Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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chiara53
view post Posted on 6/5/2013, 15:51 by: chiara53
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Una giornata uggiosa – Risveglio – 2

Chi ha letto Expecto Patronum e Nevischio troverà facilmente alcuni riferimenti.
( la beta è pingui79)

La vita non ti dà le persone che vuoi;
lei ti dà le persone di cui hai bisogno…
per aiutarti, per ferirti, per lasciarti, per amarti e
per farti diventare la persona che eri destinato ad essere.
(Anonimo)





Immerso nel buio, ascolto il silenzio che mi circonda.
Dove sono?
Forse sto sognando.
Una voce nella mia testa mi ripete tenacemente “stai sognando!”.
Lampi verdi nel silenzio rompono l’oscurità attorno a me.
Sto sognando. Deve essere così.
Fa’ che io stia sognando e che questo non sia vero, ti prego!

Un tocco leggero e delicato e la coscienza si ridesta quasi incredula.
C’è tanta pace intorno a me, e calma.
Niente lampi verdi, né inquietante oscurità.
Era solo un incubo.
Orribile, ma non più reale, appartiene al passato.
Sospiro di sollievo.
Ad occhi chiusi percepisco un fruscio di lenzuola, sento un corpo accanto al mio.
Non mi muovo, sospiro ancora e mi abbandono a questo incanto reale e dolce.
Hermione.
L’ho vista crescere, farsi donna: a lungo mi sono rifiutato di accettare la verità, questa verità. Ho detto no all’amore, no alla speranza, le ho chiuso la porta in faccia, letteralmente, per non vederla più, per non dubitare di me stesso.
Fino a quella notte, sulla torre di astronomia.
Tornarci ogni sera per pagare il prezzo di una colpa impagabile mi sembrava il minimo e sollevare gli occhi verso il cielo stellato è stato solo un attimo di cedimento.
Quando il cuore batteva più forte e chiedeva aiuto alla sua buona stella, è stato allora che ho lanciato il mio Patronus ed era il tuo, Hermione, una lontra.
C’eri tu lì con me.
Non c’era più la piccola cerva, lei galoppava ormai lontana, nel fondo dell’oceano dei ricordi; invece la lontra è volata via, potente e viva, dalla mia bacchetta. È scivolata silenziosa ed argentea verso l’alto, verso il cielo.
Mi ha guardato un attimo prima di guizzare lontano elegante e gentile e finalmente ho capito.
Era stata una fatica inutile soffocare ed eludere i sentimenti.
Ho provato a far finta di niente, a sottrarmi alle emozioni nascenti, ma non è servito.
Era lì il segno evidente della mia sconfitta… o piuttosto della mia vittoria?
Ed è stato allora che ho sorriso, gettando via l’ultima maschera.
Amo Hermione, non posso perderla, non posso sfuggire l’amore anche questa volta.
E sono corso da lei come un ragazzino impaurito.
Impaurito, sì, perché avevo paura di essere respinto ancora una volta, come è stato sempre nella mia vita: rifiutato da mio padre, escluso dalle amicizie, scacciato dall’unica da cui pensavo di essere compreso e amato, a cui mi ero aggrappato: Lily.
Esiliato dal mondo intero.
Sempre.
Invece lei sembrava aspettarmi, era lì, davanti alla porta di casa sua e cercava le chiavi.
Ha cominciato a nevicare ed è stato allora che l’ho tenuta stretta, ancora più stretta, per paura che mi sfuggisse.
La verità, quella più vera, è che in tutti questi anni ho avvertito la solitudine, la stanchezza della solitudine, l’amarezza della solitudine.
La ragione è un ostacolo potente quando sei troppo abituato ad essa ed io ho seguito solo la razionalità, per non farmi raggiungere dai sentimenti di nessuno. Forse solo Albus o Minerva sono stati in grado di avvicinarmi.
A volte, però, non sempre.
Non potevo permetterlo.
Sono andato lontano – troppo lontano – fino alla morte e ritorno, finché non ho scelto di vivere, finché non ho scelto di sciogliermi tra le braccia di lei.
L’unico posto in cui voglio perdermi in questa vita.
Ci siamo amati per la prima volta in questa casa, in questo luogo abbandonato.
E’ stato come se queste pareti volessero ripagarmi di tutto il male che ho vissuto tra loro.
Hermione mi ha donato la sua innocenza, l’ha donata a me che di innocente non ho nulla. E se anche mai lo avessi avuto, l’ho perduto tanto tempo fa. Per questo ho sempre pensato di meritare solo disprezzo e disgusto.
