Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 4° Turno
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Storia 2 - Oltre il Ritratto4 [44.44%]
Storia 3 - Oltre la Morte3 [33.33%]
Storia 1 - Conversazioni Notturne2 [22.22%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 4° Turno

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chiara53
view post Posted on 25/1/2017, 15:37 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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- Oltre il ritratto di Ele Snapey




Ciò che è accadde quella notte cambiò sicuramente il corso degli eventi.
Da tanti anni osservavo pazientemente tutto quello che avveniva sotto i miei occhi, con un pizzico di speranza che qualcosa potesse mutare.
Ma il pavimento in pietra sempre più sudicio, il vecchio tappeto sempre più liso, i vetri incrostati di polvere da cui ormai era quasi impossibile gettare occhiate all’esterno, e il decrepito caminetto nero di fuliggine, così da tempo immemore, tali sarebbero rimasti.
L’unico, vero cambiamento a cui avevo assistito era stato il progressivo ma inesorabile incanutirsi della barba e dei capelli di Ab. Nulla di sconvolgente, a dir la verità, ma che la diceva lunga su quanti lustri fossero passati da che aveva iniziato a gestire l’attività.
Un giorno, finalmente, ebbi anch’io il mio bel da fare, da quando cioè alcuni studenti scoprirono il passaggio segreto che collegava il castello alla Testa di Porco.
Ancora oggi trovo che fu una coincidenza incredibile e fortunata, ma si sa come le cose non avvengano mai per caso.
Ab se ne servì per far arrivare le provviste (e non solo) ai “ragazzi della resistenza”, come li chiamava lui: vi assicuro che rischiò grosso, con tutti i Mangiamorte che si aggiravano per Hogsmeade e frequentavano il locale, ma lo fece sempre con semplicità e coraggio e io, ancora oggi, sono fiera di lui per questo; a dire il vero orgogliosa di mio fratello lo sono sempre stata ma, da quella notte, lo sono ancora di più, e non solo di lui!
Anche quella sembrava una serata come tante altre; le ronde di Mangiamorte erano appena passate da High Street per il solito giro di controllo sul rispetto del coprifuoco.
Li avevo sentiti vociare per un bel pezzo, fino a che non erano giunti in fondo alla strada.
Ab aveva ripulito il bancone e rassettato un po’, dato da mangiare al vecchio gatto e sistemato la scorta di Idromele arrivata con la fornitura del pomeriggio.
Poi era salito al piano superiore; stava spegnendo le lampade a olio, prima di dirigersi in camera per coricarsi, quando, alle mie spalle, avvertii un rapido movimento, il sussurro di una presenza che però mi parve piuttosto lontana.
Di una cosa ero certa: qualcuno aveva imboccato l’ingresso del tunnel ad Hogwarts, e stava scendendo cautamente lungo il passaggio segreto…
Fortemente turbata mi voltai per dare un’occhiata al percorso, e Ab se ne accorse.
Mi guardò, aggrottando le sopracciglia folte, e io mi irrigidii scuotendo il capo lentamente: no, chi stava avvicinandosi non poteva essere uno dei ragazzi.
Attendemmo, immobili, trattenendo il fiato per parecchi secondi ma, nonostante fossi sicura di non essermi ingannata, nessuno appariva ancora dietro di me.
Ab, allora, si portò l’indice alle labbra, mi fece segno di non fiatare, e si acquattò nel massimo silenzio dietro la sudicia tenda che celava la piccola dispensa in cui si trovavano le bottiglie di Whiskey Incendiario.
Quasi contemporaneamente sentii l’approssimarsi di una misteriosa, invisibile presenza e mi spostai, lasciando libero il passaggio.
Avvertii un lieve spostamento d’aria, il vago sentore di un delicato profumo dalla fragranza amara, e il tonfo leggero delle scarpe che toccavano il pavimento. Udii appena il rumore dei passi che percorrevano prudentemente l’area illuminata dal debole chiarore dell’unica lampada rimasta ancora accesa.
Tornai al mio posto, giusto in tempo per vedere finalmente di chi si trattasse.
Lentamente, si delinearono i contorni della figura di un uomo alto, magro, dai lunghi capelli corvini, paludato in un grande mantello nero, intento a guardarsi attorno circospetto.
