Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 1/7/2013, 06:57 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 26 – 30 aprile 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Ed un sorriso tremolante si stirò sulle labbra screpolate dalla febbre.
Un sorriso fin troppo dolce, rivolto a qualcuno che non aveva mai posseduto l’innocenza di quella bambina, a qualcuno che avrebbe meritato la malattia della bambina e la morte che rischiava.
Nota: Questa storia apre una serie di sorrisi che va sotto il nome di Klavierstücke (pezzi per pianoforte) che originariamente era stata pensata per la sfida n°14. Il prolungamento di Tetralogia mi impedisce (per numero di storie) di poter inserire questa serie di sorrisi nella sfida. L’idea originaria era creare tre serie di sorrisi (Trio in sei movimenti, Tetralogia e Klavierstücke) dove Severus entrasse in contatto con un bambino.
Parole: 1158

Klavierstücke
1. Un incontro



Parigi, 5 marzo 2000


«La supplico.» mormorò la giovane allo speziale. «Mia sorella ne ha bisogno.»
Le suppliche della ragazza si erano fatte disperate, si accorse Severus che si trovava vicino all’ingresso dello stretto negozio. C’era qualcosa di inquietante in quella disperazione, una disperazione che sembrava appartenere alla Guerra Magica.
Una disperazione che faceva sorgere quasi soffocante il rimorso per ciò che aveva commesso, per le sue scelte sbagliate, per le sue colpe.
Non importava se in quel momento si trovava in Francia, intento a lavorare al Centre de Recherche della Cité de la Magie.
Le sue colpe rimanevano impresse a fuoco dentro di lui. E con esse il rimorso.
«Perché non vai all’Hôtel-Dieu, se tua sorella sta così male?» domandò lo speziale.
A Severus non sfuggì il lieve tremore nel corpo della giovane.
Quella ragazza era spaventata.
E la disperazione e la paura potevano far compiere gesti di cui ci si sarebbe potuti pentiti in seguito.
«Ecco… prenda questo, Monsieur. Dovrebbe bastare.»
Era l’ultima spiaggia della ragazza.
Qualsiasi gioiello avesse messo sul banco, la giovane non avrebbe avuto null’altro da vendere.
Non nella Ruelle des Apothicaires, per lo meno.
E quello fu un pensiero che gli fece salire la bile in gola.
Poi sentì improvvisamente due occhi fissarlo.
Fu in quel momento che si accorse che la ragazza non era sola, ma aveva la sorella con sé, una bambina che non poteva avere più di otto anni.
Il suo sguardo era velato dalla febbre e sembrava contenere una disperata richiesta d’aiuto.
La stessa che l’uomo aveva visto negli occhi di tante, troppe vittime innocenti.
«Non faccio la carità.» borbottò lo speziale, spazientito. «Se vuoi, posso allertare i Guaritori dell’Hôtel-Dieu oppure puoi andartene.»
La bambina continuava a fissare Severus, come se credesse che egli potesse veramente aiutarle.
Avrebbe potuto portarle all’ospedale magico di Parigi, ma la ragazza aveva rifiutato la proposta dello speziale. Si era voltata e stava uscendo.
La bambina teneva ancora gli occhi fissi su di lui, in una continua richiesta d’aiuto.
La bambina era gravemente malata, si rese conto l’uomo, quando la piccola gli passò accanto. Il male che l’affliggeva non era semplice febbre. E non occorreva di certo essere un Guaritore per saperlo.
Come non occorreva essere un Guaritore per sapere che avrebbe potuto morire se non avesse ricevuto una cura, quella cura che lo speziale si era rifiutato di vendere loro perché non avevano abbastanza soldi.
Forse lo speziale non si era accorto delle reali condizioni della bambina.
Oppure non aveva voluto accorgersene.
Ma egli se n’era accorto, si disse Severus, e, se avesse finto di nulla, non avrebbe fatto altro che aggiungere un altro volto a tormentare le sue notti.
Il volto di un altro innocente che non aveva salvato.
Ed in quel momento nulla gli impediva di farlo. Non v’era alcun rischio di essere scoperto.
V’era soltanto quella bambina che rischiava di morire, che sarebbe morta se nessuno avesse fatto nulla.
