Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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Alaide
view post Posted on 27/4/2013, 10:51 by: Alaide
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Autore/data: Alaide – 8-9 marzo 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-Shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Gli sorrideva.
Non parlava, né pareva aspettarsi che fosse lui a farlo.
Gli sorrideva soltanto.
Nota: La storia è il continuo di Una Supplica
Parole: 668

Tetralogia
6. Seconda Giornata. Atto I. Solitudine


Pioveva.
L’acqua scendeva a tratti con violenza, a tratti lentamente sull’orfanotrofio e sull’ospedale. La pioggia bagnava i vetri della stanza di Severus, creando dei rivoli che parevano riprodurre figure inquietanti.
Il volto di Silente.
Il volto di Lily.
Ed i rivoli colavano lentamente, cancellando quei volti, imbrattandoli del sangue che egli aveva sulle mani.
L’uomo continuava a fissare il vetro e la pioggia che continuava a disegnare la sua colpa e la sua pena.
Soltanto quando qualcuno bussò alla porta, distolse lo sguardo.
Sapeva che avrebbe incontrato gli occhi della bambina.
Quello che non si aspettava di incontrare fu il suo sorriso.
Un sorriso timido.
Un sorriso riconoscente.
Sapeva, dalle parole della signorina Fairchild, che era la prima persona alla quale la bambina sorrideva dalla notte in cui i suoi genitori erano stati uccisi.
E quel secondo sorriso era inspiegabile al pari del primo.
Perché la bambina continuava a sorridergli?
Perché a lui?
Perché non alla donna che l’accompagnava e che era di certo più degna di lui di ricevere un sorriso?
«Le ho portato un disegno, signor Piton.» disse la bambina, quando gli fu di fronte.
Melusine osservò Judith avvicinarsi lentamente all’uomo e allungargli il disegno. C’era qualcosa di strano nel modo in cui la bambina si comportava con il signor Piton. Era come se Judith volesse dire qualcosa che né lei, né l’uomo riuscivano a comprendere del tutto.
Alla giovane sembrava che ci fosse come una barriera, la barriera della solitudine, forse, che pareva come bloccare i tentativi di comunicazione di Judith.
O forse a colpirla, al di là di ogni altro pensiero, era il senso di solitudine che pareva avvolgere tutta la stanza in maniera quasi asfissiante.
C’era qualcosa di strano in quella solitudine, anche per un ospite di quell’ospedale.
Non l’aveva visto il giorno in cui i bambini avevano cantato e da quel che aveva colto da alcune conversazioni sapeva che non si univa mai agli altri pazienti, ma rimaneva confinato nella sua stanza, al pari di un prigioniero.
Avrebbe voluto comprendere cosa si celasse dietro quella solitudine. Ma era certa che non l’avrebbe mai saputo, così come non avrebbe mai compreso le ragioni che l’avevano guidato ad accettare di incontrare Judith, dopo quei rifiuti che parevano inderogabili.
Dopo quelli che parvero secoli alla bambina, l’uomo prese in mano il disegno.
Un disegno inquietante quanto il primo.
Tutto era cupo. Una fioca luce biancastra illuminava un orsacchiotto dal volto quasi umano.
Un volto spaventato.
Il gioco che la bambina teneva in mano, forse, quando i genitori erano stati uccisi.
La fine dell’infanzia di Judith, si disse Severus.
Il momento in cui, a causa di qualcuno che, come lui, si era macchiato le mani del sangue degli innocenti, era diventata adulta di colpo.
Ed era ironicamente tragico che quella bambina sorridesse proprio a lui.
Ad un assassino.
Anche in quel momento gli sorrideva.
Come quando era entrata nella stanza.
Gli sorrideva.
Non parlava, né pareva aspettarsi che fosse lui a farlo.
Gli sorrideva soltanto.
Timidamente.
Con riconoscenza.
Come se fosse felice che lui avesse accettato di incontrarla di nuovo.
Come se fosse felice di vederlo.
Come se fosse felice di aver davanti a lei un assassino.
Ma nessun bambino avrebbe dovuto essere felice nell’incontrarlo.
Nessun bambino avrebbe dovuto essere felice di vederlo.
Nessun bambino avrebbe dovuto essere felice di aver davanti a se qualcuno come lui.
Un assassino.
Ancor di più una bambina, come Judith, che aveva perso i propri genitori a causa di un assassino.
Gli parve che, alla luce di quel sorriso, le sue colpe centuplicassero.
Di fronte all’innocenza di quella bambina, cresciuta troppo alla svelta, le sue mani diventavano più rosse di sangue.
Ed egli sentiva maggiormente l’ironia amara e tragica di quel sorriso.
Il sorriso dell’innocente rivolto all’assassino.
E sentì il sapore amaro della colpa in bocca.
Ed il peso della colpa sulle sue spalle.
E mai come allora la sua anima gli parve nera e perduta.
E mai come allora il perdono era simile ad una chimera lontana ed irraggiungibile.
 
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