| Autore: Earendil
Titolo: Inedia per me stesso
Rating: G
Scritta: poco fa
Genere: One-shot
Collocazione: Spuntino di mezzanotte
Riassunto: uno sfogo tra dolore e necessità...
Il sole tramonta al di là dell’orizzonte ed il mio cuore con lui. Scende lento in abissi da cui ero faticosamente risalito, e in cui ancora di nuovo mi getto dai facili castelli di equilibrio che mi ero voluto costruire. Vacua, la bacchetta mi fissa da terra, domandandomi il perché di tanto male, e forse in fondo me lo sto chiedendo anch’io. Solo… non trovo risposta se non nella mia fedeltà.
<<uccidimi, ti prego>>, dici prima di volare, Albus, e le parole graffiano le pareti dell’anima. Lo guardo, e lo scaglio giù, così come gli ho promesso. Già, promesse, frasi che suggellano destini, e dispensano dolore come se fosse bello vedersi morire ogni giorno poco a poco. Ormai non ha più senso la mia anima, e nonostante fossi cosciente di quello che dovevo fare sulla Torre, non ho più forza questa notte da riservare a me stesso dopo quello che ho fatto e ad ipotetiche scuse, che so il mio cuore abbandonerebbe lungo la mia strada insanguinata. Ripenso incessantemente a quello che è accaduto a scuola solo un paio d’ore fa, e già mi sembra lontanissimo. Un soffio gelido del mio passato, un’altra lacrima che lentamente va a spegnere il fuoco nero nei miei occhi! Tutto questo è ciò che resta di sbagliati ideali di gioventù. Tutto questo mi resta delle tue dolci promesse, Oscuro, e adesso che ti ho davanti, realizzo ancor di più d’aver fatto il mio dovere e di non aver mai cessato di tradirti, solo per Albus. Capisco che a volte la coerenza ha un prezzo assai più caro del tradimento stesso. Tu non hai più un’anima: l’hai perduta inesorabilmente lungo la via all’immortalità. Io l’ho smarrita tempo addietro, misero mortale che ora cerca riscatto nel silenzio e nella solitudine di cui voglio circondarmi ora più che mai. La mia fedeltà non è mai andata a te, Signore Nero, se non in principio, quando ero un giovane cieco. D’un tratto gli occhi scintillanti di un mago buono, l'unico che tu abbia mai temuto, mi hanno fatto comprendere la mia verità, chi io fossi realmente, e la lealtà è andata a lui, potente Bianco a stagliarsi contro le tue tenebre. Ho distrutto lui, la luce che mi guidava, solo in nome di una guerra che deve proseguire, al di là delle vittime che miete. Mentre la notte si affaccia sul mio mondo sempre più vuoto, ho freddo. E la mia anima urla disperata e bisognosa di coraggio. So che devo andare avanti, come ti ho promesso, Albus, e niente mi fermerà. Ti ho ucciso perchè lo volevi, in nome dell'Ordine e della salvezza di Draco. Non sei morto per te, ma per tutti noi. Ora comincino le danze.
