Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 6° Turno
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Storia n.3 - Cruciatus5 [41.67%]
Storia n.4 - Hero4 [33.33%]
Storia n.1 - Grifondoro2 [16.67%]
Storia n.2 - Lama di verità1 [8.33%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 6° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 16:48 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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- Grifondoro di Ele Snapey





- Stai molto attento, Paciock! Se la pozione non diventerà arancione entro due secondi, trasformerò te e il tuo rospo in enormi scarafaggi puzzolenti della Birmania!
- No, no, no, la prego professor Piton, la prego non lo faccia… pietà…
L’insegnante gli mosse incontro inesorabile, minaccioso, assumendo gradualmente le sembianze smisurate e orripilanti di un gigantesco pipistrello-vampiro dai canini acuminati.
E quando la sua ombra immensa scivolò totalmente su di lui, oscurando anche il più piccolo spiraglio di luce, lo udì pronunciare con voce sepolcrale.
- Signor Paciock, conterò fino a tre, poi…
Neville si svegliò in un bagno di sudore, frugando la penombra con sguardo spaventato, e cuore che batteva impazzito. Dopo qualche secondo si rese conto di essere al sicuro, nel proprio letto; distinse perfino il baule con i calzini e la divisa riversi sul coperchio bombato, dopo che, la sera prima, ve li aveva fatti planare sopra da notevole distanza. Alla sua destra percepì il confortante russare di Ron, e si rilassò definitivamente.
Ecco, gli era capitato di nuovo. Quell’incubo ormai ricorreva spesso, soprattutto quando si trovava in condizioni di stress.
Forse avrebbe dovuto rivolgersi a Madama Chips e farsi dare qualcosa per tranquillizzarsi, anche se era sicuro che gli avrebbe risposto, sbrigativamente, di come “ i bambini non hanno bisogno di prendere porcherie di alcun genere!”
Invece, secondo la sua teoria, non gli avrebbe fatto poi così male, ogni tanto, qualcosa di forte da buttar giù, anzi: l’avrebbe aiutato a crescere un po’ più sicuro e un po’ meno ansioso.
Se solo fosse stato naturalmente predisposto allo studio delle Pozioni; ora non si sarebbe trovato a fissare il baldacchino sopra la propria testa, con il pensiero angosciato rivolto alle lezioni di quel pomeriggio.
Gli accadeva ormai dal primo anno, quasi regolarmente, ad ogni vigilia con il professor Piton: precipitava in uno stato di ansia fin dal giorno precedente, e sogni orribili venivano a tormentarlo la notte stessa.
Fortunatamente, a precedere l’incubo, ci sarebbero state le due ore di Difesa Contro le Arti Oscure tenute dal nuovo insegnante, che sembrava essere molto disponibile e simpatico.
Con quella consolante prospettiva in testa, si rigirò su un fianco e riprese sonno.

****



Il professor Lupin gli aveva fatto cenno di provare. Sì, era proprio a lui che si era rivolto, sorridendo, perchè proseguisse nell’esercizio pratico.
Inizialmente si era schermito, avvampando, certissimo di non essere pronto ad affrontare qualunque cosa fosse uscita da quell’armadio.
Ma l’insegnante lo aveva incoraggiato amabilmente e, perdinci, ce l’aveva fatta, eccome se ce l’aveva fatta!
Neville sorrise, trasognato, mentre percorreva il tratto che separava l’aula di DADA dai Sotterranei: era riuscito a trasformare il proprio Molliccio, anche lui come gli altri, e in quel momento si sentiva terribilmente fiero dell’impresa.
Giunse, quasi inconsciamente, all’imbocco delle scale che correvano giù, verso le viscere del castello.
Fu quando iniziò a scenderle che tornò in sé: l’aula di Pozioni lo stava aspettando in fondo alle segrete, assetata del suo sangue, e dentro avrebbe senz’altro già trovato ad attenderlo anche il suo spietato ministro di culto pozionistico, perché si rese conto di essere in ritardo, dopo che si era attardato a recuperare, nel proprio baule, l’ampollina millimetrata dimenticata.
Trascinandosi penosamente appresso la pesantissima sacca con i libri e le provette, allungò il passo, rischiando di inciampare in uno dei lacci che gli si era arrotolato attorno alla caviglia destra.
