Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 6° Turno
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Storia n.3 - Cruciatus5 [41.67%]
Storia n.4 - Hero4 [33.33%]
Storia n.1 - Grifondoro2 [16.67%]
Storia n.2 - Lama di verità1 [8.33%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 6° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 17:13 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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- Hero di pingui79



Alla luce del sole che splendeva fuori dalla finestra in un grande globo aranciato, l’incarto della Cioccorana si illuminò di riflessi impalpabili. Anche quello sarebbe finito nella sua collezione, gelosamente custodita in una vecchia scatola di latta che da bambino aveva dipinto all’esterno con i colori dell’arcobaleno.
Sollevò gli occhi dall’involucro che profumava ancora di dolce, per fissarli in quelli di sua madre che canticchiava sommessamente tra sé masticando la cioccolata. Era un involucro di altra portata, non vuoto però: la folle lucidità in cui era rinchiusa la sua mente aveva talvolta una logica capace ancora di sorprenderlo.
Nel corso degli anni il dolore che provava nel varcare la soglia di quella stanza si era trasformato, diventando più maturo e consapevole del sacrificio dei suoi genitori. Anche per questo motivo i giorni in cui si era sentito immeritevole di portare quel cognome si erano moltiplicati come sotto l’effetto della Maledizione Gemino. Ma non in quel momento, in cui si sentiva orgoglioso di essere se stesso, nonostante l’irreversibilità della situazione che continuava a regalargli un nauseante senso di impotenza.
Il silenzio, in quella stanza al quarto piano del San Mungo, si allungò oltre i limiti consentiti dall’umana sopportazione, come un elastico teso fino al suo punto di rottura.
Si mise il tasca il cartiglio e si congedò, non riuscendo a trattenere un sorriso di fronte all’espressione così infantilmente buffa di suo padre, intento a scambiarsi occhiolini e saluti con la figurina di Albus Silente.
Nel corridoio deserto ignorò le richieste di uno stralunato Allock che insisteva per regalargli una sua foto autografata; per sua fortuna, una Guaritrice solerte con un cerchietto di lamé nei capelli venne a recuperare lo smemorato paziente e lo ricondusse nella stanza privata concessagli da qualche mese perché importunava troppo gli altri degenti.
Appoggiò la fronte alla grande finestra di fronte alle scale, stringendo l’involucro che aveva in tasca. Gli sarebbe tanto piaciuto ricevere dai suoi genitori una vera manifestazione d’affetto che fosse altra da quella della carta di un dolciume.

