Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 5/8/2013, 11:00 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 24- 30 maggio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Quei pensieri parvero sommergerla e le lacrime colarono rapide lungo il suo volto.
Ed un sorriso tremante si fece strada sulle sue labbra.
Nota: E’ il seguito di Sollievo
Parole: 1305

Klavierstücke
6. Conforto


Parigi, 21 marzo 2000



Il sole del primo giorno di primavera illuminava il soggiorno dell’appartamento al secondo piano del palazzo di fondazione secentesca. Heloïse sentiva il tepore del sole sulla pelle ed una parvenza di tranquillità.
Monsieur Piton non le aveva più posto domande da quella mattina di dieci giorni prima e, da allora, avevano parlato raramente. Alle volte lo sentiva rinchiudersi nella stanza in fondo al corridoio, dove Mademoiselle de la Roche diceva trovarsi il laboratorio, alle volte usciva diretto al Centre de Recherche. Nel secondo caso, la figlia del Guaritore, le raggiungeva e stava con loro.
Anche in quel momento, Yseult de la Roche era nella stanza e stava parlando con Anne. Heloïse non possedeva la stessa fiducia della sorella, non l’avrebbe mai posseduta, ma era felice che la bambina potesse sentirsi in pace, potesse essere quasi serena in quei giorni difficili.
Quanto a lei, non riusciva a comprendere il loro ospite. Era certa che avrebbe insistito con le sue domande, ma fino a quel giorno non l’aveva fatto. Sembrava unicamente intento a ricercare una cura per Anne.
La ragazza si chiese fino a quando sarebbe andata avanti quella strana quiete.
«Fra un’ora dovrebbe essere di ritorno, Anne.» stava dicendo Mademoiselle de la Roche, rassicurante. «Aspetta un attimo che vado a…»
Anne tossì violentemente e prese a respirare a fatica. Heloïse schizzò in piedi e si portò accanto alla sorella che strinse contro di sé, come tante altre volta aveva fatto. Sentì i movimenti della giovane che era con loro, ma non riuscì a seguirli, perché era in preda al panico.
Sua sorella stava male.
Lo sentiva nel suo respiro, nel modo in cui si aggrappava alle sue vesti.
Non sentì dei passi affrettarsi, né il lieve mormorio di una rapida conversazione.
Fu solo quando udì la voce di Monsieur Piton a poca distanza da lei, che capì che Mademoiselle de la Roche lo aveva chiamato a casa e che l’uomo si trovava lì.
«Lasciala andare.»
Heloïse sentì il rumore di un’ampolla a cui veniva tolto il tappo e riuscì, facendo forza su se stessa, a lasciare andare Anne.
Yseult de la Roche osservava preoccupata la scena, tenendosi discretamente in disparte. Quando suo padre le aveva chiesto di andare a badare alle due sorelle, aveva accettato con gioia al pensiero di poterle aiutare. In quel momento, comprendeva veramente quanto fossero gravi le condizioni di Anne e quanto sollecito fosse Monsieur Piton nei confronti della bambina.
Un lieve sorriso le si disegnò sulle labbra, mentre osservava l’uomo somministrare la pozione ad Anne. E dentro di sé pregava affinché Monsieur Piton trovasse la cura, come credeva suo padre.
Come il padre, aveva la più viva fiducia in Severus Piton e quella fiducia traspariva dal sorriso che aveva sulle labbra.
«Mademoiselle de la Roche, accompagni la bambina in camera e resti con lei, fino a quando non arriverà suo padre.»
Heloïse avrebbe voluto seguire la giovane e la sorella, ma non osò farlo. Sapeva che la crisi era passata perché la respirazione di Anne era tornata tranquilla, temeva però anche che Monsieur Piton avrebbe chiesto il suo prezzo.
«Ho somministrato a tua sorella una pozione leggermente modificata. Voglio che tu mi dica se avviene il minimo cambiamento.»
Severus osservò il volto teso della ragazza che in quel momento appariva incredibilmente giovane e smarrita, quasi si fosse aspettata che le sue parole fossero diverse.
«Anne starà meglio?» domandò con voce flebile Heloïse.
Non avrebbe dovuto porre domande, ma la volontà di sapere se poteva sperare era troppo forte. Si ripromise che, se Anne fosse guarita, avrebbe detto a chi di dovere quello che era accaduto in Normandia.
«Dovrebbe avere la respirazione più facile. Sicuramente non le farà alcun danno.» affermò l’uomo.