Giunse con il fiatone, riuscendo a sgusciare in classe per miracolo, un attimo prima che l’uscio si richiudesse.
I compagni, posizionati ai rispettivi calderoni, si voltarono a guardarlo in silenzio.
Neville fece correre lo sguardo ansioso fino in cima all’aula, e inquadrò la familiare figura, tenebrosa e inquietante, già piazzata accanto alla lavagna.
- Ah… ben arrivato, signor Paciock.
Bastarono quelle poche, semplici paroline pronunciate senza alcuna inflessione, per farlo sentire un topo in trappola.
- Buongiorno… Signore…. Scusi il… ritardo… Signore… - farfugliò con vocina flebile.
Piton scese il gradino della pedana e, esattamente come nell’incubo, avanzò imperturbabile, nel silenzio d’oltretomba.
Neville sentì il volto andare a fuoco: l’unica differenza, rispetto al sogno, era che l’insegnante non stava subendo alcuna trasformazione. Il clima di terrore però era lo stesso, con l’aggravante di come tutto ciò non fosse frutto della fantasia.
Considerò, disperato, che stavolta non gli sarebbe bastato un Riddikulus per salvare la cotenna.
- Sapete perfettamente, tutti, come la puntualità sia una delle regole su cui non transigo… – sentenziò, con calma raggelante, rivolto in generale alla scolaresca, ma dedicando solo a lui la terribile occhiata che avrebbe steso un drago.
– Fila. Al. Tuo. Posto!
Neville obbedì immediatamente: il “non dover ripetere due volte lo stesso concetto”, era un’altra delle regole su cui il Maestro di Pozioni non transigeva. Schizzò alla velocità del suono al proprio banco, vicino a quello di Hermione Granger: un’ottima scelta strategica.
Piton iniziò a spiegare, senza curarsi se Paciock fosse pronto o meno a seguire, proprio nel momento in cui questi sparpagliava sul tavolo il contenuto della sacca, alla ricerca del materiale che gli sarebbe servito.
Neville interruppe l’attività quando avvertì su di sé lo sguardo letale.
- Hai finito di disturbare la lezione, Paciock? – domandò l’insegnante, in un tono soave alquanto preoccupante.
- Sissignore… certo Signore… mi scusi Signore… - balbettò l’altro, senza osare alzare gli occhi dalla roba sparsa sul banco.
- Vorrà dire che ogni minuto che ci farai perdere, si tradurrà in ore di punizione che trascorrerai a pulire, con lo spazzolino da denti, l’intera quantità di barili di lumache e rospi cornuti conservati nel deposito del Sotterraneo!
Partirono sghignazzi, neanche troppo contenuti, da parte di Serpeverde, e Neville ebbe voglia di sprofondare ancora più giù, fino alle fondamenta.
Finalmente l’esercitazione, come gli dèi vollero, prese il via: anche Neville, in ritardo, riuscì in qualche modo a iniziare la preparazione della pozione.
Come di consueto, la tensione gli mandò ben presto in corto circuito i centri nervosi: ogni volta che Piton gli passava accanto, lanciando occhiate criptiche al contenuto del calderone, partivano palpitazioni e sudori freddi.
Tuttavia cercò di concentrarsi sul proprio lavoro di sminuzzamento e rimestamento, già rassegnato al fatto che, prima o poi, avrebbe commesso l’errore fatale che avrebbe mandato in malora l’intero preparato.
Ogni tanto lanciava un’occhiata ansiosa verso l’insegnante, pensando a come avrebbe pagato qualsiasi cosa per avere la sua stessa, straordinaria competenza in Pozioni ed Arti magiche.
Se così fosse stato, non si sarebbe trovato di continuo in situazioni estremamente imbarazzanti, o umilianti!
Il professor Piton lo terrorizzava oltre modo ma, allo stesso tempo, esercitava su di lui un fascino ambiguo e inspiegabile; era sì spaventato, ma anche incantato dalla forza soggiogante che avvertiva provenire dalla sua persona.
Perciò cullava da sempre un piccolo, grande sogno, che non aveva mai avuto il coraggio di confessare nemmeno a se stesso: quello di poter godere della sua ambita fiducia.
