Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 5° Turno
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Storia 2 - Fall in the darkness5 [41.67%]
Storia 4 - Orietur in tenebris lux tua5 [41.67%]
Storia 1 - Una luce nell'oscurità1 [8.33%]
Storia 3 - Diario di un Mangiamorte1 [8.33%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 5° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 16:08 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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- Una luce nell'oscurità di pingui79


Hai praticamente trattenuto il respiro per tutto il tragitto. Te ne accorgi solamente quando chiudi la porta dietro di te e senti, nel silenzio dello studio, il sangue martellarti ritmicamente nelle orecchie, accompagnato da un fastidiosissimo ronzio. Cerchi di prendere più aria possibile, staccandoti con lentezza dalla pesante porta di legno.
Non puoi permetterti di perdere il controllo delle tue emozioni, non puoi lasciarne trapelare nemmeno una, non adesso.
Tutti i ritratti sono svegli e ti guardano preoccupati.
«Severus, forse è meglio se ti siedi.» esclama Silente dalla propria cornice. Il tono è pacato, ma non ti sfugge la nota di preoccupazione nella voce.
Ti accasci sulla sedia, stringendo convulsamente le mani attorno ai braccioli per impedirti di tremare ancora, mentre la tensione pian piano ti scivola di dosso, lascandoti un senso di spossatezza. La paura è dietro l’angolo. Con un paio di profondi respiri la cacci nel posto più remoto della mente, mettendola a tacere.
Ti ripeti mentalmente tutti i nomi degli studenti e degli insegnanti nel castello, tutti, lasciando volentieri fuori dalla lista solo i Carrow. Ognuno di quei nomi vale la pena di sopportare l’angoscia, vale la pena di fingere di essere quel che non sei, se serve a proteggere le loro vite.
«Ottimo lavoro, ragazzo mio.» ti rassicura Albus.
Speri con tutto te stesso che queste non siano le ultime parole famose.
Fuori albeggia.
E l’Oscuro Signore si è appena presentato ai cancelli di Hogwarts, per chissà quale motivo. L’intera scuola è immersa nel sonno.
Come sempre, tocca a te solo farsi carico di tutto. Tu sei il guerriero invisibile, destinato a combattere nell’ombra, destinato ad un’eterna ed oscura solitudine. Non c’è nessuno qua dentro – e nemmeno là fuori a dire il vero – che possa darti sostegno in questa lotta silenziosa.
Nessuno.
Abbassi gli occhi sulla pergamena, su cui poco prima stavi per scrivere una nauseante relazione per il Ministro. Sul foglio immacolato c’è un piccolo puntino d’inchiostro nero in alto a sinistra, dove hai a malapena appoggiato la punta un attimo prima di essere interrotto.
Un piccolo puntino nero.
In mezzo al nulla.
Completamente solo.
Provi un immediato senso di solidarietà verso quella minuscola goccia d’inchiostro, tanto che rimani per qualche minuto a fissarla senza vedere altro.
Deglutisci, la gola improvvisamente secca.
Perfino un punto d’inchiostro potrebbe stare meglio di te; sarebbe sufficiente tracciare altri segni qualsiasi per far terminare l’isolamento.
A te, a Severus Piton – assassino e traditore: vero uomo di Silente – non è concesso nemmeno questo.
Getti indietro la testa, appoggiandola allo schienale, per riflettere e schiarirti le idee.
Fino a che, al limite della sopportazione, chiudi gli occhi.
E scivoli nell’oblio.


Oscurità totale, terribile, angosciante. Ne sei avvolto completamente, senza che ti venga nemmeno concessa la grazia di vedere la mano che ti porti davanti agli occhi.
Esisti, almeno di questo sei certo, se non altro per lo sgomento che sta cercando di impadronirsi di te, nuovamente. Ti senti gelare il sangue nelle vene e mancare la terra da sotto i piedi.
Un momento, c’è ancora una terra? Certo che c’è, non provi nessuna sensazione di caduta, almeno questo è un bene.
Ma te la senti di verificare la solidità della superficie d’appoggio? Ti rispondi di no.
In questa completa assenza di luce potresti trovarti ovunque ed in nessun luogo.
