Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 5° Turno
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Storia 2 - Fall in the darkness5 [41.67%]
Storia 4 - Orietur in tenebris lux tua5 [41.67%]
Storia 1 - Una luce nell'oscurità1 [8.33%]
Storia 3 - Diario di un Mangiamorte1 [8.33%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 5° Turno

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view post Posted on 4/6/2012, 23:05

Pozionista provetto

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CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 29/5/2012, 12:19) 
con un Regulus che sfiora l'apparizione divina, se non un Virgilio che dovrebbe guidare Severus nei meandi dell'oscurità nebbiosa in cui è precipitato.

Ale, qui ti devo fare un monumento, perchè quando ho letto queste parole mi s'è accesa la lampadina, anzi, il lampadario intero con appliques correlate.
Senza questo commento mica mi veniva l'idea giusta per la song-fic "Notte".
:gaudio: :gaudio: :gaudio:

Per cui: grazie! ;)
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 5/6/2012, 08:43




Sono sempre felice che le persone riescano a trarre qualcosa di utile dalle mie critiche, sperando che servano e aiutino a migliorarsi per davvero. ;)

Quindi: prego ;)
 
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view post Posted on 6/6/2012, 06:03

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CITAZIONE (Ida59 @ 2/6/2012, 16:09) 

Ricordo a tutti di inviare le storie anche a MSStorie e di inserire le proprie recensioni alle varie storie nella discussione-recensione dei vari autori non appena le storie saranno pubblicate su MSS. Grazie.


Grazie Ida per il memo "recensioni": provvedo :)

Edited by chiara53 - 29/6/2015, 15:45
 
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view post Posted on 25/1/2017, 16:08
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- Una luce nell'oscurità di pingui79


Hai praticamente trattenuto il respiro per tutto il tragitto. Te ne accorgi solamente quando chiudi la porta dietro di te e senti, nel silenzio dello studio, il sangue martellarti ritmicamente nelle orecchie, accompagnato da un fastidiosissimo ronzio. Cerchi di prendere più aria possibile, staccandoti con lentezza dalla pesante porta di legno.
Non puoi permetterti di perdere il controllo delle tue emozioni, non puoi lasciarne trapelare nemmeno una, non adesso.
Tutti i ritratti sono svegli e ti guardano preoccupati.
«Severus, forse è meglio se ti siedi.» esclama Silente dalla propria cornice. Il tono è pacato, ma non ti sfugge la nota di preoccupazione nella voce.
Ti accasci sulla sedia, stringendo convulsamente le mani attorno ai braccioli per impedirti di tremare ancora, mentre la tensione pian piano ti scivola di dosso, lascandoti un senso di spossatezza. La paura è dietro l’angolo. Con un paio di profondi respiri la cacci nel posto più remoto della mente, mettendola a tacere.
Ti ripeti mentalmente tutti i nomi degli studenti e degli insegnanti nel castello, tutti, lasciando volentieri fuori dalla lista solo i Carrow. Ognuno di quei nomi vale la pena di sopportare l’angoscia, vale la pena di fingere di essere quel che non sei, se serve a proteggere le loro vite.
«Ottimo lavoro, ragazzo mio.» ti rassicura Albus.
Speri con tutto te stesso che queste non siano le ultime parole famose.
Fuori albeggia.
E l’Oscuro Signore si è appena presentato ai cancelli di Hogwarts, per chissà quale motivo. L’intera scuola è immersa nel sonno.
Come sempre, tocca a te solo farsi carico di tutto. Tu sei il guerriero invisibile, destinato a combattere nell’ombra, destinato ad un’eterna ed oscura solitudine. Non c’è nessuno qua dentro – e nemmeno là fuori a dire il vero – che possa darti sostegno in questa lotta silenziosa.
Nessuno.
Abbassi gli occhi sulla pergamena, su cui poco prima stavi per scrivere una nauseante relazione per il Ministro. Sul foglio immacolato c’è un piccolo puntino d’inchiostro nero in alto a sinistra, dove hai a malapena appoggiato la punta un attimo prima di essere interrotto.
Un piccolo puntino nero.
In mezzo al nulla.
Completamente solo.
Provi un immediato senso di solidarietà verso quella minuscola goccia d’inchiostro, tanto che rimani per qualche minuto a fissarla senza vedere altro.
Deglutisci, la gola improvvisamente secca.
Perfino un punto d’inchiostro potrebbe stare meglio di te; sarebbe sufficiente tracciare altri segni qualsiasi per far terminare l’isolamento.
A te, a Severus Piton – assassino e traditore: vero uomo di Silente – non è concesso nemmeno questo.
Getti indietro la testa, appoggiandola allo schienale, per riflettere e schiarirti le idee.
Fino a che, al limite della sopportazione, chiudi gli occhi.
E scivoli nell’oblio.


Oscurità totale, terribile, angosciante. Ne sei avvolto completamente, senza che ti venga nemmeno concessa la grazia di vedere la mano che ti porti davanti agli occhi.
Esisti, almeno di questo sei certo, se non altro per lo sgomento che sta cercando di impadronirsi di te, nuovamente. Ti senti gelare il sangue nelle vene e mancare la terra da sotto i piedi.
Un momento, c’è ancora una terra? Certo che c’è, non provi nessuna sensazione di caduta, almeno questo è un bene.
Ma te la senti di verificare la solidità della superficie d’appoggio? Ti rispondi di no.
In questa completa assenza di luce potresti trovarti ovunque ed in nessun luogo.
Il ragionamento non serve a tranquillizzarti.
Cerchi di ricordare ogni attimo degli ultimi trascorsi, per ritrovare la lucidità necessaria.
La nottata in bianco a perlustrare i corridoi, per evitare che qualcuno del superstite Esercito di Silente venisse scoperto dai Carrow fuori dai dormitori. Le rimanenti ore spese a redigere documenti in burocratese per il Ministero, utili quanto carta straccia. Fino a quell’orribile fitta al braccio sinistro, che ti ha fatto scattare sull’attenti come una molla nel percepire la presenza di Voldemort presso i cancelli della scuola.
Ogni passo verso l’esterno accompagnato da ondate d’angoscia così intense che sul tuo volto, più pallido del solito, sembrava fosse stata posta una maschera di niveo alabastro. “Oscuro Signore” e “studenti nel castello” erano due termini che non potevano – non dovevano – trovarsi nella stessa frase, men che meno nella realtà. Eri riuscito a controllarti con notevole sforzo.
Provi a guardarti un'altra volta attorno, senza risultato.
Ti senti sperduto, più di quella notte in cui hai pronunciato l’Anatema che Uccide dall’alto di una torre, togliendo la vita all’unico amico che avevi.
Questa è la notte che in ogni attimo senti dentro di te.
Paurosa, vero?
Un conto è essere consapevoli del buio della propria anima, un altro è trovarselo di fronte in tutta la sua spaventevole realtà.
Tu sei tenebra, perché allora non ti senti a casa e provi invece uno smodato desiderio di fuggire il più lontano possibile?
Accantoni la ragione ed agisci d’istinto.
Chiedi un po’ di luce per il tuo cammino.
Chiedi qualcosa che hai sempre pensato di non meritare, che negli anni ti sei spietatamente negato.
Ora, che il pericolo è così vicino alle vite preziose che da mesi stai cercando di proteggere, ne hai umanamente bisogno.
Conforto.