Esitai, osservandolo affascinata: il raziocinio mi suggeriva che avrei dovuto temerlo ma l’istinto, per una qualche misteriosa ragione, mi tranquillizzò sulla sua natura.
Ad un tratto, sul volto pallido dai tratti nobili e austeri, affiorò un’espressione vagamente stupita che ammorbidì l’impenetrabilità della fisionomia.
Si spostò di fronte al caminetto, alzò gli occhi tanto neri da sembrare dei tunnel senza fondo e mi esaminò; ricambiai lo sguardo malinconico e grave in cui, improvvisamente, vidi apparire quello che mi parve un moto di sgomento. Indietreggiò di qualche passo e, al centro dell’ampia fronte, apparve una ruga profonda.
A dir la verità ci rimasi anche un po’ male: ma che gli avevo fatto?
Fu a quel punto che ad Ab venne l’idea di uscire dal nascondiglio.
Lo sconosciuto si voltò di scatto verso il fruscio che aveva sentito provenire da destra, e Ab rimase nella penombra della dispensa, senza proferire parola, limitandosi ad osservarlo.
L’uomo sbiancò ulteriormente: incapace di staccargli gli occhi di dosso, continuò ad arretrare fino a che non trovò una sedia a sbarrargli la ritirata, su cui crollò e, credetemi, fu proprio un bene che ci fosse stata, perché, a giudicare dall’espressione sconvolta e il colorito cinereo, avrei giurato che fosse sul punto di svenire.
Mio fratello avanzò, in silenzio, con il volto teso. L’altro schiuse la bocca, ma quello che riuscì a emettere fu solo una specie di gemito strozzato.
- Guarda, guarda chi si rivede… Severus Piton. – esordì Ab, uscendo dal cono d’ombra.
Stralunata, spostai lo sguardo da mio fratello all’uomo rigidamente seduto: e così era lui!
Era lui… Il traditore, l’assassino di nostro fratello Albus, (Aberforth non aveva potuto impedirmi di ascoltare le conversazioni fra lui e i ragazzi della resistenza) il preside Mangiamorte che sentivo nominare e, allo stesso tempo, maledire e insultare tanto spesso da quando Neville e Seamus venivano qui a ritirare le scorte di cibo.
Mai l’avrei immaginato così! Mi ero sempre figurata un individuo spregevole, dall’aspetto rozzo e l’espressione arrogante, malvagia, e invece…
Intanto Piton, che aveva ritrovato un po’ di colore, si rialzò, tenendo gli occhi, simili a carboni ardenti, fissi in quelli azzurro cielo di Ab.
- Che cosa le succede, Preside? A giudicare dalla sua faccia, si direbbe quasi che abbia visto un fantasma! – continuò mio fratello, pungente, lanciandogli uno sguardo di sfida.
Piton raddrizzò le spalle socchiudendo le palpebre, e inclinò leggermente il capo come a voler analizzare attentamente ogni singola molecola dell’uomo che aveva di fronte.
- Suppongo lei sia… - La sua voce, profonda e ben modulata, mi colpì al pari dell’aspetto.
- Non può ricordarmi: l’ultima e unica volta che ci siamo incontrati è stato parecchio tempo fa… Ma lei era molto giovane e, se la memoria non mi inganna, troppo impegnato in esecrabili attività di spionaggio.
Piton accusò la stoccata; sul volto apparve, fugace, una smorfia che tentò di mascherare volgendo lo sguardo dalla mia parte, e ciò mi permise di cogliere, negli occhi cupi come una notte senza luna, il riaprirsi di una ferita mai cicatrizzatasi.
Conoscevo a spanne ciò che era successo tanti anni prima. Albus doveva incontrare una certa veggente, alloggiata qui, e a conoscenza di un importantissimo segreto riguardante Colui-che-non-deve–essere-nominato.
Però, durante il colloquio privato che si stava svolgendo nella camera di quella tal Sibilla Cooman, Ab aveva scoperto una persona intenta ad ascoltarli, di nascosto, fuori dalla porta.
