Il Calderone di Severus


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Storia 2 - Fall in the darkness5 [41.67%]
Storia 4 - Orietur in tenebris lux tua5 [41.67%]
Storia 1 - Una luce nell'oscurità1 [8.33%]
Storia 3 - Diario di un Mangiamorte1 [8.33%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 5° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 16:15 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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- Fall in the darkness di misslegolas86



Il cerchio immobile dei Mangiamorte faceva da cornice alla scena che si svolgeva nel mezzo. Il Signore Oscuro, impassibile e spietato, puntava la bacchetta verso una figura rannicchiata a terra: la neve tutta intorno era macchiata di sangue, mentre urla di un dolore disumano echeggiavano nell’aria gelida. Non era un nemico. Il Marchio Nero nitido sull’avambraccio sinistro del sofferente non lasciava dubbi sulla sua appartenenza ai fedeli seguaci dell’Oscuro, coloro che avevano offerto la loro libertà e la loro anima in cambio di potere e rispetto, divenendo al contempo servitori del più crudele dei padroni. Al suo cospetto ogni errore necessitava di un prezzo pesante da pagare e così in quel momento veniva punita l’esitazione di un solo attimo con la sanzione più dura, la maledizione Cruciatus. Niente poteva essere nascosto a Lord Voldemort. Non era sfuggito all’esame dell’Oscuro l’esitazione del ragazzo nello scagliare l’Avada Kedavra sul figlio di quella coppia di Auror. Nessuna debolezza era ammessa per i seguaci del più potente mago di tutti i tempi, nessun rimorso tra i suoi fedeli poteva essere tollerato.
“Severus, mi rincresce ma hai ancora molto da imparare al mio servizio.” La voce serpentina era ancora più fredda della temperatura circostante vicina allo zero.
Severus Piton, sudato e con il corpo in fiamme per la maledizione che gli lacerava il corpo, si contorceva nella gelida neve. L’Oscuro, dopo aver scandagliato la sua mente, l’aveva abbandonata divertendosi a torturarlo solo nel fisico. Il dolore era insopportabile come sempre, eppure non bruciava come la delusione che gli lacerava l’animo.
Aveva fallito come Mangiamorte, deludendo le aspettative del suo Signore. Non era stato abbastanza forte nel portare a termine la sua missione senza vacillare. Non era stato un vero uomo, aveva permesso al suo cuore di continuare a provare sentimenti che dovevano essere rifuggiti.
Ma quella non era la realtà: non poteva mentire anche a se stesso. Era ben altro quello che scuoteva il suo animo.
Quando si era unito all’Oscuro, lo aveva fatto per sete di conoscenza, per approfondire i suoi studi e per ottenere un po’ di quel rispetto che non aveva mai ottenuto neanche ad Hogwarts. Ma tutto questo aveva un prezzo altissimo, che pagava ogni volta con sempre maggiore difficoltà. Uccidere non era mai stato facile, eppure agli inizi la convinzione di lottare per una giusta causa lo aveva sostenuto. Il tempo aveva però rivelato la semplice crudeltà alla base dei progetti dell’Oscuro. Come un torrente incessante, il dubbio si stava insinuando nel suo animo, accompagnato dalla paura di non potersi tirare indietro. Era il timore per la sua vita che lo spingeva, ormai, ad ubbidire ad ordini che non condivideva per nulla. Aveva ucciso ancora, perfino un bambino, pur di far salva la propria vita.
Sapeva di essere un codardo, ma compiacere il suo Signore era l’unico modo per sopravvivere.
Finalmente il dolore cessò pur se continuava a tremare nella neve. Da fedele servitore baciò il lembo del manto nero fermo davanti a lui in attesa di quel gesto di sottomissione e fedeltà. Poi con uno schiocco l’Oscuro sparì seguito dai suoi seguaci. Severus Piton era rimasto solo.
Cercò di rimettersi in piedi, il naso e la bocca ancora sanguinanti, ma sentì le forze abbandonarlo sempre di più, scivolava in un quieto nulla. Poi una mano calda lo sostenne per le spalle, un tiepido calore gli soffuse il viso, e il sangue smise di fuoriuscire. Le forze cominciarono a ritornare mentre un pezzo di neve veniva passato con delicatezza sulla sua fronte in fiamme.
“Hai un posto dove posso portarti?” chiese una voce che suonava familiare “Ti porterei da me, ma non credo che i miei capirebbero.”
Cercò di alzarsi, non voleva sembrare un debole, ce l’avrebbe fatta da solo come sempre, ma le gambe e le braccia non rispondevano ai suoi comandi.
“Non fare lo stupido, sei ridotto male, non riuscirai mai a smaterializzarti. Dimmi dove andare.”
“Spinner’s End” sussurrò, mentre la radura cominciava a vorticare davanti ai suoi occhi non per la smaterializzazione ma per la sua spossatezza. Perse i sensi.
Era disteso sul divano della sua vecchia casa e il fuoco scoppiettava nel camino. Una figura in piedi al suo capezzale lo guardava con aria preoccupata. Cercò di metterlo a fuoco e dall’oscurità emerse un volto.
“Regulus!” esclamò con un filo di voce “Perché?”
“Taci, Severus, sei debole. “ disse mentre gli voltava le spalle e si avviava alla porta.
“Perché’” ripeté imperterrito.
“Perché chiunque con un po’ di cuore avrebbe fatto lo stesso.” Rispose il mago. “Spero ti riprenda presto.” Il suono della smaterializzazione lo informò che il suo salvatore aveva lasciato quel luogo.

