Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 4° Turno
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Storia 2 - Oltre il Ritratto4 [44.44%]
Storia 3 - Oltre la Morte3 [33.33%]
Storia 1 - Conversazioni Notturne2 [22.22%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 4° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 15:52 by: chiara53
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Oltre la morte di halbloodprincess78


La vita dei morti è posta nel ricordo dei vivi. (Cicerone)


Severus Piton aprì gli occhi nel fascio di luce dorata dell'alba: ma come era possibile?
Era morto.
Doveva per forza essere morto. Eppure era sdraiato su un letto e dalla finestra filtrava la prima luce del mattino. Cercò di alzarsi ma desistette quasi subito quando si accorse che le forze venivano meno.
Volse lo sguardo intorno a sé.
Conosceva quel posto: doveva essere una delle stanze della Testa di Porco… ma come era arrivato lì?
Ricordava solo l'ultimo istante in cui i suoi occhi si erano spalancati e poi chiusi su quelli del ragazzo, l'odore intenso del sangue che fuoriusciva... l'odore stesso della vita che ti abbandona, come qualcuno che se ne va allontanandosi di spalle senza voltarsi.
La porta si aprì di scatto.
Per un attimo l'uomo che vide sulla soglia lo lasciò senza fiato, senza avere il tempo di mettere bene a fuoco l'immagine gli sembrò Silente. Poi capì: Aberforth.
- Finalmente ti sei svegliato. - disse posando un ampio vassoio su un tavolino coperto di polvere unticcia - Ti ho portato qui dopo che quella stupida Fenice di mio fratello ti ha salvato la vita, nel caso te lo stessi chiedendo.
Fanny aveva condotto Aberforth fino alla Stamberga Strillante e ora Piton ricordava chiaramente di aver udito la voce di un uomo, ma gli era risuonata lontana e ovattata; poi doveva aver perso i sensi.
Tentò di sollevarsi e stavolta fu più facile.
- Bene, stai riacquistando le forze. - disse porgendogli un piatto con dentro qualcosa dall'aspetto terribile che Piton spinse via con un gesto fulmineo della mano.
- Perché mi hai portato qui? - chiese.
- Perché non sapevo dove altro portarti. L'infermeria era stipata di gente e... pensavo avresti preferito sparire, almeno per un po’ di tempo. - proferì l'ultima frase rimarcandola con uno degli sguardi taglienti e penetranti, come quelli di Albus.
La somiglianza era straordinaria eppure Aberforth era estremamente diverso dal fratello maggiore.
Gli occhi avevano lo stesso taglio allungato, ma la barba e i capelli erano grigi, non bianchi, e invece della tunica indossava un kilt sotto il mantello.
Il pensiero di Piton andò ad Albus che cadeva dalla torre con la lentezza di una bambola di pezza. Nella sua mente quell'immagine era sempre vivida, anche in quel momento, mentre si trovava di fronte all'uomo cui aveva ucciso il fratello.
Forse Potter aveva già avuto il tempo di raccontare del Pensatoio e di quello che aveva visto.
Ora tutti sapevano, ecco perché era lì.
- Chi altro sa che sono qui? - chiese brusco.
- Nessuno, oltre a me. Credono che tu sia morto, quindi puoi restare finché ti pare, poi deciderai da solo cosa è meglio. - sospirò e proseguì - Non ho l'insana tendenza che aveva mio fratello di pensare sempre di sapere cosa è meglio per gli altri.
Quell’ultima frase lo colpì: vi si leggeva tutto il rancore che il mago ancora nutriva nei confronti del fratello; ma in quel momento Severus era più propenso ad apprezzare la schiettezza dell’affermazione che a fare domande.
- Ti lascio riposare. Se hai bisogno di qualcosa sono al piano di sotto. - così dicendo voltò le spalle a Piton e uscì richiudendo pesantemente la porta.
Severus ripensò all’ultima volta che aveva avuto a che fare con Aberforth: era stata la sera che aveva udito la profezia della Cooman, quando il mago lo aveva sorpreso a origliare e lo aveva sbattuto fuori in malo modo.
In quel momento avrebbe voluto che lo avesse sorpreso prima. Non avrebbe mai voluto rivelare a Voldemort quella profezia che era costata la vita a Lily.
Sentì calde lacrime d’argento affiorargli dagli occhi e non ebbe la forza necessaria per reprimerle. Ora, da solo in quella stanza, sentiva di poter lasciar fluire da sé quel dolore a lungo soffocato.
