Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Ale85LeoSign
view post Posted on 13/8/2013, 16:53 by: Ale85LeoSign




Il sorriso di oggi viene da un particolare estratto della mia long A.L. ancora in corso di stesura e rifinitura (che lavoro mostruoso, ma al contempo mi permette di aprire delle belle parentesi di "sogno" nei momenti più bui della mia vita).
Prima o poi riuscirò a ricominciare a pubblicarla per esteso, ma mi occorre ancora tempo e tanti tap tap sulla tastiera.


***



Si materializzò all'ingresso della grotta, su un alto scoglio che la fiancheggiava.
Le acque del lago, quel giorno, non erano mosse, e l'ingresso era ben visibile.
Arkady, come aveva predetto il suo informatore, aveva rimosso quell'incantesimo, per permettere ai suoi illustri ospiti di raggiungere la baia e la lunga scala, senza difficoltà.
Avanzò piano e cautamente entrò, bacchetta alla mano.
Scese dallo scoglio e trovò dei gradini naturali, fatti con rocce e diversi assestamenti del terreno.
Avanzò nel buio, camminando nell'acqua fredda che gli arrivava alle caviglie.
Lumos.” bisbigliò piano, e, davanti a lui, si illuminò un breve tratto di quella cava sotterranea, passaggio di cui lo stesso Arkady sembrava non conoscerne l'esistenza.
(Sempre che l’informazione sia attendibile…) non poteva fidarsi completamente di quella spia: si concentrò sulle proprie percezioni, lasciando emergere di un poco il suo spirito Animagus, più incline a muoversi in un ambiente come quello, nonostante l'abbondante presenza di acqua e aria satura di umidità.
Il corridoio naturale di pietra andava avanti, inoltrandosi nelle viscere della reggia dei Dunkan, come la gola profonda di un drago. Il livello dell'acqua si stava alzando.
(Un dislivello. Potrebbe aumentare ancora o ridursi. Non posso ricorrere a incantesimi potenti. Arkady potrebbe rintracciarli.) pensò, affidandosi al proprio istinto, ma ragionando comunque a mente fredda.
Avvertì un gorgoglio davanti a sé. Doveva essere il rumore della risacca.
Tese in avanti il braccio e la luce della bacchetta arrivò a illuminare il tratto successivo. L'acqua saliva ancora. Ormai, dalle ginocchia, la leggera corrente era arrivata a lambirgli la vita.
Non era freddissima, ma quel contatto accelerò il suo battito interno di un poco.
Ebbe un fremito, ma si controllò. Aveva imparato a disciplinare il proprio Animagus da molti anni, ormai, e la paura dell'acqua era ormai passato. Ma quell'avanzata sarebbe stata più impervia del previsto.
Si fermò un momento, per liberarsi del mantello, quando avvertì un altro gorgoglio, proprio davanti a sé.
Immobile, gli occhi fissi nell'oscurità, tese le orecchie.
Lo scorrere dell'acqua, l'eco di gocce che cadevano di tanto in tanto, riempivano il silenzio, ma qualcosa si muoveva davanti a lui, ne era certo.
E poi lo vide.
La grossa testa squamata del sauro si erse dall'acqua, a pochi metri da lui e gli occhi, illuminati dalla luce della bacchetta, lampeggiarono di un brillio famelico e feroce. Stava filando lungo la corrente sfrecciando verso di lui rapidamente, con la grossa coda guizzante nei flutti verdognoli della grotta. Con rivoli d'acqua che scorrevano giù dalle enormi fauci, il grosso alligatore si stava dirigendo nella sua direzione col chiaro intento di attaccarlo.
Severus si ritrasse di un passo, ma era troppo tardi. Con un improvviso guizzo in avanti, l’animale si scagliò in avanti, sporgendo la testa dall'acqua, mostrando la lunga fila di zanne aguzze e gialle, per azzannare la preda.
Severus reagì in fretta: con una mossa rapida del braccio, scagliò il mantello sulla grossa testa dell'animale, spostando il peso del corpo di lato, in modo che l'oltrepassasse in quello slancio furioso.
I movimenti erano impacciati dal livello dell'acqua, troppo alto per correre, ma non abbastanza alto per nuotare.
Le fauci del sauro, incontrarono la stoffa scura del mantello, chiudendosi di scatto, come una tagliola d'acciaio, con un rumore agghiacciante, e la lacerarono con facilità.
Severus avanzò, ancora restio a usare la magia, sperando che il rettile proseguisse a dilaniare il mantello, lasciandosi trasportare dalla corrente verso l'ingresso della grotta.
