Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Ele Snapey
view post Posted on 17/2/2013, 11:44 by: Ele Snapey
Avatar

Pozionista abile

Group:
Moderator
Posts:
9,273

Status:


Ale, come al solito la tua creazione è inqualificabile... per quanto è bella!!! :lol: :lol:
Quel Severus è stupendo, sei riuscita a dargli un'espressione serena e allo stesso tempo ombreggiata di malinconia, sei una maga del Photoshop, bravissima :wub:

Oggi tocca a me, e posto un brano (leggermente rivisto e corretto) tratto da una delle mie fic: Il sorriso di Emily ;)


[...] Quella sera la professoressa Goodluck sentì scendere nelle ossa qualche brivido di freddo in più. Decise di alzarsi per andare a ravvivare le fiamme del camino. Posò il libro che stava leggendo sul tavolino accanto alla poltrona di cinz su cui era comodamente sprofondata, spostò l’immancabile coperta di lana scozzese appoggiata sulle gambe e si alzò faticosamente, ostacolata dai dolori alla schiena che in quell’inverno, particolarmente rigido, non le davano pace.
Era ancora piegata a rimestare i ciocchi ardenti, quando un lieve scampanellio alla porta la fece trasalire. Chi mai poteva essere a quell’ora, dopo cena, in pieno inverno?
Lei riceveva visite, ma solo esclusivamente durante il giorno. Di solito si trattava di amiche con cui condivideva la passione per i pomeriggi trascorsi a giocare a Magic Poker (un piccolo vizio a cui non aveva mai saputo rinunciare) e a sorseggiare thè.
Andò alla porta, titubante, e la aprì appena senza togliere la catenella, creando lo spazio sufficiente per sbirciare sul pianerottolo da dietro gli occhialini rotondi. Strizzò leggermente gli occhi: da un po’ di tempo anche la vista aveva iniziato a calare e avrebbe dovuto decidersi a cambiare occhiali, ma distinse bene la persona che le stava di fronte, visibile dallo spiraglio.
Fissò sbalordita per un istante l’uomo alto, imponente, paludato nel lungo mantello nero, il volto pallido e immobile incorniciato dai capelli corvini e gli occhi neri come la notte.
Riconobbe immediatamente l’espressione ancora crucciata e lievemente malinconica che non era mai passata.
- Professoressa… professoressa Goodluck. – mormorò l’uomo, con voce lenta e profonda.
- Severus… - balbettò frastornata Emily, togliendo la catenella per spalancare la porta.
- Tu… tu… ma… quanto tempo è passato! – farfugliò, sempre più incredula, osservandolo attentamente. Del ragazzetto allampanato e goffo di tanti anni prima erano rimasti solo gli occhi, mobili e intelligenti, dentro cui però non leggeva più lo smarrimento di un animaletto preso in trappola, ma qualcosa di più profondo ed inquietante.
- Severus, non è possibile! Vieni dentro, ti prego, e scusami, ma la sorpresa è stata così forte…- continuò, facendosi da parte per permettergli di entrare e intanto se lo rimirava, stupita, pensando a come si fosse fatto alto e forte e la sua figura, ora, incutesse rispetto, quasi soggezione; era diventato perfino bello ed elegante, rispetto a un tempo.
- Ancora non posso crederci: santo cielo, che uomo ti sei fatto!
Severus le indirizzò uno dei soliti, brevi sorrisi, di quelli che lo illuminavano fugacemente ma che rimanevano una delle cose che ricordava con maggior piacere di lui: non era cambiato, ma le parve avesse in più una nota amara. Tra le mani dell’uomo comparve una rosa bianca bellissima, che le tese con un certo imbarazzo.
- L’ho cercata tanto, professoressa, da quando ho saputo che era rientrata a Londra.
Non l’ho mai scordata e non ho mai dimenticato il suo sorriso! – disse, guardandola serio.
- Nemmeno io, Severus. Conservo ancora la tua lettera, quella che mi scrivesti prima che io ripartissi; quanti anni sono passati, ne ho perso il conto… ma ormai ora posso finalmente confessarti che mi fece versare lacrime abbondanti, da brava, sciocca zitella sentimentale quale ero! - rise piano, la vecchia insegnante, prendendo in mano il fiore e ne inspirò quasi con reverenza il delicato profumo. L’uomo la guardò a lungo, lasciando per qualche secondo che un’espressione di gratitudine gli addolcisse l’espressione chiusa, e un sorriso riconoscente e bellissimo perdurasse finalmente sulle labbra troppo abituate a sostenere una piega amara.
- Grazie: questa rosa è incantevole. – disse, commossa per tutto ciò che le stava accadendo. - Come stai, adesso? Hai tutta l’aria di essere diventato davvero un Mago importante: i miei pronostici si sono dunque avverati? – aggiunse, osservandolo compiaciuta.
Severus inclinò il capo, come a riflettere su qualcosa di molto lontano. Sulle labbra affilate, tornate a serrarsi, aleggiò una specie di smorfia.
- In un certo senso… sì. E lei è una delle persone a cui devo quello che ho raggiunto, anche se sempre e comunque soffrendo, come è evidentemente scritto nel mio destino. - dichiarò in tono neutro.
- Severus…- mormorò la donna, scrutandolo attentamente, e provò ancora la stessa pena sottile, di quando, tanti anni prima, le capitava di trovarlo in un angolo, triste e solo, con le lacrime agli occhi.
- E’ vero, tutti abbiamo un destino segnato, purtroppo, nonostante ci si illuda di frequente di poter fare delle scelte autonome nella vita. Ma tu, devi raccontarmi qualcosa. - proseguì, fissandolo fermamente negli occhi.
- Ricorda la storia del calabrone, professoressa? - iniziò lui, parlando piano, lasciando vagare lo sguardo sulle pareti calde della stanza e sui quadri ricamati che vi erano appesi.
- Ebbene, il calabrone ha desiderato e cercato fortemente di volare più in alto che poteva e… si è bruciato le ali. E’ qualche tempo che ho tanto bisogno di parlare con qualcuno di ciò che ho qui dentro. A volte non respiro più… - continuò, lentamente, posandosi una mano sul petto mentre lo sguardo diveniva impenetrabile. - E credo che l’unica persona con cui voglia e possa farlo sia lei!
Emily Goodluck annuì, sorridendo dolcemente, e gli indicò con la mano una delle due poltrone gemelle davanti al fuoco, invitandolo a sedersi.
Se anche si sentì molto turbata dal suo atteggiamento, decise di non darlo assolutamente a vedere. Se anche sentì mille domande salire alle labbra, decise di non formularle.
- Vado a preparare un po’ di thè, abbi pazienza solo qualche minuto. – e trotterellò in cucina, lasciandolo solo a guardarsi intorno, in quel salotto che sapeva di cose antiche, buone e rassicuranti.
Dopo qualche minuto erano lì, seduti davanti alle fiamme che scoppiettavano allegre nel camino, con una tazza di thè fumante in mano, strana e improbabile coppia di maghi al dì là di ogni tempo e luogo: l’uno nero, misterioso e un po’ inquietante, dall’aria severa e inflessibile, l’altra amabile, florida donna di una certa età, dal viso dolce e il sorriso materno.
Lui parlò ininterrottamente, come mai gli era capitato di fare prima di quel momento e lei lo ascoltò, molto attentamente, senza quasi mai interromperlo, fino all’ultima parola.
 
Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27930 views
  Share