*********



“Kreacher, portami un bicchiere di vino elfico e non dire a mia madre che sono rientrato.”
Regulus Black si abbandonò sul letto a baldacchino della sua camera, mentre l’elfo si richiudeva la porta alle spalle. Gli girava la testa e un senso di nausea gli opprimeva lo stomaco. Ancora violenza e dolore. Come aveva potuto mettersi al servizio di un essere così malvagio? Aveva svenduto la vita e la libertà per essere il servitore di un essere senza cuore. Brividi di orrore gli attraversavano la schiena ripensando a quello che era accaduto a Piton per un solo attimo di esitazione. Era assurdo pagare in quel modo per un sentimento così umano come la pietà davanti all’omicidio di un bambino. Piton non si era sottratto agli ordini che aveva ricevuto, aveva sterminato l’intera famiglia di Auror, eppure questo non lo aveva affrancato dalla crudele punizione di Lord Voldemort. Non era riuscito a non provare pietà. Non sapeva molto di Severus Piton, visto che non aveva mai avuto molto a che fare con lui. Ad Hogwarts i suoi interessi lo avevano portato più sul campo di Quidditch che non nelle segrete a distillare pozioni o in biblioteca tra polverosi tomi. E poi una volta ricevuto il Marchio non era mai stato affiancato a Piton, un altro giovane Mangiamorte, in una missione. Eppure era venuto a conoscenza della crescente fama di fedelissimo che si stava conquistando. Piton, pur se giovanissimo, prendeva parte regolarmente alle missioni più importanti che l’Oscuro assegnava ai suoi seguaci più fidati, quelli che lo seguivano da anni e che avevano mostrato crudeltà e devozione incondizionata.
Si chiese che cosa avesse portato Piton in quella folle spirale di violenza. Considerata l’umile condizione della sua casa a Spinner’s End, non era questione di superiorità di sangue o di stirpe, ma forse l’opposta acredine di contare qualcosa nel mondo magico. Molti si univano all’Oscuro per guadagnarsi rispetto e potere e si sorprese a pensare a come Voldemort riuscisse ad irretire in pari misura sia le più antiche e nobili famiglie magiche i Black, i Malfoy, i Nott sia i maghi di più umile estrazione. Tutti giuravano incondizionata fedeltà al suo regno di terrore. Quando si era unito ai Mangiamorte, nella sua stupidità si era illuso di veder realizzate le idee che la famiglia gli aveva messo in testa fin dalla nascita sulla superiorità del sangue magico, ma davanti all’orrore della realtà aveva capito che aveva sbagliato. Voldemort era solo male e distruzione.
Ringraziò in cuor suo Severus Piton perché quella notte, con quella sua umanissima debolezza, gli aveva fatto capire in modo definitivo cosa Lord Voldemort si aspettava da un suo vero seguace: odio, indifferenza e crudeltà. Aveva già donato all’Oscuro la vita e la libertà, ma non gli avrebbe concesso anche la sua anima. Non avrebbe smesso di provare pietà per un uomo ferito, per un bambino morente, per un elfo domestico maltrattato. No, avrebbe difeso la sua umanità ponendo le basi per la distruzione di quel regno di terrore e morte a qualunque prezzo.