Non aveva fatto in tempo a conoscere suo padre: era cresciuto con Nonna che, certo, cercava di spronarlo e non gli aveva mai fatto mancare affetto e attenzioni ma… chissà come sarebbe stato avere accanto una figura maschile, forte e vigorosa, a guidarlo e sostenerlo.
La mente prese il largo su improbabili scenari nei quali il professor Piton lo chiamava a sé accanto alla cattedra, lodandolo pubblicamente di fronte alla classe per aver realizzato un perfetto Distillato di Morte Vivente, senza alcun aiuto; ma, mentre la fantasia lavorava alacremente, le mani si dissociarono dall’attività cerebrale.
Si accorse del denso fumo nero e del sibilo sinistro, solo quando vide la sagoma dell’insegnante, altrettanto nera a minacciosa, che si precipitava verso di lui.
Con un rapido tocco di bacchetta Piton evitò per un soffio l’ennesimo disastro.
- Potrei sapere che cosa stesse passando per quella tua zuccaccia vuota, quando hai aggiunto l’estratto di Dionaea Muscipola prima di lasciar raffreddare il composto? – sibilò, con le pupille che sfavillavano di un bagliore allarmante.
Il ragazzo deglutì, e rimase in silenzio, dondolandosi da un piede all’altro: stavolta lo avrebbe infilato a testa in giù direttamente nel pentolone, ma lui non avrebbe rivelato ciò a cui stava pensando, mai, nemmeno se gli avesse fatta bere l’intera pozione!
Chinò il capo, raccogliendo le proprie cose, mentre Piton si allontanava, disgustato, per continuare a seguire gli altri preparati; Hermione gli rivolse qualche parola di conforto, e Neville le indirizzò un timido sorriso, pensando tristemente a come la realtà fosse mille miglia lontana da quanto a volte gli passava per la “zuccaccia vuota”.
La sua lezione era finita, anche quella volta con la solita T di Troll.

****



Odiava la fine del primo quadrimestre: era il momento in cui gli toccava sedersi a tavolino per compilare le schede di valutazione di metà anno, e il dover redigere pareri su studenti che, nella maggior parte dei casi, considerava teste imbottite di segatura, lo annoiava profondamente.
Per fortuna, sussisteva anche il sottile piacere di esprimere giudizi caustici e demolenti verso soggetti particolarmente negati in Pozioni.
Il professor Piton era seduto al lungo tavolo di mogano della Sala Insegnanti deserta: l’unica altra presenza silenziosa, e altrettanto concentrata sul proprio lavoro, era quella della professoressa Sprite.
Afferrò uno dei registri, impilati ordinatamente alla propria destra. Terzo anno Grifondoro.
Socchiuse gli occhi e un impercettibile sorrisetto maligno affiorò sulle labbra: ecco, quello era giusto un caso in cui avrebbe potuto tranquillamente assegnare un solo giudizio positivo su tutta la classe, e cioè alla petulante Hermione Granger (seppur a malincuore).
Per il resto c’era poco da riflettere su che voti dare, in un ambiente dove proliferavano elementi come Potter, Weasley, Finnigan, e Thomas ma, soprattutto, Paciock. Uno S.P.N.i.P, appunto: Soggetto Particolarmente Negato in Pozioni, ma anche in “Come Si Affronta la Vita”.
Il ragazzo era un perdente e la nuova, catastrofica valutazione che si stava apprestando a stilare, non sarebbe stata diversa da quelle che la avevano preceduta.
Fissò pensieroso il nome scritto sul registro: come non sopportava la sua aria da bamboccio terrorizzato! E non solo perché era negato nei confronti di una materia che lui amava e considerava un’eccellenza ma, anche e soprattutto, perché non riusciva a perdonargli l’atteggiamento di supina arrendevolezza di fronte alle difficoltà.
In tre anni non aveva fatto il minimo progresso, nonostante egli avesse cercato di motivarlo con una certa energia (a volte forse un po’ troppa, in effetti).
Paciock aveva sempre rinunciato a reagire, scegliendo di chiudersi in un mondo tutto suo dove non fossero previste regole precise, autodisciplina, fortezza di spirito; e più lo vedeva debole, indifeso e rassegnato, più sentiva crescere dentro la spinta ad infierire su di lui.