In seguito, cogliendo sprazzi del discorso che si era svolto tra i miei fratelli, avevo colto anche il nome di Severus Piton tra uno scambio di battute e l’altro, e avevo intuito di come fosse riferito proprio al giovane che Ab aveva pescato ad origliare.
- Invece la stupirò, dicendole che la ricordo benissimo: lei è la persona che mi colse fuori da quella maledetta stanza, Aberforth. – il tono con cui Piton si era espresso sembrò stanco. Anche mio fratello reagì con sorpresa: forse si era aspettato di dover affrontare un nemico più ostico.
- Deduco di essere approdato alla Testa di Porco. – continuò, guardandosi attorno con attenzione.
- Già… - Ab gli rivolse un’occhiata guardinga: adesso arrivava il difficile, perché avrebbe dovuto giustificare l’esistenza di un passaggio che, da lì, portava fino alla Stanza delle Necessità.
- Si starà domandando come abbia fatto a scoprirlo… - proseguì l’altro.
- Non faccio fatica a immaginarlo! Grazie alla sua straordinaria abilità come spia e doppiogiochista sarà stato piuttosto semplice, per lei, pedinare e mettere nel sacco un manipolo di marmocchi, seppur molto volenterosi, non è vero?
- In un certo senso… - Piton passeggiò lentamente per il salotto, sfiorando con la punta delle dita lo schienale della poltrona sdrucita, accanto al camino, e osservò con sguardo penetrante l’oste.
- O forse, chissà… ne sono sempre stato a conoscenza! – concluse, accennando a un sorriso ambiguo.
- Quello che mi domando davvero, invece, è come sia arrivato fino a qui senza che nessuno l’abbia vista. – replicò il vecchio, accigliandosi.
- Oh, mi è bastato creare una semplice Pozione dell’Invisibilità. Una volta assunta mi da modo di aggirarmi come e quando voglio nei posti più disparati, per un buon lasso di tempo. Le assicuro che mi è di grande utilità. – rispose l’altro, abbastanza divertito, estraendo da una tasca interna del mantello una fialetta colma di liquido denso e ambrato.
Calò un silenzio pesante, in cui i due uomini si studiarono a vicenda, come grossi felini pronti a balzare l’uno addosso all’altro; improvvisamente, Aberforth sfoderò la bacchetta e la puntò al petto del preside.
- Mi dispiace, ma capirà certamente come stavolta sia capitato in un posto disparato dal quale non posso più permettermi di lasciarla uscire, caro professore. – gli occhi di mio fratello brillavano di fredda determinazione. Lo guardai incredula: come poteva pensare di eliminare quell’uomo, persuaso che non si sarebbero verificate conseguenze anche molto gravi?
Piton non si scompose minimamente: si limitò ad allargare appena le braccia, con il palmo delle mani rivolto verso chi lo stava minacciando, a dimostrazione di come non avesse nessuna intenzione di afferrare la propria bacchetta per difendersi. Il volto era perfettamente impassibile, lo sguardo affilato come un pugnale, e non potei fare a meno di ammirare, in cuor mio, il suo sangue freddo.
- Non vorrà colpire un uomo disarmato, Aberforth. Pensi a quello a cui andrebbe incontro… E per ricavarne cosa, in fin dei conti? – la sua voce suadente, convinse per un attimo Ab ad abbassare la bacchetta.
- Oh, so bene che mi ritroverei tra i piedi in men che non si dica un intero plotone di Mangiamorte… Ma quantomeno mi consolerà il pensiero di aver liberato il mondo da un traditore, vigliacco e assassino! – ringhiò, tornando a puntarla diritto al cuore dell’avversario.
Rivolsi di nuovo uno sguardo supplicante ad Aberforth, sperando che mi prestasse attenzione e desistesse così dal compiere un gesto sconsiderato. Ma fu di nuovo Piton a fermarlo, e in modo disarmante.
- Non sono un vigliacco… – nella sua voce vibrò evidente una nota di dolore mista ad amarezza, che mi fece venire la pelle d’oca. – E nemmeno un traditore.
Gli occhi erano incredibilmente penetranti, il respiro leggermente più affannoso, ma per il resto nulla era cambiato nel suo atteggiamento: aveva continuato a rimanere immobile, con le braccia sempre un po’ staccate dal busto, ad offrirsi come bersaglio inerme sotto il tiro della bacchetta di Ab.
