Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 4/9/2013, 09:53 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 15 - 17 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Il volto di Melusine era pallido ed un sorriso sofferente si era fatto strada sul suo volto, quasi quell’immagine fosse per lei fonte di dolore. Era un sorriso pericoloso, si disse l’uomo. Un sorriso che non sarebbe mai dovuto apparire sul volto di sua figlia.
Nota: La storia è il continuo di Una promessa
Parole: 1342

Sinfonie.
11. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Terzo movimento. Confronto


Il corridoio, che portava dalla stanza dove aveva appena incontrato il signor Piton fino all’ingresso della prigione, sembrava stagliarsi cupo agli occhi di Melusine che si fermò dopo aver percorso qualche passo. Avrebbe voluto tornare indietro e aggiungere le parole che avrebbe desiderato, spiegarsi meglio, dire nuovamente che non avrebbe infranto la promessa di andare sempre in carcere, anche se Judith avesse dovuto scegliere di odiare l’uomo che le aveva salvato la vita. Era qualcosa di cui dubitava fortemente perché la bambina amava il signor Piton e sapeva perfettamente cosa era accaduto quella notte.
Ma Melusine sapeva che non poteva tornare indietro, che con ogni probabilità avevano già riportato l’uomo nella sua cella.
«Ti stavo aspettando, Melusine.»
Una voce la colse all’improvviso.
La voce di suo padre.
Non si era accorta della sua presenza, forse perché era troppo concentrata nei suoi pensieri.
«Papà.» disse soltanto.
Sapeva perfettamente cosa sarebbe venuto e sapeva che doveva armarsi di tutta la forza d’animo che possedeva, se non voleva tradire la fiducia del signor Piton. Per quanto fosse convinta che il suo posto non fosse quella prigione, non avrebbe mai potuto rivelare la verità che l’uomo voleva celare.
Non importava quanto lo desiderasse.
Farlo sarebbe equivalso a tradirlo.
«Non puoi nemmeno immaginare la mia sorpresa quando mi è stato detto che eri qui, in visita ad un assassino.» la voce del giudice Fairchild era dura, quasi stesse giudicando la figlia per un delitto punibile con il carcere. «Credevo di averti educata meglio di così, Melusine. Invece pare che tu abbia simpatia per un criminale della peggior specie.»
«Ho compiuto la scelta che era giusto compiere.» ribatté Melusine con tutta la calma di cui era capace.
Avrebbe voluto urlare al padre la verità, ma non lo fece.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Le parole del padre facevano male, soprattutto in quel momento in cui aveva appena visto l’uomo nella sua solitudine, nella sua sofferenza.
«Giusto, Melusine? È giusto, per te, venire a trovare così di frequente un uomo condannato per duplice omicidio? L’uomo che ha reso orfana una bambina che tu conosci?»
Melusine deglutì a vuoto, trattenendo a forza le lacrime, ma non poté evitarsi un sorriso triste per quell’uomo che stava pagando per una colpa che non aveva commesso, ma di cui si riteneva responsabile.
«Nel momento in cui il signor Piton è sinceramente pentito è più che giusto fargli visita.» affermò la giovane, cercando di trovare le parole giuste, parole che non svelassero una verità che premeva sulle sue labbra per essere rivelata.
Ma non spettava a lei quella scelta, si disse, il sorriso impotente, triste, il sorriso che avrebbe rivolto a Severus se lui fosse stato lì.
«Lo conoscevi da prima, Melusine? Eri forse legata sentimentalmente a quell’uomo?» la incalzò il padre, fissandola con attenzione.
«No. Semplicemente…»
La voce della giovane si spezzò, quando udì aprirsi la porta della stanza da cui era uscita.
«Semplicemente cosa, Melusine?» domandò il giudice, osservando i movimenti della figlia che si era voltata, nel momento in cui Severus Piton usciva dalla stanza, scortato da due guardie penitenziarie. Il volto di Melusine era pallido ed un sorriso sofferente si era fatto strada sul suo volto, quasi quell’immagine fosse per lei fonte di dolore. Era un sorriso pericoloso, si disse l’uomo. Un sorriso che non sarebbe mai dovuto apparire sul volto di sua figlia. «Mi hai tenuto nascosto questi incontri. Eppure ti ho più volte ripetuto che di un criminale non puoi fidarti. Mai. Invece sei qui. Perché?»
La giovane incontrò per un attimo gli occhi del signor Piton, quegli occhi neri che le parvero, mai come in quel momento, essere specchio della scelta che l’uomo aveva compiuto autoaccusandosi. Si accorse che camminava a fatica e che nessuno aiutava. Il sorriso sulle labbra si fece ancor più sofferente.