A stento, si era spesso trattenuto dalla tentazione di scrollarlo fisicamente: per uno che la vita aveva tentato di piegare milioni di volte, quell’aria sottomessa da perenne sconfitto era intollerabile.
Impugnò la piuma d’oca, nello stesso istante in cui la Sprite si alzava dall’altro capo del tavolo per dirigersi verso l’armadio dei registri. Passandogli accanto, la donna gettò un’occhiata a quello che stava vergando con precisione sulla Pergamena dei Giudizi.
Istintivamente fece scattare il braccio, con quel gesto un po’ infantile di quando, a scuola, non voleva che i compagni copiassero.
- Sii un po’ più indulgente con lui, Severus. – si arrischiò, timidamente, l’insegnante di Erbologia.
Le scoccò un’occhiata che avrebbe surgelato un iceberg: come osava, quel donnino grottesco, impicciarsi delle sue valutazioni scolastiche?
- Neville è uno studente volenteroso… - continuò, più incerta. – E sensibilissimo. Da me ad esempio è il primo della classe, ha amore e cura particolari per erbe, piante e…
- Non mi interessa affatto di quanto sia bravo a crescere vegetali, Pomona. – la interruppe, glaciale.
- Beh… ehm… comprendo benissimo come qualche difficoltà in Pozioni sia…
- Paciock non ha qualche difficoltà in Pozioni, cara collega: Paciock è il fallimento totale di ciò che qui dentro ci si ostina a voler considerare un mago! – replicò, tagliente.
La Sprite arrossì, mortificata, astenendosi dal replicare, poi fece l’atto di avviarsi verso l’armadio; dopo qualche secondo di tentennamento ci ripensò, e tornò alla carica.
- Io credo che quel ragazzo abbia bisogno anche e soprattutto della tua comprensione… - sostenne, temeraria. – Sai benissimo in quale realtà non facile sia cresciuto: per quanto Augusta abbia sempre cercato di fare del suo meglio, a Neville è mancata una figura maschile di riferimento, e questo ha certamente contribuito a indebolirne il carattere.
Piton la fissò imperturbabile, con occhi privi di espressione.
- Anche per me la realtà non è stata facile. - concluse, asciutto e, considerando chiuso l’argomento, si concentrò di nuovo sul proprio lavoro.

****



Stava fissando il Pensatoio da alcuni minuti; immobile, immerso in profonde riflessioni, avvertiva appena, alle proprie spalle, la quieta presenza del ritratto di Albus.
I giorni correvano verso l’epilogo, come in un inesorabile countdown… ma quante cose doveva ancora sistemare, prima che arrivasse la fine!
La preoccupazione ricorrente era, ormai, di non avere più a disposizione tempo sufficiente, e il suo unico assillo di non riuscire a portare a termine per intero il compito affidatogli: per lui, condannato ad un unico destino, non era rilevante il pensiero di ciò a cui stava andando incontro, ma la paura di lasciare qualcosa di incompiuto che si sarebbe rivelato di vitale importanza.
Lo riscossero il suono di passi concitati, accompagnati da un molesto vociare, appena fuori dalla porta dello studio.
Severus tornò a sedersi alla scrivania, appena prima che un paio di colpi urgenti fossero battuti all’uscio.
- Avanti.
Il battente si spalancò e apparve la figura tozza e volgare di Alecto Carrow, seguita dal fratello, intento a strattonare all’interno della stanza un Neville Paciock piuttosto malconcio.
Gli si bloccò il respiro per un istante, mentre osservava il volto tumefatto del ragazzo tenuto saldamente per la collottola da Amycus.
- Che cosa succede? – mormorò, controllato, puntando lo sguardo gelido sulla donna.
- Succede che questo piccolo, impudente sovversivo continua a dare problemi, preside Piton!
- Stavolta si è permesso di mancarle di rispetto in classe…- intervenne Amycus, con un cenno rivolto alla sorella. – Abbiamo già provveduto a dargli una piccola dimostrazione di come non si deve più azzardare... – ringhiò, indicando il taglio sotto l’occhio pesto di Neville.
- Ma forse è un po’ tardo di comprendonio, e ha bisogno di una lezioncina più specifica.
La Carrow si voltò a guardare lo studente, con un ghigno soddisfatto sul muso schiacciato.