- Ehi, che cosa stai cercando di propinarmi, adesso? – sembrò improvvisamente che l’oste fosse tornato a rivivere l’episodio di molti anni prima. – Un’altra delle tue fandonie, come quella che inventasti la sera in cui ti pescai a spiare dal buco della serratura? – abbaiò, avvicinandosi minacciosamente al professore.
- Dico semplicemente che non voglio più essere accusato per ciò che non sono!
Il giovane mago scandì le parole lentamente, con chiarezza, mentre il volto si era trasformato in una maschera di pietra su cui erano scolpite rabbia e sofferenza.
Ne rimasi impressionata e, a quanto pare, anche mio fratello che, per qualche istante, si limitò a osservarlo sconcertato, dopo aver abbassato di nuovo il braccio che brandiva l’arma.
Socchiuse le palpebre dietro le lenti a mezzaluna, lanciandogli un’occhiata estremamente diffidente.
- Sei bravo a fregare la gente, ma con me non attacca, mi spiace… Con quale coraggio puoi affermare il contrario, dopo quello che hai fatto? Chiunque ormai sa quello che sei, realmente.- sibilò, pieno di livore.
Piton, mortalmente pallido, rimase in silenzio, senza abbassare lo sguardo in cui mi sembrò di veder brillare qualcosa… forse solo il riflesso delle fiamme nel caminetto. Per un attimo parve anche vacillare, infatti chiuse gli occhi e appoggiò la mano sul tavolo accanto a lui come per sostenersi. Quando li riaprì tornò a puntarli, determinati, in quelli brucianti di mio fratello.
- Allora che aspetti, Aberforth? Uccidimi pure, se è questa la cosa che adesso reputi sia più giusto fare!
Non so che cosa passò in quel momento per la testa di mio fratello, ma intuii, scorgendolo straordinariamente assorto, che doveva essere qualcosa di dannatamente difficile da elaborare: a un certo punto lo vidi sbiancare, nei suoi occhi baluginò un lampo di comprensione poi, sul volto, si allargò un vago sorriso che pian piano si trasformò in una preoccupante risata.
- No, non è possibile… Anche tu… anche tu sei stato vittima dei grandiosi piani di Albus! Ti ha costretto ad obbedire alle sue richieste assurde? Dimmi, ho indovinato? – Ab non riusciva a smettere di ridere ma il suono di tanta ilarità, anziché rallegrarmi, mi ghiacciò il sangue nelle vene, perché in quella eccessiva spensieratezza erano racchiusi dolore e rimpianto per una vita trascorsa nell’ombra, a custodire il segreto di un passato familiare ingombrante e sciagurato.
Piton attese senza parlare che la reazione di Aberforth si placasse. Quando così fu, i due uomini tornarono a fronteggiarsi ancora più seriamente. Ab ripose la bacchetta.
- Dunque, è vero? E’ stato lui a chiederti di ucciderlo? – chiese in tono grave.
Il silenzio del giovane preside fu più eloquente di mille giustificazioni.
- Merlino… E’ proprio andata così, allora… Conoscevo molto bene mio fratello, e so che può averlo tranquillamente fatto. Vedi, lei è Ariana, nostra sorella. – mi indicò con un lieve cenno del capo e, quando Piton si concentrò sul mio ritratto, per un attimo mi mancò il respiro. Ab continuò, dopo una breve pausa che gli servì a raccogliere i ricordi.
- Non so se ti abbia mai parlato di lei. Non credo… Quindi immagino che tu non sia al corrente di come morì, tanto tempo fa, anche a causa sua, vittima delle sue manie di grandezza…
- Non voglio sentire nulla di ciò che riguarda il passato di Albus. – lo interruppe Piton, asciutto, spostando di nuovo l’attenzione sul proprio interlocutore, con sguardo talmente tagliente da fare male. – Ho obbedito a quello che mi è stato richiesto perché era giusto così, perché andava fatto, e nessun altro avrebbe potuto prendersene la responsabilità!