Il ragionamento non serve a tranquillizzarti.
Cerchi di ricordare ogni attimo degli ultimi trascorsi, per ritrovare la lucidità necessaria.
La nottata in bianco a perlustrare i corridoi, per evitare che qualcuno del superstite Esercito di Silente venisse scoperto dai Carrow fuori dai dormitori. Le rimanenti ore spese a redigere documenti in burocratese per il Ministero, utili quanto carta straccia. Fino a quell’orribile fitta al braccio sinistro, che ti ha fatto scattare sull’attenti come una molla nel percepire la presenza di Voldemort presso i cancelli della scuola.
Ogni passo verso l’esterno accompagnato da ondate d’angoscia così intense che sul tuo volto, più pallido del solito, sembrava fosse stata posta una maschera di niveo alabastro. “Oscuro Signore” e “studenti nel castello” erano due termini che non potevano – non dovevano – trovarsi nella stessa frase, men che meno nella realtà. Eri riuscito a controllarti con notevole sforzo.
Provi a guardarti un'altra volta attorno, senza risultato.
Ti senti sperduto, più di quella notte in cui hai pronunciato l’Anatema che Uccide dall’alto di una torre, togliendo la vita all’unico amico che avevi.
Questa è la notte che in ogni attimo senti dentro di te.
Paurosa, vero?
Un conto è essere consapevoli del buio della propria anima, un altro è trovarselo di fronte in tutta la sua spaventevole realtà.
Tu sei tenebra, perché allora non ti senti a casa e provi invece uno smodato desiderio di fuggire il più lontano possibile?
Accantoni la ragione ed agisci d’istinto.
Chiedi un po’ di luce per il tuo cammino.
Chiedi qualcosa che hai sempre pensato di non meritare, che negli anni ti sei spietatamente negato.
Ora, che il pericolo è così vicino alle vite preziose che da mesi stai cercando di proteggere, ne hai umanamente bisogno.
Conforto.

Lo vedi quel puntino luminoso comparso in lontananza? Oscilla lentamente, con una cadenza regolare.
Attendi nell’immobilità più totale, rimpiangendo la tua bacchetta sulla scrivania, tutti i sensi all’erta.
Il chiarore avanza pian piano, fino a quando ti è facile identificarlo in una lanterna. Ma colui – o colei? – che la porta non è ancora riconoscibile. Aspetti per interminabili minuti, accorgendoti di non sentire rumore di passi. C’è un che di inquietante in tutto questo.
Quando si trova davanti a te, solo allora, la misteriosa presenza solleva il lume all’altezza del viso.
«Severus, se i tuoi sogni sono tutti così è un gran spreco di spazio, lo sai?» Regulus ti saluta in questo modo, guardandoti in tralice con un sorriso.
«Tu?» riesci solamente a dire, più perplesso che stupito, completamente senza parole. Ammetti con te stesso che il giovane Black è l’ultima persona a cui avresti pensato in una circostanza del genere.
«Io. Se ti aspettavi Salazar Serpeverde, mi spiace di averti deluso.»
Pieghi la testa di lato, riducendo gli occhi a due fessure. Questo non è il Black che hai conosciuto durante la tua adolescenza: pacato, taciturno, schivo quasi quanto te ma senza tutte le tue insicurezze, esatto opposto del fratello maggiore finito a Grifondoro.
Si tratta certamente di una proiezione della tua mente, non c’è altra spiegazione…
«Tu ragioni sempre troppo, Severus!» esclama lui, scuotendo lentamente la testa da sinistra a destra, in segno di diniego. Nel farlo, un ciuffo di capelli corvini gli ricade sul viso. Lui lo scosta semplicemente con la mano destra, un gesto inconfondibile che da ragazzo gli hai visto fare decine di volte.
Black parla ancora.
«Camminiamo?»
Spalanchi gli occhi, attonito.
«E dove?» esclami guardandoti attorno. Lì c’è il nulla più assoluto.
Ottieni in risposta una bassa e cristallina risata.
È la prima volta che lo senti ridere.
Ricordi che lo hai sempre e solo visto sorridere, soprattutto quando era assieme ai compagni della squadra di Quidditch, come in quella foto che hai scorto nella sua stanza l’ultima volta che sei stato a Grimmauld Place.
