Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Alaide
view post Posted on 12/8/2013, 13:51 by: Alaide
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Autore/data: Alaide – 2 - 8 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Eppure Monsieur Piton stava aiutando Anne ed era stato fedele alla sua parola e non le aveva chiesto altro in cambio se non risposte che non era nemmeno riuscita a dare. Voleva disperatamente riuscire a fidarsi di qualcuno dopo tanto tempo in cui non aveva potuto.
Nota: E’ il seguito di Conforto
Parole: 1369

Klavierstücke
7. Un barlume


Parigi, 27 marzo 2000


La penna scorreva rapidamente sulla pergamena, producendo un lieve rumore, mentre la notte era calata da alcune ore sulla capitale francese. Nessun suono giungeva dalla via sottostante.
Severus immerse la penna nel calamaio, ma scrisse poche parole. La porta si era aperta ed Heloïse era entrata. Sembrava inquieta e smarrita e mai come in quel momento sembrava poco più di una bambina bisognosa di quiete.
«Dovresti essere a letto.» disse, come se avesse colto uno studente a vagare di notte per i corridoi di Hogwarts.
Heloïse non sobbalzò. Con ogni probabilità aveva sentito il rumore della penna sulla pergamena.
Ma era sempre inquieta e spaventata e Severus dubitava che il terrore che leggeva sul suo volto derivasse dalle sue parole.
«Non riesco a dormire, Monsieur.» mormorò soltanto, facendo qualche passo, finché non si sedette nel luogo dove aveva memorizzato trovarsi una sedia.
Strinse le mani in grembo e sembrava sul punto di crollare.
Qualcosa gravava sulle spalle della ragazza, qualcosa che l’aveva colpita duramente e l’aveva portata a temere gli altri e a non di fidarsi di loro, qualcosa che era stato risparmiato alla sorella.
«Risponderò alle sue domande, Monsieur.» aggiunse, poco dopo Heloïse, deglutendo a vuoto.
Tutto nell’atteggiamento del suo corpo lasciava ad intendere che non era quello che voleva veramente. Ogni muscolo del volto mostrava tensione e così il sorriso teso e nervoso che aveva sulle labbra.
«A tutte le domande?» chiese l’uomo, fissandola con attenzione.
La ragazza parve farsi se possibile ancora più tesa e spaventata, troppo simile a qualcuno che stava per essere interrogato tramite tortura. Un volto simile a tanti che aveva visto nel suo passato, quel passato che non lo avrebbe abbandonato mai e che avrebbe sempre tormentato la sua anima.
«Non lo so, Monsieur.» riuscì a dire Heloïse, esibendo un sorriso incerto.
In quel momento avrebbe voluto rimangiarsi quella frase impulsiva, quella frase che aveva detto perché si era resa conto che Anne stava meglio, dopo l’ultima modifica apportata dall’uomo alla pozione. Alle volte si chiedeva come dovesse essere lavorare con ingredienti rari e preziosi, ma lei era una Magonò ed il sapere magico le era precluso.
«Non siete parigine.» affermò Severus, senza commentare la risposta della ragazza.
V’erano molte domande che gli ronzavano nella mente, ma sapeva che doveva essere paziente se voleva delle risposte. Da Damien sapeva che non era ancora comparsa alcuna notizia sul Monde de la Magie circa una ragazza ed una bambina scomparse, ma era anche vero che esistevano piccoli quotidiani magici locali e non tutti arrivavano nella capitale.
«Siamo normanne, Monsieur.» decise di dire la ragazza. In fondo quella era una notizia facile da dare.
«Siete forse parte della comunità magica di Rouen?»
«No, abitavamo in campagna.» mormorò Heloïse senza aggiungere altri particolari.
«Tu e tua sorella siete andate in una scuola Babbana?» domandò l’uomo, cercando di immaginare il contesto da cui provenivano le due sorelle.
«No, Monsieur.»
«In una delle nuove scuole primarie magiche, allora?» la incalzò l’uomo, anche se quella soluzione gli pareva assurda per Heloïse che avrebbe tratto maggior giovamento in un istituto Babbano.
«Nemmeno, Monsieur.»
La voce della ragazza si era fatta tesa, quasi che quell’argomento apparentemente innocente, aprisse una ferita nel suo animo. Eppure era chiaro che Anne aveva ricevuto un’educazione. Mademoiselle de la Roche aveva detto che possedeva un’ottima ortografia e sintassi.
«Siete state educate in casa, quindi?» domandò, per quanto sapesse, da quel che gli aveva detto Damien che il governo magico francese incitava i Maghi ad evitare quella forma di educazione e per quello una decina d’anni prima aveva aperto le prime scuole elementari magiche che si erano diffuse rapidamente in tutto il paese.