Lo vedi quel puntino luminoso comparso in lontananza? Oscilla lentamente, con una cadenza regolare.
Attendi nell’immobilità più totale, rimpiangendo la tua bacchetta sulla scrivania, tutti i sensi all’erta.
Il chiarore avanza pian piano, fino a quando ti è facile identificarlo in una lanterna. Ma colui – o colei? – che la porta non è ancora riconoscibile. Aspetti per interminabili minuti, accorgendoti di non sentire rumore di passi. C’è un che di inquietante in tutto questo.
Quando si trova davanti a te, solo allora, la misteriosa presenza solleva il lume all’altezza del viso.
«Severus, se i tuoi sogni sono tutti così è un gran spreco di spazio, lo sai?» Regulus ti saluta in questo modo, guardandoti in tralice con un sorriso.
«Tu?» riesci solamente a dire, più perplesso che stupito, completamente senza parole. Ammetti con te stesso che il giovane Black è l’ultima persona a cui avresti pensato in una circostanza del genere.
«Io. Se ti aspettavi Salazar Serpeverde, mi spiace di averti deluso.»
Pieghi la testa di lato, riducendo gli occhi a due fessure. Questo non è il Black che hai conosciuto durante la tua adolescenza: pacato, taciturno, schivo quasi quanto te ma senza tutte le tue insicurezze, esatto opposto del fratello maggiore finito a Grifondoro.
Si tratta certamente di una proiezione della tua mente, non c’è altra spiegazione…
«Tu ragioni sempre troppo, Severus!» esclama lui, scuotendo lentamente la testa da sinistra a destra, in segno di diniego. Nel farlo, un ciuffo di capelli corvini gli ricade sul viso. Lui lo scosta semplicemente con la mano destra, un gesto inconfondibile che da ragazzo gli hai visto fare decine di volte.
Black parla ancora.
«Camminiamo?»
Spalanchi gli occhi, attonito.
«E dove?» esclami guardandoti attorno. Lì c’è il nulla più assoluto.
Ottieni in risposta una bassa e cristallina risata.
È la prima volta che lo senti ridere.
Ricordi che lo hai sempre e solo visto sorridere, soprattutto quando era assieme ai compagni della squadra di Quidditch, come in quella foto che hai scorto nella sua stanza l’ultima volta che sei stato a Grimmauld Place.
«Sei più testa di legno dei tuoi studenti! Non hai ancora capito che qui sei tu a decidere?»
Alla luce della lanterna che ora fluttua accanto a voi, lo vedi accennare con un dito allo spazio che vi circonda.
Comprendi.
Primo punto: stai sognando.
Secondo…
«Secondo punto: hai fatto una richiesta e sei stato esaudito.» ti interrompe Regulus, con un brillio negli occhi che ti induce a distogliere lo sguardo dal disagio. «Non capita tutti i giorni, ma per te un’eccezione era più che doverosa.»
Ti irrigidisci improvvisamente, stringendo le mani a pugno. Regulus non ha bisogno di chiederne il motivo. Si affretta a tranquillizzarti.
«Posso capire i tuoi pensieri, sì. Il sogno è tuo d’altronde, non ci vuole un Eccezionale in Legilimanzia per leggerti dentro.»
A quanto pare queste parole peggiorano la situazione, poiché arretri di un passo.
«Fuori da qui sarai sempre il miglior Occlumante dell’intero mondo magico, Severus. Te lo garantisco.»
Apri la bocca per parlare, poi la richiudi, trovandoti per la seconda volta in pochi attimi a corto di parole.
Con infinita pazienza, ti dà il tempo di decidere cosa fare, limitandosi a guardarti con calma. Ti sta chiedendo di fidarti.
Posso? Ti domandi.
Raramente nella tua vita le cose sono andate come avevi desiderato, perché ora dovrebbe essere diverso?
Puoi. Risponde la sua voce dentro di te.
Hai agito d’istinto chiedendo aiuto.
Agisci nuovamente d’impulso, compiendo un gesto che sorprende prima di tutto te stesso, perché non ti è consueto. Sei sempre stato restio a qualsiasi tipo di contatto fisico, comprese le veloci strette di mano ai colleghi. Solo Albus aveva il permesso di valicare le tue barriere, ponendoti la sua mano paterna sulla spalla.
Osi, aspettandoti da un momento all’altro di afferrare il nulla.
Invece stringi con pacata fermezza il braccio di Regulus. La vivida sensazione di toccare qualcosa di vero ti rende felice.
Posso?
Voglio.
«Perché proprio tu?» chiedi in un soffio, tenendo a stento in piedi l’ultima barricata di sospetto.
Il suo sorriso si fa più luminoso, pronto per dare risposta ad una domanda più che importante.
«Non ricordi? Eppure io e te siamo più simili di quanto immagini.»
Criptico è dir poco.
«Spiegati.» ti affretti a dire, ansioso di comprendere.
«Essere costretto ad agire in silenzio ed in segreto, senza avere qualcuno a sostenerti durante l’ultima lotta, senza poter dire apertamente da che parte stai.» parla sottovoce con gli occhi chiusi, come se stesse recitando qualcosa di sacro. «Questo sei tu. Ma questo sono stato anch’io.»
Riapre gli occhi e l’espressione che ti trovi di fronte è spaventosamente solenne. Tutta la saggezza che vedi non dovrebbe trovarsi su un volto così giovane, non è naturale.
È la conoscenza di chi è andato avanti e questo in qualche modo ti strugge.
Indugi all’ultima parte del suo discorso, cercando di assemblare le informazioni.
Regulus Black giovane Mangiamorte.
Affascinato dalle idee di superiorità e di potere di Voldemort.
Suo fervente seguace.
Ragazzo impaurito dalla ferocia dell’Oscuro e dalle sue vere intenzioni, improvvisamente scomparso senza lasciare traccia.
, ripetuto più volte con un cenno del capo, ad ogni tua riflessione.
, dici a te stesso. Siete stati simili un tempo. Accomunati da una strada sbagliata e dall’aver poi aperto gli occhi sull’abisso di dolore che la costeggiava da ambo i lati.
E poi?
Lo vedi sospirare, ma non perde quell’espressione serena dal volto che tanto ti impressiona.
«Quel che è successo a me ora non ti è necessario saperlo. Io adesso sto bene e… definitivamente dalla parte dei buoni.» si lascia andare ad un sorriso smagliante. «Sei tu quello che ha bisogno di una parola di conforto. È per questo che sono qui.»
Gli devi dare ragione, nonostante la vergogna che provi. Hai sempre odiato mostrarti debole perfino a te stesso, figurarsi ad altri. Abbassi le palpebre, inghiottendo a vuoto, accorgendoti solo in questo momento che non gli hai ancora lasciato il braccio.
«Severus, so cosa si prova. So cosa stai provando. So com’è sentirsi soli, senza potersi veramente mostrare a coloro che ci circondano e a cui teniamo.»
Comprendi a metà il significato di queste parole, ma non ti è ignota la portata, che ti fa sobbalzare il cuore nel petto. La mano sulla tua spalla destra è una sensazione che non dimenticherai mai, lo senti.
Infine giunge una frase, quella frase. Appena sussurrata. Ma che ti rimbomba nelle orecchie come assordante mareggiata su scogli appuntiti. Tre semplici parole che hanno il potere di farti riemergere dalla nera angoscia che da almeno un anno – e da una vita intera – non ti dà tregua.
«Non sei solo.»
Fa una pausa ad effetto, per farti superare il turbamento e lo stupore che non puoi nascondere. «Dalle mie parti stiamo facendo il tifo per te. Tutti. E sai che ti dico? Che stai facendo un ottimo lavoro.»
Non si può svenire in un proprio sogno, vero? Perché poco ci manca che Regulus debba sorreggerti. Ride ancora di una cristallina risata, questo ragazzo che potrebbe essere coetaneo di Potter nell’aspetto, ma infinitamente più saggio di un vegliardo nella nobile semplicità e quieta grandezza dello sguardo.
«Credo che sia ora che tu vada.» esclama, mettendoti in mano la lanterna con la quale è arrivato. «Sai, hai realizzato un mio desiderio: poterti finalmente essere d’aiuto. Saremmo potuti diventare veri amici, se ce lo avessero lasciato fare. Ora almeno posso dirti che ti ammiro: sei l’uomo più coraggioso del mondo. Sono io che ti devo ringraziare.»
Stringi i denti, cercando con ogni mezzo di vincere la commozione.
Non ci riesci.
Una lacrima ti scivola via dagli occhi.
Il suo braccio sulla spalla ti sospinge, invitandoti ad intraprendere il cammino, mentre con l’altra mano ti indica la direzione.
«Avanti, sempre avanti. Questa illuminerà i tuoi passi.» sorride tranquillo. «Ricorda: non sei solo.»
Non ti dà il tempo di replicare né di salutare.
«Vai via da quest’oscurità, non merita di essere tua compagna. Tu non sei fatto per tutto questo
Vorresti rimanere ancora con lui, a scaldarti ancora al tepore di parole che sai di aver già sentito, ma non ricordi quando né dove.
Ma non puoi. Hai un dovere, che come sempre ha la priorità su ciò che desideri per te stesso.
Ti volti per guardarlo ancora un istante, ma lui è già sparito, lasciandoti solo.
No, sbagliato. Ti ha lasciato un dono. La luce che stringi tra le mani è la prova tangibile che non hai immaginato ogni cosa. La senti anche dentro di te, piccola come quel punto d’inchiostro che quasi avevi invidiato, ma vivida e brillante. Non si spegnerà nella bufera della lotta.