- Ah, certo, hai obbedito e nessun altro avrebbe potuto farlo! – sbottò Ab, nella voce una chiara nota sardonica ma anche amara. – Vedo che, prima di andarsene per sempre, è riuscito imbottire anche te di sciocchezze, riguardo a ciò “che è più giusto e meno facile”, e viceversa. Dammi retta, figliolo: ho visto parecchia gente farsi sempre molto male, a seguito dei suoi ambiziosi progetti, ma la lezione a quanto pare non è servita!
- Ti proibisco di farmi la paternale, vecchio! Poco fa mi hai dato del traditore, vigliacco, ma non sai… Tu non sai quanto sia costato alla mia anima arrivare fino a questo punto! Non hai nemmeno lontanamente idea di quello che ho trascorso in questi ultimi mesi… - il volto di Piton ora era stravolto dall’angoscia, la voce alterata, quasi irriconoscibile.
- No, figliolo, non lo so, ma posso intuirlo perfettamente. – disse Ab, tranquillo, fissandolo benevolmente.
Trovai che in quel momento assomigliasse terribilmente ad Albus e, con ogni probabilità, fu la stessa cosa che attraversò la mente del professore, perchè impietrì all’istante.
Quando si riprese fece per ribattere ma, improvvisamente, un lungo lamento acuto e penetrante lacerò l’aria. Qualche secondo dopo si udirono delle grida concitate di richiamo salire dal vicolo, proprio davanti alla Testa di Porco.
- L’Incanto Gnaulante! Qualcuno ha violato il coprifuoco! – bisbigliò Aberforth, all’erta, osservando preoccupato Piton, quasi in attesa di ricevere una direttiva.
Questi si avvicinò, fulmineo, alla finestra e guardò di sotto. Ciò che vide senza dubbio lo colpì, perché alla luce dei lampioni, proveniente dall’esterno, mi parve di cogliere sul viso impenetrabile un chiaro segno di stupore.
- Ti consiglio di scendere subito in strada, Aberforth: pare ci sia qualcuno che ha bisogno del tuo aiuto. – mormorò, continuando a perlustrare il vicolo con occhi attenti.
Ab, incuriosito, si avvicinò a sua volta per guardare.
- Per tutti i Gargoyle… Potter e gli altri due? – esclamò, incredulo.
- Fai presto, o finiranno diritti tra le mani della ronda di Mangiamorte. – il tono del preside non ammetteva repliche. - Quello scriteriato ha appena evocato il suo Patronus e, per quanto idioti, credo siano ancora in grado di riconoscere un cervo e associarlo al ragazzo! Io tornerò subito a Hogwarts: nessuno deve vedermi qui.
Mio fratello si diresse rapido verso la scala che scendeva al piano inferiore, dove si trovava la porta sul retrobottega ma, dopo aver sceso un paio di gradini, si fermò, indugiando.
- Sei proprio sicuro di voler andare? Il ritorno di Potter cambierà molte cose, lassù, al castello. - gli fece presente Ab, voltandosi e scrutandolo accigliato.
- Certamente. Io dovrò essere lì. Ho un incarico ben preciso da portare a termine…
- Lo so, lo so, un incarico che ti è stato affidato da mio fratello… – lo interruppe, burbero, l’oste.
– Non è servito quello che ti ho raccontato poco fa? Sei dunque così ansioso di andare a farti ammazzare? – strepitò, senza usare mezzi termini, puntandogli un dito contro. Adesso era furibondo, e io capii il motivo: era perchè la follia di Albus avrebbe vinto ancora, condannando quasi certamente alla fine quell’uomo singolare, del quale ormai aveva riconosciuto l’enorme valore e il coraggio.
Piton lo fissò con aria sorniona, accennando un indecifrabile sorriso, e bevve un sorso della pozione che l’avrebbe reso di nuovo invisibile.
- Grazie Aberforth, ma, come dicevo, non sono un vigliacco… E adesso sbrigati ad andare a recuperare quei ragazzi.
I contorni della sua figura iniziarono a sbiadire, ma feci in tempo a cogliere l’ultimo, risoluto sguardo rivolto al passaggio, oltre il mio ritratto, che l’avrebbe ricondotto a Hogwarts. Con me porto tutt’ora l’immagine degli incredibili occhi neri di un uomo, che non avrei più dimenticato.
 
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