmelo.
Allo stesso tempo, ignorali completamente, come se quello che dicono non ti interessasse affatto. Puoi usare la stessa tecnica di quando sei riuscita a non mostrare la tua paura. Forse si stancheranno di dare aria alla loro bocca con parole inutili, se vedono che non ti fanno veramente del male.
Se però non dovesse accadere, non esitare a scrivermi oppure a parlare con la signorina Fairchild.
Judith lesse con attenzione la lettera. Si sentì, per un attimo, in colpa perché a Melusine non aveva detto nulla di quei compagni di classe. Ed in quel momento sapeva che aveva fatto male. Avrebbe dovuto parlarne con la giovane e scriverne prima a Severus, ma aveva veramente creduto che non fosse una cosa molto importante, fino a quando non si era resa conto quanto le parole di quei due compagni di classe facessero soffrire Brian.
Quello di cui era certa, in quel momento, era che avrebbe seguito i consigli di Severus e li avrebbe riferiti anche a Brian, spiegandogli come fare.
Si chiese se l’amico ne avesse parlato con i genitori, ma forse non sapevano dare i consigli bene come Severus.
V’erano momenti, come quello, in cui si domandava se all’amico non mancasse qualcuno come Severus nella sua vita. Sapeva che i genitori di Brian volevano bene al figlio, però forse in maniera diversa rispetto a come Severus ne voleva a lei.
Sorrise affettuosa, rileggendo la lettera.
Severus non diceva mai nulla di simile a quello che dicevano gli altri genitori. Aveva sentito alcune mamme dire “tesoro” e altre parole affettuose. Severus non scriveva mai “cara Judith” o “con affetto” però era certa che l’uomo le volesse bene.
Forse era proprio perché mancavano quelle parole che si rendeva conto di quanto bene le volesse Severus.
Sorrise nuovamente, come se stesse sorridendo all’uomo, con affetto e con la speranza di poterlo rivedere un giorno.
Vedeva l’amore dell’uomo in ogni parola ed in ogni consiglio.
E lei era più fortunata degli altri bambini perché aveva qualcuno che la proteggeva anche se era lontano. Ed era forse per quello che non aveva creduto che le parole di quei compagni fossero veramente gravi. Perché lei sapeva di non essere sola, sapeva che c’era Severus e che Severus l’avrebbe sempre protetta, che le avrebbe sempre dato dei consigli che l’avrebbero fatta sentire meglio, che sarebbe sempre stato l’uomo che le aveva salvato la vita, il suo nuovo papà.
Il sorriso le si allargò ancora, mentre riponeva la lettera con le altre, nella scatola di latta, un sorriso rivolto all’uomo, il sorriso di una figlia al proprio padre.


10 aprile 2002
Caro Severus,
le cose stanno andando meglio a scuola, anche se Brian fa fatica a seguire i tuoi consigli.
Ho riflettuto a lungo e credo che sia sempre stato lui quello più colpito dalle parole di quei due. Forse perché ci sono delle volte in cui crede veramente che il suo papà e la sua mamma non vogliono stare con lui o forse è perché è nuovo e deve ancora abituarsi a questa scuola.
Però stanno quasi smettendo e Brian sta migliorando nel far finta che non gli importa quello che dicono.
Per il resto va tutto bene, soprattutto le mie lezioni di viola.
Forse non te l’ho ancora detto, ma Brian suona il pianoforte. Qualche giorno fa è venuto all’orfanotrofio con me e abbiamo suonato insieme, con Melusine.
Mi sarebbe piaciuto che tu fossi stato lì ad ascoltarci.
Ti voglio bene,
Judith