***



Bianco, bianco, noiosissimo bianco. Ne era circondato e l’unica salvezza era il colore del cielo fuori dalla finestra. Bianche le pareti, i tendaggi, il comodino e la sedia, ma soprattutto l’orripilante vestiario che osavano chiamare camice.
Miss Confetto Ambulante entrò senza bussare, come era sua abitudine, trillando calorosamente un saluto.
Miss Confetto Ambulante altri non era che la Guaritrice che si occupava di lui: una donnina di proporzioni non proprio minute e dai modi un po’ bruschi; l’aveva soprannominata così perché perennemente vestita e accessoriata di bianco da capo a piedi. Sicuramente c’era il suo zampino nell’arredamento della stanza che era stata riservata solo per lui, al quarto piano, in modo da depistare giornalisti e curiosi appostati ovunque fuorché là.
La donna cominciò a dettare sottovoce prescrizioni varie e la piuma autoscrivente – ovviamente bianca – si mise a correre veloce sulla pergamena. Quand’ebbe finito, chiese con il consueto vocione squillante:
« Professor Piton, la vuole sentire una bella notizia? »
Severus si astenne dal fare commenti sagaci solo perché – doveva riconoscerlo – la Guaritrice sapeva perfettamente il fatto suo: in meno di quattro settimane era stata in grado di rimetterlo completamente in sesto dopo il devastante morso di Nagini.
Anche questa volta la donna non attese risposta e proseguì allegramente:
« Sono lieta di comunicarle che la sua permanenza tra noi non è più necessaria. Ammetto che un po’ mi dispiace » un momento… era un occhiolino quello? « Ma lei si merita di ricominciare una nuova vita. »
Tolse prontamente dalla tasca un piccolo borsino, che fu ingrandito velocemente con un Engorgio. Severus sbatté le palpebre, incredulo di fronte a tale grazia piovuta dal cielo. Guardò alternativamente la donna e la grande borsa che era stata poggiata sulla sedia, aprendo e chiudendo la bocca ripetutamente senza trovare nulla da dire. Quando gli furono messe davanti al naso la sua bacchetta e la pergamena contenente le prescrizioni mediche necessarie alla convalescenza, scoprì di essere rimasto senza nemmeno una parola. Evento più unico che raro.
Un attimo dopo la Guaritrice sparì con un sorriso ed un altro occhiolino.
Strinse le lenzuola tra le mani e contò lentamente fino a tre prima di catapultarsi fuori dal letto e gettarsi sulla borsa come una bestia famelica che non vede una preda da tempo immemore. Immerse con gioia le mani nella morbida stoffa nera del mantello, accolse i suoi abiti con un sincero tripudio che traspariva dal brillio intenso dei suoi occhi d’ebano. Avrebbe quasi voluto lasciarsi andare a puerili manifestazioni di gioia, ma aveva pur sempre una dignità da difendere.
Quando l’ultimo bottone della manica della giacca si chiuse sul suo avambraccio sinistro, tornato immacolato in modo lento e definitivo, sentì come un peso che gli veniva tolto definitivamente dal petto. Si rimirò nel riflesso della finestra, rendendosi conto di aver ritrovato una parte di sé. Fu però nello stringere finalmente in mano la sua bacchetta, che provò un senso di benessere e di spaesamento.
Già… e ora?
Ci aveva riflettuto spesso nelle lunghe ore di solitudine che erano state le sue compagne preferite nella degenza.
Era finita, i buoni avevano vinto. Ma di lui, cosa ne sarebbe stato?
Sapeva di essere conteso dall’intero mondo magico, Minerva glielo aveva riferito durante l’abituale visita del sabato mattina. Professori di Hogwarts, studenti, giornalisti, membri del Ministero… tutti volevano vederlo, chi per intervistarlo, chi per ingraziarselo, chi semplicemente per chiedergli scusa per aver dubitato di lui.
La realtà era che per il momento voleva semplicemente rimanere solo e prendere in mano la sua vita.

***



Vedere Paciock lo mise quasi a disagio.
Fronte appoggiata al vetro, mano stretta a pugno nella tasca dei pantaloni, il ragazzo tremava. Scosso da una rabbia a cui non c’era alcun rimedio, Severus immaginava il motivo, sapendo chi altri dimorava da anni in quel piano.
Provò una sincera pena per lui.
La vita non è giusta e ci sono in ogni dove persone e situazioni che non mancano mai di ricordartelo.
Avrebbe potuto scivolargli alle spalle, allontanarsi senza che se ne accorgesse, senza degnarlo di uno sguardo o di una parola. Era già molto l’imbarazzo per essergli praticamente svenuto in braccio, nel cunicolo che dalla Stamberga portava al Platano Picchiatore, dopo l’intervento di Fanny avvenuto quasi fuori tempo limite. Beh, sarebbe potuta andare peggio, ammise: del drappello di studenti che erano accorsi credendo di recuperare un cadavere, avrebbe potuto perdere conoscenza per l’estrema debolezza proprio tra le braccia di Potter. Serrò le mascelle, cacciando con veemenza quell’orrida visione.
Fu tentato di fare finta di nulla e separare definitivamente la sua strada da quella di chiunque gli ricordasse Hogwarts ed il suo passato.
Ma non lo fece.
Si accostò alla grande finestra, osservando il cielo che ad est si tingeva di blu.