«Sei più testa di legno dei tuoi studenti! Non hai ancora capito che qui sei tu a decidere?»
Alla luce della lanterna che ora fluttua accanto a voi, lo vedi accennare con un dito allo spazio che vi circonda.
Comprendi.
Primo punto: stai sognando.
Secondo…
«Secondo punto: hai fatto una richiesta e sei stato esaudito.» ti interrompe Regulus, con un brillio negli occhi che ti induce a distogliere lo sguardo dal disagio. «Non capita tutti i giorni, ma per te un’eccezione era più che doverosa.»
Ti irrigidisci improvvisamente, stringendo le mani a pugno. Regulus non ha bisogno di chiederne il motivo. Si affretta a tranquillizzarti.
«Posso capire i tuoi pensieri, sì. Il sogno è tuo d’altronde, non ci vuole un Eccezionale in Legilimanzia per leggerti dentro.»
A quanto pare queste parole peggiorano la situazione, poiché arretri di un passo.
«Fuori da qui sarai sempre il miglior Occlumante dell’intero mondo magico, Severus. Te lo garantisco.»
Apri la bocca per parlare, poi la richiudi, trovandoti per la seconda volta in pochi attimi a corto di parole.
Con infinita pazienza, ti dà il tempo di decidere cosa fare, limitandosi a guardarti con calma. Ti sta chiedendo di fidarti.
Posso? Ti domandi.
Raramente nella tua vita le cose sono andate come avevi desiderato, perché ora dovrebbe essere diverso?
Puoi. Risponde la sua voce dentro di te.
Hai agito d’istinto chiedendo aiuto.
Agisci nuovamente d’impulso, compiendo un gesto che sorprende prima di tutto te stesso, perché non ti è consueto. Sei sempre stato restio a qualsiasi tipo di contatto fisico, comprese le veloci strette di mano ai colleghi. Solo Albus aveva il permesso di valicare le tue barriere, ponendoti la sua mano paterna sulla spalla.
Osi, aspettandoti da un momento all’altro di afferrare il nulla.
Invece stringi con pacata fermezza il braccio di Regulus. La vivida sensazione di toccare qualcosa di vero ti rende felice.
Posso?
Voglio.
«Perché proprio tu?» chiedi in un soffio, tenendo a stento in piedi l’ultima barricata di sospetto.
Il suo sorriso si fa più luminoso, pronto per dare risposta ad una domanda più che importante.
«Non ricordi? Eppure io e te siamo più simili di quanto immagini.»
Criptico è dir poco.
«Spiegati.» ti affretti a dire, ansioso di comprendere.
«Essere costretto ad agire in silenzio ed in segreto, senza avere qualcuno a sostenerti durante l’ultima lotta, senza poter dire apertamente da che parte stai.» parla sottovoce con gli occhi chiusi, come se stesse recitando qualcosa di sacro. «Questo sei tu. Ma questo sono stato anch’io.»
Riapre gli occhi e l’espressione che ti trovi di fronte è spaventosamente solenne. Tutta la saggezza che vedi non dovrebbe trovarsi su un volto così giovane, non è naturale.
È la conoscenza di chi è andato avanti e questo in qualche modo ti strugge.
Indugi all’ultima parte del suo discorso, cercando di assemblare le informazioni.
Regulus Black giovane Mangiamorte.
Affascinato dalle idee di superiorità e di potere di Voldemort.
Suo fervente seguace.
Ragazzo impaurito dalla ferocia dell’Oscuro e dalle sue vere intenzioni, improvvisamente scomparso senza lasciare traccia.
, ripetuto più volte con un cenno del capo, ad ogni tua riflessione.
, dici a te stesso. Siete stati simili un tempo. Accomunati da una strada sbagliata e dall’aver poi aperto gli occhi sull’abisso di dolore che la costeggiava da ambo i lati.
E poi?
Lo vedi sospirare, ma non perde quell’espressione serena dal volto che tanto ti impressiona.
