Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 8/8/2013, 13:36 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 17 - 19 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: C’era preoccupazione nelle parole della giovani, nel suo sorriso tesi, nei suoi occhi.
La stessa preoccupazione che albergava in lui.
Nota: La storia è il continuo di Corrispondenza estiva
Parole: 1047

Sinfonie.
7. Sinfonia in do minore op 2, n°2.
Terzo movimento. Preoccupazione


24 agosto 2000


Caro signor Piton,
sono così felice di aver ricevuto la sua lettera. Ieri notte l’ho riletta più volte e gli incubi sono andati via.
Sempre. Ogni volta.
Sono così felice che lei sta bene in Francia.
Con affetto,
Judith

Aveva ricevuto quella lettera un mese prima, eppure quel giorno l’aveva riletta, per quanto non ne comprendesse il motivo. O non volesse ammetterlo con se stesso.
C’era un affetto enorme in Judith, un affetto che Severus non riusciva più ad ignorare, per quanto si sforzasse, per quanto sapesse che non c’era posto per la speranza, né per l’affetto nella sua vita, perché Judith sarebbe giunta ad odiarlo, quando avrebbe compreso quello che aveva fatto.
«C’è una visita.» disse, con una decisa nota di disapprovazione, la guardia carceraria, conducendolo nella stanza dove avrebbe provato la signorina Fairchild.
La giovane aveva continuato ad andare in quel luogo di dolore e colpa, quel luogo dove egli doveva scontare una pena giusta, dove lo raggiungevano lettere colme dei sorrisi affettuosi di Judith.
Quei sorrisi che alle volte spandevano un lieve lucore colmo di speranza, a cui non voleva e non doveva aggrapparsi.
Quando giunse nella stanza, la signorina Fairchild era già seduta ed appariva decisamente preoccupata, al punto che non lo accolse con il consueto sorriso.
«Signor Piton,» esordì Melusine, fissando l’uomo con occhi che parevano essere ancora più colmi di preoccupazione del volto. «Judith le ha parlato della scuola?»
«Ha solo scritto di una nuova maestra.» rispose l’uomo, chiedendosi se fosse accaduto qualcosa che coinvolgeva gli altri bambini dell’orfanotrofio.
«È arrivato un nuovo direttore, durante l’estate.» spiegò la giovane con un sorriso nervoso ed uno sguardo che lasciava intendere benissimo che quel direttore non le piaceva affatto. «Non abbiamo più una maestra che viene all’orfanotrofio. Alcuni mecenati non apprezzavano la cosa e il direttore ha seguito il loro pensiero per non perdere fondi importanti. Quello che mi preoccupa è Judith.» Melusine fece una pausa, durante la quale si sistemò nervosamente una ciocca di capelli che era sfuggita dalla treccia. «È terrorizzata ed ho paura che gli altri bambini possano farle involontariamente del male.»
Severus poteva quasi vedere la bambina in una classe colma di bambini senza volto, sedere sola, rigida e tesa, con il viso colmo di terrore, le lacrime ed il sorriso disperato che le aveva visto sul volto la notte in cui erano morti i suoi genitori. E quel pensiero lo colpì come una stilettata colma di preoccupazione.
«Forse il direttore dell’orfanotrofio può fare un’eccezione.» commentò l’uomo, per quanto non credesse realistica quell’ipotesi.
«Ho già provato, ma ha rifiutato. Sostiene che è meglio se Judith si abitua a stare con bambini che non sono orfani come lei, ma la bambina ha già problemi a relazionarsi con gli altri orfani. Non parla con loro, né si unisce ai loro giochi. Non parla nemmeno con i miei colleghi. Mormorava qualcosa alla maestra. La prima persona con cui ha parlato liberamente, senza rispondere ad una domanda che non poteva evitare, è stato lei, signor Piton. Di quest’ultimo particolare non ho ovviamente detto nulla, ma il direttore non ha ascoltato nemmeno le mie parole, quando gli ho spiegato che per la bambina sarebbe stato traumatico ritrovarsi improvvisamente in mezzo a bambini sconosciuti.
«C’è unicamente un momento in cui Judith riesce a stare tranquilla in mezzo agli altri.» aggiunse la giovane con voce più calma, rispetto a pochi istanti prima. «Ed è quando i bambini cantano in coro, ma non gioca mai con loro perché ha paura di non essere accanto alla porta per vedere…» Melusine si interruppe, umettandosi leggermente le labbra. «Pensa che così potrà nascondersi, se dovessero…»
«Ha paura che entri un assassino.» la interruppe Severus.
Un sentimento che la bambina provava unicamente a causa sua perché non era riuscito a salvare i suoi genitori, né aveva trovato il modo per far sì che la bambina non sentisse le loro grida.
E la colpa lo sommerse nuovamente, come un’onda durante un uragano che sbatacchiava senza pietà un piccolo naviglio.
«Judith ha bisogno di lei, signor Piton. Delle sue lettere, ora più che mai.» affermò Melusine, un sorriso tirato sulle labbra. «Sono certa che presto si confiderà con lei perché di lei ha fiducia totale, perché sa che non le farà mai del male.»
«Signorina Fairchild sa perfettamente anche lei che questa è un’illusione che si infrangerà.» mormorò l’uomo, mettendo a tacere il dolore che gli lacerava la gola.
«So, piuttosto, che Judith fa bene a fidarsi di lei, signor Piton.» disse la giovane con convinzione, sorridendogli appena, preoccupata per Judith che stava soffrendo e per lui che non voleva ammettere la verità. «Forse le sto chiedendo troppo, ma credo che sarebbe utile per Judith se lei potesse chiederle della scuola, fin dalla sua prossima lettera. Alle volte temo che il terrore di Judith derivi da qualche compagno di classe. So che si confiderà con lei, ne sono certa, ma forse una sua domanda potrebbe aiutarla a farlo prima.»
C’era preoccupazione nelle parole della giovane, nel suo sorriso tesi, nei suoi occhi.
La stessa preoccupazione che albergava in lui.
I bambini potevano essere crudeli, lo sapeva perfettamente, anche quando si proveniva tutti dalla parte più disagiata della stessa cittadina. E la loro crudeltà aumentava quando crescevano. Forse Judith avrebbe trovato un amico, come lui aveva trovato Lily. Forse non avrebbe trovato nessuno. Forse non sarebbe accaduto nulla.
Eppure non riusciva a stare tranquillo.
Vedeva davanti ai suoi occhi il sorriso affettuoso di Judith. L’innocenza della bambina, quell’innocenza che andava preservata, ed egli poteva, forse, per una volta, aiutarla a tenere a bada le sue paure, mentre si trovava a scuola, perché presto o tardi qualcuno l’avrebbe beffeggiata per il suo terrore.
Vedeva davanti a sé il sorriso riconoscente di Judith.
La rivide bagnata fradicia, come l’ultima volta che l’aveva vista e, per un attimo, gli sembrò di sentirla sulle ginocchia, mentre abbracciava lui che non meritava alcun abbraccio.
E per quanto fosse lontano da lei – per quanto tra il carcere e l’orfanotrofio non vi fossero che poco meno di un miglio – avrebbe fatto quanto era in suo potere per proteggerla, per evitare che soffrisse ancora, perché troppo aveva sofferto.
A causa sua.
«Lo farò.»
La signorina Fairchild gli sorrise riconoscente e in quel sorriso vide anche il sorriso di Judith.
 
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