Neville sollevò la testa e un moto di terrore corse come un brivido freddo lungo tutta la sua colonna vertebrale. Quei due occhi neri come la notte che si riflettevano sul vetro non si sarebbero potuti confondere con quelli di nessun altro. Si congelò sul posto, indeciso se iniziare una conversazione – e come, poi, con i soliti convenevoli? – o se mantenere prudentemente un atteggiamento silenzioso.
Severus contemplò con un ghigno l’espressione spaurita di Neville. Faccio ancora paura, pensò con una punta di soddisfazione.
« P-Professor Piton. » balbettò il giovane in segno di saluto.
Lui rispose con un cenno del capo, guardandolo direttamente in viso. Neville non trovò niente di meglio da fare che deglutire vistosamente, tuttavia trovò subito il coraggio di fissare il suo ex professore dritto negli occhi con espressione che Severus classificò come un atteggiamento tipicamente Grifondoro.
Ancora silenzio, in quella che sembrava una gara di sguardi.
Fino a quando Piton fece un altro cenno del capo e si allontanò in direzione delle scale.
« Non le conviene andare da quella parte. » pronunciò a sorpresa il ragazzo.
Severus si bloccò presso la porta a vetri, colto alla sprovvista da quell’affermazione, il sopracciglio inarcato che chiedeva spiegazioni.
« All’entrata principale c’è un drappello di giornalisti che sosta da tre settimane. »
« Paciock, ti sembro così sprovveduto? » domandò Piton con serica voce.
« Quindi lei sta pensando di usare l’uscita secondaria, giusto? »
« Certo che no, sto pensando di farmi un giro turistico per il San Mungo. »
Neville si lasciò andare ad una bassa risata. Nonostante quell’uomo gli incutesse ancora un sano timore, non se la sentiva di lasciare che avvoltoi armati di piume, block notes e macchine fotografiche lo accerchiassero disturbando il suo bisogno di tranquillità. Anche lui aveva subìto assalti inopportuni nei giorni passati e ne aveva provato sincero fastidio.
« All’uscita secondaria c’è Rita Skeeter mimetizzata tra i cespugli, si è appostata sotto i rami della siepe di fronte all’uscita. L’ha scoperto Hermione. »
Quella rivelazione spiazzò Severus, costringendolo a ridimensionare i suoi piani. Pur essendo abbastanza in forze per smaterializzarsi non aveva nessuna voglia di incrociare petulanti giornalisti prima di riuscire a sparire dalla circolazione.
« Vuole andarsene senza essere notato? »
Neville osservò Piton ponderare con calma la sua implicita offerta di aiuto. Quando il mago infine annuì, sorrise apertamente.
« Allora mi segua, professore. »
Percorsero fianco a fianco le corsie del piano, senza parlarsi. I Guaritori e le Guaritrici che incontravano rivolsero a lui calorosi cenni di saluto, a Neville dissero arrivederci. Con la coda dell’occhio, Severus notò che il ragazzo non mancò di incupirsi.
Quando sbucarono in un corridoio deserto e senza uscita, Neville si diresse spedito verso la parete in fondo, dove campeggiava un enorme quadro raffigurante uno scalpitante centauro Chirone che trottava in un prato impugnando una lira.
« Pharmakon. » pronunciò Neville con voce ferma.
Il centauro fece un garbato inchino, pizzicò le corde dell’antico strumento e la cornice del quadro si aprì armoniosamente come una porta. Il giovane fece strada a Severus e cominciò a scendere per un’ampia scalinata a chiocciola che si muoveva da sola, similmente a quella che a Hogwarts portava allo studio del Preside. Neville precedette ogni domanda e si affrettò a spiegare.
« Queste scale sono utilizzate e conosciute solo dal personale del San Mungo. C’è un accesso nascosto in ogni piano, in questo modo i Guaritori possono muoversi velocemente senza farsi strada tra i visitatori che spesso intralciano gli spazi pubblici. »
Severus fu apertamente curioso.
« Se sono a solo uso del personale, perché tu ne sei a conoscenza? »
« È stata la Guaritrice che si è occupata di lei, professore. Per evitare che i giornalisti alle entrate ci assalissero e scoprissero dove stava, mi ha riferito di questo passaggio. Io l’ho fatto vedere ad Harry e alla professoressa McGranitt e così abbiamo depistato i curiosi. » Neville parlava pacatamente, con la schiena all’indietro e le mani in tasca, lasciandosi trasportare dai gradini mobili. « Loro arrivavano da qui, io entravo dalla porta principale. I giornalisti si sono stancati presto con i tentativi di intervistarmi e nessuno si è mai sognato di seguirmi: chi vorrebbe vedere con i suoi occhi le conseguenze delle lesioni permanenti da incantesimo? »