Heloïse annuì soltanto, senza dare spiegazioni, lasciando Severus perplesso di fronte alla tensione della ragazza, al suo sorriso nervoso, teso e tirato. In fin dei conti, se abitavano molto isolate dalla comunità magica più vicina, poteva essere anche la soluzione più logica, per quanto piuttosto rara in territorio francese.
«Sai leggere in Braille?» le chiese con fare casuale, osservandone la reazione.
Forse qualcuno della famiglia aveva utilizzato l’incantesimo, messo a punto una decina d’anni dopo l’invenzione Babbana, che poteva trasformare in Braille qualsiasi testo.
«Sì, ma è…» la voce di Heloïse si spezzò. Non sapeva cosa fare. Voleva dire tutto a Monsieur Piton, a quell’uomo che, alle volte, le dava uno strano senso di sicurezza. Voleva tacere tutto, ogni particolare, perché aveva paura di fidarsi e restare poi scottata.
Eppure Monsieur Piton stava aiutando Anne ed era stato fedele alla sua parola e non le aveva chiesto altro in cambio se non risposte che non era nemmeno riuscita a dare. Voleva disperatamente riuscire a fidarsi di qualcuno dopo tanto tempo in cui non aveva potuto.
E quell’uomo non le aveva mai mentito.
Nemmeno sei giorni prima, quando le aveva detto di non aggrapparsi alla speranza che i piccoli miglioramenti di Anne le davano e fu quel pensiero, il ricordo del conforto che aveva sentito quel giorno, a convincerla a rispondere.
«È da tanto tempo che non leggo più in Braille.» biascicò lentamente.
«Da quanto tempo?» la incalzò Severus, chiedendosi se sarebbe riuscito a togliere il velo che celava la verità.
Non riusciva a comprendere appieno cosa lo spingesse a voler conoscere le motivazioni della paura della ragazza. O forse era un pensiero che non riusciva a formulare nella sua interezza, al di là di ciò che già aveva ammesso con se stesso.
«Otto anni circa.» riuscì a rispondere Heloïse con voce tremante.
«E tua sorella? Chi l’ha educata? Mi avete detto che vostra madre è morta lo stesso anno in cui è nata Anne. È stato forse vostro padre?»
La ragazza si era fatta mortalmente pallida ed alcune lacrime silenziose colarono lungo il volto. Scosse il capo più volte, come per allontanare la domanda o per rispondere.
Severus capì immediatamente che il rapporto tra la ragazza ed il padre era stato tutt’altro che positivo, anche se sperava che non fosse simile a quello che lui aveva avuto con il proprio genitore. Poteva però immaginare la delusione di un Mago di fronte alla figlia Magonò e cieca. La nascita di Anne doveva essere stata vista come una benedizione e questo poteva spiegare la diversità tra le due sorelle, ma non il forte legame che le univa, né l’assenza di cure mediche.
«Sono stata io, per quel che ho potuto.» mormorò inaspettatamente Heloïse, la voce tremante, flebile, spezzata dalle lacrime. «La mamma è morta nel mettere al mondo Anne e nostro padre non aveva molto tempo per noi.» aggiunse sperando di non aver commesso un errore.
Aveva deciso di tentare di fidarsi dell’uomo, perché nella fiducia v’era conforto ed un barlume di speranza.
«Hai fatto un buon lavoro, da quel che mi ha detto Mademoiselle de la Roche.» affermò Severus.
Non era solito elargire complimenti, lo sapeva perfettamente, ma quella ragazza distrutta dalla vita ne aveva un disperato bisogno, soprattutto considerando quanto doveva esserle costato rispondere alle sue domande, fidarsi di lui.
E quella fiducia traballante gli parve illuminare l’orrore che era stata la sua vita.
Ed il sorriso tremante, che stirò le labbra di Heloïse, gli fece ammettere che voleva scoprire la verità, per poter aiutare in un qualche modo la ragazza, perché vedeva in lei qualcuno di simile a lui, non nel modo d’essere, ma nel baratro su cui s’era trovato quando aveva qualche anno in più di lei ed in un cui era precipitato, un baratro da cui avrebbe tenuto lontano la ragazza.
Ed il sorriso, in cui si leggeva una lieve e flebile fiducia, gli fece ammettere che si era affezionato a quella ragazza distrutta dalla vita e che in quell’affetto risiedeva un’altra motivazione alla sua volontà di scoprire la verità.
Ed il sorriso, in cui vedeva un lieve e celato orgoglio, gli fece ammettere che in Heloïse vedeva la figlia che non aveva mai potuto avere.
Si alzò lentamente in piedi, poi prese un libro dal mobile alle sue spalle.
Era una raccolta di racconti scritti da un mago francese del XIX secolo.
«Tieni.» disse soltanto, dandole il libro.
La ragazza lo sfiorò lentamente sulle mani e quando toccò il titolo in Braille il suo sorriso si riempì di gratitudine ed il suo voltò parve finalmente rilassarsi.
 
Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27942 views
  Share