«Quel che è successo a me ora non ti è necessario saperlo. Io adesso sto bene e… definitivamente dalla parte dei buoni.» si lascia andare ad un sorriso smagliante. «Sei tu quello che ha bisogno di una parola di conforto. È per questo che sono qui.»
Gli devi dare ragione, nonostante la vergogna che provi. Hai sempre odiato mostrarti debole perfino a te stesso, figurarsi ad altri. Abbassi le palpebre, inghiottendo a vuoto, accorgendoti solo in questo momento che non gli hai ancora lasciato il braccio.
«Severus, so cosa si prova. So cosa stai provando. So com’è sentirsi soli, senza potersi veramente mostrare a coloro che ci circondano e a cui teniamo.»
Comprendi a metà il significato di queste parole, ma non ti è ignota la portata, che ti fa sobbalzare il cuore nel petto. La mano sulla tua spalla destra è una sensazione che non dimenticherai mai, lo senti.
Infine giunge una frase, quella frase. Appena sussurrata. Ma che ti rimbomba nelle orecchie come assordante mareggiata su scogli appuntiti. Tre semplici parole che hanno il potere di farti riemergere dalla nera angoscia che da almeno un anno – e da una vita intera – non ti dà tregua.
«Non sei solo.»
Fa una pausa ad effetto, per farti superare il turbamento e lo stupore che non puoi nascondere. «Dalle mie parti stiamo facendo il tifo per te. Tutti. E sai che ti dico? Che stai facendo un ottimo lavoro.»
Non si può svenire in un proprio sogno, vero? Perché poco ci manca che Regulus debba sorreggerti. Ride ancora di una cristallina risata, questo ragazzo che potrebbe essere coetaneo di Potter nell’aspetto, ma infinitamente più saggio di un vegliardo nella nobile semplicità e quieta grandezza dello sguardo.
«Credo che sia ora che tu vada.» esclama, mettendoti in mano la lanterna con la quale è arrivato. «Sai, hai realizzato un mio desiderio: poterti finalmente essere d’aiuto. Saremmo potuti diventare veri amici, se ce lo avessero lasciato fare. Ora almeno posso dirti che ti ammiro: sei l’uomo più coraggioso del mondo. Sono io che ti devo ringraziare.»
Stringi i denti, cercando con ogni mezzo di vincere la commozione.
Non ci riesci.
Una lacrima ti scivola via dagli occhi.
Il suo braccio sulla spalla ti sospinge, invitandoti ad intraprendere il cammino, mentre con l’altra mano ti indica la direzione.
«Avanti, sempre avanti. Questa illuminerà i tuoi passi.» sorride tranquillo. «Ricorda: non sei solo.»
Non ti dà il tempo di replicare né di salutare.
«Vai via da quest’oscurità, non merita di essere tua compagna. Tu non sei fatto per tutto questo
Vorresti rimanere ancora con lui, a scaldarti ancora al tepore di parole che sai di aver già sentito, ma non ricordi quando né dove.
Ma non puoi. Hai un dovere, che come sempre ha la priorità su ciò che desideri per te stesso.
Ti volti per guardarlo ancora un istante, ma lui è già sparito, lasciandoti solo.
No, sbagliato. Ti ha lasciato un dono. La luce che stringi tra le mani è la prova tangibile che non hai immaginato ogni cosa. La senti anche dentro di te, piccola come quel punto d’inchiostro che quasi avevi invidiato, ma vivida e brillante. Non si spegnerà nella bufera della lotta.


Il sapore salato della lacrima che è giunta infine alle tue labbra ti ridesta pian piano dal sonno.
Apri gli occhi sull’ufficio illuminato dai primi raggi del sole, con il collo dolorante per l’assurda posizione sulla sedia.
Forse questa è la prima volta in vita tua che rimpiangi di esserti svegliato.
Con lentezza metti ordine sulla scrivania, racimolando idee ed energie per la giornata che ti attende. La pergamena con il tuo amico puntino è sempre lì, pronta per essere riempita.
Accarezzi il foglio con i polpastrelli e ti lasci andare ad un piccolo sorriso.
Non sei solo nemmeno tu.
Nella notte più oscura che si trova sul fondo della tua anima, hai ritrovato un amico che credevi di avere perduto per sempre.

