Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Alaide
view post Posted on 2/9/2013, 10:35 by: Alaide
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Autore/data: Alaide 30 giugno – 4 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Si aggrappò con forza alla fiducia che era riuscita a nascere nuovamente in lei, dopo tanto tempo, a quel sentimento che credeva perduto per sempre. Sulle sue labbra si aprì un lievissimo sorriso, un sorriso che esprimeva unicamente fiducia, una fiducia sofferta, una fiducia ritrovata.
Nota: È il seguito di Sofferenza
Parole: 1457

Klavierstücke
10. Fiducia



Parigi, 7 aprile 2000


Heloïse trattenne un tremito, mentre si sedeva su una poltrona di fronte a Monsieur Piton. Dopo le parole impulsive in cui aveva espresso il desiderio di chiamarlo padre, l’uomo era rimasto in silenzio a lungo, prima di dirle di seguirlo fino a due poltrone che si trovavano in un angolo del soggiorno.
In quel momento si sentiva assolutamente incerta sul da farsi.
Voleva dire tutto a Monsieur Piton, ma non sapeva da dove cominciare.
Avrebbe potuto andare subito al punto, senza troppi giri di parole, ma desiderava che l’uomo comprendesse tutto quello che era accaduto, che sapesse tutto.
Avrebbe potuto iniziare dal principio ed andare con ordine, ma non sapeva cosa dire.
L’unica che riuscì a fare fu esibire un sorriso incerto, per quanto fiducioso.
Heloïse desiderava con tutta se stessa fidarsi di Monsieur. Si fidava di lui, si ripeté come una specie di cantilena, prima di aprire bocca.
«Mi faccia delle domande, Monsieur. Voglio dirle tutto, ogni cosa, il peso… mi fido di lei, davvero, ma non so come…» mormorò infine la ragazza, il sorriso incerto sulle labbra.
«C’è una domanda a cui non hai mai risposto.» disse soltanto l’uomo, anche se poteva intuire la risposta.
Una risposta che sapeva sarebbe stata difficile per Heloïse, una risposta che forse avrebbe rievocato l’incubo che l’aveva tormentata quella notte, che l’aveva fatta urlare nel sonno, per quanto Severus fosse certo che vi fossero altre ragioni per quella sofferenza, ragioni che poteva intuire, ma non afferrare del tutto, per quanto fosse certo che avessero a che fare con il padre della ragazza.
«Nella nostra casa… nostro padre non ha mai avuto la volontà di curare Anne.» disse Heloïse, tormentando il tessuto della camicia da notte nervosamente.
Deglutì a vuoto. Si aggrappò con forza alla fiducia che era riuscita a nascere nuovamente in lei, dopo tanto tempo, a quel sentimento che credeva perduto per sempre. Sulle sue labbra si aprì un lievissimo sorriso, un sorriso che esprimeva unicamente fiducia, una fiducia sofferta, una fiducia ritrovata.
Una fiducia che Severus sapeva di non dover mai tradire perché così faticosamente conquistata, perché se fosse stata nuovamente spazzata via, Heloïse sarebbe precipitata nello stesso abisso in cui era precipitato lui, scegliendo di prendere il Marchio Nero, ed era quella una cosa che voleva impedire ad ogni costo.
Per quel sorriso.
Perché la ragazza voleva chiamarlo padre.
Perché Severus voleva chiamarla figlia.
«Papà sapeva di quale malattia soffrisse Anne. Era la stessa che aveva portato via la mamma.» la ragazza si interruppe un istante, il sorriso non più presente sulle sue labbra. «Non ha mai chiamato un Guaritore. Nemmeno una volta, nemmeno quando Anne ha avuto una delle crisi peggiori. A mia sorella ho sempre detto che non potevamo permettercelo, che vivevamo isolati ed un Guaritore avrebbe preteso molti soldi per venire a curarla, che potevo farlo io, che non aveva nulla di grave.
«Ma erano tutte menzogne.» Heloïse sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma si fece forza per non piangere. Si ripeté, prima di proseguire, che si fidava di Monsieur Piton, per trovare il coraggio per andare avanti. «Avevo visto diversi Guaritori intorno a mamma, quand’ero piccola. Avevo quattro anni e mezzo quando si è ammalata e papà ha mandato a chiamare più di un Guaritore, alcuni persino da Parigi. Invece per Anne non chiamò nessuno. Sapeva che era malata. So che lo sapeva, ma non ha fatto nulla, nemmeno quando l’ho supplicato, nemmeno quando gli ho detto che avrei fatto qualsiasi cosa pur di dare a mia sorella una pozione che la facesse stare meglio.»
La voce di Heloïse si spezzò, rotta dalle lacrime che non riusciva più a trattenere. Nel parlare si era rannicchiata sulla poltrona, come una bambina spaventata.
Ed era, in effetti, poco più di una bambina, si disse Severus.
Ed era poco più di una bambina, quando la sorella si era ammalata, quando si era resa conto che suo padre non l’avrebbe curata con la stessa dedizione con cui aveva curato la moglie.
