Premettendo che non mi sarei mai aspettata di partecipare (cosa non si fa per rimandare di studiare grammatica latina), potrebbe andare bene per il sesto capitolo, forse meglio per il settimo.
Monologo di Severus, un addio doloroso.
In alto il calice
Salgo lentamente le scale, lasciando che il freddo s’impossessi delle mie stanche membra. Le ferite richiedono attenzioni che non ho alcuna voglia di prestare loro.
Un sorso di buon vino allevierà il mio spirito, ben più bisognoso.
Ho attinto alla migliore riserva dei Prince per questa occasione, perché tu non mi giudichi avaro.
Il dolce nettare che ancora riposa nascosto nelle cantine è tutto ciò che questo palazzo in rovina può ancora offrire.
Ho deciso di brindare alla tua memoria proprio tra le fastose poltroncine tarmate e i mobili consunti, tra mille e una ragnatele e decenni di polvere che avvolgono un regno dimenticato dal tempo e dalla stessa vita.
Da troppo tempo manco da casa ormai, nascondiglio perfetto per un assassino in fuga; tuttavia troppi ricordi si accaniscono contro di me in queste stanze, il mio non sarà un lungo soggiorno.
Un bicchiere sbreccato sembra invitarmi ad usarlo con la sua lunga ombra, figlia delle candele ormai quasi esaurite che ho acceso per non camminare alla cieca.
La bacchetta è sul tavolo, gettata senza cura, e lì resterà: strumento di distruzione, mai più mi servirò di te!
Nessun rumore dal piano di sopra: là un ragazzino riposa in quella che era la mia stanza, vent’anni fa, furibondo per quello che ho fatto. Non è il solo e vorrei solo che se ne rendesse conto.
Questo è un onore che avrei volentieri evitato, anche a costo della mia stessa vita.
Domani lo riporterò a sua madre, che mi stringerà in un abbraccio carico di gratitudine cosicché io possa detestarmi ancora di più.
Ripenso a questa notte, a tutto quello che porterà, ma allontano subito i miei fantasmi: non è il tempo delle lacrime questo e tu lo sai meglio di me.
Verrà, come sempre, ma non ora.
Solo rabbia e risentimento mi fanno compagnia nell’attesa di una nuova alba odorosa di morte, della tua morte.
Stappo la bottiglia che ho scelto nei sotterranei, senza alcuna fretta o energia.
Il vino scende gorgogliante dal collo sottile di vetro scuro, rosso e torbido come il sangue, forte e corposo quanto basta.
Lo porto lentamente alle labbra, per assaggiarlo e bagnarmi la bocca secca prima di levarlo in alto.
Le dita tremano contro il freddo cristallo, senza controllo, mentre la mia voce crolla inesorabile nel silenzio, roca e lontana.
Stringo dolorosamente i denti per non singhiozzare come un bambino. Il dolore è più forte di quanto avevo immaginato. Una ferita che non si rimarginerà mai.
È un saluto affettato ed incolore il mio, proprio come me, ma so che ti sarà più caro di tante vuote parole.
Addio, Albus, amico mio.
Edited by Ida59 - 7/7/2015, 12:02