Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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pingui79
view post Posted on 21/8/2013, 09:30 by: pingui79

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Posto per Leonora il suo sorriso n. 33. :)

Autore/data: Alaide – 23 - 28 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Si rese conto di desiderare vedere in quelle righe il suo sorriso affettuoso, quel sorriso che si era negato per tanto tempo.
Il sorriso di una figlia al proprio padre.
Nota: il capitolo segue il modello epistolare di Corrispondenza estiva. Mancano però molte delle lettere tra Severus e Judith.
La storia è il continuo di Paura
Parole: 787

Sinfonie
9. Sinfonia in re maggiore op 2, n°3
Primo movimento. Consapevolezza



23 ottobre 2000
Caro Severus,
ho parlato con Melusine, dopo aver ricevuto la tua ultima lettera. C'è un momento come quello che descrivi tu.
Quando canto nel coro dell'orfanotrofio, non ho paura e non mi importa di essere lontana dalla porta.
Ecco, mi sento al sicuro, anche se non così tanto come quando penso a te, a quella volta quando è venuta mancare la luce all'ospedale.
Ti voglio bene,
Judith

Non c'era un sorriso affettuoso in quella lettera, ma unicamente preoccupazione ed insicurezza. Il direttore dell'orfanotrofio doveva essere un imbecille per non capire il disagio che la sua decisione poteva creare in una bambina come Judith.
Per un breve istante si chiese se non avesse commesso un errore irreparabile, quando aveva deciso di denunciarsi.
Ma fu un pensiero che Severus scacciò rapidamente dalla mente.
Un assassino meritava unicamente la prigione.
Eppure, per quanto credesse fermamente nella necessità di quella punizione, non riusciva ad evitarsi di pensare di aver abbandonato la bambina, della quale meritava sempre meno il sorriso, anche quello preoccupato e teso di quella lettera.
L'aveva lasciata sola.
E alla fine avrebbe meritato giustamente il suo odio.
Tra qualche tempo.
Ma era quello un pensiero che non diminuiva ciò che sapeva di dover fare, ciò che voleva fare. In un modo o nell'altro, con i mezzi di cui disponeva in quel momento, avrebbe aiutato Judith.



Lione, 5 novembre 2000
Judith,
la prima volta che ti ritroverai a cantare in coro, concentrati sulle sensazioni che provi in quel momento. Se lo ritieni necessario, parlane con la signorina Fairchild.
Quando avrai ben chiaro questo, pensa a queste sensazioni prima di andare a letto. Non pensare a nient'altro, ma unicamente a quello.
Poi fai la stessa cosa a scuola.

La bambina rilesse più volte la lettera, cercando di comprendere al meglio quello che le consigliava.
L'unica cosa che riusciva a capire era che era una cosa difficile.
Comunque fosse, un sorriso le si disegnò sulle labbra, un sorriso affettuoso, colmo della certezza che quelle indicazioni sarebbero state utilissime.
Avrebbe fatto leggere la lettera a Melusine. Per il momento avrebbe continuato a comportarsi come nei giorni precedenti.
Avrebbe portato con sé una lettera di Severus, nascosta nel suo astuccio, in modo da avere meno paura.
Poi, nei giorni a seguire, avrebbe seguito i consigli dell'uomo e avrebbe fatto di tutto perché lui fosse orgoglioso dei suoi progressi.



12 gennaio 2001
Caro Severus,
ormai prima di andare a letto è diventato facilissimo fare quello che mi hai chiesto. Quando sono a a scuola è però decisamente più difficile. All'inizio riesco, ma poi la paura torna. Allora provo a pensarci di nuovo, al coro e alla sicurezza che ho sempre provato con te, ma non riesce quasi mai.
Gli altri bambini mi guardano sempre strano, anche se forse un po' meno di prima.
Quello che non riesco a fare è parlare con loro.
Però credo che le cose siano migliori rispetto a prima. Durante le prime ore, per lo meno.
Ho trovato anche un modo per tranquillizzarmi, quando la paura diventa troppa.
Sogno di vederti entrare nella classe perché sei venuto a portarmi via, al sicuro.
Per sempre.
Ti voglio tanto bene,
Judith

Severus si sentì quasi travolgere dall'affetto della bambina e, per un istante, contemplò l'immagine che Judith evocava per calmarsi.
Un'immagine che si disintegrò contro la realtà. Egli non avrebbe più visto la bambina.
Ne avrebbe letto, per qualche tempo ancora, le lettere, poi la verità avrebbe distrutto quel sorriso affettuoso e fiducioso.
Ed allora, la solitudine estrema avrebbe fatto a brandelli la sua anima, sommersa dalle sue colpe imperdonabili.
Tutto sarebbe stato distrutto, per lasciare spazio unicamente all'espiazione, al senso si colpa, all'impossibilità di trovare il perdono.
Ogni minimo barlume sarebbe stato annientato.
Com'era giusto che fosse.
Ma come non era più certo di volere che fosse.
Come non era più certo che gli fosse necessario l'odio della bambina ed il disprezzo della signorina Fairchild.
Si rese conto, in quel momento, di aver sempre atteso con muta trepidazione, una trepidazione che aveva sapientemente celato a se stesso le lettere di Judith.
Si rese conto di desiderare vedere in quelle righe il suo sorriso affettuoso, quel sorriso che si era negato per tanto tempo.
Il sorriso di una figlia al proprio padre.
Tentò di provare disgusto a quel pensiero. Egli non era il padre di Judith.
Eppure avrebbe voluto esserlo.
Sentì la bile montargli in gola.
Un sorriso tirato, colmo di amarezza, per ciò che egli stesso aveva distrutto ed avrebbe distrutto, gli comparve sulle labbra.
Non meritava quell'affetto.
Ma non poteva evitarsi di desiderarlo e di desiderare la luce che portava nella sua vita desolata.
E non poteva evitare di provare quell'affetto.
L'affetto di un padre per la figlia.
 
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