L'animale continuò ad aprire e a chiudere la bocca, scuotendo la grossa testa, finché la stoffa non fu completamente lacera e lisa. Severus continuò ad avanzare, tenendo puntata la bacchetta contro il grosso rettile, che agitava la coda ed emetteva brontolii profondi, che scuotevano le pareti di pietra.
D'un tratto s'immobilizzò e fiutò l'aria verso sinistra. Mosse la coda e nuotò in quella direzione, allontanandosi spontaneamente dal mago, ma dirigendosi, al contempo, nella stessa direzione che avrebbe dovuto prendere anche lui.
Severus scrutò il buio, traendo un profondo respiro e riprese ad avanzare: improvvisamente un bagliore di luce esplose alla sua sinistra, poco lontano.
Ci fu un lampo biancastro, seguito da un ruggito e uno schianto. L'eco rimbombò nella grotta, sormontando il rumore dell'acqua.
Severus rimase in ascolto, vigile, coi lineamenti tesi. Quando fu di nuovo tutto silenzio, si mosse.
Continuando ad avanzare, vide una sagoma nell'acqua. Era di nuovo l'alligatore.
Come previsto, stava tornando indietro.
Severus sollevò la bacchetta, pronto a difendersi. Non aveva scelta, ormai il sauro puntava dritto verso di lui e l'avrebbe certamente attaccato.
Arrivato a un metro, sentì lo spasmo dei propri muscoli, e si preparò a vibrare il colpo.
(Un colpo leggero. Dunkan non ne troverà alcuna traccia.)
Ma, prima di scagliare la fattura, notò un particolare. Abbassò il braccio, e osservò stupito il ventre bianco avorio dell'animale, riverso nell'acqua a pancia in su, mentre gli passava di fianco, inerme, trasportato dalla corrente.
Un mago o una strega doveva averlo messo fuori combattimento.
Strinse la dita pallide attorno alla bacchetta.
Non era più solo.
Avanzò, notando una sagoma, contro la parete d'acqua.
Cauto e silenzioso come un gatto, scivolò lentamente verso quel punto, riducendo la luce della bacchetta, fino ad estinguerla.
Odorò l'aria e spalancò gli occhi neri, avvertendo una strana sensazione, come se lui stesso, in quel momento, da preda fosse diventato il predatore.
L'aria era satura di odori: odore di acqua, di roccia, di alghe, ma ce n’era uno in particolare, appena percepibile, che aveva il potere di ridestare i suoi istinti più remoti.
Era inconfondibile.
Sangue e... qualcos’altro.
Si fermò quando avvertì un brontolio leggero.
Quando riconobbe quel suono, la sua espressione mutò in stupore.
“Tu!” disse al buio, avvertendo l'eco del suono basso e profondo della propria voce. Si avvicinò piano abbassando la voce, emettendo un avvertimento basso e minaccioso “Un incubo nell'incubo.”
Al suono di quella voce il brontolio cessò. Severus ripose un momento la bacchetta. Si accostò al muro, assaporando le sensazioni che stava provando.
Lasciare andare l'istinto per combattere quella tenebra, lo stava portando ad agire, lasciandosi guidare da quelle percezioni primitive e selvagge.
La sua mano incontrò la pietra, ruvida dove il livello dell'acqua non era mai arrivato: scendendo sfiorò una forma calda, che fremette sotto il fuggevole contatto della sua mano. Sfiorò quel viso, scendendo al collo, sentendolo imprigionato da una fune di fibra resistente. Magica, ovviamente.
“Commetti errori basilari.” mormorò piano, cercando di allentare la stretta di quelle funi “Il tuo padrone non è uno stupido. Cosa credevi di fare?”
Non appena riuscì a liberarle il collo, la giovane donna parlò: “Cercavo di salvarmi il culo da quella lucertola zannuta!” rispose con veemenza, gli occhi verdi fissi in quelli del mago, che la guardavano con comprensibile ironia.
“Usare la magia qui dentro è un rischio, dovresti saperlo. Questa trappola è scattata proprio perché ti sei difesa da quell'alligatore con uno... schiantesimo non esattamente perfetto.” mormorò passando a liberarle le braccia e la vita.
“Sempre a fare il professore... e comunque non ho avuto scelta.” rispose prendendo avide boccate d'aria.
“Raramente si ha questo privilegio.” mormorò, slegando l'ultima fune, che, sotto il contatto delle sue dita, si sciolse rapidamente “Dovresti saperlo, ormai.”
Una leggera ondata s'infranse contro di lui, bagnandoli il petto, quasi fino al collo.
La corrente stava diventando più forte.