«Allora, Melusine, sto aspettando una risposta.»
La voce del padre le rimbombò nelle orecchie. Il signor Piton e le due guardie li avevano superati di un passo. L’uomo si voltò per un istante ad osservarla.
Severus sapeva che, in quel momento la signorina Fairchild poteva dire quello che lei credeva essere la verità al giudice, riaprire il processo, portare Judith a testimoniare.
Ed era qualcosa che non poteva accadere.
Notò, in quel breve attimo, il pallore sul volto della giovane ed il suo sorriso sofferente, triste, una tristezza ed una sofferenza causati, si rese conto, da lui, dalla sua condizione, una sofferenza ed una tristezza che non avrebbero dovuto esistere.
«La prima volta sono venuta per vedere in faccia l’uomo che ha reso orfana Judith.» ogni parola usciva quasi dolorosamente dalle labbra di Melusine. In quel momento avrebbe voluto dar libero sfogo alle sue lacrime e correre dal signor Piton che continuava a procedere lento lungo il corridoio, a pochi passi da loro, per supplicarlo di dire la verità. Ma sapeva già che avrebbe rifiutato. «Però, quando me lo sono trovato davanti, ho visto il suo pentimento ed ho deciso…»
«Sei un’ingenua, Melusine, nient’altro che un’ingenua.»
La giovane non stava quasi ascoltando le parole piene di disapprovazione del padre. La sua attenzione era fissa sul signor Piton che si era fermato davanti ad una porta ad una decina di passi da loro.
L’uomo si voltò verso di lei.
La menzogna della signorina Fairchild era piuttosto convincente. Sicuramente aveva convinto il giudice. Severus vide le labbra della giovane stendersi in un sorriso incerto, quasi volesse chiedergli la sua approvazione.
Mentre entrava nella stanza, che il medico del carcere usava come studio, annuì brevemente.
Il sorriso di Melusine si fece per un istante dolce, ma si spense poco dopo, quando le parole del padre tornarono a rimbombarle nelle orecchie, nel momento in cui la porta si chiuse alle spalle del Signor Piton.
«Non devi più venire.»
«Non sono più una bambina, papà, ed ho il diritto di fare le mie scelte che tu le approvi o no.» ribatté la giovane, rimettendosi a camminare, notando solo in quel momento che la guardia, che di solito l’accompagnava, s’era dileguata. «E non hai il potere di vietarmi di venire.»
«Non ti riconosco più, Melusine.» sibilò il giudice, afferrando per un polso la figlia, fermandola, davanti alla porta del medico. «Mi stai deludendo, mi hai deluso da quando ti sei rinchiusa in quell’orfanotrofio…»
«I bambini…»
«Non interrompermi.» disse con forza l’uomo. La voce arrivò chiaramente oltre la porta dell’ufficio del medico. «Potevi andare a Londra e perfezionarti come direttrice di coro, invece ti sei rinchiusa in quell’istituto e non ne sei uscita, nemmeno dopo aver preso il diploma al conservatorio. E adesso questo. Venire a visitare un assassino.»
La voce dell’uomo si spense. Severus non colse la risposta della signorina Fairchild, ma notò che il medico, un uomo fin troppo gentile per quel posto, stava scuotendo tristemente il capo.
«Voglio che tu non venga più, Melusine.» affermò il giudice, la voce colma di rabbia e delusione represse.
Una delle due guardie si avvicinò alla porta, aprendola.
«Invece io continuerò a venire, ogni volta che ne avrò la possibilità, fino a quando non avrà scontato la sua pena.»
La voce della signorina Fairchild era decisa e Severus si accorse che in lei vibrava la promessa che gli aveva fatto poco tempo prima.
«L’accompagno all’uscita, signorina.» disse la guardia, quando ebbe aperto del tutto la porta.
Melusine voltò il capo verso la stanza e vide il signor Piton seduto su una sedia ed un medico, dietro di lui, intento a rovistare in un armadietto.
Sorrise a Severus.
Un sorriso deciso, fermo, con quella nota di gentilezza che sempre avevano i sorrisi della signorina Fairchild.
Il sorriso di chi ha compiuto una scelta in cui crede fermamente.
Una scelta di cui si è disposti a pagare il prezzo.
Ed era un prezzo che la giovane non avrebbe dovuto pagare.
Non per lui, che non meritava di essere anteposto al padre.
Sentì l’amarezza della colpa montargli in gola.
La signorina Fairchild aveva scelto la disapprovazione del genitore per continuare a fargli visita, fedele alla promessa che gli aveva fatto quel giorno stesso.
Ed egli non lo meritava.
Non lui.
Non l’assassino.
 
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