Ed allora egli avrebbe avuto un altro morto sulla coscienza.
Perché si era accorto delle reali condizioni della bambina.
Fu per quello che annuì brevemente, poco prima che uscisse insieme alla sorella.
Ed un sorriso tremolante si stirò sulle labbra screpolate dalla febbre.
Un sorriso fin troppo dolce, rivolto a qualcuno che non aveva mai posseduto l’innocenza di quella bambina, a qualcuno che avrebbe meritato la malattia della bambina e la morte che rischiava.
Sbrigò rapidamente gli acquisti che l’avevano portato in quel negozio. Il proprietario fu terribilmente sussiegoso con qualcuno che poteva pagare i rari ingredienti che vendeva, accanto a pozioni di qualità discutibile, come quella che la ragazza aveva tentato di comprare per la sorella.
Quando uscì dal negozio, notò le due sorelle ferme, poco distanti dalla porta. La minore stava parlando con voce flebile.
«Ci aiuterà, Heloïse. Ne sono convinta.»
«Anne…»
«Monsieur.» la bambina si era voltata verso di lui e nella sua voce v’era una nota di sollievo perché le aveva annuito poco prima nel negozio e si era fermato accanto a loro.
Anne lo fissava, gli occhi velati dalla febbre e dal dolore.
Eppure gli sorrideva fiduciosa.
«Dovrebbe portare sua sorella all’Hôtel-Dieu, Mademoiselle.» disse Severus, nel suo francese che non riusciva a nascondere la provenienza inglese, per quanto immaginasse già la risposta della giovane.
«Monsieur, non posso… non… la ringrazio per essersi fermato, ma l’ospedale non è una soluzione.» le parole uscivano in fretta dalle labbra della ragazza.
Anne lo osservava con attenzione, in attesa di una risposta. Era certa che quel signore le avrebbe aiutate. L’aveva promesso quando aveva annuito nel negozio ed era certa che di quell’uomo poteva fidarsi, anche se Heloïse lo negava.
O forse era semplicemente troppo stanca e non desiderava altro che riposare.
E sentirsi al sicuro.
«Nemmeno la pozione che ha chiesto è una soluzione.» rispose l’uomo, sentendo su di sé lo sguardo della bambina.
«Monsieur, non…» la ragazza fu interrotta dalla tosse che squassò il corpo della sorella.
La strinse più forte a sé. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per Anne, forse anche fidarsi di quell’uomo.
Tutto ciò che desiderava era che la sorella potesse dormire tranquilla per una notte almeno.
E che non gliela portassero via.
La bambina era pallidissima e spossata.
Ma aveva ancora la forza per sorridergli.
Un sorriso dolce.
Un sorriso colmo di fiducia.
«Seguitemi.» disse soltanto l’uomo.
La sorella maggiore parve esitare com’era logico che fosse.
La bambina, però, quella bambina che avrebbe potuto morire, continuava a fissarlo fiduciosa.
E a sorridergli.
La sorella maggiore sembrava non osare nemmeno guardarlo in volto.
«Andiamo con lui, Heloïse.» mormorò Anne.
Era tanto stanca, troppo.
Sentì la vista offuscarsi. Si strinse maggiormente alla sorella, come a volerla convincere che di quell’uomo vestito di nero ci si poteva fidare.
Forse fu per quello che Heloïse annuì lentamente.
Forse fu perché era disperata e la disperazione aveva preso il sopravvento su tutto.
Sua sorella aveva bisogno di cure, lo sapeva.
Sapeva anche che quell’uomo poteva avere le peggiori intenzioni su di loro.
Ma Heloïse era troppo disperata per non fidarsi dell’istinto della sorella.
Severus notò che la bambina gli sorrideva ancora.
E notò che la disperazione era fin troppo visibile in ogni movimento della sorella maggiore.
E la disperazione portava a compiere scelte che normalmente non si compiono, così come la consapevolezza che quella bambina avrebbe potuto morire e che sarebbe diventata un’altra vittima innocente della mostruosità della sua anima nera, aveva portato egli stesso a prendere una decisione che normalmente non avrebbe mai preso.
Mentre camminava si voltò per guardare se le due sorelle lo stessero seguendo.
La bambina gli stava ancora sorridendo.
Con fiducia.
 
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