Il sapore salato della lacrima che è giunta infine alle tue labbra ti ridesta pian piano dal sonno.
Apri gli occhi sull’ufficio illuminato dai primi raggi del sole, con il collo dolorante per l’assurda posizione sulla sedia.
Forse questa è la prima volta in vita tua che rimpiangi di esserti svegliato.
Con lentezza metti ordine sulla scrivania, racimolando idee ed energie per la giornata che ti attende. La pergamena con il tuo amico puntino è sempre lì, pronta per essere riempita.
Accarezzi il foglio con i polpastrelli e ti lasci andare ad un piccolo sorriso.
Non sei solo nemmeno tu.
Nella notte più oscura che si trova sul fondo della tua anima, hai ritrovato un amico che credevi di avere perduto per sempre.

«Tu non sei fatto per tutto questo.»
La frase a bruciapelo ti aveva colto di sorpresa, più dell’ultimo, assordante tuono con cui si era concluso quel breve e violento temporale estivo. La pioggia, cessata molto prima, vi aveva lasciato liberi di camminare tra i viali di Villa Malfoy.
Ricordi ancora l’astio, divampato all’istante dentro di te e salito al volto in un diffuso rossore. Allora non controllavi ancora così bene le tue emozioni.
Lui aveva continuato a fissarti in quel modo strano che non sapevi, non volevi decifrare. Occhi tristi, spenti, senza vitalità. Nessuna tranquillità, solo tanta inquietudine che ti aveva infastidito.
«Dimmi perché.» avevi esclamato in un ringhio.
In lontananza, il brontolio del temporale era sembrato farti eco, solidale con te.
Dimmi perché non posso essere come voi, rispettato, temuto, finalmente apprezzato. Perché non posso essere un Mangiamorte. Perché non posso far parte anch’io di qualcosa.
E invece il senso di quella frase era un altro, era un altro… perché l’hai compreso dopo, a così caro prezzo?
Lui aveva scosso la testa, scostandosi dagli occhi il ciuffo ribelle di capelli corvini.
«Non hai capito. Non vuoi capire. Tu non… » si era interrotto, scuotendo ancora il capo, rassegnato. Poi un lungo sospiro.
Il sospetto ultimamente era nell’aria e non avevi saputo come affrontarlo. C’erano stati momenti in cui avevi pensato che fosse un codardo – lui, un Black, impaurito dai progetti dell’Oscuro! – ma il più delle volte il suo volto rifletteva la tua stessa inquietudine, che imbavagliavi ad ogni attimo pensando alla tua personale rivincita su una vita ingiusta. Tuttavia ti spaventavi, per te e per lui. La strada che avevate intrapreso non permetteva ripensamenti e tu non volevi averne.
«Siamo amici, Severus?» se n’era uscito infine, mostrando un’aria così triste che cominciavi a credere che davvero non stesse bene, come ripeteva troppe volte sua madre.
Amici. Bella parola, per pochi eletti. Tu non eri sicuro di essere tra quelli, ma ti sarebbe tanto piaciuto.
«Sì.» era quello che volevi, no?
D’improvviso, il sole si era fatto breccia tra le nubi ancora grigiastre di pioggia. Regulus si era illuminato a sua volta, mentre si lasciava inondare dai caldi raggi del sole d’agosto. Per qualche attimo ti era sembrato un bambino che non aveva mai visto il sole.
O che lo stesse guardando per l’ultima volta.
Senza preavviso si era messo in cammino verso l’uscita, pronto a smaterializzarsi. Desistere non era il tuo forte nemmeno allora, così lo avevi inseguito, cercando una spiegazione a quelle parole che sembravano il vaneggiamento di un folle.
Appena fuori dal cancello si era lasciato osservare con un misto di pietà e disgusto, senza opporre resistenza, mostrandoti un sorriso appena abbozzato.
«Siamo amici, sì, per questo te l’ho detto.»
La tua espressione perplessa era stata bellamente ignorata.
«Non sei fatto per tutto questo, Severus. Ti auguro di comprenderlo presto e… senza conseguenze. Te lo auguro davvero.»
Augurio sincero.
Augurio incompreso.
Augurio infrantosi con una Profezia e sbriciolatosi come il tuo cuore in una fredda notte d’ottobre.
Le conseguenze ti avrebbero marchiato a fuoco l’anima, condannandoti ad un’espiazione perenne.
Ti aveva lasciato interdetto, con la bocca aperta per lo stupore.
E, con una mano alzata in segno di saluto, si era smaterializzato, incamminandosi incontro al tramonto.



Fedele al nome che porta, Regulus ha lasciato la sua luce sul tuo cammino, una luce che dura da diciannove anni e di cui non ricordavi l’esistenza.
Andrai avanti, senza tentennamenti o debolezze. Lo prometti a te stesso, lo giuri a tutti coloro che dormono ignari, mentre con calma vai alla finestra.
E anche tu ti lasci inondare dai raggi del sole.
 
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view post Posted on 25/1/2017, 16:15
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- Fall in the darkness di misslegolas86



Il cerchio immobile dei Mangiamorte faceva da cornice alla scena che si svolgeva nel mezzo. Il Signore Oscuro, impassibile e spietato, puntava la bacchetta verso una figura rannicchiata a terra: la neve tutta intorno era macchiata di sangue, mentre urla di un dolore disumano echeggiavano nell’aria gelida. Non era un nemico. Il Marchio Nero nitido sull’avambraccio sinistro del sofferente non lasciava dubbi sulla sua appartenenza ai fedeli seguaci dell’Oscuro, coloro che avevano offerto la loro libertà e la loro anima in cambio di potere e rispetto, divenendo al contempo servitori del più crudele dei padroni. Al suo cospetto ogni errore necessitava di un prezzo pesante da pagare e così in quel momento veniva punita l’esitazione di un solo attimo con la sanzione più dura, la maledizione Cruciatus. Niente poteva essere nascosto a Lord Voldemort. Non era sfuggito all’esame dell’Oscuro l’esitazione del ragazzo nello scagliare l’Avada Kedavra sul figlio di quella coppia di Auror. Nessuna debolezza era ammessa per i seguaci del più potente mago di tutti i tempi, nessun rimorso tra i suoi fedeli poteva essere tollerato.
“Severus, mi rincresce ma hai ancora molto da imparare al mio servizio.” La voce serpentina era ancora più fredda della temperatura circostante vicina allo zero.
Severus Piton, sudato e con il corpo in fiamme per la maledizione che gli lacerava il corpo, si contorceva nella gelida neve. L’Oscuro, dopo aver scandagliato la sua mente, l’aveva abbandonata divertendosi a torturarlo solo nel fisico. Il dolore era insopportabile come sempre, eppure non bruciava come la delusione che gli lacerava l’animo.
Aveva fallito come Mangiamorte, deludendo le aspettative del suo Signore. Non era stato abbastanza forte nel portare a termine la sua missione senza vacillare. Non era stato un vero uomo, aveva permesso al suo cuore di continuare a provare sentimenti che dovevano essere rifuggiti.
Ma quella non era la realtà: non poteva mentire anche a se stesso. Era ben altro quello che scuoteva il suo animo.
Quando si era unito all’Oscuro, lo aveva fatto per sete di conoscenza, per approfondire i suoi studi e per ottenere un po’ di quel rispetto che non aveva mai ottenuto neanche ad Hogwarts. Ma tutto questo aveva un prezzo altissimo, che pagava ogni volta con sempre maggiore difficoltà. Uccidere non era mai stato facile, eppure agli inizi la convinzione di lottare per una giusta causa lo aveva sostenuto. Il tempo aveva però rivelato la semplice crudeltà alla base dei progetti dell’Oscuro. Come un torrente incessante, il dubbio si stava insinuando nel suo animo, accompagnato dalla paura di non potersi tirare indietro. Era il timore per la sua vita che lo spingeva, ormai, ad ubbidire ad ordini che non condivideva per nulla. Aveva ucciso ancora, perfino un bambino, pur di far salva la propria vita.
Sapeva di essere un codardo, ma compiacere il suo Signore era l’unico modo per sopravvivere.
Finalmente il dolore cessò pur se continuava a tremare nella neve. Da fedele servitore baciò il lembo del manto nero fermo davanti a lui in attesa di quel gesto di sottomissione e fedeltà. Poi con uno schiocco l’Oscuro sparì seguito dai suoi seguaci. Severus Piton era rimasto solo.
Cercò di rimettersi in piedi, il naso e la bocca ancora sanguinanti, ma sentì le forze abbandonarlo sempre di più, scivolava in un quieto nulla. Poi una mano calda lo sostenne per le spalle, un tiepido calore gli soffuse il viso, e il sangue smise di fuoriuscire. Le forze cominciarono a ritornare mentre un pezzo di neve veniva passato con delicatezza sulla sua fronte in fiamme.
“Hai un posto dove posso portarti?” chiese una voce che suonava familiare “Ti porterei da me, ma non credo che i miei capirebbero.”
Cercò di alzarsi, non voleva sembrare un debole, ce l’avrebbe fatta da solo come sempre, ma le gambe e le braccia non rispondevano ai suoi comandi.
“Non fare lo stupido, sei ridotto male, non riuscirai mai a smaterializzarti. Dimmi dove andare.”
“Spinner’s End” sussurrò, mentre la radura cominciava a vorticare davanti ai suoi occhi non per la smaterializzazione ma per la sua spossatezza. Perse i sensi.
Era disteso sul divano della sua vecchia casa e il fuoco scoppiettava nel camino. Una figura in piedi al suo capezzale lo guardava con aria preoccupata. Cercò di metterlo a fuoco e dall’oscurità emerse un volto.
“Regulus!” esclamò con un filo di voce “Perché?”
“Taci, Severus, sei debole. “ disse mentre gli voltava le spalle e si avviava alla porta.
“Perché’” ripeté imperterrito.
“Perché chiunque con un po’ di cuore avrebbe fatto lo stesso.” Rispose il mago. “Spero ti riprenda presto.” Il suono della smaterializzazione lo informò che il suo salvatore aveva lasciato quel luogo.