Provò gratitudine per l’anziano Mago che aveva avuto l’accortezza di portarlo lì: era come essere in una sorta di limbo. Presto avrebbero capito che non era morto non trovando il corpo e sarebbe dovuto sparire in fretta. Ma per un attimo poteva restare sospeso nel silenzio dei suoi pensieri.
Si alzò lentamente dal letto. Cominciava a riacquistare le forze, così si avviò verso l’uscio: il corridoio era tetro e polveroso come lo ricordava, un odore acre di muffa gli pervase le narici; era un odore che ricordava, purtroppo, gli ricordava che quel posto non era cambiato mentre lui era profondamente diverso dal ragazzo che origliava dietro una porta chiusa.
Inspirò profondamente e scese le scale che scricchiolarono sotto i suoi passi decisi.
Aberforth era seduto a un tavolo e gli dava le spalle, gli occhi fissi su un grande ritratto di donna che gli sorrideva e il vecchio, immaginò Severus, sorrideva di rimando.
Era chiaro che lo aveva sorpreso in un momento intimo e privato.
Rimase un attimo sulla soglia, incerto se proseguire o tornare nella sua stanza.
Aberforth si voltò: teneva in mano un bicchiere di Whisky incendiario che sollevò verso il ritratto.
- Ariana, mia sorella. - disse sottovoce come se parlasse con se stesso.
Severus avanzò nella stanza, la ragazza del ritratto fissò lo sguardo su di lui sorridendo bonariamente.
- Per colpa di Albus ora lei non c’è più… Albus, il mio straordinario fratello!
Severus si avvicinò all’uomo e capì dalla bottiglia che aveva di fronte che il bicchiere che stava sorseggiando non era il primo.
- Siediti.
Così dicendo si alzò per prendere un bicchiere dalla credenza alle loro spalle e lo allungò verso Severus.
Piton riempì il suo bicchiere fino a metà e trangugiò una piccola sorsata che sentì scorrere nella gola e bruciare come lava.
- Dicevamo? Ah sì, il mio meraviglioso fratello. Immagino non ti abbia mai parlato di Ariana e di Grindelwald e dei suoi grandiosi ideali giovanili.
Severus colse in quel momento lo sguardo sarcastico di Aberforth tra due ciocche di lunghi capelli grigi scomposte: non era velato dall’alcool ma solo da una fiammeggiante rabbia che ne stravolgeva i lineamenti facendolo sembrare più giovane.
- Quindi, quello che si è scritto su di Albus dopo la sua morte era vero? - chiese Piton.
- Si, era vero. Ti sconvolge pensare che l’uomo che puntava il dito su di te per il tuo errore abbia fatto lo stesso identico sbaglio? - chiese.
Severus pensò a Silente: le immagini gli scorrevano negli occhi come un fiume, vivide come se tutto fosse accaduto solo il giorno prima.
Ripensò a quando aveva cercato di indossare l’anello, quando gli aveva detto che era stato ‘’tentato’’. Ora capiva da cosa. Ora, era tutto chiaro.
- Silente non ha mai puntato il dito contro di me. - rispose, ingoiando l’ultimo sorso di Whisky.
- Strano, lo faceva con tutti. Era bravo a vedere gli sbagli degli altri, ma gli sfuggiva sempre di mente di raccontare i suoi. Poi ha pensato bene di chiederti un paio di favori da nulla, tipo ammazzarlo… credi sia stupido? Credi non abbia capito che la notte che l’hai sbattuto giù da quella maledetta torre non fosse dietro sua espressa richiesta? Per Merlino, era mio fratello! Lo conoscevo. Ora mi dirai che tu credevi in lui come mi ha detto quel ragazzo, quel Potter. Tutti lo considerano meraviglioso, ma lui è morto e noi siamo qui coi nostri fantasmi.- concluse amaramente, versandosi dell’altro whisky.
Severus colse lo sguardo triste di Ariana che fissava il fratello dal quadro senza dire nulla; doveva aver già sentito quegli sproloqui, anche se dalla sua espressione si vedeva che continuavano ad amareggiarla.
- Silente era un grande Mago e un grande uomo pur avendo commesso degli errori.
- Tutti commettiamo degli errori, Piton, solo che lui non ha mai chiesto scusa, ha preferito fingere che non fosse successo: io porterò per sempre il peso tremendo di non aver potuto salvare mia sorella e tu porterai sempre il peso dei tuoi sbagli, ma lui no.