“Dobbiamo muoverci. Arkady, quando arriveranno tutti gli ospiti, rimetterà la barriera magica sulle acque del lago.” gli disse ansante. Lo spavento che aveva preso doveva essere più grande di ciò che lasciava a intendere con quel tono di falsa sicurezza.
Severus la fissò un momento, nella semioscurità.
Poteva fidarsi?
La ragazza sobbalzò, come se si fosse improvvisamente ricordata di un dettaglio fondamentale.
Impulsivamente gli toccò il braccio: “Sei ferito?” notando l’espressione sconcertata del mago, si affrettò a scostarsi e a ricomporsi “Ehm… ho visto che quel coso zannuto aveva dei brandelli del tuo mantello tra i denti.”
Severus comprese solo in quell’istante la furia dello Stupeficium con cui Alex aveva messo fuori combattimento il rettile e provò una strana sensazione, sentendosi intenerire di fronte a quell’irruenza, quel suo dannarsi l’anima per le persone che amava che a volte si manifestava o in slanci d’affetto o nella furia che accennava solo in quegli istanti a sparirle dagli occhi.
Ma poteva anche sbagliarsi.
Non che avesse mai sbagliato di molto a interpretarla…
Un’ondata più forte colpì entrambi. Severus riuscì a non perdere l’equilibrio, cosa che risultò ancora più difficile dal momento in cui Alex lo perse completamente, finendogli addosso.
Severus la tenne, prima che finisse in acqua e dopo un breve attimo si rese conto che la stava abbracciando.
La paura, il pericolo scampato, il contatto umido e intimo del suo corpo, acuirono ogni senso del mago, che indugiò a lasciarla andare. Alex sembrò percepire quel desiderio, e si accostò maggiormente a lui, scivolando nell'acqua verde scuro, verso un'oscurità ancora maggiore, forse senza temerla.
“Non ho mai pensato che sarebbe stato tutto così difficile.” mormorò, rifugiandosi tra le sue braccia “Mi rendo conto delle cose sempre quand’è troppo tardi.”
“L'esistenza umana molte volte è ingiusta.” bisbigliò sentendo le mani di lei, circondargli la vita, per stringerlo. Quel gesto lo riempì di un improvviso calore, che diede una nota di sentimento alla sua voce “È imprevedibile, feroce, ma soprattutto ingiusta.”
La guardò negli occhi: i capelli umidi le ricadevano lungo il collo, le labbra erano atteggiate in una morbida piega, quel bel sorriso che tanto gli era mancato, e la luminosità delle iridi verdi era una vista impagabile e ancora tristemente desiderata “Ma ogni tanto regala splendide emozioni, inattese, che leniscono la sofferenza passata tramutandola in una grande magia.”
“O l'accentuano.” bisbigliò lasciandosi accarezzare la schiena, dolcemente, esattamente com'era accaduto quattro anni prima.
Severus si mosse, e sospingendosi leggermente contro di lei, avvertendo un brivido in quel corpo caldo e amato, cercò il suo viso, percorrendo la fronte con le labbra.
“Che cosa stai facendo, qui, Alex?” mormorò scaldandole la pelle col proprio respiro “Cosa stai cercando?”
Severus aveva intuito che Alex stava facendo un gioco pericoloso non solo per se stessa, ma per qualcosa di più, qualcosa che aveva a che fare anche con lui…
Erano solo sensazioni, intuizioni costruite su briciole d’indizi, ma Severus le avvertiva distintamente anche se non riusciva ancora a dare un nome a ciò che Alex inseguiva con così tanta tenacia.
Lei emise un sospiro, doloroso, profondo, ma non respinse quel contatto.
“Sto cercando di riprendermi la mia vita.” Rispose debolmente, aggrappandosi a lui, come se improvvisamente le mancassero le forze e stesse cedendo sotto il peso di un’oscurità che Severus conosceva del tutto e non poteva comprendere.
Il mago chinò la testa e scese a baciarle gli occhi, dove le lacrime scorrevano, in silenzio, lasciandogli un sapore salato sulle labbra.
Quando incontrò la bocca dischiusa di Alexandra, il suo cuore la raggiunse di slancio.
Fu un contatto morbido, dolce, acuito dal calore delle mani, quelle di lui sulla schiena della ragazza, a circondarla, ad amarla e a proteggerla dagli altri e da se stessa, mentre lei lo cingeva in vita, accarezzandogli la base della schiena, di tanto in tanto, lasciandosi lambire le braccia dal lento fluire delle acque verdi.
Si baciarono ancora, a lungo, con tenerezza, e seguirono altri baci, salati di lacrime, che non esprimevano la brama di un desiderio fisico, o istintualità, ma l'aspirazione a qualcosa di saldo e vero in un mondo di pericolosa instabilità.