*********



“Kreacher, portami un bicchiere di vino elfico e non dire a mia madre che sono rientrato.”
Regulus Black si abbandonò sul letto a baldacchino della sua camera, mentre l’elfo si richiudeva la porta alle spalle. Gli girava la testa e un senso di nausea gli opprimeva lo stomaco. Ancora violenza e dolore. Come aveva potuto mettersi al servizio di un essere così malvagio? Aveva svenduto la vita e la libertà per essere il servitore di un essere senza cuore. Brividi di orrore gli attraversavano la schiena ripensando a quello che era accaduto a Piton per un solo attimo di esitazione. Era assurdo pagare in quel modo per un sentimento così umano come la pietà davanti all’omicidio di un bambino. Piton non si era sottratto agli ordini che aveva ricevuto, aveva sterminato l’intera famiglia di Auror, eppure questo non lo aveva affrancato dalla crudele punizione di Lord Voldemort. Non era riuscito a non provare pietà. Non sapeva molto di Severus Piton, visto che non aveva mai avuto molto a che fare con lui. Ad Hogwarts i suoi interessi lo avevano portato più sul campo di Quidditch che non nelle segrete a distillare pozioni o in biblioteca tra polverosi tomi. E poi una volta ricevuto il Marchio non era mai stato affiancato a Piton, un altro giovane Mangiamorte, in una missione. Eppure era venuto a conoscenza della crescente fama di fedelissimo che si stava conquistando. Piton, pur se giovanissimo, prendeva parte regolarmente alle missioni più importanti che l’Oscuro assegnava ai suoi seguaci più fidati, quelli che lo seguivano da anni e che avevano mostrato crudeltà e devozione incondizionata.
Si chiese che cosa avesse portato Piton in quella folle spirale di violenza. Considerata l’umile condizione della sua casa a Spinner’s End, non era questione di superiorità di sangue o di stirpe, ma forse l’opposta acredine di contare qualcosa nel mondo magico. Molti si univano all’Oscuro per guadagnarsi rispetto e potere e si sorprese a pensare a come Voldemort riuscisse ad irretire in pari misura sia le più antiche e nobili famiglie magiche i Black, i Malfoy, i Nott sia i maghi di più umile estrazione. Tutti giuravano incondizionata fedeltà al suo regno di terrore. Quando si era unito ai Mangiamorte, nella sua stupidità si era illuso di veder realizzate le idee che la famiglia gli aveva messo in testa fin dalla nascita sulla superiorità del sangue magico, ma davanti all’orrore della realtà aveva capito che aveva sbagliato. Voldemort era solo male e distruzione.
Ringraziò in cuor suo Severus Piton perché quella notte, con quella sua umanissima debolezza, gli aveva fatto capire in modo definitivo cosa Lord Voldemort si aspettava da un suo vero seguace: odio, indifferenza e crudeltà. Aveva già donato all’Oscuro la vita e la libertà, ma non gli avrebbe concesso anche la sua anima. Non avrebbe smesso di provare pietà per un uomo ferito, per un bambino morente, per un elfo domestico maltrattato. No, avrebbe difeso la sua umanità ponendo le basi per la distruzione di quel regno di terrore e morte a qualunque prezzo.

******



Ancora il cerchio dei Mangiamorte, ma questa volta era al fianco degli altri nel suo abito nero e con la maschera d’argento sul viso. Uno spazio vuoto spiccava di fronte a lui. Regulus non aveva risposto alla chiamata dell’Oscuro e, a giudicare dall’irritazione del suo Signore, l’assenza non era una vendetta per qualche mancanza.
Da quella notte spesso si era chiesto che fine avesse fatto Regulus Black. Tra di loro non c’era mai stata amicizia, pur essendo stati entrambi Serpeverde e quasi coetanei. Erano due pianeti troppo diversi. Black, così curato e amato dalla sua famiglia di Purosangue, volava metri sopra di lui, povero ma talentuoso mezzosangue. Non c’erano mai state occasioni per condividere qualcosa fino a quando non si erano ritrovati compagni come servitori dell’Oscuro. Erano entrambi giovani arrivati perciò non era mai capitato di andare in missione insieme. I loro contatti erano stati sporadici, fino a quella notte in cui il moto di pietà di Black aveva acceso un dubbio nella mente di Severus. Aveva avvertito nell’animo di quel giovane la stessa delusione che scuoteva il suo cuore. Era stata una sensazione, non una certezza, eppure la scomparsa di Regulus aveva lasciato questo vuoto per anni, una voglia di sapere che non era riuscito a colmare.

*******



“Severus, dobbiamo scoprire cosa è capitato a Harry.” Il ritratto di Silente parlava con la solita calma che aveva contraddistinto il Preside in vita. “Devi chiamare Kreacher, l’elfo domestico, dalle cucine.”
Piton, senza chiedere spiegazioni come sempre, convocò l’elfo che, come ovvio, non si dimostrò per niente collaborativo. Penetrare nella sua mente per un Legilimante esperto come lui fu semplicissimo. Vide Potter, la Granger e Weasley a Grimmauld Place e ascoltò il racconto che Kreacher aveva fatto loro sulla morte di padron Regulus.
Il gelo che aveva avvertito nella radura tanti anni prima, martoriato dalla Cruciatus, tornò ad assalirlo. Dunque Regulus era stanco di essere un Mangiamorte e aveva programmato un modo per indebolire l’Oscuro Signore sacrificando la sua stessa vita per questo. Era morto al posto di un elfo domestico considerato inferiore da qualsiasi mago. Lui, invece, aveva dovuto aspettare la morte della persona a lui più cara per decidere di abbandonare definitivamente il male. Era indegno, eppure era sopravvissuto oltre 15 anni rispetto a Regulus. Forse avrebbe potuto fare di più per lui. Quella notte aveva avvertito che qualcosa turbava il ragazzo che gli aveva prestato soccorso, ma non aveva mosso un dito. Gli sembrò, a distanza di tanti anni, che il gesto di Regulus fosse una muta richiesta d’aiuto caduta nel vuoto.
Avrebbe potuto scoprire cosa il giovane Black aveva in mente e magari aprire anche il suo cuore scosso dai primi dubbi. Forse avrebbe potuto evitare che Regulus si sacrificasse in una morte così assurda: in fondo, meno di un anno dopo, lui era entrato a servizio di Silente. Sarebbe bastato tenerlo in vita e infine coinvolgerlo nei piani di Silente. Infiniti se sorsero nella sua mente, torturandolo.
Ancora una volta non aveva fatto nulla.
Così come aveva condannato con indifferenza James Potter e suo figlio, allo stesso modo aveva lasciato Regulus al suo destino. Un senso di nausea gli serrò la gola pur non intaccando la maschera d’indifferenza che ricopriva il suo volto. In questi anni almeno aveva imparato a nascondere le sue emozioni in modo perfetto per tutti o quasi.
Kreacher aveva lasciato lo studio.
“Severus, non tocca a noi decidere chi è degno di morire né tanto meno decidere il tempo o il modo della nostra dipartita. Hai fatto molto in questi anni, devi essere fiero di te, come lo sono io.”
Era impossibile mentire a Silente, anche da morto.

