Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 28/8/2013, 10:50 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 10 – 14 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Severus notò il sorriso sul volto della giovane, un sorriso colmo di una riconoscenza che gli parve esagerata e malriposta, per quanto non potesse evitarsi di sentirsi sollevato nell’avere una conferma esterna dei progressi di Judith.
Nota: La storia è il continuo di Consapevolezza
Parole: 1441

Sinfonie.
10. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3.
Secondo movimento. Una promessa


Melusine rabbrividì, stringendosi nel cappotto mentre il vento di quella giornata di gennaio la sferzava. La prigione pareva stagliarsi minacciosa nella tersa aria invernale, con la sua mole grigia e squallida.
La giovane trasse un lieve sospiro, prima di entrare nell’edificio e sottoporsi all’abituale procedura. Un anno era all’incirca trascorso, da quando vi si era recata per la prima volta, un anno durante il quale molto era accaduto, un anno durante il quale avrebbe voluto andare più di frequente a trovare il signor Piton.
«Ha un’ora, signorina Fairchild.» disse la guardia carceraria come avveniva ogni volta.
Il signor Piton si trovava già nella stanza, quando la giovane entrò.
Nel sedersi, Melusine gli sorrise gentile, un sorriso che era solita rivolgergli.
«Vorrei ringraziarla per come è stato accanto a Judith in questi tempi. So che alcuni giorni fa la bambina le ha inviato una lettera e sono certa che abbia già scritto in quell’occasione quanto le cose stiano migliorando.» esordì la giovane. «Sono andata ieri ad un colloquio a scuola e mi è stato detto che Judith, oltre ad ottenere ottimi risultati in molte materie, sta iniziando ad integrarsi, per quanto lentamente, nella vita di classe. Ed io so che questo è possibile unicamente grazie a lei, signor Piton.»
Severus notò il sorriso sul volto della giovane, un sorriso colmo di una riconoscenza che gli parve esagerata e malriposta, per quanto non potesse evitarsi di sentirsi sollevato nell’avere una conferma esterna dei progressi di Judith.
E, forse, si disse, accanto al senso di sollievo, c’era un certo orgoglio, l’orgoglio di un padre per la propria figlia.
Un orgoglio che non avrebbe dovuto provare.
Quell’orgoglio avrebbe dovuto essere dei genitori a cui lui aveva tolto la vita, di quei due innocenti che lui non era riuscito a salvare.
E sapeva perfettamente che sarebbe venuto il giorno in cui Judith lo avrebbe odiato per quello che aveva fatto. Ed allora avrebbe perso l’affetto della bambina, avrebbe perso la possibilità di poterle stare, in qualche modo, al fianco.
Non vi sarebbe stato altro che meritata solitudine per lui.
V’era stato un tempo in cui aveva desiderato l’odio di Judith.
In quel momento sapeva perfettamente che lo temeva, ma era abbastanza realistico da poter prevedere che quell’odio sarebbe arrivato inesorabile.
Il lieve barlume portato da Judith sarebbe scomparso ed egli sarebbe rimasto nell’oscurità che meritava con il peso delle sue colpe imperdonabili.
E la bambina sarebbe rimasta sola, facile preda, forse, dell’odio che avrebbe provato nei suoi confronti, della delusione per essersi fidata di qualcuno di cui non avrebbe mai dovuto fidarsi.
«Voglio che mi prometta una cosa, signorina Fairchild.» disse l’uomo, ignorando il dolore che parlare gli comportava. Ma anche se avesse avuto la possibilità di scrivere, non l’avrebbe fatto. Non si trattava più di voler assorbire il dolore che sapeva di meritare, ma della certezza che quello che aveva da dire non avrebbe avuto lo stesso effetto. «Quando Judith scoprirà la verità, può perfettamente immaginare che non vi sarà più alcun contatto tra la bambina e me. Ed in quel momento Judith sarà vulnerabile. Lei, signorina Fairchild, dovrà fare in modo che questo non nuocia ulteriormente alla bambina.»
Melusine rimase per qualche istante in silenzio, mentre un sorriso triste le si disegnava sulle labbra. Non sapeva come estirpare quella convinzione dalla mente dell’uomo perché lei era certa che Judith, quando avrebbe scoperto che il signor Piton si era autoaccusato di un omicidio che non aveva commesso, non l’avrebbe mai odiato. Si sentiva impotente di fronte a quella convinzione, così come si sentiva impotente di fronte a quella pena che un uomo innocente scontava perché così aveva scelto.
«Glielo prometto, signor Piton.» disse, infine, con sicurezza. «Non credo che ve ne sarà bisogno, ma se le cose dovessero andare come dice lei, farò quanto è in mio potere per aiutare Judith e le prometto di portarle notizie di Judith, anche se la bambina non vorrà più aver nulla a che fare con lei. Io so come stanno le cose, signor Piton, e questo non mi impedisce di venire, quando è possibile, a renderle visita. E non me lo impedirà in futuro, glielo prometto.»