Aveva trascorso giornate intere e lunghe notti prive di sonno a tentare di trovare un modo per modificare il dosaggio e la tempistica di quell’ingrediente volatile. Ed altrettanto tempo per accertarsi che Anne non corresse alcun pericolo da quella nuova versione della pozione.
«Ma non è la cura?» chiese Heloïse incerta.
«No.» rispose l’uomo, osservando la ragazza che pareva attendere una risposta più completa.
La verità, senza giri di parole.
Prima che rimanessero orfane, doveva aver sentito molte mezze verità, molte menzogne sulle condizioni della sorella, per quanto quel male le avesse già portato via la madre.
«Cosa sa tua sorella delle sue condizioni?» domandò, invece, evitando di aggiungere particolari.
Heloïse trasse un respiro, come per trovare la calma.
Temeva che quella volta l’uomo, se non avesse risposto, avrebbe preteso altro in cambio o l’avrebbe obbligata a rispondere e ad un Mago non occorreva molto per far rispondere una Magonò cieca.
«Poco.» mormorò infine. «Nessuno le ha mai detto cos’abbia e… non glielo dica, Monsieur, Anne… non voglio che sia colma d’angoscia e paura.»
«Ho forse detto che le avrei rivelato qualcosa?» le domandò bruscamente l’uomo. Sul volto della ragazza comparve per un attimo il sollievo. «Tua sorella sospetta qualcosa, forse intuisce che il suo male non è quello che crede, anche se l’assenza di una cura in precedenza può trarla in inganno circa la gravità delle sue condizioni.»
«Non risponderò a quella… non le dirò perché…» biascicò angosciata Heloïse.
C’era qualcosa che il solo cenno alla mancanza di cure pregresse accendeva il terrore nell’animo della ragazza. Severus si chiese, e non era la prima volta, quale segreto celasse Heloïse e sperava che questo non rispondesse ai suoi peggiori sospetti. Doveva però esservi una spiegazione per il diverso atteggiamento delle due sorelle e quella spiegazione si celava in Heloïse.
«Non ti ho chiesto nulla.» disse, incolore, vedendola rilassarsi leggermente. «Voglio però mettere in chiaro una cosa. Non è detto che esista una cura e che la si possa trovare realmente.»
«Non devo sperare?» domandò Heloïse con voce spenta.
«Puoi sperare, ma non devi aggrapparti alla speranza, quando non si hanno certezze.»
La ragazza si sentì stranamente confortata da quelle parole che avevano ben poco di confortante.
Monsieur Piton non le aveva mentito.
Non le aveva mai mentito, si rese conto.
Mai.
Le aveva detto che in cambio voleva risposte. E così era stato.
Ogni volta che temeva di essere separata per sempre dalla sorella, l’aveva rassicurata.
Non le importava che le parole che le rivolgeva non avessero un tono rassicurante, perché ottenevano quell’effetto.
Non aveva mai tentato di illuderla.
Stava veramente aiutando Anne.
Quei pensieri parvero sommergerla e le lacrime colarono rapide lungo il suo volto.
Ed un sorriso tremante si fece strada sulle sue labbra.
Non sapeva perché piangesse o perché sorridesse.
Sentiva il peso di sapere che non v’era certezza sulla sorte della sorella.
Sentiva però, più di ogni altra cosa, il senso di conforto, un senso di conforto che non sentiva da tanto tempo e che aveva dimenticato cosa volesse dire.
Ed il sorriso si fece più pieno e le lacrime più copiose.
«Vieni.» le disse l’uomo e lei lo seguì.
Si ritrovò nel piccolo studio che sapeva stare accanto alla stanza che ospitava lei e la sorella.
«Fra poco Monsieur de la Roche sarà qui per visitare tua sorella.»
Severus non aggiunse altro, ma Heloïse lesse in quelle parole un sottinteso. L’uomo voleva, forse, evitare che il Guaritore la vedesse in lacrime, voleva, forse, evitarle un’umiliazione. Ed era strano come non sentisse nulla d’umiliante nel piangere davanti a Monsieur Piton. Era qualcosa che non riusciva a spiegarsi, così come non era affatto certa che la sua intuizione fosse giusta.
Eppure gli sorrise, un sorriso che esprimeva gratitudine ed una disperata volontà di potersi fidare di lui.
C’era qualcosa di ironico in quel desiderio rivolto ad un assassino, si disse l’uomo. Eppure egli, si rese conto in quel momento, desiderava conquistare quella fiducia, forse perché comprendeva il terrore di Heloïse, forse perché voleva evitare che la disperazione della ragazza la portasse a compiere una scelta simile a quella che aveva impresso il Marchio Nero sul suo braccio.

Edited by Alaide - 5/8/2013, 15:50
 
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