********



Nella polverosa camera al secondo piano di Grimmauld Place la figura solitaria di Severus Piton appariva come una statua avvolta dalle tenebre. Le foto al muro parlavano della giovinezza spensierata di un giovane rampollo di una nobile famiglia. Eppure agli occhi di Severus quelle immagini confermavano solo l’assoluto male rappresentato dall’Oscuro, capace di distruggere e contaminare ogni cosa. In quel luogo non era venuto a cercare nulla di particolare. La sua era una visita dettata dal suo animo. Un’ulteriore tappa carica di rimorso lungo quella via dolorosa che era la sua vita. Una visita inutile perché non c’era nessuno con cui parlare. Ormai tutte le persone con cui voleva chiarire, a cui voleva chiedere scusa, erano al di là della vita e non potevano più ascoltarlo. Era rimasto solo con i suoi rimorsi e rimpianti senza possibilità di trovare pace.
 
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view post Posted on 25/1/2017, 16:24
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Diario di un Mangiamorte di halfbloodprincess78



1979 Grimmauld place, giorno e ora imprecisati



Regulus fissava se stesso nel grande, antico specchio di fronte al suo letto nella luce fioca delle candele: i capelli gli cadevano scomposti sul viso scavato e sofferente, gli abiti stropicciati trascorrendo la notte a rigirarsi, completamente vestito, in quel letto dove aveva cullato i suoi sogni di gloria senza sapere qual'era il reale prezzo di ciò che desiderava.
Guardava il quasi uomo che era diventato e il suo riflesso gli faceva orrore.
Pensò a Sirius, cercando di ricordare un momento in cui erano stati felici insieme, quando non cercava di togliersi di dosso ad ogni costo l’etichetta di fratello meno affascinante, quando ancora erano solo bambini ignari del baratro che si sarebbe creato tra loro.
Pensò a suo padre e sua madre che dormivano sereni nel loro letto, che ammiravano quel figlio perfetto.
Era stato felice che preferissero lui a Sirius, voleva renderli orgogliosi di lui ma aveva scelto il modo sbagliato.
Ora stava per lasciarli tutti e sapeva che non sarebbe tornato.

Una consapevolezza amara per i suoi appena diciotto anni. Non poteva nemmeno dirgli addio, non dovevano sapere. Questo, forse, li avrebbe protetti.
Si era chiesto molte volte come aveva potuto essere così stupido da non vedere.
L’Oscuro Signore, il potere, la promessa di risplendere, di diventare importante, aveva perso tutto il suo fascino in un attimo; come un albero di Natale spogliato delle decorazioni, Lord Voldemort gli si era rivelato per ciò che era veramente, in una pioggia di cristalli che si infrangono mentre sui cocci rimasti a terra si scorge solo il riverbero delle cose morte.
Una consapevolezza arrivata all’improvviso, come una folata di vento o come uno schiaffo in pieno volto.
Strinse il falso medaglione nel pugno: era pronto, sapeva cosa doveva fare. La prima cosa giusta che avrebbe fatto quell’anno, da quando si era unito ai Mangiamorte, sarebbe stata probabilmente anche l’ultima.
Si voltò, dando le spalle alla sua immagine riflessa e uscì, senza incertezze, senza mai più voltarsi.
Senza mai più tornare in quella casa, senza fermarsi più a riflettere su quella vita che gli era sfuggita troppo presto di mano.


1979 ora e luogo imprecisati



- Black, cosa ci fai da queste parti?
La voce di Piton alle sue spalle lo fece sussultare. Doveva stare attento in sua presenza, avrebbe potuto entrare nella sua mente con una facilità inaudita se solo gliene avesse dato motivo.
- Piton, stavo solo facendo una passeggiata. Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria.
- Quello è il tuo elfo domestico? - chiese indicando la piccola macchia scura che si nascondeva dietro la gamba del ragazzo.
Regulus annuì, sapendo dove voleva andare a parare: doveva aver saputo che Lord Voldemort glielo aveva chiesto in prestito.
- Ho saputo che l’Oscuro Signore ti ha chiesto di prestarglielo. Bizzarro… mi chiedo a cosa gli servisse. - disse, fissandolo con curiosità con quei suoi occhi gelidi e penetranti.
- Non ne ho idea, non sono così importante da essere messo a conoscenza dei suoi affari, mi spiace.
Piton colse il bagliore della menzogna nei suoi occhi, ma non fece in tempo a replicare perché il marchio sul braccio cominciò a bruciare come fuoco liquido: il suo Signore lo stava chiamando.
Anche il Marchio di Regulus bruciava, ma lui non lo degnò di uno sguardo: ora sapeva che Piton doveva sbrigarsi e sapeva che non avrebbe perso altro tempo con lui.
Piton si posò sul volto la fredda maschera d’argento e con un cenno del capo si Smaterializzò in un istante.
Regulus estrasse la sua maschera dal mantello, la gettò lontano, senza nemmeno guardarla: finì tra l’erba con un tonfo ovattato, mentre il mago si Smaterializzava a sua volta col fidato elfo.


Grimmauld Place, Oggi



Piton era immobile nella stanza da letto di Sirius, calde lacrime sgorgavano dai suoi occhi, scendendo lungo il naso adunco per schiantarsi al suolo come pioggia tiepida.
Una lacrima colò sulla fotografia che stringeva tra le mani, scivolando lentamente sui contorni della figura sorridente di Lily, quasi ad accarezzare ogni contorno del suo corpo.
Era l’immagine di una ragazza di tanti anni fa, una giovane felice… viva.
Passò il pollice sulla carta per asciugarla e indugiò sul suo viso.
Che cosa aveva fatto?
Se solo non fosse stato così sciocco… ma quel rimorso che gli stringeva il cuore, come una mano d’acciaio, gli ricordava i suoi errori ogni giorno da quando era morta.
E Lily era stata il prezzo del suo errore.
Si alzò e andò verso la cornice della porta e, senza voltarsi, si avviò nel corridoio immerso nel buio.
Incespicò su qualcosa, forse lasciato lì da quell’orribile Elfo Domestico. Si chinò a guardare: era un piccolo libro rilegato in pelle, senza nessuna incisione.
Lo prese tra le mani soppesandolo pensieroso: sembrava un diario, un diario personale.
Lesse le prime pagine e si rese conto che era il diario di Regulus Black, il fratello di Sirius. Doveva averlo smarrito l’Elfo, l’unica creatura che avrebbe potuto conservare quel genere di cimeli.
Lo sfogliò frettolosamente, fermandosi sull’ultima annotazione del 1979, l’anno della scomparsa del ragazzo:

Kreacher è tornato dalla missione con l’Oscuro Signore. Sono inorridito da ciò che sta facendo Voldemort: non pensavo potesse arrivare a tanto… non avevo capito nulla! Sono stato così stupido da non voler vedere.
Volevo essere importante, volevo essere il migliore, volevo non essere più solo il fratellino meno affascinante di Sirius.
Ma non desideravo questo, non ho mai desiderato veramente tutto questo.
Devo distruggere l’Horcrux e sperare che, quando incontrerà un degno rivale, sia di nuovo mortale.
La cosa più terribile è che non posso dire quello che ho scoperto a nessuno.
Se lo raccontassi ai miei genitori, li metterei in pericolo e lo stesso vale per Sirius.
Ma tanto lui non mi parla… non mi parla da così tanto tempo che non ricordo il suono della voce di mio fratello.
Vorrei che Sirius fosse qui, vorrei che non mi disprezzasse tanto, vorrei poterlo chiamare ancora fratello e vorrei che mi considerasse tale. Ma è tardi per questo.
Avrei dovuto capire anni fa che aveva ragione a non avvallare le idee dei nostri genitori, quelle idee che mi hanno mandato dritto verso Voldemort.
Non gliene faccio una colpa, loro vivono di convinzioni difficili da sradicare, ma io potevo scegliere e ho scelto il male.
Le mie mani sono macchiate indelebilmente di sangue, sono colpevole quanto Voldemort e solo per un caso non ho perso Kreacher per mano sua.
Siamo tutti egoisti finché non vediamo colpito qualcuno a cui teniamo. O forse sono solo io ad essere così.
Kreacher, il mio fedele amico che mi faceva compagnia quando ero piccolo e la notte avevo paura del buio.
E’ strano che uno come me chiami ‘’amico’’ un creatura che dovrebbe ritenere inferiore: Voldemort riderebbe di questo.
Gliel’ho consegnato senza pensare che non avrebbe esitato a sacrificarne la vita: per Voldemort le vite degli altri sono misera cosa in confronto ai suoi scopi personali.
Mi sento solo e stupido. Scrivo cose che leggerò solo io per fare ordine nella confusione che ho in testa.
L’altra notte ho fatto un sogno terribile: camminavo in un bosco e i rami degli alberi erano, in realtà, delle ragnatele nere da cui grondava una sostanza appiccicosa, simile al sangue. Mi avvolgevano come alghe e rendevano difficile procedere oltre: più cercavo di strapparle e più mi accorgevo quanto fossero resistenti. In fondo al tunnel costellato da questi strani alberi ho visto Lord Voldemort: era da lui che scaturivano le ragnatele e rideva di una risata disumana, qualcosa che non avevo mai udito e che mi faceva tremare di paura. Sono caduto in ginocchio tappandomi le orecchie e pregandolo di smettere… poi mi sono svegliato.
Nel mio letto, madido di sudore, ho paura, mi vergogno quasi di scriverlo ma… ho paura.
Vorrei poter tornare indietro nel tempo e non rifare tutte le scelte sbagliate che ho fatto.
Ma è tardi… posso solo andare avanti .
E’ buffo e terribile come ora mi sia chiaro: cos’è giusto e cos’è sbagliato. Vorrei solo che questa luce si fosse accesa prima nella mia testa.
Laverò il sangue dalle mie mani con l’unica cosa che posso fare e spero che un giorno, se Sirius troverà questo diario, lo legga prima di gettarlo alle danzanti fiamme del camino, così che capisca che sono andato incontro alla morte da eroe e non da vigliacco.
Domani mi farò accompagnare da Kreacher nel luogo dove è nascosto l’Horcrux e lo sostituirò con uno falso, poi troverò il modo di distruggerlo e se non tornerò indietro, com’è probabile, mi assicurerò che Kreacher lo faccia per me.
Addio.
Regulus.

Piton restò a fissare la confessione del ragazzo, la sua grafia incerta, quelle parole pesanti che sembravano uscire dalle pagine ingiallite e volteggiare nell’aria.
Si rese conto che quei pensieri deliranti appartenevano anche a lui, ma più di tutto si soffermò sulla frase: ‘’Vorrei poter tornare indietro nel tempo e non rifare tutte le scelte sbagliate che ho fatto. Ma è tardi… posso solo andare avanti .’’
La vita era solo una questione di scelte e lui e Regulus Black avevano fatto tutte quelle sbagliate.
Ricordò l’unica volta che aveva scambiato qualche parola con Regulus, quando aveva tentato di sapere dove fosse andato l’Oscuro Signore con l’elfo domestico e come mai si fosse rivolto proprio a quel ragazzo che nelle file dei Mangiamorte era considerato una ‘’nullità’’.
Aveva capito che mentiva dicendo di non sapere a cosa servisse l’Elfo Domestico. Ma poi il Marchio aveva preso a bruciare e non aveva potuto estorcergli altro perché l’Oscuro Signore lo stava chiamando.
Era stata una fortuna: se avesse penetrato la mente di Regulus, probabilmente lo avrebbe consegnato al suo padrone. Era terribile pensarci in quel momento, ma il Severus di allora lo avrebbe consegnato senza esitare, così la morte di quel ragazzo sarebbe stata ancora più inutile e lui avrebbe aggiunto un altro mattone al muro invalicabile di rimorsi che gli impediva di intravedere la luce di un nuovo giorno.
Proprio come la vita di Regulus anche la sua gli era sfuggita di mano avevano solo un anno di differenza, un età in cui hai compiuto solo pochi passi sulla lunga scalinata della vita.
E’ facile infiammarsi per un ideale sbagliato, come è facile ad un tratto ritrovarsi a stringere tra le mani solo cenere.
La cenere dei morti che ti rimangono dentro, sospesi come fantasmi, con i loro occhi vitrei e li senti muoversi spettrali tra i tuoi ricordi fino alla fine della scalinata.
Pochi passi fatali, pochi passi, oltre i quali non si può tornare indietro e la consapevolezza pesante, come una cortina di fumo, che il prossimo passo potrebbe essere l’ultimo.
Posò il diario nel punto dove lo aveva raccolto, si infilò il mantello come fosse un’armatura e uscì da quella casa spettrale per non farvi più ritorno, senza incertezze, come Regulus prima di lui.
 
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view post Posted on 25/1/2017, 16:35
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Orietur in tenebris lux tua di arcady



Severus Snape stava bevendo the nero davanti al camino vecchio e fumoso del suo appartamento, quando Castore, il gufo di Regulus, planò sul tavolo della cucina e arrivò fino a lui, beccandogli la mano. Con un sospiro irritato appoggiò la tazza sul pavimento e si allungò per prendere il rotolino dalla zampa dell’animale, maledicendosi per non aver sigillato la finestra.
Quando Castore prese di nuovo il largo, Severus srotolò il foglio stropicciato e lesse il messaggio conciso, scritto sulla pregiata carta intestata di casa Black.

“G.P. E’ importante. Reg”


Severus si smaterializzò all’istante a Grimmauld Place, direttamente davanti alla porta della stanza di Regulus – aveva da tempo il permesso di farlo - e la spalancò senza neanche preoccuparsi di bussare.
“Severus, sei venuto…” mormorò Regulus, dal sofà imbottito sul quale era semisdraiato.
“Un messaggio del genere e pretendi che rimanga in poltrona a sorseggiare the?” Esclamò Severus, chiudendosi la porta alle spalle. “Allora, a cosa devo il disturbo?”
Snape si rese conto che c’era davvero qualcosa che non andava perché Regulus se ne stava accoccolato lì, a guardarsi le mani, assorto, senza replicare al suo sarcasmo.
“Ho paura, Severus,” fece Regulus all’improvviso, con gli occhi bassi. “Ho paura di dover puntare la bacchetta, di uccidere ancora.” Continuò, stringendo i pugni.
Per Severus fu totalmente inaspettato.
Che stava succedendo? Regulus Black, lo stesso che si professava il più fedele dei seguaci di Voldemort, lo stesso a cui gli occhi avevano brillato di una luce incandescente mentre il Marchio si impossessava della sua carne, bruciandola fino alle ossa e facendolo urlare di dolore e soddisfazione: quello stesso Regulus, adesso aveva paura? Cos’’era cambiato?
“Non voglio più farlo.” Continuò Regulus, alzando lo sguardo e cercando il suo.
Severus non reagì subito: quelle parole sembravano uno scherzo, ma gli occhi di Regulus, beh, quelli erano sinceri. Li conosceva troppo bene, ci si era perso così a lungo e per così tante volte – tutte le volte che non sopportava più di guardare la vita che gli accadeva intorno, lontana da lui. No, non poteva sbagliarsi.
“Mi assicurerò di essere con te quando dovrai prendere parte ad un’azione,” Disse poi, cercando di minimizzare.“Se necessario agirò al tuo posto, Regu-”
“Non farlo,” Regulus lo interruppe, stringendosi il busto con le braccia - in fondo alla sua voce risuonò una nota stridente che Severus non aveva mai sentito prima. “Non tentare di difendermi, non tenermi indietro: non farlo. Sarebbe anche peggio, sapere che tu hai dovuto assumerti le mie responsabilità.”
“Regulus, sai che posso farlo.”
“Si, lo so.” Rispose il più giovane. “Ed è spaventoso.”
“Cosa intendi dire?” chiese Severus, in un soffio.
Regulus non rispose e spostò lo sguardo oltre la finestra, fissandolo sulle gocce di pioggia che frustavano i vetri.
“Rispondimi,” Insistette Severus, stringendo le labbra, nervoso. “Hai paura ma non vuoi il mio aiuto. Si può sapere che intenzioni hai?”
“A che serve che io non voglia allontanarmi da te?” Chiese Regulus, sperando davvero in una buona risposta. “A che serve, se ormai solo l’idea di… questo…” disse con voce rotta, mostrando il proprio avambraccio sinistro. “ …mi fa venire i brividi?”
Sulla stanza scese un silenzio denso, ed entrambi cominciarono ad avvertire una sensazione orribile formicolare sulla pelle.
Rabbia. Perdita. Ancora rabbia.
Severus trascinò in piedi Regulus e gli afferrò il braccio, tenendolo sospeso tra di loro, con il palmo rivolto all’insù. Regulus tentò di divincolarsi, senza successo e lui cominciò a parlare.
“Quando abbiamo preso il Marchio, abbiamo scelto, abbiamo giurato fedeltà,” Tuonò, stringendo il polso di Regulus. “Ci è entrato dentro molto più a fondo di qualche strato di pelle, lo sai, lo hai sentito. Lo volevi!”
Regulus non rispose, rimanendo ostinatamente voltato dall’altra parte.
“Guardami, Regulus. Non si tratta di me, ma del fatto che non puoi permetterti di cambiare idea, lo capisci!?” Insistette Severus.
Non ne usciresti vivo.
“Tu credi?” Rispose Regulus, girandosi all’improvviso e sfidandolo con lo sguardo.
“Ma cosa…?” Severus lasciò la presa e indietreggiò di qualche passo.
Era confuso, stava succedendo tutto troppo in fretta.
Paura? L’idea di tornare dal Signore Oscuro senza Regulus…
Solitudine. Di nuovo.
Se tradisce morirà: questo mi fa paura.