Terminò la frase con un’alzata di spalle ed un sorriso tirato. Severus proseguì a guardarlo in tralice, ammirandone in silenzio la forza d’animo.
Il piccolo bambino timido ed impacciato, impaurito persino dalla propria ombra, era cresciuto. Aveva davanti un giovane che aveva saputo lottare per i suoi amici, resistendo in tutti i modi alla bieca pazzia dei Carrow.
A modo suo, Neville Paciock si era comportato da eroe. Oh, quante volte lo aveva segretamente invidiato, durante il suo anno di presidenza! Il Grifondoro in certi momenti era stato la voce che lui non poteva avere: rigettava palesemente e senza maschere il comportamento dei Mangiamorte, si scagliava a difesa di Hogwarts – della loro Hogwarts – senza tentennamenti di sorta, manifestava tutta la sua avversione all’Oscuro Signore e la sua fedeltà ad Albus Silente.
Tutte cose che lui, il traditore, non aveva mai potuto fare. Neville aveva agito pubblicamente, Severus aveva sempre privatamente approvato, anche se la preoccupazione costante per l’incolumità del ragazzo gli era costata notti insonni a perlustrare i corridoi.
La scala a chiocciola arrivò alla fine contemporaneamente alle riflessioni di Severus. Neville fece nuovamente strada, aprendo una porticina e sbucando in un largo corridoio semibuio, illuminato in alto da piccole finestre quadrangolari.
Un profumo di zuppa di piselli, salsicce e patate arrosto aleggiava nell’aria ed un suono ovattato di stoviglie proveniva da qualche parte alla loro destra. Il brontolio dello stomaco del Grifondoro si fece sentire, simile al borbottio sommesso di un trombone afflitto. Pur nella semioscurità vide il ragazzo farsi rosso in viso.
Neville ridacchiò scuotendo la testa, mentre Severus alzava teatralmente gli occhi al cielo.
« Per di qua, professore. » esclamò incamminandosi verso destra. Man mano che avanzavano il buono odore di pietanze si fece sempre più intenso, solleticando le narici di entrambi.
Severus si diede mentalmente dello stupido, poiché a tutto aveva pensato tranne alle cucine del San Mungo, la cui ubicazione era conosciuta solo dal personale e dagli elfi che vi lavoravano. Arricciò infine le labbra, poco convinto di fronte al quadro che nascondeva l’entrata; rientrava nel genere che sarebbe piaciuto moltissimo ad Albus: una natura morta piuttosto vivace, in cui mele e pere giocavano a girotondo attorno ad un portafrutta vuoto. Neville batté tre colpi ravvicinati di bacchetta sulla cornice: quando l’ultimo frutto tornò al suo posto nel recipiente con un balzo, il quadro scivolò di lato.
Il loro olfatto fu aggredito da un’enorme quantità di aromi, mentre gli occhi di Severus quasi non sapevano dove soffermarsi per osservare il brulichio operoso degli elfi che correvano da una parte all’altra.
Neville procedette spedito verso l’uscita, desideroso di intralciare il meno possibile e si voltò per accertarsi di essere seguito solo in un secondo momento. Vide Piton un po’ più indietro osservare ogni cosa con sincera attenzione e procedere al tempo stesso con incedere maestoso ed elegante, ben attento a non ostacolare il lavoro di quelle piccole creature. Uno sbuffo di vapore proruppe nelle vicinanze e per il ragazzo fu come ritrovarsi tra i fumi dei calderoni nella luce fioca dell’aula di Pozioni, dove l’austera presenza del professore incombeva sulle loro teste chine a polverizzare zanne di serpente.
Ebbe nostalgia di quel periodo, nonostante tutto.
Nonostante i continui rimproveri e le estenuanti punizioni, meritate, dato che lui era un completo disastro ambulante e disorganizzato in Pozioni; nonostante le battute di scherno che gli piovevano addosso spesso e volentieri; nonostante le occhiate mai amichevoli.
Aveva avuto terrore di Severus Piton per sei lunghi anni, fino al momento in cui un Anatema che Uccide non era stato pronunciato sulla Torre di Astronomia. Da quell’istante la paura si era mutata in puro disprezzo pronto a surclassare ogni emozione precedente; nel corso dell’anno appena terminato aveva fatto di tutto per rendere la vita impossibile a colui che credeva uno sporco traditore, senza risparmiarsi e senza cedere a causa delle molteplici Cruciatus.
La verità nuda e cruda era che quell’uomo lo aveva temprato più di chiunque altro. Volente o nolente, Severus Piton era stato il suo miglior nemico, colui lo aveva costretto ad uscire dal guscio di timidezza e goffaggine. Certo, a distillare pozioni sarebbe sempre stato un disastro, ma almeno ora era in grado di guardarsi allo specchio ed accettarsi per quello che era, anche grazie a quei trascorsi.