Severus ripensò all’anello e alla mano bruciata di Silente.
- La notte in cui mi ha chiesto di ucciderlo mi aveva chiamato per medicare la sua mano dopo che aveva cercato di usare l’Anello della Resurrezione. Ora credo lo abbia indossato per rivedere Ariana e forse i vostri genitori: voleva chiedere scusa. Mi disse che era stato ‘’tentato’’ e ora ho capito cosa volesse dire. -mormorò col tono più incolore possibile mentre i suoi occhi scuri bruciavano nel ricordo di quella notte.
La voce fredda di Piton arrivò come un lampo a ciel sereno.
Gli occhi di Aberforth si spalancarono in un lampo di stupore: quindi aveva cercato di usare quell’anello pur sapendo che era maledetto e quindi anche lui, in tutti quei lunghi anni, aveva sempre portato con sé il peso della morte di Ariana.
- Così anche Albus…
Lasciò la frase in sospeso e tra i due uomini calò un silenzio pesante come pietre, interrotto solo dal picchiettare della pioggia sui vetri sporchi del locale.
Ariana era sparita dal ritratto.
Il tempo sembrava essersi come fermato in quel breve istante in cui Aberforth realizzava di aver voluto in fondo sempre bene al fratello.
Come un muro che si sgretola piano piano, il suo rancore si stava dissolvendo come polvere nella pioggia.
Piton fu il primo ad alzarsi: andò verso la finestra annunciando che sarebbe partito quella notte stessa. L’anziano Mago annuì, capendo il desiderio dell’uomo di sparire, anche se sperava che un giorno sarebbe tornato; sapeva che il tempo non avrebbe aggiustato le cose, ma Piton era ancora giovane e avrebbe trovato una ragione per tornare.
- Piton, tu non parli mai molto vero? Ora sai tutto di me, posso sapere qual è invece il tuo tormento? È forse quella donna… Lily? – chiese.
Piton rimase di schiena voltato verso la finestra, le dita delle mani posate sui vetri gelidi ebbero un fremito a quella domanda inaspettata.
- Scusami, non sono affari miei. Ma una volta o due siete venuti qua insieme. Eravate poco più che bambini… vedevo come la guardavi… era uno sguardo indefinibile e pieno d’amore.
Le dita di Piton strinsero il vetro come artigli nello spasmo di dolore che gli dava quel ricordo.
Aveva portato lì Lily un paio di volte per non incontrare Potter e i suoi amici anche se puntualmente riuscivano sempre a trovarlo.
- Credo che Potter racconterà molto bene la mia storia tra qualche giorno; non voglio toglierli questo piacere, ma per quel giorno vorrei non essere più qui… non so se mi spiego.
Quelle parole erano un suono sommesso e gelido, segno che la conversazione finiva lì.
- Aspetteremo la notte, poi potrai andartene. Ora ti preparo qualcosa anche se so che la mia cucina è pessima, ma hai bisogno di mangiare qualcosa.
Cenarono insieme: la cucina di Aberforth era immangiabile, ma Severus finì tutto quello che aveva nel piatto in silenzio. Poi prese il mantello da viaggio e se lo drappeggiò sulle spalle.
Aveva smesso di piovere e nel cielo notturno la luna faceva capolino tra le nubi scure che ancora restavano.
- Grazie, di tutto, Aberforth. Disse, sforzandosi per quello che era possibile di esprimere una gratitudine che non era abituato ad esprimere ormai da tempo.
Aberforth lo fissò intensamente.
- Non so se sia la scelta giusta andarsene, vedi, ora ci vorrebbe mio fratello. Lui saprebbe, mentre io, invece, non so cosa ti aspetta oltre quella porta. In ogni caso, passare la tua vita davanti a un ritratto è peggio che essere morti, credimi… e adesso vai. Se decidi diversamente, potrai sempre tornare. I morti non hanno scelta, ma tu sì… buona fortuna.
Piton annuì e gli voltò le spalle, girandosi solo un’ultima volta, quando pensava di essere ormai lontano per essere visto: Aberforth era sulla soglia e nel chiaro scuro dato dalle luci della casa e la notte che l’avvolgeva ricordava incredibilmente il fratello.
Severus rimase immobile un istante a guardarlo e mentalmente salutò entrambi scomparendo poi lento e silenzioso, come una nera nube nell’oscurità.
 
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