Ma Hermione mi ha donato tutta se stessa, pur conoscendo la mia storia e la mia vita. Solo con lei posso mostrarmi per quello che realmente sono, senza dover nascondere il passato.
Con lei ho assaporato la gioia più grande: essere accettato e amato.
Io, proprio io – Severus Piton – sono stato il suo primo uomo.
Persino il mio nome ripetuto dalle sue labbra ha un suono diverso – musicale – e che mi fa tremare di una felicità che non ho mai conosciuto.
Ora la casa è di nuovo silenziosa: lei se n’è andata.
Sento già la sua mancanza.
Severus, non ti riconosco più!
Apro gli occhi e lo sguardo attraversa queste vecchie travi che sorreggono il soffitto e che mi hanno visto ragazzo. La mente vola oltre il cielo, oltre le nuvole e tocca il domani e la speranza, quella che gonfia il cuore e rende felici: forse il mio sogno è questo e tra poco mi sveglierò nell’incubo.
Ripenso a quanto tempo ho vissuto un respiro dopo l’altro, sperimentando la fatica di sopravvivermi e sperando che il sole non si levasse ancora su un altro giorno.
Non puoi sapere, ragazzina, quante volte ho stretto in mano la fiala che conteneva un liquido lucente. Io stesso l’avevo distillato: era il fluido dell’oblio e della conclusione di ogni battaglia.
Non l’ho mai bevuto, non sono un codardo. Però mi piaceva sapere di poter contare su una via d’uscita.
Ma ora tutto è diverso, tutto è cambiato.
Decido di alzarmi. Voglio toccare la realtà, assaporarla, assicurarmi che sia vera.
Passo davanti allo specchio e mi fermo a guardare la mia immagine: la barba lunga, gli occhi cerchiati, i lunghi capelli neri e le rughe intorno agli occhi, il naso imponente. Dimostro tutta la mia età, forse di più.
La piega amara ai lati delle labbra mi fa abbozzare un sorriso per nasconderla: ora ne sono di nuovo capace. Per anni ho tenuto le labbra serrate e atteggiate a scherno o disgusto, labbra sottili in un volto di pietra: ecco cosa ho mostrato di me. C’era poco di cui potessi sorridere e io non mi concedevo neanche quelle poche occasioni, arroccato nella mia immobile freddezza, nel mio altero e gelido disprezzo per il mondo, per la gioia, per la speranza, in un continuo e incessante no alla vita.
Che cosa diavolo hai trovato in me, Hermione?
Però sorrido ancora.
Sorrido e scendo le scale.
Mi guardo intorno quasi stupito.
La polvere è sparita: anni ed anni di vecchia polvere se ne sono andati.
I miei libri, la cucina, il salotto, sembrano diversi – nuovi – oppure sono io che li guardo con occhi differenti? Forse è perché lei è stata qui, li ha abitati, anche se per poco, li ha sfiorati ed ha avuto la cura di togliere la polvere.
Come ha fatto con me.
Ne saresti felice mamma. Saresti contenta di Hermione.
Sul tavolo un foglio di pergamena strappato aspetta di essere letto: è un messaggio di Minerva.
Maledizione… Potter!
Ancora ed ancora lui.
Quante cose adesso dovrò spiegare e chiarire?
La scrittura di Hermione segue la nota di Minerva.

“Ciao professore, sei già pronto per tornare a tormentare i tuoi studenti?
Ti lascio in consegna il mio cuore, conservalo insieme con il tuo.
Saluta Minerva per me e non arrabbiarti con Harry (ti conosco), il nostro segreto non valeva la pena di essere serbato, o no?
La tua fama di spia doppiogiochista è comunque salva.
Ti aspetto, sono qui solo e sempre per te.
H.
p.s. sabato sono libera.”


Mentre sollevo lentamente gli occhi dal foglio il mio cuore batte più rapido, nella mente compare l’immagine di due occhi nocciola e sulle labbra sento il sapore di un bacio dolce e desiderato.
Un sorriso ironico e soddisfatto attraversa il mio viso pensando a Minerva, mi starà aspettando per assillarmi di domande. E questo sabato dovrà trovare un altro accompagnatore per le teste di legno che andranno ad Hogsmeade.
Indosso il mantello, chiudo la porta dietro di me e la sigillo con incantesimi.
Ricompongo il volto alla consueta impassibilità e mi smaterializzo.
Ma dentro di me rido e rido ancora.

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1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27942 views
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