Poteva immaginarla mentre chiedeva al padre di alleviare in qualche modo il dolore di Anne. La vedeva come quella prima notte in cui aveva parlato con Heloïse. Rivide la ragazza con il suo sorriso disperato, con la sua paura, con la sua totale mancanza di fiducia.
«Avrei dovuto fare quello che nostro padre non ha fatto.» mormorò improvvisamente la ragazza, la voce incerta, fioca, rotta dai singhiozzi. «Non sono stata una buona sorella, Monsieur.» la disperazione nella voce di Heloïse era tremenda, così come lo era quella convinzione. Tutto dimostrava che era stata una splendida sorella per Anne, si disse Severus, ma era così spezzata, così piagata da non rendersene conto. «Invece avevo paura che mi scoprisse, paura che… avevo paura. Temevo che potesse fare del male ad Anne, che non potessi più impedirglielo… odiava così tanto mia sorella. Diceva che aveva ucciso la mamma, ma la mamma è stata uccisa dalla malattia. Per questo non l’ha curata, perché l’odiava, ma io avrei potuto fare qualcosa, fare quello che lui non voleva fare. Eppure avevo paura, Monsieur. Non c’era nessuno di cui potessi fidarmi. Nessuno.»
«Tua sorella ha nominato un Elfo Domestico.» interloquì Severus, osservando Heloïse, il suo volto pallido, la paura e la solitudine evocate dalle sue parole, presenti sul suo volto, nel suo sorriso.
«Hirter è morto nel novantasette. Era l’Elfo Domestico di mamma. Ma anche se fosse stato ancora vivo, non avrebbe potuto fare nulla. Per quanto fosse leale ad Anne, non sarebbe riuscito, vecchio e malandato com’era, a portare ogni giorno la pozione a mia sorella.» Heloïse si interruppe un attimo, le mani tremanti, mentre si rannicchiava sempre di più nella poltrona. «Io però avrei potuto.»
«E come? Tua sorella mi ha detto che abitavate isolate. Dov’erano lo speziale o il pozionista più vicini?» la incalzò l’uomo. Forse avrebbe dovuto usare parole diverse, più consolatorie, ma non era certo che era quello che servisse ad Heloïse in quel momento.
«A Dieppe.» mormorò la ragazza.
Sul suo volto apparve un sorriso colmo di sollievo.
Un sorriso riconoscente.
Un sorriso fiducioso.
Le parole dell’uomo le levavano dalle spalle un peso terribile.
Almeno quel peso, si disse Heloïse, riuscendo a rilassarsi leggermente, riuscendo a rimettersi seduta.
Ma quando riprese a parlare, il sorriso si spezzò e le mani ripresero a tremare.
«Avrei voluto poter fare di più per Anne, poterla realmente aiutare durante le sue crisi. Invece non potevo far nulla, se non stringerla forte e dirle che tutto sarebbe andato bene, che non le sarebbe mai accaduto nulla di male. Le ho mentito. Non potevo far altro che mentirle, che dirle che non aveva nulla di grave, che era colpa del vento che spazza sempre la falesia. E per fortuna papà non le ha mai detto la verità, per quanto odiasse mia sorella. Forse credeva che già lo sapesse. Forse gli bastava quello…» la voce le si spezzò, mentre le lacrime cominciavano nuovamente a scendere lungo le gote.
Non riusciva ad andare avanti, per quanto lo volesse, per quanto si fidasse di Monsieur Piton, per quanto lo desiderasse come padre.
Nella sua mente risuonava unicamente la voce del padre che le diceva che non avrebbe mai curato Anne, che le diceva che sperava che Anna morisse presto, perché allora avrebbero potuto essere nuovamente felici, come quando c’erano unicamente lui, Heloïse e la mamma.
Ma era una menzogna, la ragazza l’aveva sempre saputo, ogni volta che il padre glielo aveva ripetuto.
Scosse con violenza il capo, per scacciare quella voce.
Sentiva che Monsieur Piton stava dicendo qualcosa, ma non riusciva ad afferrarlo.
La voce dell’uomo le giungeva ovattata, come se fosse lontano, irraggiungibile.
Ma lei sapeva che l’uomo era lì.
Sapeva che si fidava di lui.
Sapeva che voleva sentire unicamente quella voce, la voce dell’uomo che desiderava chiamare padre.
Era certa che se ci fosse stato lui al posto del suo vero padre, Anne sarebbe stata curata e non lasciata a soffrire.
«Heloïse, tua sorella sa perfettamente che hai fatto tutto quello che era in tuo potere fare. Lo sa e te n’è riconoscente.»
La voce di Monsieur Piton le giunse finalmente chiara. Era vicino a lei, ben più vicino di prima, accanto a lei, che doveva essersi alzata in piedi senza rendersene quasi conto.
Tentò di sorridergli fiduciosa, ma il sorriso era unicamente tremante ed incerto.
Eppure si fidava dell’uomo, come, forse, non s’era mai fidata del suo vero padre, quando ancora si fidava di lui, prima che tutto cambiasse.
E quando Severus l’abbracciò, come un padre abbraccia la figlia, sentì quella fiducia farsi più forte, sentì di poter continuare a parlare, si sentì più tranquilla.
Ed quel sorriso che prima non era riuscito a farsi strada sul suo volto, quel sorriso fiducioso comparve sulle sue labbra.
 
Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27929 views
  Share