Ondeggiamo in questo cerchio, mangiando la morte, mangiando le nostre vite, dannate e asservite alla causa dei folli. O almeno le vostre vite. Io mi sono ravveduto grazie al Bianco, ma il fio delle mie colpe non sarà mai interamente pagato. Troppe sangue da me versato. Ondeggiamo intorno a te, Oscuro, il sole del destino di questi fanatici, nella notte più tremenda. E del mio. Perché, voglio o non voglio, il mio futuro dipende unicamente dalla tua caduta. Tra tutti il tuo sguardo è fisso su di me, illuminato da un orgoglio che accresce ancora il mio disprezzo per la persona che sono, e persevera nella falsità fingendosi un servo quale non sono mai stato di nessuno. Sì, l'ho ucciso, ma non per te, ma per lui, e lui è morto per gli altri. Fingevo - che attore superbo - d'obbedire a un tuo ordine scagliandolo nel vuoto. E invece il suo destino se l'era segnato da solo, il Bianco, e aveva incaricato me d'impersonare la sua ultima ora. E ancora una volta ti ho ingannato. Ti avvicini, sembri quasi sfiorare la terra di noi miseri esseri umani. Mi consegni un pugnale d’argento, puro e immacolato. Pronto ad essere screziato di nuovo e a costellarmi la vita di nuove morti. Il pegno per un figliol prodigo che torna dal padre dopo tanto tempo. Mi accogli di nuovo tra i tuoi adepti, ma non sai che sono solo una spia. Mormoro un fievole ringraziamento, e riprendo a salmodiare il tuo nome. A te non importano esseri lucidi e intelligenti che realizzino servizievoli i tuoi capricci, ma fredde macchine di morte, prive di volontà. E cosa sono io, se non il vuoto che si aggira sulla terra, sbiadendo nel nulla di un’esistenza che ho perduto tempo fa, e ho perso ancora uccidendo contro il mio volere? Non forse tradito innanzitutto me stesso? Cosa sono, se non la fredda luce della luna che si riflette in mari dannati e deserti maledetti? Sono un uomo spento, e nulla più, dalle mie mani morte senza confini per chi si frappone fra noi e la vittoria finale. Morte senza fine, in un mondo più buio e senza ragione nella violenza, di cui io mio malgrado recito benissimo la parte. Morte per il Bianco, a cui è andata fino all'estremo istante la mia lealtà: non potevo fare altrimenti, ma me ne dolgo all'infinito. Ed ora ciò che bramo è solo il sonno. Sono un uomo e nulla più, ma i bisogni restano. E magari, quando questa farsa sarà conclusa, mi ritirerò in qualche tana come un topo solitario e mangerò prima di dissolvermi in sogni tormentati.
Ho freddo, e fame. Mi sembra un secolo che ho assaporato del cibo. Forse sto semplicemente diventando sempre meno umano, e mi allontano dalle più basilari necessità fisiche. O forse voglio illudermi che non mi risveglierò, e che sono libero di scegliere: scegliere di lasciarmi andare, uscire di scena in punta di piedi senza che nessuno pianga sulla mia tomba, se mai ne avrò una. Una volta che avrò lasciato questo cerchio di sangue che ti celebra, potrò trovare un pò di requie, mangiare e poi finalmente dormire. Forse non merito nemmeno di nutrirmi di quelle poche vivande che qualche buon mangiamorte mi ha procurato e sistemato nel nascondiglio destinatomi da te, Oscuro. Forse dovre lasciarmi morire di fame, non toccare mai più cibo e acqua, fonte di vita per gli esseri umani. Ma io non sono più un essere umano. Forse lasciarmi morire di fame sarebbe la pena più giusta. Inedia... sì. Ti ho sempre obbedito, Albus: non ti seccherai se per una volta assecondo un mio desiderio. Perchè continuare a vivere? Perchè fingere di essere ancora un uomo? Nè cibo, nè acqua, solo morte. Mi piacerebbe, ma non posso: una promessa mi vincola. Non ti ho ucciso per nulla, ma perchè così mi hai ordinato, Bianco. E se muio, il mio gesto sarebbe vano e graverei la mia anima dell'ulteriore peso di aver tradito anche te, alla fine.
Non posso farlo. Continuerò a vivere. Così sia, degna conclusione della tua preghiera che ho esaudito controvoglia sulla Torre, prima di ucciderti, Bianco, e prima di raggiungere te, Oscuro, e voi odiati automi di distruzione. Non ti avrò ucciso per nulla, almeno, Albus.
E dunque, ancora non è finita, e dovrò aspettare prima di lasciarmi ai sogni e alla notte. Non posso morire. Allora vivrò anche domani portando a termine il mio compito e aiutare il prescelto dal destino a distruggerti. E ancora soffrirò.
Edited by Ida59 - 7/7/2015, 12:07
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