« Esistono molti tipi di coraggio. Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. »

Le parole di Silente riecheggiarono improvvise, facendo capolino dai suoi ricordi.
Lui si era sentito in colpa per giorni interi con Harry, Ron ed Hermione, anche dopo quella memorabile cena di fine anno. Ed era stato un atto di poco conto, tutto sommato.
Ma quell’uomo, quanto doveva aver sofferto per aver obbedito ad un ordine del Preside? Quanto dolore gli era costato affrontare un amico in quel modo e quanto coraggio nel pagarne tutte le conseguenze?
Neville guardò il professore colmare la distanza che li separava con lunghi ed eleganti passi. Lo ammirò con profonda sincerità e commozione. Mai, nemmeno dopo cent’anni di pratica, lui avrebbe avuto la sua statura morale: Piton era un vero eroe. Era l’esempio di come si potesse cadere e rialzarsi una spanna sopra tutti gli altri.
Severus lo raggiunse e poco dopo uscirono da una piccola porticina di legno che li costrinse a chinarsi per passare.
L’aria piacevolmente fresca delle sere di inizio giugno li accolse, assieme al profumo intenso di un gelsomino in fiore che si arrampicava lungo le inferriate di un vecchio cancello arrugginito davanti a loro. L’imbrunire era ormai avanzato e ad ovest sopravviveva solo una timida striscia di arancione.
Neville indicò il cancello:
« Funziona come la barriera per il Binario 9 e ¾, basta passarci attraverso. »
Detto fatto. Severus si guardò attorno, constatando che si trovavano a più di cento metri dai grandi magazzini in cui si celava l’ospedale; alle sue spalle c’era soltanto il vecchio cancello di una palazzina che sembrava aver visto tempi migliori.
« Beh, a quanto pare il giro turistico per il San Mungo lo ha fatto sul serio. » esclamò Paciock con un sorriso imbarazzato.
Vero. E gliene era persino grato.
Neville lo sorprese ancora una volta: la mano tesa del ragazzo era inequivocabile, così come lo sguardo colmo di gratitudine.
« Professor Piton, per me è stato un onore averla come insegnante. »
« Non credo di poter ricambiare, Paciock: averti come studente a Pozioni è stato tutto fuorché un piacere. » Come studente a Pozioni, soltanto, sì. Poiché averlo come alleato contro i Carrow, anche se senza saperlo, era stato davvero un onore: quel ragazzo si era guadagnato il suo sincero rispetto.
Neville sembrò cogliere il non detto, perché sorrise apertamente. La mano tesa era ancora lì: una parte del suo passato insisteva per una riconciliazione. Severus la accettò, salutando poi con un cenno del capo.
Il Grifondoro rimase ad osservare Severus Piton che si allontanava lungo la strada. Sottovoce, gli augurò con genuino affetto una lunga vita incredibilmente felice.
 
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64 replies since 1/6/2012, 10:45   1106 views
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