“Non ti dirò niente, Severus. Tu non rinuncerai al potere che ti dà la tua posizione. E io non voglio renderti vulnerabile e neanche che tu finisca per tradirmi.”
Severus lo fissò, incredulo. “Non potrei mai farlo, non a te. Perché diavolo lo pensi?”
Seguì un silenzio gelido, in cui i due si fissarono come se fosse la prima volta che si vedevano.
“Perché non puoi permetterti di cambiare idea.” Rispose Regulus con freddezza.
E’ così? – pensò Severus - Siamo nemici, adesso?
Avrebbe voluto urlare, scalciare, impedire con qualunque mezzo che Regulus se ne andasse ma, come al solito, si mostrò assolutamente calmo e inspirò profondamente.
“Capisco.”
“Ne sono sicuro,” Rispose Regulus, poi, con un sospiro, continuò. “Una cosa, però, voglio dirtela: assicurati di essergli sempre indispensabile.”
“So bene come è meglio agire.” Fece Severus, con la voce appena incrinata.
“Lo so, sei stato tu ad insegnarmi tutto,” ammise Regulus. “ma io non posso sopportarlo, non voglio. Tu sei sempre stato più forte di me.”
Parli di forza, Regulus, ma io non sento niente. Hai visto il vuoto nei miei occhi quando torturo, quando uccido. E’ disumano: io sono disumano, ma è l’unico modo. Solo quando alzo lo sguardo su di te torno a riconoscere il battito del mio cuore.
Severus pensò tutto questo, ma rimase in silenzio.
Poi, d’un tratto, il Marchio cominciò a bruciare.
Entrambi portarono istintivamente la mano sull’avambraccio dolorante e Regulus vacillò, arretrando fino ad appoggiare la schiena contro la parete.
“Basta!” Si girò con il viso rivolto al muro e cominciò a strofinare freneticamente il braccio sulla pietra ruvida.
“Lasciami in pace!” Continuò ad urlare e a scorticarsi senza preoccuparsi del sangue che cominciava a colare dalla pelle lacerata, imbrattando la parete.
Severus si avvicinò con circospezione per tentare di calmarlo, ma Regulus non ne volle sapere e, con la mano libera, lo respinse con tutte le forze.
“Stai lontano da me!” Gli intimò. “Non lo sopporto, sto impazzendo!” La voce di Regulus si incrinò e le ultime parole si udirono a malapena, mentre si trasformavano in un urlo roco.
“Regulus, calmati,” disse Severus, in tono perentorio. “Il Signore Oscuro sta aspettando, ora devi calmarti e venire con me, o si insospettirà.”
Regulus appoggiò la guancia bollente e bagnata di lacrime sulla pietra fredda, ansimando, poi cominciò a ridere piano, quasi istericamente.
“Allora non hai capito,” Ringhiò. “Io non verrò. C’è una cosa che devo fare e, se tutto va bene, quel mostro andrà finalmente all’inferno!”
“Vuoi farti ammazzare? E’ questo che vuoi? Stiamo parlando di Voldemort: lui non permette a nessuno di lasciarlo,” tentò Severus. “Ora devi darti una calmata e venire con me, avremo tutto il tempo di parlarne più tardi.”
Regulus si voltò, spingendo la schiena contro il muro imbrattato del suo sangue.
“Ho detto che non verrò,” fece, deciso. “Tradisco, Severus e se Merlino vorrà, riuscirò a cavarmela e portare a termine il mio compito.”
L’improvvisa consapevolezza tagliò il respiro di Severus, zittendo persino il dolore del Marchio, che continuava a mordergli la pelle.
“Devi avere un’ottima ragione per fare una scelta del genere, Regulus,” La sua voce era un sussurro sinistro, ora. “E’ così? Ce l’hai?”
“Sai che è così,” Rispose Regulus. “Altrimenti non ti lascerei a lui. Altrimenti continuerei ad immergere le braccia fino ai gomiti in sangue innocente. Con te. Perché tu non vuoi cambiare idea, non è vero?” riprese Regulus, tentando di incatenare gli occhi di Severus ai suoi. “Non fai niente che non serva a te stesso, e forse è giusto co-”
“Basta!” Severus lo interruppe, urlando. “Tu non hai idea! Da perfetto Black credi di sapere tutto! Pensi che sia facile per me? Pensi che io desideri tutto questo?” Disse, indicando ancora una volta il braccio sinistro. “Il prezzo che pago è molto più alto di quanto credessi, ma senza questo io non sono niente, niente! E non ci rinuncerò, hai detto bene. Ma tu… tu sei la mia anima, l’unica prova che ho di non essere un mostro. Se te ne vai tu, non avrò più freni.”
Gli occhi di Regulus tornarono umidi e lui abbandonò le braccia lungo i fianchi, spossato.
“Non posso più essere questo, non posso salvarti da te stesso.” Disse, con voce spezzata.
Severus vacillò.
Hai ragione, Regulus. Dannato, inutile, patetico amarsi. Non serve a niente. Non è abbastanza. Però non smettere: da lontano, da vivo o da morto, non smettere. Io farò lo stesso.
Sei l’unico che sono capace di amare. L’unico che me l’ha chiesto.
Ma non posso trattenerti, né seguirti.

Non disse neanche questo, non ci sarebbe riuscito e poi Regulus lo sapeva già: poteva leggerlo nella linea delle sue labbra, tese e rigide e nel tremore delle sue mani.
Rimasero fermi, uno di fronte all’altro, disegnandosi a vicenda con lo sguardo per imprimersi nella memoria il ricordo di ciò che stavano perdendo, avvertendo l’eco del loro bisogno reciproco. Il Marchio urlava ancora il suo richiamo muto e loro non si avvicinarono, né si toccarono, poi, con un cenno di assenso e una singola lacrima che prese a scendere sulla guancia tirata, Severus si smaterializzò.