«Tu non sei fatto per tutto questo.»
La frase a bruciapelo ti aveva colto di sorpresa, più dell’ultimo, assordante tuono con cui si era concluso quel breve e violento temporale estivo. La pioggia, cessata molto prima, vi aveva lasciato liberi di camminare tra i viali di Villa Malfoy.
Ricordi ancora l’astio, divampato all’istante dentro di te e salito al volto in un diffuso rossore. Allora non controllavi ancora così bene le tue emozioni.
Lui aveva continuato a fissarti in quel modo strano che non sapevi, non volevi decifrare. Occhi tristi, spenti, senza vitalità. Nessuna tranquillità, solo tanta inquietudine che ti aveva infastidito.
«Dimmi perché.» avevi esclamato in un ringhio.
In lontananza, il brontolio del temporale era sembrato farti eco, solidale con te.
Dimmi perché non posso essere come voi, rispettato, temuto, finalmente apprezzato. Perché non posso essere un Mangiamorte. Perché non posso far parte anch’io di qualcosa.
E invece il senso di quella frase era un altro, era un altro… perché l’hai compreso dopo, a così caro prezzo?
Lui aveva scosso la testa, scostandosi dagli occhi il ciuffo ribelle di capelli corvini.
«Non hai capito. Non vuoi capire. Tu non… » si era interrotto, scuotendo ancora il capo, rassegnato. Poi un lungo sospiro.
Il sospetto ultimamente era nell’aria e non avevi saputo come affrontarlo. C’erano stati momenti in cui avevi pensato che fosse un codardo – lui, un Black, impaurito dai progetti dell’Oscuro! – ma il più delle volte il suo volto rifletteva la tua stessa inquietudine, che imbavagliavi ad ogni attimo pensando alla tua personale rivincita su una vita ingiusta. Tuttavia ti spaventavi, per te e per lui. La strada che avevate intrapreso non permetteva ripensamenti e tu non volevi averne.
«Siamo amici, Severus?» se n’era uscito infine, mostrando un’aria così triste che cominciavi a credere che davvero non stesse bene, come ripeteva troppe volte sua madre.
Amici. Bella parola, per pochi eletti. Tu non eri sicuro di essere tra quelli, ma ti sarebbe tanto piaciuto.
«Sì.» era quello che volevi, no?
D’improvviso, il sole si era fatto breccia tra le nubi ancora grigiastre di pioggia. Regulus si era illuminato a sua volta, mentre si lasciava inondare dai caldi raggi del sole d’agosto. Per qualche attimo ti era sembrato un bambino che non aveva mai visto il sole.
O che lo stesse guardando per l’ultima volta.
Senza preavviso si era messo in cammino verso l’uscita, pronto a smaterializzarsi. Desistere non era il tuo forte nemmeno allora, così lo avevi inseguito, cercando una spiegazione a quelle parole che sembravano il vaneggiamento di un folle.
Appena fuori dal cancello si era lasciato osservare con un misto di pietà e disgusto, senza opporre resistenza, mostrandoti un sorriso appena abbozzato.
«Siamo amici, sì, per questo te l’ho detto.»
La tua espressione perplessa era stata bellamente ignorata.
«Non sei fatto per tutto questo, Severus. Ti auguro di comprenderlo presto e… senza conseguenze. Te lo auguro davvero.»
Augurio sincero.
Augurio incompreso.
Augurio infrantosi con una Profezia e sbriciolatosi come il tuo cuore in una fredda notte d’ottobre.
Le conseguenze ti avrebbero marchiato a fuoco l’anima, condannandoti ad un’espiazione perenne.
Ti aveva lasciato interdetto, con la bocca aperta per lo stupore.
E, con una mano alzata in segno di saluto, si era smaterializzato, incamminandosi incontro al tramonto.



Fedele al nome che porta, Regulus ha lasciato la sua luce sul tuo cammino, una luce che dura da diciannove anni e di cui non ricordavi l’esistenza.
Andrai avanti, senza tentennamenti o debolezze. Lo prometti a te stesso, lo giuri a tutti coloro che dormono ignari, mentre con calma vai alla finestra.
E anche tu ti lasci inondare dai raggi del sole.
 
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