******



Ancora il cerchio dei Mangiamorte, ma questa volta era al fianco degli altri nel suo abito nero e con la maschera d’argento sul viso. Uno spazio vuoto spiccava di fronte a lui. Regulus non aveva risposto alla chiamata dell’Oscuro e, a giudicare dall’irritazione del suo Signore, l’assenza non era una vendetta per qualche mancanza.
Da quella notte spesso si era chiesto che fine avesse fatto Regulus Black. Tra di loro non c’era mai stata amicizia, pur essendo stati entrambi Serpeverde e quasi coetanei. Erano due pianeti troppo diversi. Black, così curato e amato dalla sua famiglia di Purosangue, volava metri sopra di lui, povero ma talentuoso mezzosangue. Non c’erano mai state occasioni per condividere qualcosa fino a quando non si erano ritrovati compagni come servitori dell’Oscuro. Erano entrambi giovani arrivati perciò non era mai capitato di andare in missione insieme. I loro contatti erano stati sporadici, fino a quella notte in cui il moto di pietà di Black aveva acceso un dubbio nella mente di Severus. Aveva avvertito nell’animo di quel giovane la stessa delusione che scuoteva il suo cuore. Era stata una sensazione, non una certezza, eppure la scomparsa di Regulus aveva lasciato questo vuoto per anni, una voglia di sapere che non era riuscito a colmare.

*******



“Severus, dobbiamo scoprire cosa è capitato a Harry.” Il ritratto di Silente parlava con la solita calma che aveva contraddistinto il Preside in vita. “Devi chiamare Kreacher, l’elfo domestico, dalle cucine.”
Piton, senza chiedere spiegazioni come sempre, convocò l’elfo che, come ovvio, non si dimostrò per niente collaborativo. Penetrare nella sua mente per un Legilimante esperto come lui fu semplicissimo. Vide Potter, la Granger e Weasley a Grimmauld Place e ascoltò il racconto che Kreacher aveva fatto loro sulla morte di padron Regulus.
Il gelo che aveva avvertito nella radura tanti anni prima, martoriato dalla Cruciatus, tornò ad assalirlo. Dunque Regulus era stanco di essere un Mangiamorte e aveva programmato un modo per indebolire l’Oscuro Signore sacrificando la sua stessa vita per questo. Era morto al posto di un elfo domestico considerato inferiore da qualsiasi mago. Lui, invece, aveva dovuto aspettare la morte della persona a lui più cara per decidere di abbandonare definitivamente il male. Era indegno, eppure era sopravvissuto oltre 15 anni rispetto a Regulus. Forse avrebbe potuto fare di più per lui. Quella notte aveva avvertito che qualcosa turbava il ragazzo che gli aveva prestato soccorso, ma non aveva mosso un dito. Gli sembrò, a distanza di tanti anni, che il gesto di Regulus fosse una muta richiesta d’aiuto caduta nel vuoto.
Avrebbe potuto scoprire cosa il giovane Black aveva in mente e magari aprire anche il suo cuore scosso dai primi dubbi. Forse avrebbe potuto evitare che Regulus si sacrificasse in una morte così assurda: in fondo, meno di un anno dopo, lui era entrato a servizio di Silente. Sarebbe bastato tenerlo in vita e infine coinvolgerlo nei piani di Silente. Infiniti se sorsero nella sua mente, torturandolo.
Ancora una volta non aveva fatto nulla.
Così come aveva condannato con indifferenza James Potter e suo figlio, allo stesso modo aveva lasciato Regulus al suo destino. Un senso di nausea gli serrò la gola pur non intaccando la maschera d’indifferenza che ricopriva il suo volto. In questi anni almeno aveva imparato a nascondere le sue emozioni in modo perfetto per tutti o quasi.
Kreacher aveva lasciato lo studio.
“Severus, non tocca a noi decidere chi è degno di morire né tanto meno decidere il tempo o il modo della nostra dipartita. Hai fatto molto in questi anni, devi essere fiero di te, come lo sono io.”
Era impossibile mentire a Silente, anche da morto.

********



Nella polverosa camera al secondo piano di Grimmauld Place la figura solitaria di Severus Piton appariva come una statua avvolta dalle tenebre. Le foto al muro parlavano della giovinezza spensierata di un giovane rampollo di una nobile famiglia. Eppure agli occhi di Severus quelle immagini confermavano solo l’assoluto male rappresentato dall’Oscuro, capace di distruggere e contaminare ogni cosa. In quel luogo non era venuto a cercare nulla di particolare. La sua era una visita dettata dal suo animo. Un’ulteriore tappa carica di rimorso lungo quella via dolorosa che era la sua vita. Una visita inutile perché non c’era nessuno con cui parlare. Ormai tutte le persone con cui voleva chiarire, a cui voleva chiedere scusa, erano al di là della vita e non potevano più ascoltarlo. Era rimasto solo con i suoi rimorsi e rimpianti senza possibilità di trovare pace.
 
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