27 maggio 2002
Caro Severus,
a scuola le cose stanno andando bene. Anzi meglio di prima. Quei due bambini non dicono più nulla di cattivo. Credo si siano stancati, quando hanno visto che non ci importava quello che dicevano. Anche Brian è riuscito, alla fine, a seguire i tuoi consigli.
Ho anche preso il massimo dei voti in inglese, due giorni fa.
Ieri sono andata a casa di Brian. Sua mamma è stata veramente gentile. Il papà non c’era perché stava pilotando un aereo fino a Madrid.
È stato strano incontrare la mamma di un altro bambino. All’orfanotrofio nessuno ha dei genitori.
Al massimo si può trovare qualcuno che ti adotti. Io, però, non voglio essere adottata.
Non ne ho bisogno.
Ho te.
Ti voglio tanto bene,
Judith
La luce pareva irradiarsi dal foglio di carta, la luce dell’affetto della bambina, la luce del suo sorriso, la luce della speranza.
V’era così tanto affetto in quella lettera, nell’affermazione di non aver bisogno di genitori adottivi perché aveva lui, una figura lontana che non vedeva da tempo e di cui possedeva poche parole scritte su carta di scarsa qualità, che l’uomo non poté fare a meno di sentire il calore di quell’affetto.
V’era speranza in quella lettera ed in quel sorriso.
Una luce quasi abbacinante che lo avvolse per qualche breve istante.
Era come se nelle parole di Judith fosse contenuto il perdono e con esso la speranza, quella speranza che voleva negarsi.
Avrebbe voluto aver davanti a sé Judith per poterla chiamar figlia.
Avrebbe voluto scacciare la bambina perché le aveva ucciso i genitori.
Sentì le proprie certezze scricchiolare come se fossero in procinto di crollare.
Tentò di scacciare dalla propria mente il calore che quella lettera emanava, l’affetto che gli riscaldava il cuore e l’anima, ma non vi riuscì del tutto.
Voleva rivedere il sorriso affettuoso della bambina.
Avrebbe voluto reprimere quel desiderio.
Ma non riuscì ad impedirsi di desiderare il sorriso affettuoso di Judith.
Non voleva impedirlo, si rese conto, mentre metteva la lettera di Judith con le altre, nel cassetto dove conservava anche la foto di Lily.


31 maggio 2002
Cara Judith,
nella tua ultima lettera, mi dici che gli altri bambini hanno smesso di prendervi di mira.
Sono orgoglioso per come hai gestito la situazione, insieme al tuo amico.
Leggo che hai ottenuto il massimo dei voti in inglese, ma, considerando le tue lettere, mi sarei francamente stupito del contrario.
Severus
«È orgoglioso di me, Melusine!» esclamò con un sorriso felice la bambina. «Lo dice praticamente due volte.»
Il sorriso sulle labbra di Judith era felice, forse il primo sorriso così pienamente felice che esibiva da quando la conosceva, si accorse la giovane.
Il sorriso felice di una figlia di fronte all’orgoglio del padre.
Melusine non poté fare a meno di ammirare Severus che riusciva, nonostante tutto, a proteggere, ad aiutare e a rendere serena Judith dalla sua cella soffocante.
Il più delle volte le sue lettere sarebbero potute apparire fredde e distanti, ma v’erano rare occasioni in cui l’affetto per Judith, quell’affetto di cui Melusine era fin troppo consapevole, emergeva con spontaneità. Non sapeva cosa avesse scritto la bambina, né conosceva il contenuto di tutte le lettere di Severus.
Ma sapeva che l’uomo le rispondeva sempre, che l’aiutava sempre.
E di questo gli era infinitamente grata.
Perché ogni volta Severus si prendeva cura di Judith.
Forse in quelle lettere risiedeva la speranza che l’uomo potesse accettare pienamente l’affetto di Judith, che potesse rendersi finalmente conto che non meritava di stare in quella cella, che potesse comprendere che aveva già scontato qualsiasi colpa avesse commesso.
E più di ogni altra cosa, Melusine sperava che dalle lettere di Judith sorgesse la pace che l’uomo meritava.
Forse il sorriso felice che era sulle labbra della bambina, in quel momento, sarebbe arrivato fino alla cella dell’uomo, donandogli un attimo di calma, di speranza, di pace.
 
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