§§§



“Signori,” Tuonò Voldemort rivolto ai Mangiamorte raccolti intorno al tavolo con lui. “A quanto pare ho appena avuto la conferma di essere stato tradito.”
Gli altri si guardarono intorno con circospezione, chiedendosi chi mancasse all’appello, mentre Severus, ancora scosso dalla consapevolezza della mancanza, abbassò gli occhi, tentando di non rivelare la sua angoscia.
Regulus…
Si asciugò frettolosamente la lacrima solitaria con il dorso della mano che ricadde subito dopo sul grembo, insensibile.
Voldemort si avvicinò, gli alzò il mento con un violento movimento delle dita e fissò gli occhi nei suoi, neri e immobili..
“Regulus Black pagherà il suo tradimento con la vita,” sussurrò con un ghigno, avvicinandosi pericolosamente al viso di Severus, poi si voltò e tornò al suo scranno.
Tutti i presenti ammutolirono e Severus continuò a rimanere immobile, nella speranza di smettere di provare quello che stava provando, nella speranza di potersi strappare il cuore dal petto e liberarsene una volta per tutte. Perché diavolo batti, adesso?
Niente da fare.
Eppure avrebbe dovuto aspettarselo: lui perdeva sempre tutto.
“Severus…” Voldemort lo riscosse nuovamente dai suoi pensieri agitati.
“Mio Signore.” La sua voce risultò sorprendentemente calma, considerando l’inferno che gli bruciava dentro.
Stava diventando bravo.
“Tu e Regulus eravate molto vicini.” Non era una domanda.
Eravate.
Severus alzò lentamente lo sguardo.
“Sì, mio Signore,” decise di non mentire, ma cominciò automaticamente a schermare i suoi pensieri, temendo un attacco feroce.
“Quindi, ora puoi anche riferirmi cosa blaterava il piccolo re* tra le lenzuola.” Ringhiò Voldemort, gli occhi fiammeggianti e un sorriso terrificante a deformargli le labbra sottili.
“Non capisco, Mio Signore,” Rispose Severus, riuscendo a mantenere il tono calmo. “Non avevo sentore dei pensieri di tradimento nei vostri confronti da parte di Black, altrimenti vi avrei di certo avvertito.” Mentì spudoratamente su tutto.
“Allora non ti dispiacerà avvicinarti e aprire la tua mente per farmi controllare di persona,vero?” rispose Voldemort stringendo gli occhi.
Severus ebbe un fremito che mascherò con maestria. “Niente affatto, Mio Signore.” Disse, alzandosi e portandosi al suo cospetto.
“Benissimo, ” gracchiò il Signore Oscuro alzando la bacchetta. “Legilimens!”
Snape aveva già provveduto ad innalzare barriere inattaccabili sui ricordi incriminanti, lasciando agli occhi di Voldemort solo ciò che era accaduto prima di quel pomeriggio, a Grimmauld Place.
Dopo qualche minuto di esplorazione dolorosa, la mente di Severus fu abbandonata e Voldemort, furioso come non mai, gli puntò di nuovo la bacchetta contro.
“Che questo sia di monito per chi abbia mai avuto anche il solo pensiero di tradirmi.” Parlò rivolto a tutti i presenti, ma continuò a fissare Severus per tutto il tempo. “Crucio!”
Era la prima volta che Severus subiva una Cruciatus e, quando il raggio raggiunse il suo petto, un dolore indescrivibile si irradiò lungo tutto il suo corpo, come una scossa elettrica amplificata all’ennesima potenza. Cadde in ginocchio e poi steso sul pavimento - le gambe e le braccia che si agitavano convulsamente - mentre un grido prolungato e lancinante raggiunse le sue orecchie, ferendole; a poco a poco si rese conto che quel grido usciva dalla sua stessa bocca. Il dolore era così intenso che lui non riuscì più a definire i confini del proprio corpo: era fuoco, dentro e fuori. Poi, dopo un ultimo grido rauco, svenne.

§§§



Severus se n’era andato da pochi minuti quando Regulus si alzò barcollando dal pavimento e chiamò il suo Elfo Domestico.
“Kreatcher, vieni qui.”
L’Elfo si materializzò nella stanza con un sonoro Crac, nel giro di due secondi.
“Padron Regulus ha chiamato?” poi, accortosi della ferita di Regulus, cominciò ad agitarsi. “Padron Regulus è ferito! Io posso fare qualcosa per aiutare Padron Regu-“
“Lascia perdere,ora, per favore!” esclamò il giovane Black, frettoloso. “Non preoccuparti, è una cosa da nulla di cui mi sto già occupando.” Aggiunse con più garbo, mentre si ripuliva del sangue alla bell’e meglio, con una camicia pulita che giaceva abbandonata su una poltrona.
Regulus ritrovò un po’ di energia concentrandosi sul suo obiettivo, mentre tentava di non pensare a ciò che era appena accaduto. A Severus. Al fatto che probabilmente non lo avrebbe più guardato, più toccato, più respirato.
Più.
Era inevitabile. Non avrebbe potuto dargli spiegazioni e Severus non avrebbe voluto sentirle.
“Kreatcher,” disse, sbrigativo. “Devi portarmi alla grotta, puoi farlo, vero?”
L'Elfo rabbrividì ma fece cenno di sì con la testa. “Si, posso accompagnare padron Regulus.”
“Bene, muoviamoci.”
Detto questo, si smaterializzarono.

§§§



Severus aprì gli occhi a fatica: era a terra, scomposto e con il viso coperto dai capelli bagnati di sudore ormai freddo.
Rimase lì, facendo vagare gli occhi intorno: la stanza era vuota, Voldemort lo aveva lasciato a terra mentre era ancora incosciente e se ne era andato, dopo aver dato ai suoi Mangiamorte l’ennesima dimostrazione della sua supremazia.
La supremazia sui suoi discepoli, i suoi servi, i suoi serpenti gonfi di veleno pronti ad attaccare al suo comando.
E lui sarebbe stato il migliore di tutti.
Nauseante ma vero: non aveva scelta, anche se Regulus Black credeva il contrario.
Regulus.
L'accaduto di poche ore prima lo colpì con una forza tale da farlo tremare.
Il dolore che provava fuori si estinse del tutto, mentre quello che aveva dentro cominciò a spingere in tutte le direzioni, annientando ogni possibile reazione.

Non è la dannata Cruciatus a fare male, è la tua assenza, che mi violenta l’anima.
Sei tu che fai una scelta, dopo una vita passata a reagire alle scelte di tuo fratello.
Sei tu che te ne vai per non tornare.
Sei tu che, forse, adesso sei morto, stupido di un Black.
E sono io che ti lascio andare, che penso a sopravvivere.
Sono io che mi illudo di non avere paura della solitudine.

Ho paura, Sev… aiutami…
Severus si alzò di scatto, stordito da quel pensiero non suo che gli aveva attraversato la mente, congelandosi sulla fronte in echi sempre più lontani.
“Dove sei?!” urlò, disperato.

§§§



Quando si trovò di fronte al bacile in cui era nascosto l’Horcrux, a Regulus tremarono le mani e temette di non riuscire a portare a termine il compito che si era imposto, ma si costrinse a procedere.
Cominciò a bere e più beveva, più gli incubi affioravano dietro le sue palpebre e lo tormentavano: scivolò a terra, stremato e dolorante ma continuò a sforzarsi di bere la pozione, finché non vuotò il contenuto del bacile.
Dopo un paio di minuti, ancora ansimante, si alzò, aggrappandosi ai lati del contenitore di pietra e gettò lo sguardo ormai incerto all’interno, dove riposava il Medaglione di Salazar Serpeverde: il vero Horcrux.
Trasse dalla tasca interna della giacca il gioiello falso con mani tremanti e fece lo scambio, poi inspirò profondamente e chiuse gli occhi.
“Prendi questo e vattene di qui,” intimò a Kreatcher, passandogli il medaglione. “dovrai distruggerlo subito, è fondamentale, e non dovrai parlarne a nessuno: neanche mia madre deve sapere.” Aggiunse, con la voce incrinata dal dolore e dalla stanchezza.
Severus, mi perdonerai? Voglio solo mettere a tacere le grida nella mia testa. Voglio che questa puzza immonda se ne vada: la colpa ha un odore così cattivo, Severus. Tu la senti? Io ne sono pervaso. Ha sopraffatto l’odore della tua pelle, non la sopporto più.
La gola cominciò a bruciare: ben presto una sete inestinguibile lo avrebbe colto.
“Padron Regulus…” tentò Kreatcher.
“E’ necessario. Fai come ti ho ordinato.” Disse Regulus, parlando con decisione ma rivolgendogli il più doloroso degli sguardi.
Kreatcher lo guardò con i grandi occhi offuscati da pesanti lacrime, poi, con un macigno sul cuore, si voltò e lasciò la grotta, obbedendo per l’ultima volta ad un suo ordine diretto.
Regulus non resistette a lungo alla sete: si avvicinò al lago e si inginocchiò - le mani che reggevano la gola bollente e arida. Ingoiò un primo sorso, poi un secondo, quando notò un movimento nell’acqua: attraverso le ciocche di capelli che gli erano ricadute sugli occhi, vide una mano esangue emergere lentamente, poi le mani diventarono due e infine una testa scheletrica e ghignante uscì dall’acqua. Nel giro di pochi secondi decine e decine di Inferi emersero dal lago: un odore di morte e putrefazione riempì l’aria e Regulus capì di non avere scampo. Tentò di estrarre la bacchetta ma ormai non riusciva nemmeno a combattere: era debole e la sete lo annientava.
Chiuse gli occhi.
“Ho paura, Sev…aiutami…” Ripeté queste parole fino a che le mani scheletriche degli Inferi lo trascinarono sotto il filo dell’acqua, sempre più giù, finché tutto divenne buio e silenzio e le sue lacrime si fusero con le acque del lago.
Poi, poco prima di perdere i sensi, lo sentì: calore luminoso che attraversava il suo corpo e lo calmava.

Non smettere, Regulus. Io farò lo stesso.
Io farò lo stesso.
Farò lo stesso.


FINE




* Piccolo Re: Regulus, in lingua latina.
 
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66 replies since 30/4/2012, 23:49   1317 views
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