– Vedrai, come adesso a te ci penserà il Preside, caro il mio “capetto della cospirazione”! – gongolò,
pregustando la tremenda punizione che si sarebbe abbattuta sulla vittima.
Severus si alzò con calma, senza aprire bocca, muovendo in direzione del terzetto con passo indolente.
Neville, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi, li piantò fieramente in quello sguardo cupo e terribile che mai, prima d’ora, era riuscito a sostenere senza morire di paura.
Le palpitazioni accelerarono, mentre lo guardava avvicinarsi, austero e imponente, proprio come durante le lezioni di Pozioni dei primi anni, ed ebbe la certezza che lo avrebbe fatto a pezzi.
Stavolta però era deciso a vendere cara la pelle: nelle sue vene scorreva sangue Paciock, che diamine, ed era, in primo luogo, un Grifondoro! Era ciò che gli avrebbe dimostrato, a costo di impazzire sotto Cruciatus, come era successo ai suoi genitori.
Piton si fermò, impassibile: Neville era alto ormai quasi quanto lui, e non ebbe bisogno di abbassare troppo lo sguardo per fissarlo negli occhi che lo stavano sfidando; dovette, piuttosto, fare forza su se stesso, per non mostrare aperta approvazione di fronte a tanto ardimento.
Mai e poi mai avrebbe immaginato di provare un impulso del genere, davanti a colui che aveva da sempre considerato un inetto, il peggior studente di Hogwarts.
Ma ora era diverso: al suo cospetto c’era un piccolo, grande campione di coraggio che gli stava fieramente tenendo testa per difendere i propri ideali.
- Lasciatelo a me… - ordinò, freddamente.
Bastò un gesto secco e autoritario per congedare i Carrow; quindi rimasero soli, l’uno di fronte all’altro, avvolti dal silenzio rotto solo dal lieve respiro dei ritratti dei presidi.
All’improvviso, Piton alzò bruscamente il braccio e Paciock, di istinto, si ritrasse. Ma il temuto colpo non arrivò.
L’uomo lambì con la punta delle dita la ferita sullo zigomo, pronunciando qualcosa a fior di labbra: Neville, all’istante, non avvertì più bruciore. Poi, la stessa mano che gli aveva recato sollievo, afferrò delicatamente la sua nuca.
Il ragazzo sentì una stretta solida, ma allo stesso tempo morbida e calda; una sorta di ruvida carezza, decisa e priva di fronzoli, ma forte e protettiva come quella di un padre. Al colmo dell’incredulità, gli sembrò addirittura di veder baluginare negli occhi, solitamente neri e vuoti, qualcosa che avrebbe potuto sembrare un moto d’affetto.
Ma fu questione di un attimo; Piton gli voltò di scatto le spalle, e tornò a sedersi alla scrivania.
- Bene, ricapitolando, sei stato portato qui in qualità di pericoloso sovversivo…
Nella sua voce, calma e profonda, distinse una lieve nota di sarcasmo.
– A partire da ora, dunque, sei condannato a spolverare, catalogare e, qualora ve ne fosse bisogno, riparare, quella intera parete di libri!
Il preside indicò, con gesto elegante e un po’ teatrale, le scaffalature ricolme di volumi che attendevano da decenni di essere risistemate. Neville lo fissò, imbambolato: quindi niente Cruciatus, devastanti punizioni corporali o raffinate torture psicologiche?!
Piton, intanto, stava dedicando di nuovo l’attenzione ai documenti impilati sulla scrivania.
- Mi sembra di aver detto, a partire da ora! - ribadì, scandendo bene le parole, senza alzare gli occhi dalle pergamene.
- Sì, Signore… subito, Signore! - scattò Paciock, non senza prima aver lanciato un’occhiata al ritratto di Silente che ora non sonnecchiava più, ma lo stava osservando divertito.
Fu giusto allora, che iniziò a comprendere molte cose. Indugiò ancora a considerare l’uomo che, assorto nella lettura dei documenti, sembrava quasi essersi dimenticato della sua presenza ed ebbe una gran voglia di avvicinarsi per ringraziarlo, di tutto, e perfino abbracciarlo; ma sapeva che non avrebbe affatto gradito, perciò, con il cuore colmo di riconoscenza, si limitò a sorridere, raggiante, iniziando a tirare giù i libri dagli scaffali. Mai punizione gli era parsa così leggera.
 
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