«Non aggiunga promesse che non è certa di mantenere.» affermò l’uomo, chiedendosi per quanto ancora la giovane si sarebbe illusa che egli non era un assassino.
Perché lo era e sue vittime non era stata unicamente i genitori di Judith.
«So che continuerò a venire qui, signor Piton, fino a quando la sua pena non si sarà conclusa. So anche che trent’anni sono molti, ma non potrei mai perdonarmi se smettessi di venire. Ritengo giusto farlo.» mormorò Melusine con un lieve sorriso, un sorriso colmo di convinzione, il sorriso di chi è certo delle parole che sta pronunciando.
«La sua fermezza si basa su idee sbagliate, signorina Fairchild. Lei è sicura che io non meriti di stare in carcere, quando è vero l’esatto contrario.» ribatté Severus.
«Quello che io credo si basa su ciò che è accaduto quella notte, su ciò che mi ha detto Judith. E tanto mi basta. Non so quasi nulla di lei, signor Piton, se non quello che ha fatto quella notte e quello che ha scelto di fare dopo. So che potrebbe aver commesso quanto di peggio un uomo può fare, ma questo non cambierebbe nulla perché vedo che si sta punendo. Ho visto come si è punito all’ospedale. Sono certa che, anche se dovesse aver commesso gesti terribile, vi sia il massimo pentimento nella sua anima. » la giovane fece una pausa, un lieve sorriso sulle labbra. «Ha scelto di scontare una pena per una colpa che non ha commesso e questo mi dice molto, signor Piton. Non molti avrebbero compiuto questa scelta. Forse soltanto lei ha potuto farlo, perché crede di aver ucciso i genitori di Judith, quando i fatti, che lei ha nascosto alla polizia, dicono che così non è stato.
«Ed io l’ammiro per questo, per quanto non vorrei vederla in questo luogo.» aggiunse Melusine, dopo una breve pausa, la voce calma, dolce. «Ed è questo che mi fa venire qui, perché lei è un uomo buono, signor Piton, perché non merita di trovarsi in questo luogo.»
«Eppure, lo dice anche lei, signorina Fairchild, lei non mi conosce affatto. Non sa cos’abbia fatto della mia vita, quali scelte abbia compiuto. E se lo sapesse direbbe che io sono un assassino che merita di stare in questo carcere, un assassino che non è nemmeno stato punito abbastanza duramente.» ribatté Severus, ogni parola una stilettata di dolore, ma terribilmente vera.
Quella giovane era unicamente un’illusa, un’ingenua che non riusciva a vedere il sangue che aveva sulle mani, le colpe che lo sommergevano da ogni parte.
«Se anche avesse ucciso innumerevoli volte, signor Piton, non potrei mai ignorare il fatto che sta espiando, il fatto che, con ogni probabilità ha già espiato.» la voce di Melusine era più calma di quanto lei avrebbe immaginato. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma riuscì, in qualche modo a tenerle a bada. Un sorriso triste le si disegnò per un istante sulle labbra. «Non potrei mai ignorare il modo con cui ha protetto Judith quella notte ed il modo in cui la protegge oggi, ogni volta che le scrive una lettera e le dà un consiglio, consigli preziosi che danno serenità ad una bambina che altrimenti non l’avrebbe. Non potrei mai ignorare quello ho visto all’ospedale, la sofferenza a cui si è sottoposto rifiutando l’antidolorifico per punirsi. Non potrei mai ignorare che lei si trova qui perché si sente responsabile di qualcosa che non ha commesso. Non potrei mai perdonarmi se le voltassi le spalle, anche nel caso in cui Judith possa giungerla ad odiarla un giorno, cosa di cui dubito con tutta me stessa.»
Melusine avrebbe voluto aggiungere altro, ma la guardia entrò, annunciando la fine della visita. Si alzò lentamente in piedi e sorrise nuovamente all’uomo.
Un sorriso in cui Severus lesse l’assoluta convinzione delle parole che la giovane aveva detto.
Un sorriso che raggiungeva gli occhi da cui stava scendendo una lacrima, una lacrima versata per lui, una lacrima che al pari di quel sorriso era ben lungi dal meritare.
Un sorriso dolce che sembrava contenere quasi la promessa di quel perdono che egli sapeva irraggiungibile
O forse, la signorina Fairchild, pur non riuscendo nemmeno ad immaginare le brutture che aveva commesso, l’aveva in un qualche modo perdonato, ma era un pensiero che durò il tempo di un battito d’ali di una farfalla.
Non esisteva alcun perdono per lui ed era certo che, se la giovane avesse saputo tutto ciò che egli aveva commesso, non gli avrebbe rivolto quel sorriso, né quelle parole, né quella promessa.
 
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