Severus non si accorse nemmeno di quanto fosse pericolosamente eccitato, finché lei interruppe quel bacio, e scese a baciargli il collo, afferrandolo per la veste, umida di acqua e lacrime, spingendosi contro di lui.
Stava uscendo fuori la vera Alex, l’istinto, la fiera, e senza guardarla negli occhi Severus seppe perfettamente il colore che vi avrebbe scorto, come se la prateria verde che solitamente li animava avesse preso fuoco mutandosi in fiamme dorate.
Allora gli fu addosso, sospingendo il bacino in avanti, facendogli divaricare leggermente le gambe, per non perdere stabilità.
“L’effetto è sempre quello.” Bisbigliò scaldandogli la gola col proprio respiro.
Severus guardò Alexandra negli occhi e la desiderò.
Desiderò il suo corpo, la sua anima, la sua devozione, e sentendo fluire i propri sentimenti verso di lei, fermò il movimento delle mani, e guardandola con languida disperazione, sentendo che qualcosa si infrangeva dentro di lui, mormorò:
“Ti amo.”
Ecco, l’aveva detto. L’aveva ammesso, anche se dentro di sé lo sapeva perfettamente.
Alexandra lo fissò a occhi spalancati.
A poco a poco l’espressione attonita mutò: le labbra tremarono leggermente e gli occhi si socchiusero, mentre il viso del mago la guardava con dolce rassegnazione.
Alex non disse nulla. Sollevò le braccia, piano, timorosa: la ragazza sicura, aggressiva e ribelle, divenne una creatura giovane e tenera, di un'incertezza commovente. Gli sfiorò il viso, accarezzando con le dita le sopracciglia scure, il contorno degli occhi, scendendo verso le labbra sottili, atteggiate in un'espressione solenne, fino al mento ruvido, leggermente ispido, che le diede un contatto intimo e maschile. Si fermò, esitante, come per trattenerlo, e Severus spezzò quella sottile barriera, baciandole il palmo della mano, prendendolo nella sua, accarezzando la pelle morbida, con amorevolezza.
“Potrebbe essere un errore, Severus.” disse, con uno sguardo colmo di speranza e tristezza “Lo sai anche tu.”
Il mago inarcò un sopracciglio, molto espressivamente: “Lo so soprattutto io.” Sospirò tenendola stretta “Ma so anche quanto sei cambiata in tutto questo tempo anche se non posso sapere che cos’hai passato e che ciò ce amavo è rimasto intatto e inalterato, nonostante tutto.”
Alex annuì mentre quegli occhi neri la scrutavano e allo stesso tempo l’avvolgevano.
Poi mormorò: “Sono sempre io, Severus. E c’è una parte di me che l’ha sempre saputo così come ho continuato a sperare. Ci sono tante cose di cui ti devo parlare, che dobbiamo chiarire, una molto importante, ma ci sarà tempo per farlo.” Gli rivolse uno dei suoi sorrisi storti “Se sopravviviamo.”
Il viso del mago tornò a distendersi: “Vorrei sapere altro di te, in questo momento.”
Il volto della giovane si rabbuiò.
“Non temere, Alex, so quanto la tua posizione sia delicata e rispetterò il tuo silenzio, augurandomi che non si protragga in eterno.”
Alex lo strinse a sé, rifugiandosi nel calore del suo corpo, per evitare di guardarlo negli occhi.
“Non rischiare troppo.” Le bisbigliò contro la sua guancia “Non farlo, Alex.”
E a quel punto la giovane donna sorrise rivolgendo lo sguardo al vuoto o a pensieri vicini e lontani che adombravano la sua mente “Non ho scelta. In questo caso proprio non ce l’ho. Come quando ho cominciato a provare qualcosa per te, senza sapere dove tutto questo mi avrebbe condotta.”
Prima che Severus potesse dire qualcosa, si sospinse contro di lui, incontrando nuovamente l’eccitazione del mago, che si lasciò sfuggire un ansito rauco.
“Prendimi ora.” lo pregò nel più desiderabile degli inviti. Lo disse come se fosse stata l’ultima occasione e, nonostante la brama di farla sua, Severus avvertì un dolore quasi fisico per quelle parole.
Si lasciò baciare il collo, sollevando il mento, tenendola ferma per i fianchi, sentendosi lambire la punta delle dita dall'acqua.
Il suo corpo lo stava tradendo.
“L’errore…” gemette la giovane donna mentre respirava affannosamente “L’errore sarebbe non commetterlo. L’hai detto tu.”
“Ti fidi così tanto delle mie parole?”
“Non ho mai smesso di farlo.”
 
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